Numero 1/2020

       

IL MIO PERCORSO TERAPEUTICO CON MARCO

MY THERAPEUTIC PATH WITH MARCO

Luca Giordani[*]

 

Abstract

     Osserviamo il percorso terapeutico di Marco, ragazzo che manifesta una sintomatologia ansiosa. Analizziamo il suo sviluppo, la sua freccia del tempo e la sua evoluzione e come tutto questo riverbera nel suo diventare adulto. Qual è la giusta posizione controtransferale da mantenere? Quale il progetto terapeutico attuato? Una lettura tridimensionale mediante il Modello Post-Reichiano.

 

 

Parole chiave

     Ansia – Attacchi di panico – Analisi del Carattere – Fasi Evolutive – Vegetoterapia analitico-caratteriale – Modello Post-Reichiano

 

Abstract

     Let's look at the therapeutic path of Marco, a boy who shows an anxious symptomatology. Let's analyze his growth, his arrow of time and his evolution and how all of it reverberate in becoming an adult. What is the right countertransference position to maintain? What is the therapeutic implemented project? A three-dimensional reading through the Post-Reichian Model.

 

Keyword

     Anxiety – Panic Attacks Character Analysis Evolutionary Phases Analytical-Character Vegetotherapy – Post-Reichian Model

 

 

 

     Marco, 18 anni, è una delle prime persone che arriva nel mio studio, all’inizio della mia carriera di analista. Egli frequenta un Liceo in una grande città, è sempre arrabbiato, preoccupato. Afferma: “Mi sento spesso ansioso, inquieto e in alcuni momenti mi sento staccato dalla situazione, come se non fossi io. La mia ragazza mi fa arrabbiare spesso, mi scatena gelosia”.

     Riferisce di aver svolto alcune sedute di psicoterapia da adolescente in seguito ad un attacco di panico la prima volta, e un'altra per cercare di capire e controllare la rabbia e la gelosia che provava nei confronti delle ragazze. Tutte e due le volte per poche sedute. Marco è figlio unico, ragazzo di bell’aspetto, veste alla moda, fisico snello e atletico.

     Suo padre lavora in una grande azienda. Viene definito come simpatico, tranquillo e menefreghista. La madre, impiegata, viene descritta come ansiosa, preoccupata e distaccata (“non mi ha mai dato vero affetto”). I genitori non vanno affatto d’accordo già da molto tempo e rimangono insieme solo per lui.

     Definisce se stesso nervoso/arrabbiato, intelligente, negativo/pessimista. Non sente calore in famiglia e vorrebbe un contesto familiare diverso.

 

Anamnesi

     Marco riferisce che la gravidanza è andata bene, mentre il parto è stato sofferente e violento. L’allattamento è stato al seno, non sa per quanto tempo, sembrerebbe aver vissuto uno svezzamento tranquillo.

     È entrato a scuola materna a 4 anni, frequentandola dunque con un anno di ritardo. L’inizio delle elementari è stato abbastanza difficile poiché non conosceva nessuno e si trovava spaesato in questo nuovo ambiente; andrà meglio successivamente, riuscendo maggiormente ad adattarsi. Il rendimento scolastico comunque era buono. Le scuole medie riferisce di averle vissute veramente male: c’erano dei ragazzi prepotenti che lo hanno traumatizzato; era a tal punto preoccupato che non riusciva a reagire e viveva una costante sensazione di agitazione e ansia. Il rendimento comunque rimaneva abbastanza buono. Nel tempo delle scuole superiori è più tranquillo e meno arrabbiato, frequenta qualche amicizia in più e sembra adattarsi maggiormente.

     Oggi Marco è fidanzato con Eleonora, in un rapporto con conflitti legati alla gelosia di entrambi. Marco afferma: “Di amici ne ho molti, ma nessuno è vero amico”, “Vorrei una ragazza in contatto profondo, in quanto spesso con Eleonora non mi ci sento. Vorrei spesso lasciarla, ma poi non ci riesco”. Racconta che è dai primi anni delle suole superiori che sente il bisogno di parlare con qualcuno. Spesso vi è un’incapacità di mostrare agli altri la rabbia e questo lo rende un ragazzo molto pacifico.

