Numero 2/2012

L'esperienza della Vegetoterapia

Giuseppe Ciardiello*

 

Neppure la persona che mi ama di più può darmi
la possibilità di realizzarmi come essere umano.
Soltanto io posso farlo; ma per questo ho
bisogno dell'aiuto di persone che mi amano,
mi rispettano e mi ascoltano.

(Sandro Spinsanti, 2003, presentazione al testo di

Catello Parmentola, Prendersi cura, Giuffré Ed.)

 

La dimensione relazionale e un punto di vista complessivo ci permettono di guardare ai comportamenti problematici come messaggi relazionali e non come semplici disturbi strutturali. Tutte le nostre esperienze evolutive, a partire da quelle che definiamo primarie, che procedono dal concepimento e comprendono la gestazione, sono esperienze relazionali che si organizzano neurologicamente e influenzano il nostro inconscio profondo. In tal modo formano le modalità di funzionamento dei sistemi psichici che elaborano l’informazione automaticamente (Schore, 2008). Queste qualità emergenti del funzionamento complessivo del nostro organismo derivano anche da modalità ricorsive. I messaggi, che dalla periferia del corpo giungono al cervello, danno forma alle strutture cerebrali e contribuiscono a modificarle; da queste partono ulteriori messaggi che modificano la periferia da cui partono sia messaggi di auto-segnalazione sia quelli che l’organismo riceve dall’esterno. Questo processo, sempre attivo, ci caratterizza anche nella vita adulta rendendoci irriducibili, anche descrittivamente, ad altri esseri viventi. Alcuni aspetti di questo processo sono unici e caratterizzano la nostra specie. La capacità di creare cultura e la possibilità di comunicare simbolicamente sono aspetti di cui solo la specie umana è capace.

Per ogni individuo le specificità che hanno inciso nella costruzione della personalità, si radicano a partire dai comportamenti relazionali primari perciò, in ogni tipo di disturbo, esistono specificità che caratterizzano le singole persone e, nella definizione dei caratteri, si è giunti a rendersi conto di quanto sia necessario operare diversi distinguo tra una persona e l’altra, anche quando ci si ritrova davanti a caratteri simili. Simili ma mai uguali. Gli stessi comportamenti, pur appartenendo a persone caratterialmente simili, sono soggettivi e non riducibili l’uno all’altro. Persone diverse soffrono di un analogo disturbo in maniera diversa e con diversa disfunzione organica.

La Vegetoterapia (VGT) prende le mosse dai presupposti su esposti per analizzare le personalità; parte dalla periferia dei corpi, indagando le modalità di realizzazione delle azioni (acting), per ipotizzare le forme assunte dalle architetture cerebrali. (Ferri, 1992).

Come tecnica terapeutica si è sviluppata ideando acting il più possibile simili a comportamenti primari. La logica che li sottende non è l’abreazione, ma la fine modulazione del gesto che, agito con un movimento e un ritmo congeniale alla necessità della persona (agente), permette la riedizione di esperienze congelate nell’organismo.

Quando in Vegetoterapia si pensa agli acting, si considera la realtà organismica complessiva per la quale sono proposte esperienze elementari in setting protetto e in presenza del terapeuta. La presunzione di base è la convinzione della necessità dell’esperienza per apprendere nuove e alternative modalità comportamentali. La VGT si muove nella convinzione terapeutica della necessità esperienziale di tipo relazionale; le contratture, gli irrigidimenti corporei (ossei, tendinei, cutanei, muscolari), i punti doloranti del nostro organismo, le parti più deboli e fragili del nostro corpo, quelle più forti e solide, sono testimoni di una storia complessa che inizia dal concepimento. Nelle forme che i nostri organi assumono provvisoriamente (in cui esitano direbbe Ruggieri), è conservato il complesso vissuto esperienziale, carico anche di affetti e di emozioni, capace di dare forma al nostro modo di sentire e pensare la relazione.

La VGT ha intuito il modo per poter proporre alle persone di ripercorrere metodicamente le esperienze che le hanno formate tenendo presente che ogni esperienza coinvolge l’organismo complessivo nell’espressione del svegetoterapia1foto di Patrizia Masciafoto di Patrizia Masciauo aspetto comportamentale, cognitivo e biologico.

Fin dai primi passi Reich intuì la necessità di indurre i pazienti a sperimentare corporalmente le difficoltà che lamentavano. Oggi gli acting in VGT restano il filo conduttore di una logica terapeutica che fin dal suo nascere ha visto nelle prime relazioni sociali la matrice di tutti i disturbi. La riproposizione dettagliata degli acting è simile alla riproposizione di vissuti ancestrali congelati negli organi; le strutture mentali di cui sopra, frutto di relazioni e di esperienze specifiche, danno luogo a modalità comportamentali e caratteriali soggettive e uniche che possono essere rivisitate esperienzialmente. Le modalità di indagine proposte con la VGT colgono nel ritmo, intensità e durata gli aspetti che caratterizzano le esperienze più antiche ravvivando ricordi ancestrali che a volte possono toccare anche le esperienze primarie. Può capitare di rivivere vissuti non rappresentabili verbalmente ma che si riconoscono antichi in quanto fanno parte di un bagaglio mnestico (il conosciuto non pensato di Bollas?). L’opportunità offerta dalla VGT è quella di sperimentare questi vissuti poco rappresentabili, nel setting terapeutico, con le modalità congeniali a chi sperimenta, nel contesto di una relazione sensibile al contatto primario. Nell’ambito terapeutico della VGT si realizza un dialogo primario non-verbale fatto di sensazioni e di ritmi, di contrazioni e morbidezze che rimandano alle memorie implicite e ai primi contatti non verbali, attivanti le parti profondamente radicate nella psiche della persona. Il dialogo tonico coglie l’aspetto intimo e profondo dell’esperienza che, in condizione di riservatezza e protezione, può essere rivissuto e messo al servizio di una risistemazione concettuale che, verbalizzata e fatta propria nel concorso di paziente e terapeuta, contribuisce alla co-creazione di un nuovo racconto di sé, un nuovo punto di vista e una diversa struttura di personalità.

 

 

Bibliografia

  • Bollas, C. (1989), "L'ombra dell'oggetto: psicoanalisi del conosciuto non pensato", Roma: Borla.
  • Ferri, G., Cimini, G. (1992), "Psicopatologia e Carattere: una lettura reichiana" Roma: Anicia.
  • Imbasciati, A. (2006), "Il sistema proto-mentale", Milano, ed. LED.
  • Ruggieri, V. (1997), "L'esperienza estetica; fondamenti psicofisiologici per un'educazione estetica", Roma, Armando ed.
  • Ruggieri, V. & Coll. (2011), "Struttura dell'Io tra Soggettività e Fisiologia corporea", Roma, EUR
  • Schore, A. N. (2008),"La regolazione degli affetti e la riparazione del sé",  Roma, Astrolabio.

* Psicologo Psicoterapeuta, Analista S.I.A.R.

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