Numero 1/2019

Pink Floyd: l'ascolto del lato oscuro

Matteo Bonfigli*

Gli anni ‘60 del ‘900 sono caratterizzati da eventi, mutamenti e fermenti culturali che modificheranno in modo irreversibile il percorso di una Terra già sconvolta dall’incubo di due guerre mondiali e che proprio in quel periodo sembrava stesse ritrovando un equilibrio, per quanto forzato e dettato dalla contrapposizione del blocco capitalista occidentale e quello comunista orientale.

Lo stesso mondo occidentale, invece, si scopre essere fortemente diviso al proprio interno: negli Stati Uniti divampano le proteste per l’impopolare guerra in Vietnam; la costa orientale è stravolta dalle rivolte razziali mentre, dalla parte opposta del paese, nascono i movimenti studenteschi che si trasferiranno presto in Europa, in particolare in Francia e in Italia, e che daranno vita alla rivoluzione del ‘68.

La grande onda del cambiamento in Inghilterra - e principalmente a Londra - ha effetti molto diversi rispetto al resto del pianeta, soprattutto in ambito artistico e nello specifico in quello musicale. Dopo l’esplosione dei Beatles e dei Rolling Stones, nascono una quantità straordinaria di gruppi che, reinterpretando e trasformando la musica proveniente da oltreoceano - blues e rock n’ roll -, generano un nuovo sound che diventerà una vera e propria colonna sonora di un periodo probabilmente irripetibile: nei club londinesi suonano Led Zeppelin, Cream, Deep Purple, Animals, Who; a Londra si trasferisce Jimi Hendrix per registrare i suoi dischi e sempre qui muovono i primi passi tre studenti del politecnico di Regent Street, a cui si unisce un eccentrico ragazzo proveniente dall’Accademia di Belle Arti.

Le origini colte di Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason e il talento artistico di Syd Barrett, in contrapposizione con le radici spesso proletarie e ribelli dei musicisti delle altre band, rappresentano uno dei caratteri distintivi della band che nasce sotto il nome di Pink Floyd e permetteranno loro, nonostante i vani tentativi di critici e discografici, di non poter mai essere etichettati da alcun generemusicale.

 
La perdita del padre di Roger Waters

Il tema della perdita del padre di Roger Waters - autore, bassista e cantante del gruppo -, avvenuta in Italia durante la seconda guerra mondiale, si rileva spesso nei testi dei PinkFloyd, in particolare nei successivi album The wall (Ilmuro) del 1979 e The final cut (Il taglio finale) del 1981. Il primo è un disco interamente autobiografico in cui l’autore dei testi racconta i propri traumi, la perdita del padre, appunto, l’oppressione della madre, le vessazioni scolastiche, l’improvviso successo e i difficili rapporti con le donne. L’autore descrive il progressivo e inesorabile isolamento in cui si chiude utilizzando la metafora del muro che costruisce intorno a sé, rappresentando i traumi come mattoni. Il secondo album è invece un vero e proprio inno pacifista e in qualche modo un manifesto politico contro il Primo Ministro Margaret Thatcher e la guerra delle Falklands da lei condotta. The final cut è inoltre l’ultimo disco dei Pink Floyd a cui Waters partecipa: il suo atteggiamento dittatoriale porterà a insanabili dissidi interni alla band che, dopo una causa milionaria sui diritti del nome Pink Floyd - persa dallo stesso Waters - rimarrà attiva per i successivi 25 anni.