     È un appassionato di nuoto, praticandolo sin da piccolo, con la grande aspettativa di diventarne un campione. Tuttavia, da quando si verificano in modo più frequente gli attacchi d’ansia ha ridotto al minimo la frequentazione in piscina e questo gli provoca il grande dispiacere di non riuscire a portare avanti una sua passione. È molto attento alla sua forma fisica e alla cura del suo corpo.

 

Anamnesi patologica prossima e aspettative

     Marco ha il primo attacco d’ansia al primo anno delle scuole superiori, è costantemente preoccupato e si verificano altri attacchi di panico (così da lui definiti); in quel periodo c'era una situazione difficile a casa (continui litigi tra i genitori), un’apprensione costante a scuola e, inoltre, gli piaceva una ragazza che però non lo ricambiava.

     Giorni dopo il suo diciottesimo compleanno ha un attacco di panico molto forte che lo porta ad iniziare questo percorso psicoterapeutico. Ha paura che gli attacchi si ripetano.

     Afferma di sentirsi spesso giù di umore, annoiato e di percepire un senso di vuoto, una paura della solitudine e della minaccia di separazione nelle relazioni, soprattutto femminili.

     “Vorrei esternare la rabbia ma non ci riesco. Questa rabbia esce fuori soprattutto quando sono solo, quando Eleonora esce ed io, invece, sono a casa; penso sempre che può fare qualcosa che mi deluderà. Vorrei un contatto emotivo profondo, qualcuno che mi ascolti e mi capisca”.

 

Il percorso

     Marco al suo primo incontro si presenta ben vestito, imbarazzato, sguardo verso il basso, collo curvo, occhi che comunicano tristezza e tanta preoccupazione. Presenta anche una velata aria di sfida, quasi a dire: “So che non ce la farai a curarmi”, “Sei giovane anche tu, guai a te se mi giudichi per il mio problema”.

     Io mi presento subito cordiale, amichevole. Sento che quella sfida è una sottile copertura e cerco di aggirarla. Provo a contattare quella tristezza e quella preoccupazione, sento anche che deve essere contattata piano piano e poco alla volta; percepisco che vanno assolutamente esclusi la sfida e il giudizio, poiché Marco non vuole in nessun modo sentirsi diverso da me e dagli altri, anche se mi appare essere questo il suo vissuto. Per lo stesso motivo va esclusa la compassione, poiché compatirlo lo renderebbe un poverino da curare. Io rispondo con l’accoglienza e la rassicurazione, con la possibilità di analizzare la problematica poco alla volta, cercando anche di sdrammatizzare e di alleggerire un po’ l’atmosfera. Questo sembra tranquillizzarlo sin da subito.

     Il nostro modello S.I.A.R. dà una importanza particolare al corpo. Nel setting terapeutico il controtransfert corporeo è un aspetto significativo della relazione terapeutica in cui il terapeuta è agito dalla presenza del paziente, non in maniera passiva, ma intersoggettiva, in una modalità che potremmo definire intercorporea. Così l’intercorporeità diviene una speciale relazione terapeutica con grandi potenzialità trasformative (Barbato, 2017).

     Nel nostro codice neghentropico-sistemico, quindi, consideriamo nel setting i tratti caratteriali dell’analista. Per noi il controtransfert non si esprime soltanto in contenuti psicodinamici, ma possiede anche un’architettura rappresentata dal tratto, che li contiene. Non dobbiamo averne semplicemente coscienza, ma utilizzarlo come strumento terapeutico. Il controtransfert diventa quindi l’opportunità di un movimento possibile. Una volta consapevoli, ci domandiamo se confermare o meno la posizione controtransferale, se non sia più opportuno posizionarsi su un altro tratto, su un altro atteggiamento, per aiutare la persona a muoversi, a sperimentare nuove possibilità di essere e di esprimersi. (Ferri, Cimini, 2012). Si parla, dunque, di controtransfert di tratto, laddove per tratto intendiamo quel pacchetto di schemi comportamentali acquisiti in una specifica fase evolutiva della vita attraverso la relazione con l’altro da Sé e depositate, imprintate nel corpo e, quindi, nel nostro carattere attraverso la memoria implicita che è depositata nel Sé. Nel Sé, dunque, sedimentano le relazioni con l’altro in ogni specifica fase evolutiva. Queste modalità relazionali si depositano nelle afferenze periferiche (corpo) e nelle aree centrali (cervello). Le modalità affettive si imprintano, quindi, nel nostro carattere già dalle prime esperienze di vita (pre-parto, parto, post-parto, ecc…) ed agiscono ancora oggi attraverso quelli che sono i nostri tratti caratteriali. Il nostro carattere, la nostra personalità, le nostre modalità relazionali sono, dunque, interiorizzate – attraverso il corpo – nella nostra mente, come prodotto della nostra storia.

