Numero 2/2013

PSICOTERAPIA IN GRUPPO/linee metodologiche
(Seconda parte)

Giorgio Nigosanti*

 

Come funziona un gruppo reichiano, cosa si fa al suo interno, su cosa si lavora?

In un gruppo reichiano noi trasportiamo i principi e la metodologia con cui operiamo in una analisi individuale.

Lavoreremo pertanto sui seguenti aspetti:

Verbale: nonostante ci troviamo in un ambito corporeo è normale che sia presente la comunicazione verbale. E’ attraverso le parole che noi comunichiamo, e il verbale è il mezzo con cui abbiamo, soprattutto all’inizio, maggiore dimestichezza.

Simbolico: è l’altro grande elemento di presa di coscienza. Spesso gli input che arrivano dall’interno (inconscio) del paziente non sono chiari, perché non arrivano dal logico razionale, a lui comprensibile. Il simbolico in questi casi è il grande ponte. E’ naturale che necessita di una guida interpretativa che viene data dall’analista.

Muscolare: entriamo, con questo aspetto, nel grande campo dell’analisi reichiana. Significa che in un gruppo non si parlerà solo, non si tradurrà solo il simbolico, ma i pazienti agiranno – faranno e il corpo (muscolare) entrerà in gioco in maniera determinante. Si lavorerà infatti principalmente con movimenti corporei che noi chiamiamo acting.

Entreremo sul particolare successivamente.

Energetico: concetto strano, particolare, che ha la caratteristica dell’indeterminatezza, ma che invece, anche storicamente, appartiene al vasto mondo della psiche.

E’ soprattutto con l’entrata del corpo che l’energetico acquista una valenza significativa. L’acting non è solamente movimento, ma acquisisce la qualità del sentire. Significa che in un lavoro con il corpo io posso sentire o meno alcune sue parti. Alcune di queste sono più presenti, pregnanti, significative; possiamo quindi affermare che hanno un quantum energetico e forse ci danno, ma soprattutto danno al paziente, una percezione che può tramutarsi in coscienza e consapevolezza.

Emozionale: altro fondamentale aspetto in un’analisi di gruppo reichiana.

Una conoscenza solo razionale di quello che siamo e/o di quello che ci è successo servirebbe a ben poco per produrre cambiamenti reali.

L’emozionale ci mette immediatamente in contatto con quell’antico problema, con quello stato emotivo, forse sentito una volta, ma che abbiamo rimosso; così che se ne sta in un angolo del nostro mondo interno, apparentemente silente, ma funzionante, come la brace sotto la cenere. E’ soprattutto l’aspetto emozionale che spesso in un gruppo arriva violento, immediato. A quel punto non ci è più possibile non vederlo, ci balza agli occhi (presa di coscienza).

Ma qual è il ponte che ha la possibilità di far emergere l’emozione? Ancora una volta il corpo. E’ nella coscienza corporea, nell’emozione che si è legata alla muscolarità; toccando quest’ultima, si può liberare l’emozione.

Se dovessimo fare una sintesi, potremo dire che in un gruppo reichiano tre sono gli elementi fondamentali:

sentire, agire, vivere un’esperienza.

I livelli reichiani

Reich individuò sette livelli corporei in una visione longitudinale, partendo dalla testa fino alle pelvi e perpendicolare alla colonna vertebrale:

1° livello – occhi, orecchie, naso

2° livello – bocca

3° livello – collo

4° livello – torace, braccia

5° livello – diaframma

6° livello – addome

7° livello – bacino, gambe.

Scrivono G. Ferri e G. Cimini “noi riteniamo che i livelli corporei reichiani sono i luoghi del corpo, che portano gli imprinting ed i segni incisi delle relazioni oggettuali. Essi rappresentano il primo ricevente della relazione con l’Altro da Sé, le aree di risonanza dei vissuti emozionali del lì ed allora, le interfacce periferiche delle fasi evolutive attraversate, puntuali nella dominanza in successione nel tempo.” (Ferri, Cimini, 2012).

Per ognuno di questi livelli sono stati definiti degli acting, ovvero “gli ascensori frattalici del tempo interno” (Ferri, Cimini, 2012) che ri-attivano (possiamo usare questo termine) il livello e la fase evolutiva corrispondente, trascinando con sé tutto quanto è rimasto incarnato in quella zona corporea: ricordi, emozioni, etc…, ma gli acting permettono anche di recuperare esperienze, o non vissute, o vissute in maniera incompleta o disfunzionale; potremo ad esempio riattualizzare un insufficiente allattamento attraverso l’acting della suzione e riparare in parte l’esperienza mancata proponendo un nuovo prototipo di relazione oggettuale.

