Numero 1/2019

 IL DISTURBO DI ATTACCO DI PANICO
nel modello analitico reichiano

Simona Paradisi*

 

Paura, dal latino pavor, è un sentimento che tutti noi abbiamo sperimentato innumerevoli volte nel corso della nostra esistenza; essa ci indica una dimensione di pericolo e pertanto ha una sua funzionalità, induce l’individuo ad attivarsi per fronteggiare situazioni potenzialmente nocive.

Quando essa, però, diventa oltre soglia, oltrepassa il confine della sua funzionalità e diventa un potente e perfido nemico, poiché paralizza fortemente l’individuo, compromettendo la sua libertà di movimento nel mondo. Pertanto, diventa importante conoscerla a fondo per poter imparare a gestirla e comprenderla.

Che cosa accade al nostro corpo quando siamo travolti dalla paura? Noi sperimentiamo paura quando qualcosa, percepito come minaccioso, estraneo, terrificante precipita nella nostra vita; allora ci irrigidiamo fino a pietrificarci, ci spaventiamo, il respiro diventa affannoso, la pelle fredda e tremante, abbiamo palpitazioni e sensazioni di soffocamento.

Quando l’esperienza del terrore si intensifica al massimo si verifica il Panico caratterizzato dal’impulso cieco alla fuga precipitosa dal mondo in cui si è.

La parola Panico nasce dalla mitologia greca in cui si narra del dio Pan, divinità boschereccia, metà uomo e metà caprone, abituato a comparire all’improvviso sul cammino altrui, suscitando, con il suono della sua zampogna, un terrore interiore e scomparendo poi velocemente, lasciando le proprie vittime nell’incapacità di spiegarsi quanto è accaduto e ciò che hanno provato.

Il panico nella scala di gravità della paura occupa il posto più profondo dopo lo spavento, l’orrore ed il terrore.

Nella popolazione gli attacchi di panico si verificano nel 5 -7 % dei casi, lievemente superiore nelle donne rispetto agli uomini essi presentano una comorbilità più frequente con l’alcolismo. Nella maggior parte dei casi il primo attacco di panico si manifesta generalmente a ciel sereno e si verifica perlopiù in strada, sui mezzi di trasporto o in locali pubblici per cui la persona si spaventa enormemente e, spesso, ricorre al pronto soccorso.

Con la frequente paura che l’attacco di panico, poi, possa ripresentarsi la persona rinuncia ad uscire da sola di casa, a viaggiare in treno, autobus, stare in mezzo alla folla, limitando fortemente la sua libertà.

foto di george griefoto di George GrieNel linguaggio comune spessissimo si assiste ad un abuso di questa espressione: soffro di attacchi di panico!, il più delle volte, però, si fa tanta confusione tra ansia e panico.

L’ansia si manifesta con un’attività motoria esagerata, si assiste ad una distribuzione disordinata di energia in movimento continuo nella periferia del sistema della persona. Durante una crisi di ansia gli occhi si smarriscono, c’è una confusione dello stato di coscienza dell’Io.

Nel panico, invece, abbiamo una dimensione diversa: vi è un allarme assoluto ed un crollo terrificante dell’equilibrio omeostatico del Sé. Esso disorganizza il sistema, c’è, qui, un movimento energetico di rottura, con linee di frattura che partono dal centro e vanno verso la periferia del sistema.

Durante l’attacco di panico l’individuo è terrorizzato, pensa di morire e si immobilizza, non è più in grado di far nulla; è attiva una sollecitazione del locus coeruleus (Figura 1), nucleo situato nel Tronco Encefalico nel complesso Rettiliano. La stimolazione di questo nucleo determina un grande rilascio del neurotrasmettitore noradrenalina (NA) che va ad agire in senso eccitatorio sui vari organi producendo sintomi di ordine fisico come tachicardia, sudorazione, tremore.

locus coeruleusFig. 1 Locus Coeruleus (1)Il locus coeruleus è situato nel cervello rettiliano, un primo cervello, quello più arcaico, che presiede alle funzioni di base utili alla sopravvivenza come mangiare, bere, accoppiarsi ed attivare modalità di attacco o fuga.

Il nostro cervello è il prodotto di stratificazioni che si sono realizzate nel corso di tutta la nostra evoluzione, da quando eravamo rettili, a quando siamo divenuti mammiferi e poi esseri umani.

In questa lunghissima evoluzione il nostro sistema cerebrale si è andato sempre più complessificando ed organizzando, mantenendo però anche i cervelli più antichi.