     Marco suscita in me terapeuta reazioni psico-corporee di tristezza, preoccupazione e sfida che sento però di non caricare, ma di accogliere mediante un sorriso o una carezza emotiva (vale a dire tutte quelle attenzioni che rivolgiamo ad un’altra persona). Questo è il mio controtransfert che potrebbe aver fatto la differenza rispetto alle psicoterapie precedenti, durate solo poche settimane.

 

Le fasi evolutive della vita di Marco

     Per comprendere il sintomo di Marco andiamo ad osservare la “freccia del tempo” della sua evoluzione partendo dal suo concepimento, osservando l’attraversamento delle fasi evolutive della vita ed analizzando i segni incisi che hanno determinato il proprio carattere e la patogenesi del proprio disturbo.

     Tutte le impressioni determinanti, provenienti dall’altro da Sé, nel corso delle fasi evolutive, inducono una modificazione funzionale, economica ed adattiva del Sé rispetto alla realtà che esperisce.

     Il concepimento di Marco avviene quando i genitori erano già sposati e la gravidanza sembra non presentare momenti particolarmente problematici, se non nell’ultima parte con la difficoltà al parto. Ciò ci suggerisce che la densità della relazione oggettuale primaria sia stata alta. Nel nostro modello quello che distingue le nevrosi dalle psicosi è la densità della relazione oggettuale primaria in fase intrauterina. Il processo di densificazione raggiunge valori molto elevati nel primo periodo embrionario-fetale, per poi progressivamente attenuarsi fino allo svezzamento. Essa definisce la relazione reciproca del piccolo con la madre, vale a dire gli scambi biologici, emozionali, affettivi, le proiezioni progettuali e gli stati di energia. Dunque, la densità consiste nello spessore della relazione. Nelle nevrosi riscontriamo sempre densità alte o medio-alte, come per le psicosi o per i disturbi dell’area borderline, costituendo un terreno di prima resilienza insieme alle altre variabili determinanti. Collochiamo, dunque, Marco nell’area delle nevrosi, data la buona densità, con la possibilità di raggiungere stati/stadi evolutivi più avanzati, cioè la possibilità di un’organizzazione più evoluta dell’energia vitale.

     Tuttavia, la madre viene descritta come ansiosa, preoccupata e distaccata e questo ci suggerisce un primo campo allarmato e distaccato, una gravidanza ed un allattamento che possono aver generato nella memoria implicita[1] una volontà di contatto. Il primo terreno che Marco incontra, la prima atmosfera, risultano essere occupati da preoccupazioni e agitazioni che generano una lontananza emotiva della madre che il piccolo Marco avverte. Sulla base di questi fattori potremmo spiegare la prima domanda di Marco: “Vorrei un contatto emotivo profondo, qualcuno che mi ascolti e mi capisca”.

     Il parto di Marco è molto sofferente, violento: la sua prima grande separazione è un concreto rischio di morte. Il suo primo imprinting sulle separazioni è di allarme estremo, di rischio di vita. Osservando la sua storia scolastica, notiamo come ad ogni cambiamento (materna à elementari à medie à superiori) viva un primo periodo difficoltoso, che possiamo leggere come difficoltà ai passaggi, difficoltà nelle separazioni-approdi. Il più forte attacco di panico lo ha dopo i 18 anni, nell’approdo all’età adulta, in questa nuova nascita. C'è un segno inciso che si imprinta nella formazione del carattere di Marco e riverbera in tutte le future esperienze di separazione. Tuttavia, possiede la possibilità di sanare il difficile passaggio adattandosi progressivamente al nuovo, come ha fatto nei passaggi scolastici.

