PERCHE' RISPETTARE LE LEGGI?

Le basi psicofisiologiche della legalità

Marina Pompei[*]

 

Abstract

     In questo articolo ci si interroga sulle funzioni psicologiche e fisiologiche che intervengono nel rapporto degli individui con le leggi e se ne  cercano le interrelazioni complesse. Si fa riferimento alla lettura psicoanalitica freudiana e a quella analitico-corporea della S.I.A.R. e alle teorie neurofisiologiche di MacLean e di Porges.

 

Parole chiave 

     Adesione alle leggi – Ingiustizia - Super Io – Tre cervelli - Teoria Polivagale.

 

Abstract

     This article investigates the psychological and physiological functions involved in the relationship between individuals and laws, and their complex interrelations. References are: Freudian psychoanalysis, S.I.A.R. theoretical framework and MacLean and Porges neurophysiological theories.

 

Keywords

Adherence to laws - Injustice - Super Ego - Three brains - Polyvagal theory

 

     Quale rapporto c'è tra la nostra vita quotidiana e il rispetto delle leggi? Ne è sempre più evidente lo scollamento, nei singoli individui, nei gruppi, all'interno delle istituzioni.

     Ma perché dovremmo aderirvi? Per senso del dovere? Per paura della sanzione? Per adesione consapevole? E perché non aderiamo? Per rabbia antagonista? Perché ci sentiamo superiori alle regole stesse? Perché pensiamo che ci siano leggi ingiuste? Perché riteniamo di non avere altra scelta?

     Le possibili risposte vanno cercate in ambito culturale, educativo, sociale, economico, politico, religioso, psicologico, in un'ottica multifattoriale complessa. Qui propongo un'osservazione da un punto di vista psicologico con attenzione alle neuroscienze.

     Ci stiamo riferendo alla norma, alla regola, alla legge; guardiamo il significato delle parole che stiamo usando.[1]

     Norma: dal latino norma = squadra, inteso come strumento e in senso figurato come regola. Regola di condotta stabilita d'autorità o convenuta di comune accordo o di origine consuetudinaria, che ha per fine di guidare il comportamento dei singoli o della collettività.

     Regola: dal latino regula (derivato da regere = guidare diritto) che significò dapprima assicella di legno, regolo, e per traslato: regola, norma. Modo di svolgersi ordinato e costante che si riscontra nella quasi totalità di alcuni fatti, nel campo della natura o dell'agire umano.    

immagine Pompei Codice di hammurabi 01Il codice di Hammurabi

     Legge: dal latino lex legis, probabilmente affine a legere, come equivalente del greco λέγω = dire. In generale ogni principio con cui si enunci o si riconosca l'ordine che si riscontra nella realtà naturale o umana e che nello stesso tempo si ponga come guida di comportamenti in armonia con tale realtà.

     Legalità: l'essere conforme alla legge e a quanto da questa prescritto.

     Tale nominazione si riferisce quindi ad una misurazione: prima della realtà naturale, poi del comportamento umano all'interno di una società.  Si ipotizza, per esempio, che nelle comunità primitive l’osservazione dei fenomeni naturali abbia indotto i primi comportamenti generalizzati diventati poi norme condivise dal gruppo.

     Il tutto con un sottinteso: l'etimologia ci rimanda a misurazioni di realtà percepite come oggettive, sia riferendoci alla realtà naturale che a quella sociale. Ma questo assioma dobbiamo relativizzarlo: le regole sono contestualizzate storicamente. In secoli passati la legge regolamentava la schiavitù che oggi è considerata fuori della legge. Le implicazioni sono molteplici e si snodano sui diversi piani: culturale, economico, politico, etico.

     Sia nel misurare il territorio e gli oggetti, che nel misurare i confini, i limiti dei comportamenti, rispondiamo ad una necessità di garantire al meglio il nostro vivere: conoscere la realtà per gestirla e conoscere entro quali confini comportamentali potersi muovere per difendere la nostra vita; fino a che punto ci possiamo muovere tenendo conto dell’esistenza degli altri. È quanto va a costituire il nostro Super Io.

     Nei comportamenti però, sorgono due problemi di ordine diverso.

     Il primo: non sempre tutte le nostre dimensioni psicocorporee son in relazione funzionale con il nostro Super Io e il Super Io sociale. Freud affermava (1934-38): “Il Super Io è il successore e rappresentante dei genitori (ed educatori) che avevano vegliato sulle azioni dell’individuo durante il suo primo periodo di vita; quasi senza modificarle, esso perpetua le loro funzioni”. Ferri (1983), nel modello analitico corporeo postreichiano, allarga la visione considerando il Super Io come la somma delle impressioni determinanti che provengono dalla relazione con l’Altro da sé lungo tutto il percorso evolutivo della persona. Una istanza complessa e stratificata: dalla percezione dei confini spaziali a quelli del desiderio, dalla percezione delle esigenze di sé a quelle degli altri, dal corpo alle emozioni alla consapevolezza.