 
L’abbandono del leader per problemi psichici

  Syd Barrett, fondatore, cantante, chitarrista e leader carismatico dei Pink Floyd, probabilmente a causa dell’eccessivo utilizzo di droghe allucinogene, subisce danni cerebrali irreversibili, rimanendo in sostanza inabile. Dopo il primo album, The piper at gates of dawn (Il pifferaio ai cancelli dell’alba), gli altri membri del gruppo decidono di escluderlo, una scelta che influirà molto sulla carriera della band, soprattutto sulla composizione delle canzoni: nel brano Brain damage (Dannocerebrale), ad esempio, la strofa che recita And if the band’s you’re in starts playing different tunes, I’ll see you on the dark side of the moon (E se il gruppo in cui canti suona accordi che non riconosci più ci vedremo sul lato oscuro della Luna) è un chiaro riferimento allo stato di totale alienazione percepito dal cantante e all’evidente impossibilità di poter proseguire la carriera musicale. Insostituzione di Barrett viene arruolato David Gilmour, chitarrista decisamente più dotato dal punto di vista tecnico e dal carattere più inclinealla tolleranza del gigantesco peso del successo che travolgerà i Pink Floyd negli anni a venire.

 
La sperimentazione e le droghe

A cavallo degli anni ‘60 e ‘70 l’uso delle cosiddette droghe sintetiche, dunque acidi e in particolare l’LSD, si propaga in maniera esponenziale tra gli artisti, principalmente tra i giovani musicisti. I Pink Floyd sono i primi a sfruttare -o quanto meno i primi a dichiararlo apertamente-l’alterazione della percezione provocata dall’acido lisergico in modo costruttivo: la droga dunque viene percepita e assunta come un aiuto nella ricerca compositiva e non più come difesa dai propri demoni o semplice divertimento.

Inoltre, attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, come sintetizzatori, suoni e voci campionate, computer, la band riesce a creare un vero e proprio nuovo metodo creativo: molti critici e musicisti in seguito muoveranno accuse nei confronti del gruppo, rimproverando ai Pink Floyd una scarsa coerenza con le origini e la purezza del suono del rock e del blues, non comprendendo appieno il radicale cambio di rotta intrapreso dal gruppo che si rivelerà invece artisticamente proficuo e che si imporrà sulla scena musicale dell’epoca, trasformandola per sempre.


The dark side of the moon

Questo disco viene spesso considerato come il primo concept album: il disco viene concepito e realizzato non più come una semplice raccolta di canzoni, bensì come una composizione organica, in cui musica, parole ed effetti sonori fluiscono senza mai interrompersi - fatta eccezione per il limite imposto dall’inevitabile doppia facciata del disco (i CD arriveranno solo dieci anni più tardi), nel tentativo di esprimere più concetti, legati da un unico tema.

Pink Floyd   Dark Side Of The MoonMolti dei testi che compongono The dark side of the moon sono o possono risultare - almeno ad una prima lettura - criptici: questa è chiaramente una scelta dell’autore, il cui obiettivo è sì quello di rendere misterios i inumerosi messaggi contenuti nell’album, ma è principalmente un escamotage che egli utilizza per stimolare l’ascoltatore e costringerlo a sviluppare una propria interpretazione, liberandolo da contenuti ordinari troppo spesso presenti nella cosiddetta pop music.

Appare invece evidente il tema generale che i Pink Floyd intendono analizzare in questo disco, ovvero l’oscurità, intesa come parte presente e nascosta, coscientemente o non, nell’essere umano. Ciò che è nascosto, dunque oscuro, ci spaventa e la paura è indubbiamente uno dei concetti che ricorre più spesso nelle liriche dei brani presenti nell’album. La paura del tempo, dell’altro, del diverso e più nello specifico del folle e della follia in sé e, ovviamente, della morte: secondo Waters - artefice di tutti i testi - l’uomo anziché affrontare e superare le proprie insicurezze tende ad isolarsi e a difendersi, contrapponendo alla paura dell’incerto la diffidenza, l’indifferenza e la ricerca di beni materiali. Questa naturale predisposizione all’autodifesa rischia di condurci verso una totale alienazione, alla paranoia e in alcuni casi, alla follia: lo stato di alterazione mentale in cui veniamo trascinati dalle difficoltà presenti nel mondo moderno e il distacco dalla realtà che ne consegue è il vero nodo cruciale del disco, in cui non a caso vengono inseriti suoni assolutamente comuni e riconoscibili come facenti parte della vita di tutti i giorni; l’album si apre e si chiude con un battito cardiaco, è possibile distinguere chiaramente ticchettii di orologi, una sveglia, un registratore di cassa, un aereo e il richiamo di un avviso in un aeroporto e soprattutto voci, più o meno comprensibili, che accompagnano in sottofondo l’ascolto per tutta la durata della registrazione: possiamo immaginare che tali voci rappresentino semplicemente i nostri pensieri, eppure ricordano moltissimo quei suoni inquietanti da cui i pazzi non riescono aliberarsi.