     Volontà di contatto profondo sincero e difficoltà nelle separazioni sono particolarmente evidenti nel rapporto con il femminile. Le continue minacce di separazione (Eleonora che esce da sola e il pericolo che possa fare chissà cosa, la madre che si dimostra spesso distaccata) provocano un allarme, una minaccia alla propria esistenza, che Marco cerca di contrastare, ad esempio, con l’eccessiva gelosia non lasciando mai sola Eleonora e l’incapacità di mostrarsi arrabbiato con gli altri. Il conflitto non può permetterselo, poiché conflitto può voler dire separazione e per Marco la separazione è insostenibile.

     L’allattamento sembra essere stato al seno, anche se non sappiamo per quanto tempo. Sappiamo, comunque, che Marco ha interiorizzato una figura di attaccamento preoccupata e distaccata. Potremmo, dunque, dedurre che gli occhi della madre in allattamento, quello scambio relazionale visivo importantissimo attraverso i neuroni mirror, abbiano trasmesso ansia e distacco e provocato una rabbia per la difettualità affettiva.

     Riguardo lo svezzamento sappiamo poco; sappiamo, però, che la scuola materna la inizia un anno dopo e, anche se non sappiamo il motivo del rimando, ci conferma la difficoltà nelle separazioni di Marco e quindi  di individuazione[2]. Contemporaneamente, vi è un incontro con un padre simpatico e tranquillo, ma menefreghista, che non riesce a tirarlo fuori dallo stallo di primo campo, da quella voglia di contatto caldo e profondo. Il rapporto con il padre è distante, basato sulla leggerezza e poca complicità e questo non gli permette di evolvere a posizioni più evolute (muscolari e genito-oculari).

     Continuando ad analizzare la scena familiare spicca il fatto che sia Marco stesso a tenere insieme i genitori, è possibile che Marco senta il carico e la responsabilità di tenere unita la coppia e reggere, così, la famiglia.

     Inoltre, l’essere figlio unico concentra tutta la responsabilità e le attenzioni, anzi le non-attenzioni su di lui. Il ragazzo sente spesso l’affanno, la solitudine e la distanza emotiva e non può condividerle con nessun’altro all’interno del nucleo familiare (fratelli/sorelle). Marco assorbe, dunque, tutte le tensioni e il vuoto affettivo che si respirano nell’atmosfera familiare.

 

 Diagnosi analitica e clinica

     Allarme nei passaggi e bisogno orale, generano un bisogno allarmato. La carenza affettiva ha generato il bisogno orale di contatto e la dipendenza dall’Altro da Sé, quel parto così sofferente ha innescato un allarme ed un’angoscia di morte alle separazioni.

     Vi è, dunque, una molteplice difficoltà nelle separazioni, avvertite o reali, dall’Altro da Sé: una di allarme estremo nella prima grande separazione, l’altra di richiesta di contatto e accudimento prodotta dal difetto oro-labiale.

     Possiamo, quindi, affermare che l’allarme estremo nei passaggi ha originato una difficoltà in tutte quelle situazioni a valenza di nascita. La difettualità affettiva ha, invece, generato il bisogno di contatto emotivo, una rabbia rispetto all’oggetto ed una dipendenza relazionale; questa difettualità orolabiale insoddisfatta impedisce l’entrata nella muscolarità.

     Deduciamo la seguente diagnosi analitica: tratto orale insoddisfatto, difficoltà ai passaggi, rabbia e ansia da separazione nei confronti delle sue figure primarie ed una incapacità di approdare nella muscolarità.

     Questo quadro analitico genera in Marco un disturbo d’ansia, che si manifesta nelle situazioni a valenza di nascita e nelle separazioni dall’Altro da Sé (avvertite o reali).

 

Il progetto terapeutico nell’Analisi Reichiana

     Tre sono i principi attivi dell’analisi reichiana: l’Analisi del Carattere, la Vegetoterapia Analitico-Caratteriale, l’Analisi del Carattere della Relazione. I tre principi attivi agiscono all’interno del Setting Terapeutico inteso come sistema vivente complesso.

     L’Analisi del Carattere consiste nel risvegliare l’interesse del paziente verso i tratti del suo carattere, per essere in grado di esplorarne l’origine ed analizzarne il significato, mostrando al paziente i legami tra il carattere e i sintomi.