Ogni livello ed ogni fase evolutiva hanno acting specifici. Nel corso della nostra storia reichiana questi acting sono stati perfezionati e sistematizzati da Federico Navarro e ulteriormente approfonditi ed elaborati da Genovino Ferri e dagli analisti della S.I.A.R. (Società Italiana di Analisi Reichiana). Negli ultimi tempi sono stati inseriti sottotipi di acting per andare incontro alle specifiche particolarità di una data persona.

Gli acting in seduta individuale

Non è scopo di questo articolo descrivere gli acting nello specifico. Ripetiamo che per ogni livello corporeo e fase evolutiva sono stati ideati uno o più acting che contengono al loro interno una funzionalità progressiva logico-funzionale filo-ontogenetica. L’analista, in base alla diagnosi, alla biografia e ai disturbi portati dal paziente stilerà un programma di somministrazione degli acting funzionale a quella data persona nella sua situazione.

Non c’è una durata standard di lavoro con uno specifico acting, ma, ogni paziente agirà un acting il tempo necessario a che questi esplichi la sua funzione. Al termine dell’acting agito dal paziente, l’analista gli chiederà di raccontare le sensazioni e i pensieri che ha avuto durante l’esecuzione.

La durata standard di un acting è di 15 minuti, ma può essere modificata in relazione allo stato della persona, alla sua sostenibilità, nonché a ciò che accade durante lo svolgimento dell’acting stesso.

In una terapia individuale classica, caratterizzata dall’appropriato tempo terapeutico per la persona, quest’ultima ha la possibilità di sperimentare se non tutti, quasi tutti gli acting.

In un gruppo, per motivi che approfondiremo, questo di solito non avviene.

L’acting in gruppo 

immagine NigosantiLo scopo dell’articolo che sto scrivendo non è quello di realizzare un manuale di acting, ma quello di far osservare come l’acting è trasformato nel momento in cui viene esperito in gruppo.

 

 

Non descrivo gli acting perché ritengo fondamentale che, chiunque pensi di fare in un gruppo un lavoro corporeo, faccia prima di tutto quest’esperienza lui stesso. Sarà così che sperimenterà e quindi conoscerà i vari acting a cui seguirà una conoscenza teorica.

 

Definiamo prima alcuni aspetti:

  • gli acting in un gruppo possono essere eseguiti da soli, in coppia, o fatti dall'individuo in relazione a tutto il gruppo.
    In coppia di solito vengono eseguiti, ma non sempre, uno di fronte all'altro.
    In relazione al gruppo significa che una persona può eseguire un acting da sola nel gruppo o nei confronti di tutto il gruppo.
  • Un acting eseguito da soli in un gruppo non ha la stessa valenza che fatto in terapia individuale. Il gruppo comunque possiede di per sé un'atmosfera e una pregnanza che di fatto va a colorare diversamente l'acting.
  • In gruppo possiamo lavorare a livello corporeo sdraiati (come in seduta singola), ma anche seduti o in piedi (in quest'ultimo caso quasi sempre in movimento).
  • A differenza di una seduta individuale (in cui l'analista propone un acting senza fornire di solito input), in una seduta di gruppo il terapeuta fornisce durante l'esecuzione (che può durare molto di più rispetto ai classici 15 minuti) diversi input, con l'intento di aiutare significativamente le persone a vivere nella maniera più piena/pregnante l'esperienza.

Acting ulteriori

Il gruppo presenta arricchimenti e potenzialità. Questo significa che si sono elaborati acting ulteriori rispetto a quelli utilizzati in terapia individuale.

Ne accenno alcuni: un utilizzo più frequente delle mani, il camminare nella stanza (con la possibilità di incontro visivo o tattile), un lavoro di radicamento attraverso i piedi, l’esperienza di sentire il proprio campo energetico attraverso l’avvicinarsi/allontanarsi dall’altro e così via.

Metodologie aggiuntive

Se il lavoro prettamente corporeo attraverso gli acting funge da filo conduttore, non posso non accennare ad ulteriori altre metodiche che potremo aggiungere.

