Numero 2/2012

La Prevenzione nei momenti di passaggio

  

Marina Pompei*

La prevenzione del disagio psichico è uno dei contributi originali che Reich ha dato all’elaborazione analitica e terapeutica. Ha lavorato per anni con i bambini e con i loro genitori, perché l’importanza del prendersi cura dell’inizio della vita è evidente (Reich dal 1926 al 1952). Sono le primissime esperienze quelle che danno gli imprintings fondamentali, e ancora di più l’esperienza vissuta di un momento di passaggio evolutivo.

I momenti di trasformazione, di passaggio di fase nel percorso evolutivo psicobiologico, come anche il passaggio da uno
 stato esistenziale ad un altro, da uno stato sociale ad un altro, oppure i cambiamenti di stato energetico, sono tutti punti di crisi. Perché gli snodi verso un’evoluzione sono carichi di potenzialità e insieme di pericoli, momenti delicati che chiedono di trovare un nuovo assetto del sistema energetico complessivo della persona. Se questo movimento risulta ostacolato, frustrato, turbato, il rischio è quello di una caduta involutiva.

Sono situazioni dinamiche che hanno bisogno di essere viste e contenute, perché momenti oggettivamente problematici non si trasformino poi in derive patologiche.

 

La nascita

Sappiamo del parto: momento di passaggio dalla vita tutta racchiusa nel campo uterino alla vita nel fuori sconosciuto, separazione dal campo energetico corporeo emozionale della madreutero e approdo nel campo della madreseno, madreocchi, madrecuore.

Tutto intorno, il campo energetico paterno e ambientale si fanno sentire molto più potentemente di quanto non fosse nei nove mesi precedenti.

Qui voglio parlare delle difficoltà delle madri alla nascita di un figlio, perché se ne parla solo quando esplodono in tragedia. E’ entrata nella nostra cultura l’importanza della preparazione al parto: ostetriche, ospedali e consultori in quasi tutta Italia offrono questo servizio, ma dopo? Quando la donna incinta è diventata puerpera, è aiutata a diventare madre? Diventare madre è un percorso, non è un risultato inevitabile di un evento biologico che si chiama parto. Paul Racamier ha coniato una nuova parola che mi piace: maternalità (Racamier 1961), intendendo con questo neologismo l’insieme di tutti quei processi psicologico-affettivi che nascono e si sviluppano nella donna in occasione della maternità. Una cosa quindi è la maternità, altra la maternalità.

Per non dover piangere impotenti sui fatti di cronaca che ci raccontano di infanticidi, ma anche per evitare tante sofferenze a madri e figli, dobbiamo occuparci molto di più, con cuore e con sapienza, di quel primo tempo dopo il parto che si chiama puerperio: tempo in cui la donna sperimenta uno spostamento grande e repentino di energia: un feto dentro di sé di cui ha vissuto l’enorme energia di crescita ora è una persona fuori di sé. Quell’energia non le appartiene più, nel suo utero, a volte, può essere percepito un vuoto. E poi, il suo compagno? Non sono più in due sono in tre, oppure erano tre ed ora sono quattro.

Stiamo parlando di un tempo che è uno specifico stato di interazione e contatto di campi energetici: quello del bambino o della bambina, quello della madre, del padre, della famiglia intorno, dell’ambiente sociale e culturale in cui si muovono.

Abbiamo bisogno di fare prevenzione primaria, per aiutare i genitori a diventare madre e padre, o meglio, a trovare maternalità e paternalità; prevenzione secondaria, per l’individuazione il più precoce possibile del disturbo e non arrivare così alla fissazione nella patologia; prevenzione terziaria come preciso intervento terapeutico su un disturbo in atto per evitare la cronicizzazione e conseguenze gravi sull’individuo e tutto il sistema in cui vive.

Vorrei offrire uno spunto di riflessione su questi temi in un’ottica reichiana sistemica, che lavora alla prevenzione della patologia guardando alla complessità del sistema in cui si situa la nuova nascita. Lo farò con l’aiuto di un dipinto straordinario: La tempesta del Giorgione.

altLa tempesta, GiorgioneLa tempesta, GiorgioneE’ stata dipinta probabilmente nel 1506 e dopo 500 anni è capace ancora di parlarci. Naturalmente non voglio far dire a Giorgione quello che non poteva essere in grado di dire, ma mi sto assumendo la responsabilità di utilizzare la funzione universale che un’opera d’arte ha: quella di rendere manifeste le dinamiche profonde dell’animo umano, anche se l’artista non ne è cosciente o lo è solo in parte.

Si tratta di un’opera splendida e misteriosa. Gli storici dell’arte si sono impegnati alla ricerca delle più diverse interpretazioni: storiche, simboliche, esoteriche, alchemiche. Probabilmente ognuna di queste contiene un po’ di verità.

Io scelgo una delle prime: è la rappresentazione della sua famiglia, possiamo dire della famiglia.