     La Vegetoterapia analitico-caratteriale opera sul sistema nervoso vegetativo, da cui il nome, sul sistema muscolare, sul sistema neuroendocrino e sulla pulsazione energetica attraverso gli actings; essi tendono all’equilibrio psicofisico dell’individuo, inducendo fenomeni neurovegetativi ed emozioni. La verbalizzazione delle sensazioni, delle emozioni e dei pensieri emersi rappresentano il momento successivo alla metodologia. In questo modo si può analizzare ed indagare il corpo nei suoi significanti psichici.

     Un progetto analitico terapeutico mira sempre a condurre la persona alla capacità di gestire funzionalmente la propria corazza e la propria combinazione caratterologica.IMG GIORDANI

      L’Analisi del Carattere della Relazione costituisce la consapevolezza del contenente relazionale, ovvero un assetto specifico della relazione analitico-terapeutica. Definiamo il contenente relazionale come l’appropriata posizione e l’appropriato come dell’analista/terapeuta. L’appropriata posizione permette un accoppiamento strutturale (tratti del terapeuta/analista e tratti del paziente) in modo funzionale, aiutando il paziente a spostarsi dalla sua posizione di tratto e di livello corporeo o quanto meno a leggerla.

     Il setting diventa, così, un Sistema Vivente Complesso, un campo che fa da cornice ed esprime la possibilità di evoluzione neghentropica attraverso il contatto fra analista e analizzato. Questo sistema esprimerà la propria autoorganizzazione, la propria autopoiesi, i propri stadi e sarà validato dall'evoluzione neghentropica dell'analizzato, dell'analista e della relazione analista-analizzato.

     A volte può essere necessario un percorso farmacologico in parallelo alla psicoterapia.  Quando il complesso rettiliano, ad esempio, è iper-attivato (come nel caso di psicosi, attacchi di panico, ecc…) impedisce la costruzione della relazione terapeutica. Lo psicofarmaco può, così, innalzare il quantum energetico a livelli superiori tali da poter iniziare una relazione terapeutica, fornendo quel gradino necessario affinché il percorso psicoterapeutico cominci (Ferri, Cimini, 2012).

 

Progetto terapeutico per Marco

      L'obiettivo è stato cercare di dare a Marco una capacità maggiore di gestire la separazione-approdo, che gli permetta di affrontare in modo più funzionale passaggi di fase e separazioni affettive. I passaggi prevedono sempre dei processi di separazione che possono rivelarsi oltremodo traumatici se l’individuo non è pronto o non ha gli strumenti necessari per affrontarli.

     Ho perciò, cercato di far evolvere Marco dallo stallo oro-labiale dipendente ad una posizione maggiormente consolidata di muscolarità. Questo gli ha permesso di strutturarsi ed individuarsi, riducendo la dipendenza dall’altro e, di conseguenza, l’ansia da separazione, con eliminazione quasi totale del sintomo.

     Successivamente, continuerà il suo percorso di maturazione verso la genito-ocularità attraverso un confronto al maschile che gli possa dare la capacità di allearsi o di competere funzionalmente con l’altro.

     Per favorire la capacità di separarsi, la mia posizione iniziale nella relazione con Marco è stata quella di ascolto e di accoglienza. Fondamentale è risultato instaurare un sentire basato sull’accogliere e sul contatto. Un buon primo campo “non distaccato”, ma stabile e presente, ha fatto in modo che Marco abbia costruito un buon legame di fiducia; ho, dunque, cercato di essere per lui un punto fisso.

     Emergono le ricerche estreme di Marco, come il nuoto e la sua aspirazione ad essere un atleta di successo, che ci rimanda all'iper-muscolarità, o le esperienze extra-corporee, che possiamo leggere come un tentativo di raggiungere la genito-ocularità cosmica, di terzo campo. Proprio su questo difficile passaggio e, soprattutto, sulla sua difficoltà ad intraprendere il percorso intermedio tra le due posizioni (per lui attraversamento fondamentale), si è potuta inserire la psicoterapia. Pur integrando le dimensioni carenti della sua coppia genitoriale (la presenza/vicinanza, contrapposta al distacco materno e la possibilità di accompagnarlo nel mondo, contrapposta al menefreghismo paterno) la mia posizione si colloca sulla dimensione del trainer affettivo ma extra-familiare, un trainer che gli permette di poter crescere, senza irrigidirsi troppo, gestendo le proprie ansie e senza fughe nel terzo campo, un trainer che, più che affiancarlo nel nuoto, nella competizione e nella grande cura del proprio corpo, cerca di favorire l'integrazione tra il muscolare ed il genito-oculare.

