Numero 2/2023

IL DISTURBO BORDERLINE IN ANALISI REICHIANA CONTEMPORANEA

 

BORDERLINE DISORDER IN CONTEMPORARY REICHIAN ANALISYS

DOI:  10.57613/SIAR17

 

  Genovino Ferri[**]

Luisa Barbato*

Abstract

     L’articolo presenta il caso clinico di una ragazza con una diagnosi di disturbo borderline. Viene presentato il percorso terapeutico in analisi reichiana che, a partire da un’anamnesi accurata, definisce il carattere della relazione terapeutica e il lavoro psicocorporeo con la vegetoterapia carattero-analitica. Alla luce del caso clinico, sono infine sintetizzate le linee teoriche del disturbo border-line e alcune informazioni sulla vegetoterapia in analisi reichiana contemporanea.

Parole chiave

     Psicoterapia reichiana - disturbo borderline - attivazioni psicocorporee - relazione oggettuale primaria - relazione terapeutica.

 

Abstract

     Tea is an Italian young woman with a borderline personality disorder. Starting from her clinical  history, we summarize her tharapeutic process and its relative body activation with the Character-Analytical Vegetotherapy. Finally, we give some informtion on the theoretical lines of borderline disorder in contemporary Reichian analysis. Character-Analytical Vegetotherapy can be considered a therapeutic embodied activation involving a great level of complexity and methodological articulation.

 Keywords

     Reichian psychotherapy - borderline disorder - body psychotherapy activations - primary object relationship - therapeutic relationship.

1 - Il caso clinico di Tea

1.1- La domanda di cura

    Tea è una ragazza di 23 anni che viene inviata, circa tre anni fa, da una collega che ha in terapia la madre di lei. È una ragazza molto bella, alta, slanciata, dai lunghi capelli castani, dagli occhi scuri e profondi e dal fare, allo stesso tempo, risoluto e fragile. La domanda di analisi è motivata dall’insicurezza che sente nella sua vita, vive con la madre che è separata da molti anni dal padre, non studia, ha faticato ad ottenere il diploma secondario, sta effettuando il servizio civile, che le permette di guadagnare qualcosa, vorrebbe andare via di casa, ma non ne ha le possibilità economiche, segue dei corsi da giocoliere di circo e desidererebbe diventare una giocoliera professionista, girare il mondo con un circo. Quando ha più bisogno di soldi va al semaforo, ossia si esibisce ai semafori rossi con le sue clave improvvisando spettacoli di giocoleria. Dice che si guadagna bene, anche 100 euro al giorno, il problema è lo smog che si respira tutto il giorno, che la fa tornare a casa con un forte mal di testa e difficoltà respiratorie. È  molto circospetta e capisco che non si fida molto.

     Piano piano il nostro rapporto diventa più comunicativo e Tea inizia a raccontare del suo disagio profondo, dell’adolescenza sregolata nella quale è fuggita di casa più volte, dell'uso di tutti i tipi di droghe, compresa l’eroina, addirittura è arrivata qualche volta a prostituirsi per procurarsela. Frequentava i rave party, si drogava, mancava da casa e da scuola per più giorni, fino a quando non la ritrovava la polizia, allertata dai genitori; aveva una sessualità disordinata e occasionale, accenna anche ad un abuso sessuale avuto a 18 anni. Racconta che crescendo, però, è uscita da questa fase adolescenziale sregolata e impulsiva, di cui si vergogna molto, e ora vorrebbe approdare a una vita più tranquilla in cui realizzare i suoi desideri, ma non sa bene quali siano.

 

1.2 - L' anamnesi

     Il padre e la madre si sono conosciuti in una cooperativa di assistenza, presso la quale prestavano lavoro volontario. Il padre è impiegato in un ente pubblico, ma anche un noto musicista che suona il sax tenore e il flauto traverso, insegna musica e dà concerti con il suo gruppo. Tea ha una grande stima del padre, che definisce impulsivo, severo e autoritario. La madre viene invece da un paesino della provincia pugliese, si è stabilita a Roma per studiare psicologia e, malgrado si sia laureata, non esercita la professione di psicologa, ma lavora in un centro di formazione. È molto attiva socialmente nel campo del volontariato, è stata una femminista convinta e si dà molto da fare per trovare a Tea degli sbocchi lavorativi. Tea la definisce gioiosa, indipendente e forte, la donna che lei vorrebbe essere. Questa signora ha avuto due sorelle che si sono entrambe ammalate di tumore al seno per poi morirne, e questi eventi, accaduti durante l’infanzia di Tea, l’hanno toccata profondamente.