Il titolo stesso dell’album e in particolare il riferimento alla Luna ci suggeriscono altri spunti di riflessione sul tema della follia: sappiamo che la Luna gira su se stessa alla stessa velocità con cui gira intorno alla Terra, permettendoci di vedere sempre e soltanto un’unica faccia, rendendo dunque misteriosamente oscura l’altra; ma non è possibile non riscontrare la palese allusione alla simbologia della Luna la quale, a causa dei continui cambiamenti di aspetto dovuti alle fasi, rappresenta - almeno dal punto di vista letterario - il luogo della pazzia. Nel già citato brano Brain damage (Danno cerebrale), inoltre, Waters ha a disposizione decine di vocaboli per rappresentare il folle, ciononostante sceglie proprio lunatic, termine la cui etimologia è indubbia - e non è certamente una coincidenza.

 
La copertina e il messaggio grafico

La scelta delle immagini per le copertine dei dischi è un’altra delle caratteristiche distintive dei Pink Floyd: in un periodo in cui molte band sono ancorate all’idea della indissolubilità tra immagine del gruppo e musica contenuta nel disco, spesso costretti dalle case discografiche a mettere semplici foto dei componenti sulle copertine, loro sono tra i primi a sganciarsi da questa limitazione, utilizzando suggestive creazioni ideate appositamente dall’artista Storm Thorgeson dello studio Hypgnosis, ispirate dalle musiche e dai testi dell’album; va ricordato che in quegli anni non esisteva internet, né la televisione musicale o i videoclip, dunque l’unico modo per una band di approcciarsi al grande pubblico era attraverso i passaggi in radio e, appunto, le copertine. Il messaggio grafico rappresentato su The dark side of the moon è, di nuovo, misterioso, soggetto a numerose possibili interpretazioni e ambiguo: nessuna scritta, un fondo nero, un raggio bianco che colpisce da sinistra un prisma fuoriuscendone scomposto in sei colori distinti. È, a tutti gli effetti, l’immagine stessa della luce, della sua frammentazione fisica. Perché ante-porre dinanzi all’ascoltatore che si appresta ad ascoltare delle canzoni che trattano dell’oscurità un’immagine così luminosa? È un messaggio positivo, di speranza? È un semplice gioco di contrasti tra il titolo del disco e la sua copertina? Oppure la disgregazione del raggio rappresenta le varie sfaccettature che compongono lo spirito dell’essere umano che una volta separate non possono più essere ri-combinate? Quello che sappiamo per certo è che l’immagine è potentissima nonostante la sua semplicità, e diverrà una delle operazioni di marketing più riuscite nella storia della musica, finendo per essere stampata su magliette, poster e su qualsiasi altro supporto; ispirerà altri artisti e in particolare musicisti i quali saranno costretti, da The dark side of the moon in poi, a confrontarsi non solo con le melodie e le liriche ma anche con i messaggi grafici.