Questo perché esse vanno comunque a lavorare su un sentire corporeo, e perché, ancora una volta, nel nostro approccio terapeutico, tutto ciò che è utile al paziente può essere utilizzato, secondo il principio della funzionalità terapeutica, di una coerenza epistemologica e di una appropriata grammatica.

Potremo pertanto utilizzare:

- il gioco di ruoli

- lo psicodramma

- la musica

- la danza

- e altro ancora

 

Possiamo dire che il gruppo ha una particolarità terapeutica talmente ricca che sono possibili aggiunte e colorazioni molteplici.

Entriamo ora più nello specifico e approfondiamo alcuni temi che abbiamo solo brevemente accennato.

Verbale

Anche in un lavoro corporeo il verbale riveste e mantiene tutta la sua importanza.

Ogni persona che vive delle problematiche personali, sente il bisogno di buttare fuori il suo disagio/dolore. Questo avviene, seppure con più difficoltà, anche in un percorso di gruppo, ed è importante saper cogliere il momento e dare uno spazio adeguato alla cosa.

Pensiamo all’importanza di alcune tematiche come:

- le figure genitoriali

- i periodi particolari

- le malattie o i lutti

- gli avvenimenti personali specifici

- le separazioni

- gli eventi traumatici

 

Senza dimenticare anche gli avvenimenti positivi:

- l’accesso ad un lavoro

- l’innamorarsi

- lo sposarsi

- l’acquisire una propria autonomia abitativa

- la nascita di un figlio

- o anche una semplice vacanza

 

E’ fondamentale che le persone abbiamo la possibilità/libertà di esprimere verbalmente i propri vissuti, i propri ricordi, di dire con le parole le loro emozioni. E’ talmente importante cogliere il valore del verbale (non del chiacchierare) che può capitare che un incontro di gruppo si svolga tutto in questa modalità.

In più, proprio il gruppo prevede spazi in cui ne è previsto l’uso:

  • il racconto all'inizio del gruppo. E' il momento iniziale. Si sta tutti seduti in cerchio. Il terapeuta chiede ai partecipanti di raccontare (chi lo desidera) se ci sono stati fatti salienti nella loro vita dal gruppo precedente o se qualcuno vuole comunicare qualcosa al gruppo. Questa parte può terminare in breve tempo se non ci sono stati fatti significativi, come invece potrebbe trasformarsi in un momento molto importante per una specifica persona seguito da un lavoro interpretativo.
    E' anche il momento in cui si sente l'atmosfera del gruppo, e può capitare che il programma che ci si è dati prenda un'altra direzione.
  • Il racconto dell'esperienza dopo il lavoro corporeo. E' la parte centrale (insieme all'acting svolto) dell'esperienza in un gruppo. Quello che si è sentito, vissuto, viene espresso, non solo a se stessi ma anche di fronte agli altri. E' il momento in cui il lavoro con quel paziente può proseguire approfondendo quanto è emerso, sia a livello verbale, ma anche/soprattutto attraverso un ulteriore specifico e mirato acting, che farà la sola persona.
  • L'elaborazione verbale dopo l'acting è l'aspetto che ci caratterizza. A differenza di altre metodologie corporee, che spesso lasciano la persona sola col suo sentire, noi non solo la sosteniamo, ma l'aiutiamo a capire che cosa è successo, informandoci all'Analisi del Carattere, e cerchiamo di darle l'opportunità e gli strumenti per modificare e/o cambiare alcune sue modalità disfunzionali e lo stile delle sue relazioni oggettuali.
  • Conclusione del gruppo. E' l'ultima parte. Di norma viene chiesto di dire una frase, una parola, una sensazione sull'esperienza vissuta.
Metodologia operativa specifica e linee metodologiche

Entriamo nello specifico immaginando l’inizio di un gruppo.

Prima di iniziare sarà necessario che l’analista definisca un programma di massima.

Il programma non è altro che l’impostazione del lavoro che si ipotizza di svolgere in quel gruppo: quali aspetti toccare, quali acting,con quale sequenza, quali persone stimolare, etc…

Naturalmente sarà un programma di massima, mai rigido, perché il gruppo può sempre prendere direzioni sue particolari, ed il terapeuta deve saper cogliere queste particolarità e modularsi di conseguenza.