     Poco dopo essersi conosciuti i genitori vanno a vivere insieme, per poi sposarsi. Tea è stata voluta e la gravidanza procede bene, ma accadono due eventi negativi durante la gestazione. Il primo è che la madre apprende del tumore di una delle sorelle e il secondo è che la madre scopre per caso una lettera indirizzata al padre da un’altra donna e capisce di essere stata tradita. La madre piange per giorni, scoppia la crisi coniugale, ma alla fine i genitori fanno pace e la madre perdona il padre. Il parto è stato pilotato perché era finito il tempo della gravidanza da più di una settimana e la bambina non nasceva. L’allattamento è stato al seno.

     Della sua infanzia Tea ricorda soprattutto le liti tra i genitori e di quando le hanno comunicato che volevano separarsi. Successivamente il padre è andato via di casa. Racconta che quando le hanno detto della loro decisione, un po’ imbarazzati, lei aveva 8 anni e li trovava ridicoli perché aveva già capito tutto. Aveva un bel rapporto con il padre e ricorda di avere sofferto molto per il suo abbandono quando se n’è andato. “Sono cresciuta senza un padre” dice e " mia madre ha fatto sia da padre che da madre”. Ora si sente ancora un po’ arrabbiata con il padre, che comunque ha continuato a vedere e che continua a pagare parte delle sue spese di mantenimento.

     Fin da piccola lei è sempre stata anticonvenzionale, contro le regole, ribelle. A 15 anni ha iniziato con le droghe, voleva vivere una realtà diversa perché la realtà era piena di problemi, a scuola non c’era un dialogo e lei riusciva ad avere un rapporto solo con i “fuori di testa”. A un certo punto il mondo onirico e quello reale erano la stessa cosa. Con il metadone è riuscita ad uscire dall’eroina, ma a 18 anni è diventata dipendente da un farmaco a base di morfina. Dopo i 20 anni, anche grazie all’aiuto della madre, ha smesso di drogarsi. Ora si vergogna molto di averlo fatto e se qualche volta le riaccade, raramente, di farsi di cocaina, poi viene in terapia dicendo di sentirsi “una merda”, “una sbagliata”.

 

1.3 - La relazione terapeutica

     È un setting molto difficile quello con Tea e richiede una grande accettazione con inclusione a giusta distanza e una grande attenzione con sfida ragionevole e intelligente. Tea ha stabilito una buona relazione con l’analista, ma fatica ad essere costante e il percorso terapeutico è infarcito dalla sua volubilità e impulsività. Viene costantemente per dei mesi, poi sparisce per settimane. Forse si è persa, ma all’improvviso richiama per fissare una seduta come se nulla fosse accaduto. L’analista cerca di essere fermo e di darle dei confini precisi, le chiede di pagare per le sedute saltate senza preavviso. Tea ritorna come pentita, ammette di comportarsi “male” e dice di essere sbagliata. A volte arriva in seduta e si rannicchia in un angolo della stanza, vuole parlare da lì. Altre volte si rifiuta di usare la sala di attesa e aspetta seduta sulle scale del palazzo.

     Piano piano elabora una maggiore stabilità nella sua vita, finisce il servizio civile e fa vari lavoretti, abbandonando il corso di giocoliera. Per settimane lavora, frequenta un corso di yoga, cerca di uscire meno di sera. Poi sente come il bisogno di trasgredire, esce di sera, sta in giro tutta la notte, si ubriaca, va a letto col primo venuto. Poi viene in terapia e piange dicendo che non si sopporta quando fa così. Ha relazioni con dei ragazzi dei quali puntualmente si innamora, ma il suo comportamento impulsivo e la sua imprevedibilità li allontanano. Lei si sente rifiutata, esclusa e soffre. Quando sta meglio ed è più serena dice che ha paura della terapia perché l’analisi la “fa diventare normale” e lei non vuole normalizzarsi e fare una vita mediocre. Periodicamente viene in terapia arrabbiata, mostra tutta la sua sfiducia, dice che la terapia le sto togliendo la sua parte creativa, vivace, che si vuole farla diventare come gli altri, in un mondo di squallidi, che poi in fondo anche l’analista l’abbandonerà. In un altro periodo confessa di essere andata a fare degli incontri da un altro terapeuta con cui si trova molto bene. Quando gli dice però che è già in analisi, il collega, correttamente, le risponde che deve prima chiarire la sua situazione terapeutica con l’analista e lei smette di andarci.

