Numero 1/2019

Il common ground nella psicoterapia corporea

un dialogo e dibattito

a cura di Luisa Barbato*

 

Il termine Common Ground può essere tradotto letteralmente Terreno Comune e nel campo della psicoterapia corporea esso può significare cose differenti per persone differenti o talvolta persino cose differenti per la stessa persona, in momenti differenti della sua vita.

Il tema della discussione è: in quale maniera noi percepiamo il terreno comune della psicoterapia corporea o somatica? Quali elementi vengono condivisi? È possibile che invece non vi siano sufficienti elementi comuni in quello che facciamo?

immagine Common GroundJeanfilip, Magic lens, 2010Su questo tema si è svolta al Congresso di Atene di Ottobre 2016, un’interessante tavola rotonda con un dialogo interattivo, un’esplorazione collettiva di idee e l’emergere di nuove domande. L’articolo seguente costituisce una sintesi degli interventi presentati dai vari relatori opportunamente rivisti per esplorare punti di vista, domande ed esempi sul common ground nella psicoterapia corporea. Sono inclusi anche i convincimenti e gli elementi principali della prassi terapeutica degli analisti psico-corporei.

Ulfried Geuter

Nel campo delle professioni di aiuto mediche e psicologiche vi sono due modalità di approcciare il corpo: nel primo il professionista osserva il corpo, diagnostica un certo problema e quindi applica gli strumenti di aiuto per quel problema; nel secondo il professionista instaura una relazione con il cliente ed esplora con lui il suo mondo soggettivo così da trovare una via per superare i suoi problemi o per meglio conviverci. Il primo lo chiameremo un modello medico di trattamento, il secondo un modello psicoterapeutico. Nel primo il corpo è approcciato come un oggetto di osservazione, nel secondo come un corpo soggettivo o interiore. Entrambi i modelli possono essere utili, dipende dalla sofferenza del paziente.

Io considero la psicoterapia corporea come una psicoterapia e quindi in relazione ai modelli psicoterapeutici. In questo modello il corpo non è un oggetto biologico, ma un aspetto della persona. Così se parliamo di un terreno comune nella psicoterapia corporea parliamo di un corpo vivo, animato come soggetto di percezioni, sentimenti, sensazioni e azioni. Questa è la ragione per la quale una teoria clinica della psicoterapia corporea non può trovare il suo terreno teorico nelle scienze naturali che trattano la struttura e le funzioni del corpo come un oggetto.

La psicoterapia corporea lavora con le esperienze di sofferenza di una persona, non con il corpo o con la mente, ma con una persona che soffre, e aiuta quella persona ad aprire i differenti canali dell’esperienza: fantasie, pensieri, sentimenti, sensazioni, impulsi motori e movimenti. Nella pratica si possono usare tecniche quali: indagare le esperienze, respiro profondo, movimenti esplorativi, espressione delle emozioni, holding o toccare il cliente, e tutto quello che ci aiuta ad indagare le relazioni affettive del cliente con gli altri importanti della sua vita.

Queste tecniche sono sia verbali che corporee e il modo in cui mi piace usarle è offrire al cliente uno spazio aperto in cui esplorare insieme quello che accade in un determinato momento e connetterlo con le esperienze precedenti o le esperienze non conosciute o i potenziali ancora sconosciuti così che egli si possa riappropriare del proprio sé o rivitalizzarlo.

Vorrei evitare le complessità della questione su come il corpo e la mente interagiscono che talvolta troviamo nelle moderne teorie sulla corporeità.

Ma quale è la competenza di uno psicoterapeuta corporeo? Non è nella connessione tra mente, intesa come soggettività, e corpo, inteso come un oggetto. È una domanda aperta a differenti campi scientifici di studio. Io vedo questa competenza su un livello fenomenologico che connette tutti gli aspetti mentali e corporei dell’esperienza: percezioni, sensazioni, emozioni, movimenti, immagini.

Bibliografia:

Davis, W. (2015). The Return to the Self: A Self Oriented Theory of Development and Psychotherapy. International Body Psychotherapy Journal, 14, 28-46.

Heller, M. (2016). The Embodied Psyche of Organismic Psychology: A Possible Frame for a Dialogue Between Psychotherapy Schools and Modalities. International Body Psychotherapy Journal, 15, 20-50.

