Numero 2/2023

THE SOCIAL DILEMMA

DOI:  10.57613/SIAR05

 

Barbara Celiani*

Antonella Messina**

 

 

Abstract

     Il mondo dei social media presenta opportunità e dilemmi. L'articolo esplora le relazioni mediate dai social, l’effetto sulla psiche, sulle relazioni e sulla società. Rimangono aperti e senza risposta dilemmi etici sul modo in cui l’essere umano gestirà il mondo on line.

 

Parole chiave

     Relazioni – dipendenze - social media.

 

Abstract

      The world of social media presents opportunities and dilemmas. The article explores the relationships mediated by social media, the effect on the psyche, relationships and society. Ethical dilemmas remain open and unanswered about how humans will manage the online world.

Keywords

     Relationships – addictions - social media.

 

 

     “Social dilemma” è un documentario distribuito in Italia da Netflix, prodotto negli Stati Uniti da Larissa Rhodes nel 2020 tramite le case di produzione: Exposure Labs e Argent Pictures. Il documentario consiste in una serie di interviste ad alcuni esperti di tecnologie, aventi posizioni di rilievo nella creazione dei social media: ex dipendenti, ex dirigenti e altri professionisti delle principali aziende tecnologiche quali Facebook, Google, Apple. Alcuni di loro hanno fondato nel 2018 il Center for Humane Technology (CHT), un’organizzazione no profit indipendente, la cui mission è: “reinventare radicalmente le infrastrutture digitali, al fine di guidare un cambiamento completo verso una tecnologia umana che supporti il benessere, la democrazia e l'ambiente di informazione condivisa”. Queste persone pur avendo contribuito alla creazione ed espansione delle principali piattaforme tecnologiche, mostrano delle perplessità profonde riguardo l’uso di un potenziale di informazioni, che non conosce pari nella storia dell’uomo, al servizio di interessi economici e di potere di singoli individui o gruppi. Il dilemma che viene proposto è antico e può essere riassunto da un quesito: “Sono la tecnologia e le sue potenzialità a produrre effetti potenzialmente negativi o è l’uso che l’essere umano ne potrebbe fare?” Il documentario propone nella fase iniziale, come chiave di lettura, una frase di Sofocle: “Nulla che sia grande entra nella vita dei mortali senza una maledizione”, che ci riporta al mito di Prometeo, mai come ora richiamato ad un’attualità.

     L’evoluzione umana si è esplicata attraverso le capacità simboliche e tecnologiche, che si implementano vicendevolmente, producendo un adattamento, senza precedenti filogenetici, in grado di modificare così profondamente e velocemente l’ambiente, tanto da suscitare contemporaneamente enorme entusiasmo e paure profonde. Le persone che hanno contribuito al progresso tecnologico ritengono di aver agito ingenuamente, spinti dall’entusiasmo della scoperta, non considerando il rovescio della medaglia, ovvero i possibili effetti deleteri di una tecnologia al servizio del consumismo e delle logiche di profitto e di potere. Inoltre, per lo scrittore, Jaron Lanier, autore del libro I dieci motivi per cancellare i propri account social, il tema riguarderebbe l’intenzione più subdola di cambiare il modo di pensare e vivere dell’essere umano, attraverso dei piccoli cambiamenti ma continui, al fine di produrre automi, cioè persone che si comportano e pensano totalmente sotto il controllo di gruppi di potere. Per rendere più visibile quanto espresso nelle interviste, queste vengono alternate a scene d'invenzione, che hanno come protagonista un adolescente di nome Ben, il quale sviluppa una dipendenza dai social media, rendendo concretamente visibile uno dei rischi, che l’uso dei social può determinare. Anzi, gli intervistati definiscono questo il vero obiettivo dell’implementazione di programmi sempre più sofisticati: la creazione di una vera e propria dipendenza, ottenuta con sistemi di condizionamento classico e operante, facendo leva su circuiti neurali relativi alla gratificazione narcisistica, alla desiderabilità sociale e all’appartenenza al gruppo. Il sistema di programmazione, che costituisce la base dei social, viene rappresentato metaforicamente con l'utilizzo di tre avatar di Ben, con i quali il regista antropomorfizza il sistema operativo dello smartphone del protagonista. Il sistema operativo costruisce la propria intelligenza in modalità bottom up ovvero sfruttando le informazioni che l’utente volontariamente condivide nei social, per cui il motore di ricerca seleziona i contenuti che tendono a confermare le convinzioni e le preferenze dell’utente, utilizzando degli algoritmi che sono in grado di programmare e organizzare l’esperienza di quello specifico utente. Quindi viene alimentata la necessità cognitiva di trovare conferme rispetto alle proprie idee, opinioni, credenze (confirmation bias), proponendo un ambiente illusorio in cui tutti sembrano condividere le idee, che esprimiamo, in un processo di rinforzo reciproco. Altro interrogativo posto è quello relativo alle informazioni false, che invadono il Web, trasformando l’Era dell’Informazione nell’Era della Disinformazione e della difficoltà, che ne segue, di affrontare problemi importanti come l’attuale pandemia da Covid, quando opinioni contrastanti vengono mostrate con valore di verità assolute.