IMG FERRI BARBATO borderline     Inizia a coltivare vari interessi, è appassionata di ecologia, di pratiche meditative, yogiche e sciamaniche. Si iscrive ad un corso per diventare insegnante di yoga. Cerca poi lavoro con più sistematicità e diventa una modella, posa per varie accademie di arte, anche se confessa di vergognarsi di stare lì nuda davanti a degli estranei per parecchie ore, ma la pagano bene ed è molto meglio che fare la cameriera in un pub. Infine, matura il desiderio di studiare psicologia, per dedicarsi alla sua passione per l’interiorità in maniera più professionale. Negli ultimi mesi sta studiando abbastanza costantemente per superare il test di accesso alla facoltà.

     Nei tre anni di terapia la sua impulsività e rabbia sono molte diminuite, le sue relazioni sono diventate più stabili e Tea ha imparato a fidarsi e a diventare più progettuale. Il tema della dipendenza permane, “come un sottofondo” dice, ma la sofferenza per l’abbandono del padre è stata molto elaborata, così come il rapporto di amore-odio per la madre. I suoi introietti sono diventati meno minacciosi, così come è diminuita la minacciosità che sentiva dal mondo esterno che la portava a fuggire o a farsi manipolare dagli altri.

 

1.4 - Le attivazioni psicocorporee

     Il lavoro psico-corporeo di Vegetoterapia Carattero-Analitica è stato molto importante nel suo percorso terapeutico. Con Tea il lavoro corporeo sugli occhi (punto fermo luminoso con lucina) ha permesso, sin dalle prime fasi analitiche, di strutturare dei confini e un più appropriato senso di realtà, elementi determinanti in un border-line, oltre al contatto controtransferale mirror appropriato.

     È stato un processo graduale in cui è stato essenziale ristabilire, tramite la consapevolezza del respiro e la mobilità oculare, il contatto con il corpo, con i suoi confini e con un senso più saldo dell’Io e della sua soggettività. Data la fragilità della sua struttura, il lavoro psico-corporeo è stato improntato alla definizione dei confini, al sentirsi più stabile e all’elaborazione della sua grande reattività. Dopo lo stabilirsi di una consapevolezza di sé più profonda, è stato possibile farla entrare in contatto con l’elaborazione della paura e del senso dell’abbandono, sentendo l’affettività e le emozioni che risuonano nel torace. È  stato un lavoro dolce e rispettoso dei suoi limiti, affrontando gradualmente la paura delle emozioni terrifiche che sentiva dimorare dentro di sé, "i suoi mostri", come le piace definirli. 

     Infine, solo recentemente, è stata in grado di parlare della violenza sessuale subita a 18 anni. Una violenza perpetuata da più ragazzi, alla fine di una serata, quando lei era completamente ubriaca e drogata. Non ricorda quasi nulla, mi dice, è stato come un sogno, ma un sogno che ritorna sotto forma di flashback che continuano a tormentarla ancora adesso.

 

2 - Il disturbo borderline

     Come si può leggere dal caso clinico di Tea, il disturbo borderline fa parte di quei disturbi che venivano raggruppati sotto l'espressione di sindrome marginale, vale a dire, secondo la terminologia di Kernberg, tutte quelle manifestazioni psicopatologiche che si situano tra la nevrosi e la psicosi; un qualcosa di incerto, un gruppo nel quale confluiscono, in negativo, un insieme di quadri non sufficientemente caratterizzati da essere inclusi in categorie ben definite.