Marlock, G. (2015). Body Psychotherapy as a Revitalization of the Self: A Depth-Psychological and Phenomenological-Existential Perspective. In G. Marlock, H. Weiss, C. Young & M. Soth (Eds.), The Handbook of Body Psychotherapy & Somatic Psychology (pp. 148-162). Berkeley, CA: North Atlantic.

Sugamura, G., Haruki, Y. & Koshikawa, F. (2006). Mindfulness and Bodyfulness in the Practices of Meditation: A Comparison of Western and Eastern Theories of Mind-Body. Poster presented at the 1st Convention of the Asian Psychological Association, Bali, Indonesien.

Michael Heller

Ciascuna scuola di psicoterapia corporea sintetizza una varietà di modelli psicoterapeutici esistenti in funzione del loro proprio processo creativo. Tuttavia, considerando il loro interesse nell’integrazione delle dinamiche corporee, queste sintesi condividono un certo numero di preoccupazioni comuni. Di seguito alcune caratteristiche che, ai miei occhi, giustificano la classificazione di queste scuole eterogenee nella modalità psicoterapeutica corporea:

  1. La psicoterapia corporea è una psicoterapia.
  2. La psicoterapia corporea è una forma di psicoterapia che usa tecniche corporee in una maniera integrata.
  3. La psicoterapia corporea è una forma di psicoterapia che usa anche approcci corpo-mente in una maniera integrata. Esempi di questi approcci sono la ginnastica Gindler, il metodo Feldenkrais, le tecniche di rilassamento ecc. Questi metodi possono insegnare agli psicologi sperimentali una conoscenza pratica dettagliata di dinamiche corporee precise connessa a dinamiche psicologiche precise.
  4. Le psicoterapie corporee lavorano spesso con reazioni vegetative automatiche e le sensazioni che questa dimensione attiva nella mente. Integrare questi fenomeni psicologicamente è una caratteristica fondamentale di approcci come la Vegetoterapia di Wilhelm Reich.

Integrare significa che l’uso del corpo e dei metodi corpo-mente sono giustificati a livello di teoria, modelli e tecniche psicoterapeutiche. La semplice inclusione di tecniche corporee in una psicoterapia non crea necessariamente una psicoterapia corporea. Così alcuni psicoanalisti usano il rilassamento, alcuni terapeuti cognitivi usano la meditazione, i terapeuti della Gestalt e gli analisti transazionali spesso usano tecniche corporee in una maniera più integrata.

Se mi si dovesse chiedere quale di queste dimensioni caratterizzano la psicoterapia corporea, risponderei tutte e quattro, poiché esse sono raramente esplicitamente differenziate. Nella letteratura della psicoterapia corporea il significato del termine corpo si sposta continuamente, ma in ogni caso, il terzo significato, associato con le tecniche corporee è sempre presente, mentre gli altri significati sono usati anche in altre modalità psicoterapeutiche.

È anche interessante esplorare le utili implicazioni della visione di Pierre Janet come riferimento di base per la definizione di psicoterapia. Egli differenzia il corpo (o corpo fisico), la vita organica (il soma o la fisiologia), le emozioni e la coscienza. Il più delle volte egli evita queste ampie categorie e preferisce usare termini più descrittivi senza specificare come situarli. Raramente usa il termine organismo, ma quando lo fa, si riferisce a un’entità individuale nella quale un immenso numero di realtà di coscienza possono essere esperite.

 

Bibliografia:

Michael C. Heller (2012). Body Psychotherapy: history, concepts & methods. New York: W.W. Norton.

Heller, M. C. (2016). The Embodied Psyche of Organismic Psychology: A Possible Frame for a Dialogue Between Psychotherapy Schools and Modalities. IBPJ : 15, 1: 20-50. Printed and internet edition available http://www.ibpj.org

 

 

Eleni Stavroulaki

Secondo il mio punto di vista, la questione qui non è nel mettersi d’accordo su una teoria comune della psicoterapia corporea, considerando le nostre varie e divergenti origini, né su un modello comune di lavoro includente le tecniche e gli strumenti usati.

Circa l’uso degli strumenti in terapia, vorrei argomentare che i loro benefici effetti dipendono in gran parte dalle buone qualità del terapeuta. Da parte nostra, ancora non siamo riusciti ad articolare una soddisfacente definizione di corpo. Ciò che è comune, che ci unifica, è il concetto chiave di relazione incarnata nella sessione terapeutica, una relazione attraverso i corpi e come portiamo i corpi in terapia. Con il termine incarnato intendo l’esperienza fondamentale di unità del corpo-mente, dell’identità funzionale dei due aspetti. Attraverso questo tipo di coscienza corporea possiamo raggiungere l’esperienza esistenziale (Io sono), una coscienza di un ordine più alto, una coscienza di Essere che non dipende solamente dal pensiero.