La scena presenta in primo piano, contornata da alberi rigogliosi e verdi, una donna che allatta un bambino, e più in là un uomo. Sullo sfondo la città cinta da mura e sopra un cielo da temporale: la tempesta, appunto.

Il bambino è in contatto con quello che chiamiamo il primo campo, il campo materno; più in là il secondo campo, il padre; e più lontano ancora il terzo campo, la società. Stiamo parlandodi primo, secondo e terzo in senso cronologico per il vissuto del bambino; si tratta di campi con valenze energetiche, affettive, culturali, esistenziali (Ferri, Cimini 1992).

L’insieme madre bambino è luminoso, la nudità dei loro corpi ci parla della natura senza sovrastrutture, ci parla di bellezza e di fragilità; l’unica protezione è data dalla piccola mantella bianca sulle spalle della madre.

Il padre presenta l’elaborazione culturale: ci sono gli abiti e c’è, nelle mani dell’uomo, un bastone: per la difesa e per l’attacco.

La scena sullo sfondo accentua strutture e sovrastrutture: ci sono le architetture, la cinta muraria che rimanda alle guerre e agli assedi, il temporale, il pericolo.

E allora penso alle donne che ho seguito nei primi mesi dopo il loro parto. Penso a come spesso si sentano racchiuse in un cerchio fatato e spaventoso insieme, impreparate a far convivere il vissuto biologico ed emozionale di madre con l’immagine di compagna del proprio uomo, di donna che lavora fuori casa (Pompei, 1993).

Questo dipinto, per certi versi, è abbastanza insensato: ma perché se ne sta nuda nel bosco questa puerpera? In realtà, Giorgione ci sta descrivendo bene la contemporaneità di tempi psichici diversi nel padre e nella madre, ed anche nell’intimo della madre. La posizione nello spazio è significativa. L’uomo guarda la scena così naturale e per lui così misteriosa dell’allattamento, e non sa dove porsi.

E allora penso a quei padri che cominciano a darsi un gran da fare per lavorare di più, perché i soldi sembrano non essere più sufficienti, e per sentire di star facendo anche loro qualcosa di molto importante per quella nuova nascita. Ma, in questo modo, stanno meno tempo in casa, si allontanano; sia la donna che l’uomo vedono quello che sta accadendo ma non sanno cosa dire, cominciano i malumori, le accuse reciproche. Cominciano ad arroccarsi entrambi sulle proprie posizioni e le proprie rivendicazioni.

Oppure il padre imita la madre, e allora abbiamo il mammo: molto presente, ma fotocopia di primo campo, e non polarità sana di secondo campo, pronto, nel tempo giusto dello svezzamento, a prendere per mano il piccolo e rassicurarlo nel passaggio di uscita dal campo materno. E’ difficile trovare alleanza nella diversità.

E la scena si fa più complessa e meno conosciuta se la nascita avviene all’interno di una coppia omosessuale, o da una donna single.

In questi casi primo e secondo campo non faranno riferimento necessariamente a padre e madre maschio e femmina. Dovremo parlare di funzioni di primo e di secondo campo.

La funzione di primo campo, a livello biologico sarà naturalmente assunta dalla madre nella gravidanza e nel parto, dopo non necessariamente.

Intendo funzione di primo campo dopo la nascita la funzione di accoglienza incondizionata, nutrimento amorevole, garanzia di nido protettivo.

Intendo funzione di secondo campo l’accompagnamento nell’uscita dal primo campo, l’incontro con le regole di un fuori che è diverso, l’accompagnamento verso l’autonomia.

Queste funzioni sono indipendenti dal maschile e femminile, anche se, nella nostra cultura, questo non è stato visto fino a pochissimo tempo fa.

Tornando al Giorgione, sullo sfondo del dipinto vediamo la città, con le proprie regole dure, esigenti, la tempesta che incombe. Ed è tempesta tra stati emozionali, affettivi ed energetici diversi.

La situazione potrebbe essere a rischio. E’ qui che si dovrebbe inserire un lavoro di prevenzione.

Sophie Marinopoulos, ha scritto su questi temi un libro da leggere: “Nell’intimo delle madri”. Un libro che nasce dalla sua esperienza nel reparto maternità di un centro ospedaliero universitario in Francia, dove la prevenzione è prevista istituzionalmente.

Qui da noi ci sono state belle esperienze in questa direzione, che non hanno trovato fondi per proseguire. Ci sono progetti di spessore che cercano una collocazione nelle istituzioni pubbliche con enorme fatica.

Continuiamo a muoverci sull’urlo dell’emergenza, mentre dovremmo imparare ad ascoltare i segnali sommessi di un dolore che nasce.

 

L’adolescenza

Ma non c’è da far prevenzione solo all’inizio della vita, perché i momenti di passaggio si ripresentano.