     Se consideriamo il DSM V, la diagnosi per Tea potrebbe essere quella di disturbo borderline di personalità. In particolare, dei nove criteri indicati dal DSM V come prognostici di un disturbo borderline, alcuni ci sembrano essere particolarmente calzanti:

- un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di iper-idealizzazione e svalutazione;

- alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e persistentemente instabili;

- impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto, quali spendere, sesso, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate;

- instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell’umore (per es. episodica intensa disforia, irritabilità o ansia, che di solito durano poche ore, e soltanto raramente più di pochi giorni);

- rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia.

     Per noi analisti reichiani il disturbo borderline è definito eziologicamente da un insufficiente e insoddisfacente circuito Sé-altro da Sé, per intervalli di tempo significativi prima della nascita, già nella relazione materno-fetale. Definiamo così una eziologia molto antica, parlando di un blocco insoddisfatto intrauterino, che ci fa prendere in considerazione il borderline come un disturbo riferibile ad una relazione oggettuale primaria difettuale, insufficiente già dagli albori della vita.

     Questo comporta una densità e conseguente resilienza della relazione oggettuale primaria necessariamente basse su cui si sviluppa una relazione dinamica, ambivalente e borderline, con gli oggetti che in futuro raccoglieranno proiezioni materne. Non c’è mai una vera separazione, ma tentativi sì, con avvicinamenti ed allontanamenti continui, spesso con esplosioni, per le interazioni insostenibili di campo energetico. La persona borderline si muove infatti sempre su una relazione di confine, su una distanza di sicurezza energetica: avvicinarsi, ma non troppo, perché l’altro diventa minaccioso e annientante per la maggiore densità attrattiva del Sé, allontanarsi ma non troppo, per paura di essere abbandonato, di non riuscire a sopravvivere e a sostenere i sentimenti cronici di vuoto del proprio Sé.

     Su questa prima dinamica di relazione oggettuale primaria ancestrale, di richiesta implicita ed impossibile di sufficienza e soddisfazione dovute, se ne stratifica una seconda portatrice anch’essa di impulsività a cortocircuito: è la domanda implicita di riconoscimento, fallico-isterico-narcisistico in genito-ocularità, rivolta a una madre angosciata, cui segue una delusione insostenibile letta nei di lei linguaggi espressivi corporei.

     Il disturbo borderline, nella nostra lettura neghentropico-sistemica, è una struttura di personalità a densità e resilienza primarie basse, ossia una struttura fioca, leggera, quasi rarefatta, molto permeabile, instabile e variabile, spaventata profondamente e di facilissimo smarrimento. È struttura sul margine, sulla linea del bordo, è struttura sul confine, ma anche sul limite tra densità media e bassissima, tra nevrosi e psicosi.

     La sintomatologia diviene francamente psicotica nel momento in cui il Sé viene sottoposto ad un ulteriore abbassamento energetico, con conseguente scompenso. In altre parole nel borderline esiste un blando compenso di fissazioni successive, di coperture genito-oculari non prevalenti: un abbassamento energetico, nel qui ed ora, potrebbe eliminare le coperture ed instaurare lo scompenso; sarebbe più esatto clinicamente definirlo una depressione che si maschera da psicosi.

 

3 - La vegetoterapia Carattero-Analitica in ANalisi Reichiana Contemporanea

     W. Reich individuò come modalità principale di lavoro psico-corporeo, nel 1935 la Vegetoterapia Carattero-Analitica, un insieme strutturato e intelligente di modalità espressive corporee, arricchitosi di perfezionamenti prodotti da quattro generazioni di allievi diretti e in successione di analisti reichiani, quali O. Raknes, F. Navarro, G. Ferri-SIAR.

     Oggi le attivazioni psicocorporee vengono fatte sperimentare al paziente in relazione ai vissuti e allo stadio della relazione terapeutica presenti nel setting analitico. Individuate secondo una lettura psico-emozionale del corpo del paziente, dei suoi blocchi muscolari e neuro-vegetativi, esse sono collegate alle diverse fasi evolutive infantili e alla specifica storia relazionale.

     I blocchi si stratificano nei sette livelli corporei che esprimono, non solo la storia del paziente e i suoi segni incisi, ma anche la sua architettura dei pattern di tratto. Nella nostra lettura contemporanea i sette livelli corporei sono luoghi corporei relazionali e gli acting di fase vere e proprie attivazioni di movimenti ontogenetici per esplorare la storia stratificata della persona nelle sue relazioni oggettuali.