Dopo il cervello Rettiliano, è apparsa una seconda stratificazione: il cervello Limbico, il cervello dei mammiferi che ci permette le emozioni, i sentimenti, la relazione e l’affettività.

Successivamente, è apparsa negli esseri umani una terza formazione: la Neo-Cortex che ci permette l’autoconsapevolezza, il ragionamento astratto, l’etica, l’arte (Quaderno di Analisi reichiana, n° 3).

Questi tre sistemi sono in stretta connessione tra di loro e, solitamente, funzionano in sufficiente armonia.

A questo punto viene da domandarsi quali possano essere gli stimoli capaci di indurre l’attivazione del locus coeruleus. L’attacco di Panico è l’esito di quali movimenti?

amigdalaFig. 2 Amigdala (2)L’ipersensibilità dei recettori di questo nucleo può essere determinata da paure di annientamento-castrazione provenienti da pericoli esterni, in questo caso sarà l’amigdala (Figura 2) a segnalarli; questa, posta sopra il tronco encefalico, è l’archivio principale della memoria implicita, ed è in grado di reagire prima ancora che la corteccia prefrontale sappia che cosa sta accadendo.

I recettori del locus coeruleus possono, inoltre, essere attivati anche da pericoli che provengono dall’interiorità dell’individuo, allora sarà il Giro Anteriore del Cingolo (Figura 3) che ce li segnala.

Questo - zona anteriore del Lobo Limbico, situata al di sopra del corpo calloso - è la sede depositaria della paura di esclusione e di abbandono.

La separazione per noi mammiferi è funzionale ad un processo di crescita, evolvere e diventare adulti, infatti, significa separarsi progressivamente dagli adulti di riferimento, dalla madre, dal padre e dall’intero nucleo familiare originario. La patologia si verifica allorquando si assiste ad una disfunzionalità di questo naturale processo; quando, ad esempio, la separazione è vissuta come strappo, come perdita affettiva, mancanza di contatto, diminuzione dei circuiti di energia con l’Altro da sé. La disfunzionalità nel processo di separazione potrebbe comportare, poi, nell’individuo una richiesta eccessiva di attaccamento, una impossibilità di vivere senza l’Altro, una richiesta estrema di accudimento e vicinanza. (Maclean, 1984).

cingoloFig. 3 Giro del cingolo (3)Quando l’emozione della paura raggiunge il picco massimo della sua espressione, quando si verifica un’esperienza terrificante e si sperimenta una completa perdita di controllo delle proprie emozioni e pericolo di morte incombente, l’amigdala ed il Giro Anteriore del Cingolo rimandano al locus coeruleus, situato nel complesso rettiliano, la gestione del pericolo.

Le vie dell’interfaccia centrale - tra l’R-Complex ed il Neopallium, tra i diversi nuclei sopra descritti (amigdala, giro anteriore del cingolo e locus coeruleus) – raccontano la nostra storia incisa e stratificata nel tempo, la stessa storia che ci raccontano i nostri 7 livelli corporei (area ombelicale - addominale, bocca, torace, collo, diaframma, bacino, occhi).

Nell’Analisi Reichiana i livelli corporei sono i luoghi del corpo che portano gli imprinting ed i segni incisi dalle relazioni oggettuali, sono le aree di risonanza dei vissuti emozionali del lì ed allora (Ferri, Cimini, 2012).

L’allarme imprevisto e terrifico nell’attacco di panico, comporta un sisma profondo del 6° livello (area ombelicale), probabilmente silente fino a quel momento; questo sisma centrale comporta un crollo dei livelli corporei superiori (il 1° livello, occhi, il 3° livello, collo ed il 4° livello, torace), una notevole energia viene liberata e dispersa con percezione di morte imminente.

Per poter accogliere la richiesta di aiuto che il paziente ci porta ed ideare un appropriato progetto terapeutico è indispensabile procedere ad una raccolta anamnestica; ad un’attenta raccolta, nella narrazione della persona, dei segni incisi dalle relazioni oggettuali nelle sue diverse fasi evolutive.