Da sottolineare che tale programma dovrà tenere conto di alcune caratteristiche che abbiamo precedentemente descritto (nella prima parte dell’articolo pubblicato nella rivista n°3-Marzo 2013): numero degli incontri programmati; durata di ogni incontro; numero dei partecipanti. Questi elementi, determinando il tempo a disposizione, influenzeranno anche il contenuto programmatico.

Ricordo che per la nostra Scuola (orientamento psicoanalitico/corporeo) il gruppo ha tendenzialmente un valore aggiunto (integrativo) e non sostitutivo di una analisi personale. Quest’ultima ha un tempo non definito, per cui è possibile che al paziente vengano somministrati quasi tutti gli acting. Tutto ciò è difficile che avvenga in un gruppo. L’analista pertanto deve scegliere alcuni acting e/o tematiche.

Ma quali lavori fare o con quale sequenza?

Nella descrizione tradizionale degli acting, di solito si lavora dall’alto verso il basso (dagli occhi al bacino). Ma se osserviamo gli acting in una prospettiva più ampia, sulla freccia del tempo tridimensionale, osserveremo che si possono suddividere o raggruppare per aspetti definiti.

Potremo vedere:

  • acting di contatto. Acting che possiamo dire appartenere – significare il 1° campo;
  • acting tonico affermativi (2° campo);
  • acting di relazione con l'Altro (3° campo);
  • acting di tratto caratterologico, che si informano alle varie fasi (intrauterina, oro-labiale, muscolare, prima genito-oculare, seconda genito-oculare) segnate nei vari livelli corporei.
  • acting di passaggio o separazione/approdo (nascita, svezzamento, edipo, pubertà);
  • acting di aumento energetico neghentropico.
Sequenza di acting

Potremo fare un lavoro in cui viene eseguito un solo acting seguito dal racconto e dall’elaborazione, oppure nello stesso lavoro inserire altri acting in sequenza funzionale appropriata.

Cronologia di acting

Si tratta di aggiungere il tempo all’esperienza. Così, ad esempio, potremo passare (sempre nello stesso lavoro) dal Punto Fisso al Naso-Cielo, dagli occhi chiusi agli occhi aperti, dal No all’Io, e così via.

Cronologia filo-ontogenetica

In questo caso, nella somministrazione degli acting seguiremo l’impronta filogenetica.

Intrauterino – Nascita – Accudimento – Allattamento - Svezzamento –Deambulazione - Figura materna - Figura paterna - Sociale .

Tematiche importanti

Nascita – Madre – Padre – Separazioni – Lutti – Affettività - Eventi traumatici - E altro.

L’analista definirà pertanto un programma che abbia al suo interno una coerenza e una progressione e che possa consentire ai partecipanti un percorso.

Ma nel definire questo è fondamentale tenere conto almeno di due caratteristiche:

  • Valutazione dei partecipanti. Aspetto fondamentale, perché lo stato dei partecipanti determinerà la coloritura del gruppo. Mi spiego meglio. Un terapeuta può avere di fronte persone che conosce molto bene (perché per esempio sono in terapia con lui, oppure (se il gruppo è aperto) persone che conosce poco. E ancora un gruppo può essere composto da pazienti che hanno già un’esperienza di questo lavoro o da altri che vi partecipano per la prima volta.

Queste particolarità fanno una enorme differenza. In un caso sarà possibile lavorare più speditamente e più in profondità, mentre nell’altro il lavoro, soprattutto all’inizio dovrà avere una certa dose di cautela.

  • Sostenibilità. E’ fondamentale che l’analista veda correttamente la persona (in questo caso singola) e valuti la sua sostenibilità. Alcuni arrivano al loro primo gruppo timorosi e quasi spaventati. Occorre prenderne atto e modulare sia il lavoro (acting, loro progressione…) che l’approfondimento delle interpretazioni alla loro possibilità.

Stessa cosa quando una persona non è ancora sufficientemente strutturata da affrontare certe problematiche personali.

  • Sostenibilità di gruppo.

Concludiamo questa seconda parte del lavoro, sottolineando che è importante valutare anche la sostenibilità del gruppo nel suo insieme.

Come regola generale un buon metodo è iniziare dal semplice per passare progressivamente ad un lavoro più profondo e pregnante.

 

Bibliografia

  • Ferri, G., Cimini, G. (2012), Psicopatologia e Carattere. Roma: Alpes Editore.

 * Psicologo, Psicoterapeuta, Analista S.I.A.R.

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