Vorrei suggerire qui alcuni termini che chiarificano alcune delle finalità di ogni approccio psico-corporeo:

  • Identità funzionale (che significa gli aspetti reciproci e in sovrapposizione dell’Essere).
  • Sensazione (l’apertura dei sensi al mondo interno ed esterno).
  • Relazione incarnata.
  • Rispecchiamento/centratura/ grouding dalla Biosintesi alla Bioenergetica.
  • Presenza (consapevolezza incarnata del terapeuta e del cliente).
  • Arrendersi (agli impulsi verso la vita, la maturità, la piena motilità, la piena capacità di sentire le emozioni) e accettazione della morte.    

Negli anni si è sviluppata una polarizzazione e un’incomprensione tra le terapie reichiane più strutturate e quelle focalizzate sul libero scorrere dei processi; tra il trattamento dei tipi caratteriali e il supportare i clienti a dispiegare liberamente la loro identità creativa; tra struttura e processo. Io trovo questi approcci complementari, l’uno integrando l’altro.

Non possiamo basarci solo sul processo perché perderemmo il terreno, l’identità; allo stesso tempo non possiamo ridurre la relazione terapeutica a uno specifico programma di esercizi corporei. Un ribilanciamento tra i due approcci (il pensiero strutturato e il processo) assicura confini, ma flessibili.

Infine, vorrei riferirmi al comune concetto di somatizzazione dei percorsi sociali e familiari di dominazione e manipolazione che sono profondamente iscritti nei nostri corpi e che costituiscono la nostra modalità di fare esperienza della realtà.

Questo si riflette nella marginalizzazione del Corpo e della psicoterapia corporea nella nostra cultura dovuta al dominio della cultura cognitiva dell’emisfero sinistro sul destro (del Sé emozionale, corporeo, olistico). Io credo che noi, come psicoterapeuti corporei, comprendiamo una parte degli approcci e teorie correnti che riconoscono questi fattori e lavorano verso un’integrazione tra i due emisferi.

Luisa Barbato

Non è facile dare una definizione del termine terreno comune in psicoterapia corporea. Che cosa abbiamo in comune? È solo l’uso di tecniche corporee nelle nostre terapie? Possiamo trovare il terreno pratico e teorico in tutte le differenti, multidimensionali modalità delle psicoterapie corporee (reichiane, bioenergetiche, biosistemiche, biodinamiche ecc.) che operano nei diversi paesi?

Penso che gli assunti del terreno comune in psicoterapia corporea possano essere riconnessi al corpo. Così, innanzi tutto, abbiamo bisogno di arrivare a una definizione comune del termine corpo, una definizione che deve essere indipendente dalle tecniche, poiché siamo tutti d’accordo che l’inclusione del lavoro corporeo nei nostri setting non è sufficiente per parlare di psicoterapia corporea. Nell’uso del corpo nelle nostre terapie c’è, infatti, una complessità che ci porta a chiederci: che cosa intendiamo con il termine corpo, di che cosa stiamo parlando? Proverò a dare tre definizioni principali.

  • Il corpo è animato. La psicoterapia corporea è una psicoterapia, così noi ci riferiamo alla soggettività della persona che è corpo, emozioni e mente connessi strettamente. Come possiamo separare il corpo dal resto del nostro essere? Dobbiamo sempre evitare il rischio di oggettivare il corpo, rischio che troviamo in alcune tecniche di lavoro corporeo e in alcuni approcci neuroscientifici. In psicoterapia corporea parliamo di un corpo sentito che si riferisce sempre a un significato (fisico, emozionale e cognitivo) e, soprattutto, dà un senso alle nostre psicoterapie. Possiamo usare l’esperienza corporea per diventare consapevoli di noi stessi.
  • Il corpo ha una memoria. Il corpo ci racconta una storia. Possiamo considerare il nostro corpo come la somma delle esperienze vissute, l’insieme dei segni incisi dalla vita intrauterina attraverso le varie fasi evolutive della nostra vita. Attribuire soggettività al nostro corpo significa considerare tutte le memorie iscritte nei vari sotto-sistemi: psichico, nervoso, muscolare, endocrino e immunologico. Ciascuno di questi sotto-sistemi è come una porta di entrata alla complessità della nostra soggettività e contiene tutta la storia della nostra vita.
  • Il corpo è intelligente. La struttura della nostra personalità o carattere, per usare un termine reichiano, ha un equilibrio, persino se si tratta di un equilibrio nevrotico. Il corpo, nelle sue caratteristiche psichiche, nervose, muscolari e ormonali, esprime l’unica struttura possibile per quella persona, in quella determinata fase della sua vita, con quella particolare storia della sua vita. Il corpo esprime la sostenibilità fisica, emozionale e cognitiva di una persona e noi riusciamo a trattare questa sostenibilità usando le esperienze corporee come un’integrata esperienza corpo-mente o esperienza del Sé. Non è rilevante quale tecnica corporea impieghiamo, ciò che è importante è il processo della persona nella sua vita, un processo di consapevolezza, integrazione e trasformazione. Iniziamo dalla complessità di come il paziente funziona e poi possiamo abbracciare interamente questa complessità solo attraverso il corpo. Possiamo considerare l’essere umano come un sistema unitario incarnato.