Raccoglieremo quelle informazioni che ci svelano come era la scena che ha accolto la persona sin dal momento del suo concepimento, ci chiederemo allora perché è venuto al mondo? Su quale progetto implicito? Indagheremo sulla densità, lo spessore della relazione oggettuale primaria nell’intrauterino; su quel profondo scambio non disturbato dalle parole ma caratterizzato da un dialogo biologico – affettivo tra la madre ed il feto, una comunicazione biochimica, corporea, sensoriale ed emotiva. Ogni attimo della vita intrauterina rappresenta pezzi di esperienza che il feto memorizza. La madre, durante la fase intrauterina, oltre ad offrire un costante nutrimento al piccolo Sé, gli trasmette sensazioni, emozioni, che entreranno a far parte del bagaglio esperienziale del feto e contribuiranno alla formazione del carattere del futuro bambino, costituendo impressioni determinanti nonché terreno di resilienza, determinante per la sostenibilità degli stress adattivi futuri. Si ricercheranno, ancora, informazioni su come e quando è venuto alla luce; come è stato il parto? La sua prima grande separazione, l’imprinting della nascita. Il come di questo primo cruciale passaggio influenza il nostro atteggiamento verso la vita, la nostra futura vita relazionale e sociale, in particolare le separazioni, i distacchi e le fasi di cambiamento che affronteremo. Indagheremo su come è avvenuto il suo svezzamento, sulle modalità di separazione dal Primo Campo Madre che ha messo in atto la persona; così come andremo a rilevare le atmosfere presenti nel Secondo Campo, con il padre ed altri fratelli, la scena edipica, il come ed il quando della pubertà e le relazioni nel Terzo Campo, il Sociale.

Indagheremo, ancora, sull’esordio sintomatologico: quali eventi, situazioni, umori hanno preceduto il primo attacco di panico? Andremo a raccogliere informazioni sui 3 mesi precedenti l’esordio.

Questa raccolta anamnestica puntuale dei ricordi e dei segni incisi dalle relazioni oggettuali e del come dei passaggi di fase è fondamentale per noi clinici per cogliere la domanda implicita che il paziente ci porta e per capire la sua combinazione di tratti caratterologici. Nell’Analisi Reichiana, inoltre, i segni incisi dalle relazioni oggettuali e dalle variabili determinanti dell’altro da noi, nel corso del viaggio evolutivo, ci permettono di rilevare le fissazioni prevalenti nella storia della persona.

Nell’intervento terapeutico con pazienti che presentano attacchi di panico bisogna tener presente che ci troviamo in una dimensione complessa in cui abbiamo un nemico che si annida negli strati più profondi (complesso rettiliano) non in quelli guidati dall’Io. L’infiltrazione rettiliana allarmata potrebbe affacciarsi, in maniera soprasoglia, nelle varie finestre temporali e colorarsi con particolari modalità fobiche.

Dall’esperienza clinica, si evince che quando si verificano attacchi di panico essi concomitano con strutture di personalità che presentano fissazioni prevalenti coatto - falliche, con rimozione di un nucleo claustrofobico intrauterino o di un nucleo agorafobico post partum o post svezzamento.

La claustrofobia (paura del rimaner chiuso, dell’essere circondato e rimanere dentro) e l’agorafoba (paura degli spazi aperti e vuoti) appartengono alle cosiddette fobie situazionali. L’ansia di separazione da un posto, da un campo, in cui l’individuo si sente bene, accolto, nutrito, protetto potrebbe colorarsi con agorafobia, questa, a secondo della minore o maggiore gravità, possiamo ritrovarla nello spazio post partum o post svezzamento. Nella raccolta anamnestica del paziente che lamenta attacchi di panico potremmo incontrare segni determinanti che hanno fortemente influenzato alcuni dei suoi cruciali passaggi evolutivi: parto e svezzamento; questo ultimo passaggio sancisce anche un passaggio di campo, il piccolo, infatti, lascia il primo campo madre sullo sfondo, per incontrare il secondo campo, il padre e le altre figure che abitano il suo nucleo familiare.

La claustrofobia, invece, sulla freccia del tempo precede le agorafobie ed è da ricondurre al tempo intrauterino.

Nei suddetti passaggi evolutivi, dunque, un ruolo cruciale è di certo giocato anche dalla madre: il primo campo energetico che il Sé abita; sin dal principio, dal concepimento, questa ha la funzione di accogliere, proteggere e nutrire il piccolo essere.

Il movimento verso altre stazioni evolutive potrebbe, allora, diventare difficoltoso per un piccolo se ci troviamo di fronte ad una carica energetica materna intensa, ad un investimento sul piccolo che, se da un lato lo sostiene, dall’altro gli impedisce di svincolarsi e di separarsi da sé.