     Ci sono situazioni e momenti della vita in cui prevalgono spinte emozionali: riconosciamo cognitivamente la sensatezza della norma, ma la eludiamo, la ignoriamo per rispondere ad un bisogno contingente che ha preso il sopravvento sulla scena complessiva. Diventiamo miopi, siamo attenti al vicinissimo a noi e non allarghiamo lo sguardo al più vasto gruppo sociale. E allora il Super Io entra in conflitto con altre parti del Sé e può cercare di armonizzarle o censurarle o castrarle. A partire dalla percezione dei limiti il Super Io può rappresentare l’ideale dell’Io a cui tendere o il censore castrante. Nel primo caso le leggi saranno l’espressione storica di confini funzionali, nel secondo caso saranno la manifestazione della sanzione, della pena.

     Il secondo (non in ordine di importanza) dei problemi: chi scrive le leggi? Sono scritte per la buona regolamentazione a favore di tutti o per il bene di una parte? Il ventaglio delle prospettive si allarga.

     Se percepiamo un senso di ingiustizia diffuso, se non ci sentiamo tutelati e protetti dal sistema legislativo, l'adesione alla legalità sarà compromessa. Un solo dato per sostanziare la percezione di ingiustizia sociale: è stato presentato  il Secondo Rapporto Nazionale sulla povertà educativa minorile[2], secondo cui sono  i minori i più colpiti dalla povertà assoluta. Nel 2005 era assolutamente povero il 3,9% dei minori di 18 anni, un decennio dopo la percentuale di bambini e adolescenti in povertà è triplicata, e attualmente supera il 12%.

     Si legge nel testo che “questa crescita ha allargato il divario tra le generazioni. Nell’Italia di oggi più una persona è giovane, più è probabile che si trovi in povertà assoluta. L’Italia ha quindi un enorme problema con la povertà minorile e giovanile da affrontare. E non riguarda solo la condizione economica attuale. Riguarda soprattutto il futuro. Le famiglie più povere sono generalmente quelle con minore scolarizzazione. L’incidenza della povertà assoluta è infatti più che doppia nei nuclei familiari dove la persona di riferimento non ha il diploma.

     Purtroppo l’Italia è quintultima in Europa per spesa in istruzione, con appena il 3,9% del Pil. Molto al di sotto della media europea del 4,7% (dati Eurostat).

     La povertà educativa minorile è spesso causa ed effetto di quella economica”.

     Evidenzio questa ricerca perché riguarda l'oggi, ma pregiudica il futuro.

     Stiamo rischiando di far crescere generazioni di arrabbiati che non sentono il senso di appartenenza al proprio sistema sociale, allarmati per il proprio futuro.

     D'altra parte, ancora i dati Eurostat ci dicono che la forbice della diseguaglianza sociale velocemente si sta allargando: nel 2016 quasi un quarto del reddito complessivo italiano (24,4%) apparteneva al 10% della popolazione più ricca, un punto in più rispetto al 2008. La fascia più povera percepiva solo l'1,8%, quasi un punto in meno rispetto al 2008.

     Abbiamo un problema di redistribuzione della ricchezza  che incide fortemente sul senso di appartenenza e fa crescere l'aggressività o la rassegnazione, ostacolando fortemente l'adesione alla legalità.

     Ma se guardiamo la società nel suo insieme, vediamo che valori dominanti sono competitività, individualismo, desiderio di possesso: siamo in un sistema culturale ed economico che certamente non facilita l'empatia e la cooperazione, che sono i valori che permettono l'adesione alle leggi. Questo riguarda tutte le fasce sociali; sia tra i ricchi che i poveri vengono agiti comportamenti illegali, anche se con motivazioni di origine diverse: tra i più svantaggiati soprattutto per mancanza, tra i benestanti e i ricchi per eccesso di richiesta, spinti a volere sempre di più.

     Siamo in una società che soffre di oralità per difetto e di oralità per eccesso.

 

La psicofisiologia

     Come si muove il nostro sistema psichico in tutto ciò? La riflessione e la ricerca in psicologia hanno evidenziato le strutture psichiche coinvolte.

     Mac Lean (1973) ha studiato la relazione tra l'evoluzione del cervello umano e il comportamento. Ha evidenziato la struttura neuro cerebrale stratificatasi filogeneticamente dal rettile all'essere umano passando per i mammiferi. 

     Il nucleo più arcaico è stato chiamato rettiliano, perché ha funzioni presenti già nei rettili: sentire fame e sete e procurarsi cibo e acqua, difendere il proprio territorio, individuare l'altro come potenziale nemico, compiere azioni routinarie. Questo rozzo cervello è prezioso per la nostra sopravvivenza, ma non ha sfumature, non contestualizza, ha una modalità di azione fortemente individualista.