     Gli acting (o attivazioni psicocorporee) sono progressivi e specifici, di fase evolutiva, di livello corporeo e di pattern di tratto. Essi si rappresentano come ascensori frattalici del tempo interno in doppia direzionalità (top down-bottom up) che portano ai vari piani, più o meno antichi, delle fasi della nostra vita. Essi, tramite le espressioni corporee, riattualizzano il come delle relazioni oggettuali parziali, così come furono segnate sul livello corporeo del tempo di fase vissuto e costituiscono fondamentali insight energetico-emozionali e psicodinamici.

     Se ci riferiamo al disturbo border-line e alla sua architettura a bassa densità strutturata già dalla vita intrauterina, potremmo considerare i diversi segmenti corporei. Con Tea abbiamo riferito del lavoro corporeo sugli occhi che permette, sin dalle prime fasi analitiche, di strutturare dei confini e un più appropriato senso di realtà, elementi determinanti in un border-line, oltre che in contatto mirror appropriato.
Per ogni persona nel setting e per ogni suo segmento corporeo, ci domandiamo: quale intelligenza emozionale sottende? Nello specifico del caso Tea e dei suoi occhi: dove sono poggiati sulla freccia del tempo interno?  Che storia relazionale raccontano?

     E ancora…i suoi occhi non vedono più? Sono vuoti, distanti, altrove? Sono attoniti e atterriti dal panico? Sono evitanti, rivolti all’infinito, incapaci di convergere su un punto? Ma anche: il suo sguardo è richiedente, oppure sospettoso, o furtivo, o di ghiaccio, o umido, luminoso ed entusiasta?

     Tutte queste osservazioni ci raccontano della storia del paziente, dei suoi segni incisi e, nel caso specifico di Tea, del livello corporeo oculare della sua relazione primaria con la madre che si struttura nella relazione visiva fin dalle primissime fasi dell’allattamento. Con Tea l’esperienza della vegetoterapia, con il lavoro iniziale sul segmento oculare, è stato determinante per trovare un senso dell’Io più stabile e ristrutturare in maniera non solo cognitiva, ma soprattutto corporea-emozionale, l’iniziale relazione di attaccamento con la madre sperimentata durante le primissime fasi di vita e dell’allattamento.

     I livelli corporei, ancora oggi presenti nel qui ed ora, con i loro depositi di schemi incisi relazionali, costituiscono quindi la porta di entrata per l'attivazione incarnata terapeutica, l'afferenza periferica da cui accedere per raggiungere le aree centrali e armonizzare intelligentemente la personalità, in particolare quella espressa dalla mente di tratto. Essi propongono una possibilità di un nuovo prototipo di relazione oggettuale nel qui ed ora, nuovo nel come dei pattern, nuovo nel rinnovato circuito energetico.

     Gli acting della Vegetoterapia Carattero-Analatica raccordano il lì ed allora con il qui ed ora, il profondo con la superficie, l’inconscio con il conscio, la memoria implicita con la memoria esplicita, la corporeità con la soggettività. Essi creano nuovi canali sensoriali, formano nuove mappe cerebrali, attivano altri possibili recettori mu, quelli del piacere, liberando il tempo interno sequestrato nei blocchi corporei. Essi permettono di trasformare la mente incarnata di tratto, aumentando la cognizione e il sentire, determinando una maggiore intelligenza della mente e della soggettività del Sé.

 

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[**] Psichiatra, Psicoterapeuta, Analista didatta S.I.A.R., Presidente S.I.A.R. e Direttore della Scuola Italiana di Analisi Reichiana, Direttore del board scientifico della collana CorporalMente dell’Editrice Alpes, Membro dell’Accademia delle Scienze di New York, Membro del Comitato Scientifico Internazionale di psicoterapia Corporea. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. indirizzo professionale: Via Nazionale, 400, 64026 Roseto degli Abruzzi (TE).

*Psicoterapeuta, analista S.I.A.R., vice Presidente SIPAP. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Indirizzo professionale: via Valadier, 44. 00193 Roma.

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