Potremmo ritrovare, nella narrazione del paziente, una madre troppo nutriente che trattiene a sé il piccolo ed ostacola il suo ingresso nel mondo, oppure una madre che, al momento del parto, ad esempio, non è pronta a lasciar andare il suo piccolo, favorendo, così, delle possibili complicazioni che coloreranno il vissuto che il piccolo ha di questo primo cruciale passaggio con tinte cupe, come traumatico, allarmato, rischioso. Ricordiamo che, in questa primissima fase evolutiva, pur trovandoci in un tempo presoggettivo, abbiamo l’amigdala che registra quanto accade nella relazione con l’Altro da Noi, pertanto tutto sarà registrato nella memoria implicita del nascituro ed influenzerà l’atteggiamento verso le separazioni e gli svincoli futuri.

Come si sentirà questo piccolo quando la vita gli presenterà delle separazioni da gestire? Si sentirà forse bloccato, quasi immobilizzato? Avrà timore di stare in spazi aperti, tra la folla? Vivrà gli spazi chiusi come opprimenti e si assicurerà sempre una possibile via di fuga? (Ferri, Cimini, ibidem)

Quando arriva un paziente che presenta attacchi di panico la sua richiesta ci arriva come un’urgenza e spesso sperimentiamo un profondo senso di impotenza di fronte all’imminente minaccia di morte che egli lamenta. Una caratteristica comune in questi pazienti è la difficoltà che hanno ad individuare le proprie emozioni mentre privilegiano la descrizione del vissuto fisico e corporeo. La richiesta esplicita che il paziente porta è, dunque, quella di liberarsi dei repentini e frequenti attacchi di panico e del corteo dei sintomi fisici che li accompagnano. Pertanto siamo chiamati ad individuare una serie di strumenti capaci di incidere velocemente sugli aspetti problematici.

Ci chiediamo allora, quale è la dimensione relazionale più appropriata per quel paziente che ci sta chiedendo aiuto; assumiamo una posizione accogliente di primo campo? O strutturante di secondo campo? Dobbiamo, però, aver ben chiaro che ci sono delle zone in cui non c’è assolutamente la possibilità di arrivare con la mera posizione relazionale appropriata; ricordiamo che nell’attacco di panico non possiamo fare affidamento sul Limbico, perché è troppo allarmato e neanche sulla Neo-Cortex perché non è più efficace la connessione tra i sistemi. Siamo nell’attivazione preponderante del Rettiliano, ed è per questo che in questi casi spesso dobbiamo chiedere un aiuto momentaneo al farmaco che abbassi l’iperattivazione rettiliana, prima di poter intervenire con un intervento psicoterapico che ha bisogno di contattare il Limbico. L’alleanza con il farmaco sarà utile perché questo darà alla persona una spinta affermativa, gli permetterà di salire, seppur meccanicamente, sui livelli corporei più evoluti, sul suo torace, collo e sugli occhi, così da poter leggere la paura, mettere gli occhi su di essa e poi sconfiggerla.

Solo in un tempo successivo, dopo aver silenziato le zone rettiliane, potremmo inserire la Vegetoterapia (Navarro ried. 1998) - potente mezzo di cui disponiamo noi analisti reichiani – che mette il paziente in contatto con delle risorse incredibili, perché è un passare all’atto, è permettere un’azione, permettere di riportare le paure di fronte, vederle, affrontarle e diventare, così, coraggiosi.

La Vegetoterapia Carattero – Analitica consta di una serie di piccoli movimenti - acting corporei - che, agiti sui 7 livelli corporei, ripercorrono l’esperienza dello sviluppo psicoaffettivo e della maturazione emozionale del paziente riproponendo movimenti ontogenetici di fasi evolutive.

Dopo aver individuato una psicofarmacoterapia appropriata, capace di silenziare quel disturbante rumore del locus coeruleus, ci chiederemo allora quale attuazione corporea risulta più appropriata per favorire nel paziente una funzionale posizione di attacco – coraggio di fronte al terrore che lamenta.

Utilizzeremo in particolar modo gli acting affettivi, aggressivi, assertivi; nello specifico sarà la raccolta anamnestica ad indirizzarci verso l’attivazione corporea appropriata per la storia del paziente.

Quando ci troviamo di fronte alla necessità di dover ridurre l’allarme-paura da pericoli esterni ed aumentare il campo di energia del Sé utilizzeremo l’acting del Mostrare i denti, che coinvolge il 2° livello corporeo, bocca e favorisce una possibile risposta di attacco di fronte ad una minacciosità esterna; un conto è pensare di mostrare i denti, altra cosa è scoprire i denti, mostrare i denti alla paura, è un passaggio all’atto.