 
La distanza dal pubblico

Come abbiamo visto, i Pink Floyd riescono ad ottenere uno strepitoso successo nonostante una distanza voluta, ricercata, quasi auto-imposta: un isolamento che rappresenta un unicum nella storia della musica rock, un’evidente espressione dell’incomunicabilità tra gli esseri umani, altro tema affrontato nel disco in questione. Lo stesso Antonioni, regista affascinato e ispirato dalla difficoltà di comunicazione nei rapporti, sceglierà le musiche della band per accompagnare le immagini di Zabrinskie Point del 1970, film simbolo dell’impossibilità comunicativa tra le generazioni pre e post ‘68.

I Pink Floyd portano alle estreme conseguenze questo concetto, tanto da organizzare e tenere un intero concerto senza pubblico nello stadio di Pompei, nel 1972. I concerti che seguiranno da The dark side of the moon in avanti verranno rappresentati su palchi enormi e saranno accompagnati da luci laser, scenografie immense, videoproiezioni, così da far quasi dissolvere i musicisti presenti, ponendo dunque un’ulteriore distanza tra gli interpreti, la musica - sempre meno legata agli strumenti tradizionali e sempre più contaminata da suoni sintetici - e il pubblico, fruitore dell’arte ma anche unica vera fonte di guadagno dell’artista.

 
Breathe (Respirare)

Il disco si apre con il suono di un battito cardiaco, seguito da un pezzo strumentale composto da suoni confusi; sono gli stessi rumori che si ripeteranno nelle canzoni successive, in un crescendo inquietante che termina solo con il primo accordo del primo brano cantato: Breathe (Respirare). Il respiro può essere interpretato simbolicamente come il principio, una sorta di soffio vitale che dà inizio al racconto, al percorso che l’uomo deve affrontare fin dal principio della propria esistenza; eppure rappresenta anche l’inevitabile: il gesto più naturale e involontario che l’essere umano compie senza quasi rendersene conto viene messo in relazione con l’ineluttabilità assoluta della finitezza dell’uomo, e dunque con la morte. È dunque un brano in qualche modo esistenzialista che si concentra sul tema della caducità della vita, che è impossibile non vivere ma che nonostante tutto conduce verso una fine - appunto - inevitabile, rendendola al contempo vana.

Estratto:

Run rabbit run Corri coniglio,corri
Dig that hole, forget the sun, Scava quella buca, dimentica il sole,
And when at last the work is done E quando finalmente hai terminato il tuo lavoro
Don’t sit down it’s time to dig another one Non riposarti, è già tempo di scavare ancora
For long you live and high you fly Per quanto a lungo tu possa vivere e in alto riesca a volare
But only if you ride the tide Anche se cavalchi la marea
And balanced on the biggest way In equilibrio sull’onda più alta
You race toward a nearly grave. Corri verso una precoce tomba


Time (Tempo)

Dopo aver preso coscienza dei propri limiti, l’essere umano, nella visione di Waters, si trova di fronte al dilemma del tempo, dunque all’impossibilità del ritorno del passato, l’inutilità dell’attuale e l’angoscia del futuro. In questo brano lo scorrere del tempo viene rappresentato come un’infinità di gesti ripetuti e ripetitivi, che portano l’uomo a vivere nella noia e in un’insoddisfazione continua, come se ci fosse addirittura troppo tempo a disposizione: invece, troppo tardi ci si rende conto che il tempo si è perduto e dunque alla frustrazione si aggiunge il rimorso di non aver avuto abbastanza tempo o - peggio - di averlo sprecato o utilizzato in modo inappropriato durante la propria esistenza.

Estratto:

Tired of lying in the sushine Stufo di giacere al sole
staying home to watch the rain o di stare in casa a guardare la pioggia
You are young and life is long Sei giovane, la vita è lunga
and there is time to kill today e oggi c’è ancora tanto tempo
And the one day you find Poi un giorno scopri
ten years have got behind you che sono passati dieci anni
No one told you when to run, Nessuno ti ha detto quando cominciare a correre,
you missed the starting gun. non hai sentito lo sparo dello starter.
 