     Quello che viene descritto è l’emergere di “comunità elettroniche” che hanno creato una info-sfera comunicativa, una sorta di universo parallelo che si aggiunge al sistema sociale vero e proprio, interagendo e modificando comportamenti umani nella realtà ed incidendo profondamente sulle modalità, individuali e relazionali, con cui si evolve il sistema psicologico e neurologico umano.

IMG social dilemma Alessandra Meli Illusioni otticheFoto di Alessandra Meli

   Ad essere modificati sono la biochimica del piacere e delle gratificazioni (circuiti della dopamina), i processi di rappresentazione della realtà, i comportamenti e le modalità relazionali. Il documentario è utile anche per chi lavora nel campo dell’educazione e della psicoterapia. Nei setting terapeutici, ad esempio, tali cambiamenti sono evidenti già da qualche anno: si presentano adolescenti che intrattengono relazioni on line ma in difficoltà nell’incontrare l’altro nella realtà.

     I temi delle dipendenze da internet aprono le porte a ricerche sulla qualità delle relazioni familiari, sui confini educativi, sulla psiconeurologia. Le questioni delle pornografie e dei video giochi on line e del gioco d’azzardo variamente declinate in adulti ed adolescenti, danno vita ad interrogativi su un agito da riconnettere con il sentire corporeo. Già Cassirer aveva scritto che l’essere umano non può vivere un universo puramente fisico e sceglie di vivere in un universo simbolico (Cassirer, 1944) che a sua volta trasforma la vita umana perché l’uomo necessita di vivere non tanto in una più ampia realtà quanto in una nuova dimensione della realtà.

     Quello che sta accadendo è che il simbolico viene lentamente sostituito da una nuova dimensione, un mondo altrettanto invisibile (come il simbolico) e tuttavia commerciale, determinato da processi economici di persuasione consapevole e da un furto della capacità di dirigere l’attenzione. Nel docufilm si riporta l’intervista a Shoshana Zuboff, docente dell’Harvard University ed autrice del libro Il capitalismo della sorveglianza. La donna chiede di ragionare sugli effetti della persuasione quando essa è gestita da aziende estrattrici di dati personali (gusti, preferenze di acquisto, relazioni verso le quali dirigere gli acquisti) e pone la domanda del cosa fare quando l’essere umano è trattato come risorsa estraibile al pari di una miniera o di un corpo/oggetto inerme. La studiosa ribadisce che non tutti i mercati sono tuttora leciti: il mercato di organi, di vite, di schiavi sono mercati vietati; allo stesso modo, ella suggerisce, potrebbe essere vietato il mercato della persuasione, delle deprivazioni di libera scelta e del furto del futuro. Come anticipato da Toffler 1970, recentemente ribadito da Harmut Rosa (2019), al centro della società contemporanea agiscono due “forze gemelle”: l’accelerazione e la transitorietà; in una società così, vige un tempo accelerato all’interno del quale bisogna consumare velocemente, in attesa dell’ultimo nuovo modello di un oggetto alla moda. Con quest’ultimo non bisogna creare relazione di appartenenza relazionale, ma solo di uso transitorio, in attesa che un nuovo modello sostituisca il modello corrente. Accelerazione e transitorietà hanno varcato i confini del mondo della finanza e sono diventate modalità relazionali nei social come nella vita reale, correlando spesso con mancate connessioni sentire/pensare, disorientamenti, frustrazioni, sofferenze psicologiche umane causate da un mercato “dell’espianto della volontà, del desiderio e dell’altro da noi”.

     Nello spazio collettivo globale dei social, gli umani tendono a esprimere in misura sempre più accentuata riflessioni, stati d’animo, aspirazioni, desideri e attitudini, comportandosi di fatto come una miniera che autodenuncia le proprie risorse, ovvero i propri dati. Al contempo più usiamo i social, più questi, tramite algoritmi, memorizzeranno cosa ci piace e potranno vendere i nostri ritratti a un’azienda, che saprà prevedere e rinforzare, tramite spot, quello che vorremo probabilmente comprare, votare, vedere, ascoltare e così via. In questo modo si consuma l’estrazione di informazioni che, elaborate in forma aggregata e complessa, da media e social, mettono poche multinazionali nella condizione di detenere i dati di molti e la lettura statistica di un andamento collettivo da poter influenzare. Ciò determina un effetto paradossale: una grande asimmetria di conoscenza e di potere tra chi controlla i flussi informativi e coloro che li producono, a livello individuale e in forma associata (communities), come utenti: costoro dialogano con voci come Siri o Alexa, governano case domotiche, esercitano compulsivi controlli su foto e relazioni, pensando di detenere un controllo sul quotidiano delle relazioni on line ed un potere di acquisto a prezzi stracciati. Il docufilm recita, “se il servizio è gratis allora l’oggetto in vendita sei tu”. Un motto ad effetto per mettere in guardia sul fatto che rimanere incollati ai dispositivi è solo la risultante di un lavoro di tecnici della psiche, che hanno studiato stratagemmi di persuasione presso università private come Harward.