Vorrei infine aggiungere che l’esperienza corporea non è solamente fisica, emozionale e mentale, ma alla fine del processo di evoluzione personale diviene spirituale, definendo questa parola come una profonda unità con tutto quello che ci circonda. Questo è anche il testamento spirituale che Reich ci ha lasciato.

Bibliografia:

Barbato, L. (2011). Il viaggio analitico nell’analisi reichiana: dal corpo alla coscienza. In Moselli, P. (Ed.). Il nostro mare affettivo: La psicoterapia come viaggio (pp. 7-18). Roma, IT: Alpes Italia.

Barbato, L., Cimini, C., & Ferri, G. (2007). La relazione terapeutica secondo l’approccio analitico reichiano. In Petrini P., & Zucconi A. (Ed.) (2007). La relazione che cura. (pp. 45-58). Roma, IT: Alpes Italia.

Blalock, J.E. (Ed.) (1997). Neuroimmunoendocrinology. Basel, BA, CHT Karger.

Boadella, D., & Liss, J. (1986). La psicoterapia del corpo. Roma, IT: Astrolabio.

Bottaccioli, F. (2005). Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia. Como, IT: RED.

Damasio, A.R. (2010). Self comes to mind: Constructing the conscious brain. William Heinemann, London, GB: Random House.

Ferri, G., & Cimini, G. (1999). Analytical setting: Time, relation and complexity. Annals of New York Academy of Sciences, 857.

Laszlo, E. (1996). The systems view of the world: A holistic vision for our time. Denver, CO: Hampton Press.

Lowen, A., (1958). The language of the body. New York, NY: Grune and Stratton.

MacLean, P. D. (1990). The triune brain in evolution: Role in paleocerebral functions. New York, NY: Plenum Press.

Montecucco, N.F. (1997). The unity of consciousness, synchronization and the collective dimension. World Future, the Journal of General Evolution, 48, 141-150.

Montecucco, F. N. (2005). Psicosomatica olistica. Roma, IT: Edizioni Mediterranee.

Navarro, F. (1988). La somatopsicodinamica. Pescara, IT: Ed. Discobolo.

Panksepp, J., & Biven, L. (2012). L. The Archaeology of Mind: Neuroevolutionary Origins of Human Emotion. New York, NY: WW Norton and Co.

Reich, W. (1945). Character analysis. New York, NY: Farrar, Straus & Giroux.

Reich, W. (1948). Function of the orgasm. Farrar, Straus and Giroux. New York.

Schore, A. N. (2003a). Affect regulation and the repair of the self. New York, NY: W.W. Norton & Company, Inc.

Judyth Weaver

Sento che devo iniziare il mio contributo a questo argomento cominciando da cosa non è terreno comune. Venendo dagli Stati Uniti e insegnando in vari programmi, sia accademici che altri, che hanno nel loro titolo il termine somatico trovo difficile usare psicoterapia corporea. Penso che siamo tutti d’accordo che soma viene dal Greco e significa corpo.

Negli anni ‘70 negli Stati Uniti Thomas Hanna coniò il termine somatics per più specificamente significare il corpo esperienziale o l’esperienza del corpo dall’interno. Approvo questa chiarezza e distinzione di molte pratiche corporee.

Negli Stati Uniti vi sono molti Master in Psicologia Somatica , c’era un Ph.D. in Psicologia Somatica e ci sono molti programmi che sono chiamati Studi Somatici.