Money (Soldi)

A questo punto, costretto a vivere nel presente, l’uomo cerca rifugio nelle soddisfazioni materiali, dunque concentra la propria vita sul lavoro nell’esasperato tentativo di accumulare più denaro possibile. Il testo della canzone gioca continuamente sulla dicotomia tra l’accezione negativa del possesso e il fascino e il potere che ne derivano: al termine Money viene sempre contrapposto un terminen egativo - get away (sparite), it’s a gas (sono un veleno), get back (andate via), it’s a hit (sono uno shock), it’s a crime (sono un crimine) - salvo poi far seguire un verso in cui viene evidenziata l’avidità e il bisogno di status- symbol superflui. Questo disperato bisogno di successo e di vanità, dunque, ci rende solo ingordi e egoisti, lasciandoci sempre più soli ad affrontare le complessità della vita moderna.

Estratto:

Money it’s a crime I soldi sono un crimine
Share it fairly Condividili equamente
But don’t take a slice of my pie Ma non prendere una fetta della mia torta
Money so they say Dicono che i soldi
Is the root of all evil today Siano l’origine di tutti i mali
But if yoy ask for arise Ma se chiedi un aumento
It’s no surprise that they’re Non sorprenderti
Giving none away. Se non arriverà mai.
 
Us and them (Noi e loro)

L’isolamento, l’auto-emarginazione è ormai totale. L’altro, tutto ciò che è al di fuori di noi è percepito come ostile e, se non è possibile combatterlo, l’unica soluzione che ci resta è l’indifferenza, il distacco. La paura e la paranoia hanno preso il sopravvento e anche un clochard diventa un nemico, non si può fare altro che ignorarlo. All’interno del brano l’autore sfrutta le contrapposizioni per evidenziare la distanza che poniamo tra noi e l’estraneo - Us and Them (Noi e Loro), Me and You (Io e Te), Black and Blue (Nero e Blu), Up and Down (Su e Giù) -, con la precisa intenzione di denunciare non solo le insidie della solitudine ma anche, in senso più ampio e universale, la pericolosità dell’atteggiamento di ottusità e dell’assenza di dialogo che, in ambito politico ad esempio, porta inevitabilmente allo scontro, al conflitto e dunque alla guerra. L’ultima contrapposizione - Down and Out (letteralmente Sotto e Fuori) - è in realtà un’espressione idiomatica inglese usata per indicare la figura del senza tetto.

Estratto                                                   

Down and out Quanti mendicanti,
It can’tbe helped Ne è pieno il mondo
But there’s a lot of it about Eppure si può far nulla
With, without Avere, non avere
And who’lld eny Chi puòn egare
It’s what the fighting’s all about Che è tutto qui il senso della battaglia
Out of the way, it’s a busy day Fuori dai piedi, è una giornata piena
I’ve got things on my mind Ho tante cose per la testa
For want of the price of tea and a slice Elemosinando un tè e una fetta di torta
The old man died. Il vecchio morì.


Brain damage/Eclipse (Danno cerebrale/Eclissi)