     Alcune questioni vengono consegnate in forma di domanda agli spettatori: molte notizie possono fare un sapere? L’efficacia e la prontezza di una risposta, rispondono alla domanda vera e profonda dell’umano?

     Altri aspetti, invece, si snodano oltre lo stesso documentario: gli intervistati hanno partecipato della creazione di strumenti che sembrano essere andati oltre l’umano pur essendo frutto dell’umano. Che direzioni etiche, di consapevolezza e di diffusione potrà imboccare il lavoro degli intervistati fuoriusciti da google, pinterest, facebook, twitter, instangram? Internet rimane comunque uno spazio virtuale dove, fatte salve censure e oscuramenti, chi si confronta sperimenta possibilità di incontrare e dialogare su un piano orizzontale di pari diritto di parola. Potrà l’umano consolidare la consapevolezza di una parola e di un pensiero corporeo a dispetto della persuasione insita nell’ordito dei social? Il documentario è evidenza anche di alcuni dati di fatto che rivelano contraddizioni e complessità: The social dilemma è prodotto in Italia da Netflix. Questa è una società statunitense che si occupa di distribuzione a pagamento e produzione di film, serie tv, documentari, docufilm su internet, accessibili su richiesta nei tempi e negli orari disponibili agli spettatori. Sappiamo che questa piattaforma è essa stessa oggetto di molte dipendenze dette binge watching (abbuffata di visioni) e ritiri sociali tra giovani ed adulti che sfidano loro stessi, il loro corpo, gli amici nel seguire le puntate di una serie senza dormire per 2/3 giorni. Dunque una società privata con fini di lucro può produrre informazione diffondendo saperi ed interviste, che denunciano processi che coinvolgono anche la società stessa che li denuncia e che, a sua volta, trarrà profitti economici coinvolgendo una fetta di pubblico altrimenti escluso.

     Il documentario avvia riflessioni, dilemmi, evidenze di una società all’interno della quale è possibile che il prodotto trascenda il valore etico e simbolico di chi lo produce. Si tratta di confusione, saturazione di informazioni, accelerazione in assenza di consapevolezza, desensibilizzazione alle contraddizioni, processi secondo i quali anche se l’individuo viene informato del valore inquinante di un carburante o dello sfruttamento del lavoro minorile di un’azienda, continua a perpetuarne gli acquisti  e a riverberare di abitudini indotte. Rimane tuttavia un fatto: il mondo on line costituisce una rivoluzione comunicativa della quale non è al momento possibile fare a meno: esso per molti versi contribuisce allo sviluppo di potenziale umano e comunicativo. La sfida per l’umano è ancora una volta la presenza consapevole con la quale si utilizza uno strumento rimanendo resistenti rispetto ad una reificazione dell’umano.

 

Bibliografia

Han, B. (2016), Psicopolitica. Roma: Edizioni Nottetempo.

Cassirer, E. (1948), Saggio sull'uomo. Introduzione a una filosofia della cultura. Milano: Longanesi.

Ferri, G. Tempo Zero-2020: il tempo del limite. 7Aprile 2020 in https://www.analisi-reichiana.it/2072-2/

Harmut, Rosa (2015), Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica della tarda modernità. Torino: Einaudi.

Sucato, L. Messina, A. (2020), Intelligenze evolutive e processi di sofferenza urbana. Spazio e tempo in un'epoca in corsa. Catania:  Malcord Edioni.

Toffler, A. (1988), Lo choc del futuro. Milano: Serling e Kupfer editori.

Zuboff, S. (2019), Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell'umanità nell'era dei nuovi poteri. Roma: LUISS University press.

* Barbara Celiani, Psicologa, Psicoterapeuta, Analista S.I.A.R.. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Studio professionale: Via Napoli 167 - Lariano (RM).

** Antonella Messina, dottoressa in Filosofia, Psicologa, Psicoterapeuta, Analista S.I.A.R., Formatrice per i processi interculturali, Etnopsicoterapia. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Studio professionale: Via Cuturi, 8. Catania.

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