     Intorno al rettiliano, si avvolge come un mantello il cervello limbico, che ha funzioni presenti nei mammiferi e mancanti nei rettili: la cura dei piccoli, il riconoscersi parte di un gruppo, il sentire emozioni, il riconoscere empaticamente i propri simili.

     Il terzo cervello, che avvolge gli altri due, è il neocortex, presente negli esseri umani, con la possibilità del pensiero astratto concettuale, del linguaggio, della  consapevolezza, dell'arte, dell'etica.

     Ma queste tre formazioni, anche se diverse per struttura e biochimismo, nella persona sufficientemente sana interagiscono tra di loro, si influenzano, dialogano. E non è il neocortex a dominare sugli altri: arrivano prima le pulsioni del rettiliano e le emozioni relazionali del limbico a colorare intensamente la formazione dei pensieri.

     In situazioni di stress o di percezione di pericolo, però, saranno le   strutture più arcaiche a guidare, e il neocortex, capace di nominare il Bene e il Male, molto spesso arriverà ben dopo. La solidità delle leggi morali quindi, e la capacità di introiettare le regole trasmesse dall'autorità familiare e sociale risulteranno in questo caso fortemente compromesse.

     Ricerche più recenti (Porges 2014) illuminano ulteriormente la scena, mettendo a fuoco l'importanza del nervo vago nel determinarsi dei nostri comportamenti. La Teoria Polivagale di Porges esamina il legame Mente-Corpo e la relazione con il nostro modo di agire.

     Di fronte alle sfide ambientali si attiva una reazione del sistema simpatico di tipo adrenalinico che induce l'azione: attacco o fuga. Ma intervengono anche due circuiti nervosi per fronteggiare lo stress: il Circuito Ventro Vagale e il Circuito Dorso Vagale.

     Il circuito Ventro Vagale, è filogeneticamente il più recente e afferisce agli organi posti sopra il diaframma dandoci la possibilità di esprimere le nostre emozioni con il volto, la voce, la prosodia e il respiro. Ha un effetto calmante sul cuore, riduce la reattività del sistema simpatico e favorisce comportamenti sociali di cooperazione.

     Il circuito Dorso Vagale, invece, più antico e rozzo, afferisce agli organi posti sotto il diaframma, contribuisce a mantenere l'omeostasi e il controllo delle funzioni viscerali di base (stomaco, intestino tenue, colon, vescica). Ha un'unica modalità difensiva: il collasso.

     In situazioni di difficoltà il nostro organismo Corpo–Mente utilizza dapprima le risposte adattive che vengono dai livelli più recenti della nostra evoluzione di specie umana, ma quando ci appaiono insufficienti a fronteggiare il problema, o il pericolo, utilizza man mano i livelli più arcaici, andando a ritroso nella storia evolutiva.

     In situazioni di difficoltà sociali il nostro organismo Corpo-Mente attiva quindi un sistema di difesa che non è mediato dal neocortex, dalle funzioni superiori, ma ha la sua origine nelle zone più antiche del sistema nervoso.

     Le leggi vanno scritte e conosciute (e questo ce lo permette il neocortex) ma per potervi aderire non solo per paura delle sanzioni, ma con un comportamento di adesione alla legalità, abbiamo bisogno di sentirci al sicuro, in un gruppo solidale, aver sperimentato l'empatia e la cooperazione. Questi sentimenti e comportamenti si iniziano a vivere in famiglia e a scuola, intervengono poi i media e i canali social: sono questi gli agenti di costruzione o decostruzione del Super Io, quell'istanza psichica che ci permette di uscire consapevolmente dall'individualismo egocentrico per allargare lo sguardo empatico sugli altri, sull'ambiente, sull'ecosistema.

 

 

*Psicoterapeuta, Analista e Didatta S.I.A.R.

[*] Psicoterapeuta, Analista e Didatta S.I.A.R.

[1] Dal dizionario Treccani

[2] Presentato il 10/4/2019 a Roma, presso il Centro Congressi Università Sapienza, realizzato da Osservatorio Povertà Educativa, a cura di Openpolis e Con i bambini.

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Ferri, G. (1983), Appunti sul Super Ego. In Energia Carattere e Società. Roma: Rivista SEOr.

Freud, S. (1966-80), Mosé, il suo popolo e la religione monoteista. In Opere complete. Torino: Bollati Boringhieri.     

Mac Lean, P. (1984), Evoluzione del cervello e comportamento umano. Torino: Einaudi.

Porges, S.W. (2014), La Teoria Polivagale: fondamenti neurofisiologici delle emozioni. Giovanni Fioriti editore.

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