Abbandonati a se stessi, ossessionati da voci inesistenti, infine si impazzisce: la separazione dal resto dell’umanità diviene così vero distacco dalla realtà. Le immagini descritte nel testo ci mostrano pazzi che giocano sull’erba, pagine di giornali che si accumulano senza esser mai lette, teste che esplodono, oscuri presagi; è l’unico brano in cui viene esplicitato il titolo del disco ed è qui che si identifica in effetti la Luna - e in particolare la sua parte nascosta - come luogo della follia: musicalmente è senza dubbio il pezzo più semplice del disco, quasi una ballata triste; eppure è anche e soprattutto la canzone più tagliente, quella in cui più in alto si alza il grido di dolore e la vana richiesta d’aiuto. Il testo è in principio scritto in terza persona e il soggetto della prima quartina sembra essere un guardiano o un medico di un manicomio che osserva dei folli distesi su un prato: lo si intuisce dal monito Got to keep the loonie son the path (letteralmente: Bisogna tenere i pazzi sul percorso, dunque stare attenti, fare in modo che non si facciano del male o che non disobbediscano alle regole); già dal secondo verso della seconda quartina, però, si passa in prima persona, come se ci fosse una presa d’atto della propria follia: nella seconda parte della canzone, dopo il primo ritornello, il pazzo non è più sull’erba -onthegrass- ma nella miatesta -The lunatic is in my head-. Nei ritornelli il protagonista si rivolge direttamente a qualcuno - un dottore? un visitatore del manicomio? l’ascoltatore del disco? - e, come se si rendesse conto di non poter essere compreso o si trovasse in un luogo irraggiungibile, sembra gridare: - Quando sentirai ciò che sento io, solo allora potremo incontrarci, sul lato oscuro della Luna -.

Senza soluzione di continuità, i Pink Floyd passano al brano successivo, il finale: l’eclissi. La canzone descrive una semplice lista di azioni ordinarie, gesti che compiamo in piena coscienza - incontrapposizione col respirare analizzato in principio - come mangiare, comprare o amare. È un crescendo di cori e suoni che si aggiungono ad ogni strofa, sembra quasi che voglia condurci verso una conclusione positiva, darci una speranza; al contrario, tutto appare sintonico e scaldatodalla luce, dunque vivo: ma c’è l’eclissi, e la Luna spegneil Sole. Da oscura e oscuratala Luna si fa oscurante,il senno è ormai perso, le palpebre si chiudono, è lamorte. Mentre il battito cardiaco lentamente si estingue, una voce lontana appena percepibile non ci rincuora, sussurrandoci: There’s no dark side of moon, really. Matter of fact it’s all dark (Non esiste nessun lato oscuro sulla Luna. In effetti, c’è solo oscurità).

Estratto:

You lock the door Tu chiudi la porta
And throw away the key E getti via la chiave
There’s someone in my head C’è qualcuno nella mia testa
But it’s notme. Ma non sono io.
And if the cloud burts, E quando una nuvola esplode
Thunder in your ear Come un tuono nelle orecchie
You shout and no one seems to hear Tu urli ma nessuno ti può sentire
And if the band you’rein E se il gruppo in cuicanti
Starts playing different tunes Suona accordi che non riconosci più
I’ll see you on the dark side of the moon. Ci vedremo sul lato oscuro della Luna.
All that you touch Tutto quello che tocchi
All that you see Tutto quello che vedi
All that you taste Tutto quello che assaggi
All you feel Tutto quello che senti
All that you love Tutto ciò che ami
All that you hate Tutto ciò che odii
All you distrust Tutto ciò di cui diffidi
All you save Tutto ciò che conservi
All that you give Tutto quello che dai
All that you deal Tutto ciò di cui ti occupi
All that you buy Tutto quello che compri
Beg, borrow or steal Chiedi, prendi in prestito o rubi
All youcreate Tutto ciò che crei
All you destroy Tutto ciò che distruggi
All that you do Tutto ciò che fai
All that you say Tutto quello che dici
All that you eat Tutto ciò che mangi
Everyone you meet Tutti quelli che incontri
All that you slight Tutto quello che affronti
Everyone you fight Tutti quelli contro cui combatti
All that is now Tutto ciò che è ora
All that is gone Tutto ciò che è andato
All that’s to come Tutto quello che deve ancora accadere
And everything under the sun is in tune E ogni cosa sotto il sole
But the sun is eclipsed by the moon. sembra essere in sintonia
Ma il Sole è eclissato dalla Luna.
 

 
 
 
* L'autore ha collaborato con questo lavoro ad un Seminario per gli studenti del Corso di Analisi sociale della metropoli (Prof.ssa Valeria Giordano) - Università La Sapienza - Roma
 
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