Naturalmente abbiamo anche il problema di essere chiari sul significato di somatico. Come aggettivo è usato appropriatamente in Psicologia Somatica, mentre come sostantivo può essere usato in relazione alle pratiche non psicologiche come Feldenkrais, Alexander ecc.

Mi domando se le nostre differenze sono solo nelle parole che usiamo o anche in come lavoriamo. Penso anche che siamo d’accordo che la persona che onoriamo come il Padre delle nostre forme di psicoterapia, Wilhelm Reich, fu molto influenzato dal lavoro somatico di Elsa Gindler. Negli U.S.A. possiamo facilmente vedere come uno degli studenti di Gindler, Charlotte Selver, ha influenzato molte forme di psicoterapia e altre varie modalità di lavorare con il corpo. È interessante notare che né Elsa Gindler né Charlotte Selver erano psicoterapeute.

Si dice che quando a Gindler fu chiesto come definiva il suo lavoro rispose “Io lavoro con l’intera persona”. Selver non userebbe il termine corpo o mente nelle sue classi.

Io personalmente sento che se dovessi domandare a un cliente qualcosa come “cosa senti nel tuo corpo?” sarebbe direttivo o limitante. Preferirei piuttosto usare una domanda più aperta come “cosa senti?” e fiduciosamente posso incontrare il mio cliente ovunque vada, come è appropriato.

Mi piacerebbe avere più discussione su questi temi. Forse una comprensione più piena potrebbe aiutarci tutti… non importa come chiamiamo il nostro lavoro.

Bibliografia:

Roche, M.A. (2000). Sensory Awareness: Conscious Relationship. In: Somatics, XII (4),

(pp. 4-54). Novato, CA: Somatics Society.

Ulfried Geuter

Ulfried Geuter, psicoterapeuta corporeo e psicoanalista nel suo studio privato a Berlino, professore onorario di psicoterapia corporea all’università di Marburg, trainer di psicoterapia e psicoanalisi, è autore di numerosi libri e articoli sulla storia della psicologia e sulla psicoterapia corporea.

Michael Heller

Michael Coster Heller vive in Svizzera, è psicoterapeuta e supervisore a Losanna, insegna e pubblica a livello internazionale, ha occupato ruoli chiave (vicepresidente, coordinatore del comitato scientifico e del comitato etico) nell’Associazione Europea di Psicoterapia Corporea (EABP). Ha pubblicato numerosi libri e articoli sulla psicoterapia corporea.

Eleni Stavroulaki

Eleni Stavroulaki è un medico anestesista e ricercatrice al Centro Reich di Atene dal 1989. Pratica la psicoterapia corporea dal 1994. Insegna medicina psicosomatica e neurofisiologia per gli psicoterapeuti del Centro Reich di Atene.

Luisa Barbato

Luisa Barbato è psicologa, psicoterapeuta, didatta e supervisore dell’area psico-corporea ad indirizzo reichiano della SIAR (Società Italiana di Analisi Reichiana). E’ stata consigliere dell’Ordine degli psicologi del Lazio e membro del direttivo di numerose associazioni nazionali e internazionali di psicoterapia corporea. Svolge il suo lavoro come libero-professionista a Roma, conduce gruppi di consapevolezza psico-corporea e emozionale da molti anni. E’ stata membro del Comitato Esecutivo del Forum degli istituti di formazione in psicoterapia-corporea accreditati dall’EABP.

Judyth Weaver

Judyth O. Weaver, è Ph.D. in Psicologia Reichiana, è insegnante e praticante della Somatic Experiencing, della Terapia Craniosacrale Biodynamica, della Terapia Prenatale e della Nascita, della terapia della Gestalt e del Metodo Rosen. Ha creato il programma t'ai chi al Naropa Institute. E’ professore al California Institute of Integral Studies (CIIS) da 25 anni. Co-fondatrice del Santa Barbara Graduate Institute. Continua la pratica di psicoterapeuta e insegna a livello internazionale.

 
 
Bibliografia
  • Rizzolatti, G., Fogassi, L. & Gallese, V. (2004), Cortical mechanisms subserving object grasping, action understanding and imitation, in Gazzaniga, M.S.. editor, The New Cognitive Neurosciences, 3rd Edition. Cambridge, MA.: A Bradford Book, MIT Press.

 

Psicologa, Psicoterapeuta, didatta e supervisore della S.I.A.R.

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