Ci sono i ragazzi, nel loro cammino a ostacoli sulla via del diventare adulti. C’è da intercettare il disagio di ragazze e ragazzi confusi, sofferenti o bloccati prima del salto verso la concreta ricerca di un lavoro, o inconsapevolmente incapaci di differenziarsi dai modelli genitoriali, privi di riferimenti, disorientati.

Una ricerca (1), che ha coinvolto più di 2000 studenti e più di 200 insegnanti di scuole medie italiane, aveva l’obiettivo di valutare i segnali di crisi nel comportamento.

Il risultato ha evidenziato due tipologie di ragazzi a rischio: i “timidi-rabbiosi” con stati di ansia, depressione e aggressività, e i ragazzi “aggressivi-tristi”, apparentemente in guerra con il mondo ma che nascondono tristezza e solitudine.

Un altro dato: un rapporto presentato dal Commissario Europeo per l’Educazione, Vassiliou, ci dice che l’abbandono scolastico è arrivato al 14,1% in Europa; in Italia al 20 % (nel 2008 era al 19,7%). La capacità di lettura dei quindicenni europei è peggiorata: 1 su 5 ha scarse capacità di comprensione.

Cosa sta accadendo? Sono intrecciabili i due dati? Io credo di sì. Insuccesso scolastico e tristezza-solitudine-aggressività sono due facce della stessa medaglia.

Reich diceva che l’amore, il lavoro e la conoscenza sono le fonti della nostra vita e che dovrebbero anche governarla.

Quando così non è, qualcosa ha funzionato male nel circuito dell’interrelazione con l’altro, con gli altri, o nella connessione tra le diverse parti di sé, del sé.

Chi fa prevenzione in questa direzione? Pochi “sportellli di ascolto” nelle scuole, qualche associazione culturale di volontariato… (2)

Ognuno di noi è un sistema complesso in relazione costante con altri sistemi, e la storia di ciascuno di noi, e della terra e dell’intero sistema solare è una storia di relazioni. La qualità di queste relazioni fa la qualità della vita.

Chiedo aiuto anche ora ad un artista: a Matisse e al suo capolavoro La danza.

Possiamo leggere questa danza come un’immagine di terzo campo a cui tendere. Ricordate la cinta muraria del Giorgione?dance hermitageMatisse Prevenire la patologia è uscire da quelle mura e tendere a questa danza: c’è movimento, c’è energia, sincronia di soggetti diversi ben individuati; un’immagine che potremmo definire molto reichiana. Matisse delinea decisamente il contorno dei corpi rosa sullo sfondo. Non c’è confusione, ma contatto e relazione. Ognuno cerca il proprio movimento costruendo una forma condivisa. Ognuno esprime la propria energia contando, alla propria destra e alle propria sinistra, sull’energia dell’altro, senza dimenticare il campo energetico cosmico in cui tutta la scena è immersa.

 

(1) Ricerca condotta dal Dipartimento di Scienze Neurologiche Psichiatriche e Riabilitative dell’Età Evolutiva dell’Università La Sapienza di Roma.

(2) Nel 1996 La Società Italiana di Analisi Reichiana (S.I.A.R.) ha costituito il SERVIZIO CONSULENZA GIOVANI ”WILHELM REICH”, poi divenuto associazione di volontariato riconosciuta dalla Regione Lazio. Il Servizio offre ai giovani tra i 18 e i 30 anni una serie di colloqui gratuiti effettuati da psicoterapeuti. Il giovane può esprimere il proprio disagio, per essere aiutato a dare una lettura della scena in cui si trova ed essere orientato sulle possibili strade da intraprendere. Spesso questi incontri sono sufficienti a rimettere in moto la possibilità autonoma di trovare una soluzione al proprio problema. Laddove, invece, i colloqui non siano sufficienti, vengono indicati dei percorsi terapeutici individuali o di gruppo, oppure consulenza psichiatrica, o esperienze espressive, artistiche o sportive.

Si tratta di prevenzione per evitare il cronicizzarsi di situazioni e comportamenti distonici, che possono dar luogo a patologie.

 

Bibliografia
  • Ferri, G., Cimini, G. (1992), "Psicopatologia e carattere", Roma, Anicia.
  • Marinopoulos, S. (2005), "Dans l'intime des mères", Paris, Fayard (trad. it. Nell'intimo delle madri, Milano, Feltrinelli, 2006).
  • Pompei, M.(1993), "Dopo il parto. Un intervento di psicoterapia reichiana", in Istar, 7, pp 58-61.
  • Pompei, M. (1993), "Movimenti energetici nel puerperio. Intervento psicoterapeutico nella depressione post-partum", in Energia e significato, X, pp. 141-146.
  • Racamier, P. (1961), "La mère et l'enfant dans les psychoses du post partum" in L'evolution psychiatrique, p. 26.
  • Reich, W. (1983), "Children of future", New York, Farrar, Straus & Giroux, Inc. (trad. it. Bambini del futuro, Milano, SugarCo, 1987).

* Psicoterapeuta, Analista S.I.A.R.

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