Ricordiamo che i recettori del locus coeruleus, oltre che da pericoli esterni, possono essere attivati anche da pericoli che provengono dall’interiorità dell’individuo, quelli segnalati dal Giro Anteriore del Cingolo, si tratta di paure abbandoniche, paura di allontanarsi dalla figura di accudimento, paura di separarsi. In questo caso ci troviamo di fronte alla necessità di dover ridurre l’allarme-paura e proporre una separazione sostenibile al paziente; abbiamo qui, da un lato la necessità di sostenerlo ma allo stesso momento quella di sorridergli e permettergli di andare verso il mondo. L’attivazione corporea appropriata in questi casi potrebbe essere l’acting del Naso cielo ad oggetto stabile, questo coinvolge il 1° livello corporeo, occhi, e va ad esplorare la relazione oggettuale primaria. La persona, in questo acting, è distesa in posizione supina sul lettino ed il terapeuta sta dietro di lei, tenendo una lucina perpendicolarmente ai suoi occhi, ad una distanza di circa 15 – 20 cm. Si chiede al paziente di guardare la lucina per poi spostarsi con lo sguardo verso la punta del proprio naso, tornerà sulla lucina e poi di nuovo sul naso e così via. Vedere la lucina significa vedere l’ Altro da sé, vederlo separato dal proprio Sé. Vedere il naso significa vedere se stesso, individuarsi e sperimentare la capacità di ri-prendersi e tornare nei propri confini, con la luce (l’Altro) sempre ferma, stabile che permette ed approva tale movimento.

Il paziente potrà, così, sperimentare un nuovo modo di relazionarsi con l’Altro, una modalità che gli è stata negata nella sua storia evolutiva se, ad esempio, ha avuto una madre richiedente, che lo tratteneva a sé. In questo caso avrà la possibilità di riprendersi senza paura di perdere l’oggetto d’amore che resterà lì fermo consentendogli di distanziarsi ed allontanarsi.

Dopo aver lavorato con gli occhi e quindi aver aiutato il paziente a ritrovare la propria centratura, possiamo fare un passo avanti e lavorare con quegli acting che stimolano la sua dimensione affermativa, che possono aiutarlo a ritrovare le sue risorse energetiche ed assumere una posizione più coraggiosa, capace di ridurre l’allarme-paura interni. Possiamo proporre allora l’acting dell’ “Io” detto a buon tono di voce e braccia che battono a mani piatte sul lettino, questo coinvolge il 4° livello corporeo, torace ed il 3°, collo. Con questa attivazione corporea aiutiamo il paziente a salire sul torace e sentire la sua forza, la sua affermatività.

La durata dell’acting è di 15 minuti, al termine si chiederà al paziente di riferire le sensazioni, emozioni ed associazioni emerse nell’esperienza. Tutti gli acting vanno ripetuti nel setting per periodi da 3 a 6 mesi, tempo necessario per poter fissare nuovi stili di relazione oggettuali.

La Vegetoterapia ha una duplice funzione: analitica e terapeutica. Nel caso specifico di un paziente che lamenta attacchi di panico, la utilizzeremo nella sua dimensione terapeutica per favorire una posizione di attacco-coraggio all’interno di una progetto terapeutico appropriato che coinvolge anche una terapia farmacologica. Questa equipaggerà la persona di sostanze capaci di andare a silenziare quelle zone troppo rumorose della sua esperienza emozionale, zone limbiche, che impediscono la dominanza di un Io più adulto e capace di orientarsi verso la libertà. (lezioni tenute nella S.I.A.R.)

 


1 - Imamgine tratta dal blog di Psichiatria e Psicologia Clinica
2 - Immagine tratta dall'articolo "Amigdala e Comportamento" - www.settemuse.it
3 - Immagine trtta dal blog di Psichiatria e Psicologia Clinica

 

Bibliografia

  • A.A.V.V., (1999) Quaderno di Analisi Reichiana, La Paura: dal Panico al Coraggio. Quaderno n.3. Roma: Edizioni Psicologia.
  • Ferri, G., (2016) Ansia e Panico secondo l’approccio Analitico-Reichiano, lezioni tenute nella Scuola di specializzazione in Psicoterapia S.I.A.R.
  • Ferri, G.; Cimini, G. (2012), Psicopatologia e carattere. L’analisi reichiana. Roma: Alpes ed.
  • Maclean, P.D. (1984), Evoluzione del cervello e comportamento umano. Einaudi
  • Navarro, F. (ried. 1998), Metodologia della Vegetoterapia Carattero Analitica. Busen ed.


 

 

* Psicologa, specializzanda in Psicoterapia presso la S.I.A.R.

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