     Dopo circa 8/10 incontri ho inserito la Vegetoterapia carattero-analitica: in accordo con il mio supervisore, abbiamo cercato di rinforzare la stabilità e la reciprocità attraverso la somministrazione del “punto fisso luminoso”. È un acting per l’approccio mirato al trattamento della "giusta distanza o della perdita dei confini" tra il Sé e l’Altro da Sé. L’acting, praticato più volte nel tempo, permette alla persona un nuovo ingresso nel proprio campo di coscienza dell’Io, nella soggettività, attiva la corteccia prefrontale, ma regola anche la distanza appropriata per la propria sostenibilità, raccoglie le possibili proiezioni emergenti dal profondo del lì ed allora della sua storia, come sguardi escludenti o includenti.

     Dopo poche sedute abbiamo creduto che, oltre alla necessità di avere un punto di stabilità, fosse ancor più importante per Marco avere la possibilità di separarsi, di andare sapendo di poter tornare, di andare con l’altro ma anche di poter tornare su di sé, considerando le sue difficoltà. Ho inserito il “naso cielo con oggetto stabile”, in cui la persona sperimenterà la convergenza verso se stesso, verso la propria piramide nasale, sperimenterà la capacità di ri-prendersi e tornare nei propri confini, con la luce sempre ferma a rappresentare “l’oggetto parziale stabile e presente”. Questo è un acting che riattualizza il passaggio dalla fase oro-labiale a quella muscolare, dal primo campo al secondo campo, e i risultati sono stati subito evidenti: ha prodotto un aumento delle amicizie e un miglioramento del rapporto con Eleonora. Inoltre, non ha più avuto episodi di forte ansia. 

     Successivamente, si è cercato un salto a posizioni più strutturate, uscendo dal “due” e incontrando anche il “tre” attraverso la somministrazione dell’acting del “movimento degli occhi ad arco”, acting di fase muscolare, che consiste nel muovere lateralmente la penna-luce all’altezza del punto di convergenza; questo gli ha dato la possibilità di uscire dal legame dipendente “a due” di primo campo (madre – bambino), concedendosi la possibilità del “tre” (padre – madre – piccolo) e di sperimentare un secondo campo diverso da quello menefreghista e disinteressato vissuto in famiglia. La somministrazione di questo acting ha prodotto un rinforzamento della propria struttura caratteriale, riscontrabile sia nelle relazioni che Marco vive, più bilanciate e meno dipendenti.

     Dopo 12/15 sedute, siamo passati alla somministrazione della “rotazione degli occhi”, acting di fase genito-oculare, presuppone una rotazione della penna-luce lungo la periferia del campo visivo della persona; questo ha concesso a Marco la possibilità di vedere una scena ancora più ampia, uscendo dal nucleo familiare ed entrare in relazione con il mondo.  Marco, durante le verbalizzazioni, sente una leggera malinconia e un pizzico di solitudine; è contento del presente, ma avverte la necessità di nuove esperienze e nuove relazioni. Questo passaggio è stato per Marco abbastanza difficoltoso e complesso, poiché soprattutto nelle prime fasi si è sentito spesso solo nel mondo. Io ho cercato di accompagnarlo in questo salto evolutivo cercando in lui le risorse necessarie per affrontare il momento. Pian piano inizia ad adattarsi maggiormente, consolidando i rapporti d’amicizia e quello con Eleonora (anche se caratterizzato ancora da alti e bassi). Inizia anche a nutrire nuove aspettative sul futuro, poiché questo periodo coincide con gli ultimi mesi del 5° superiore e con la possibile scelta di una professione o di una facoltà universitaria.

     Con il mio supervisore abbiamo riscontrato la possibilità di somministrare l’acting dell’”Io”, acting di fase muscolare, propone la possibilità di dire ad alta voce la parola “io”, ciò dà modo di avere l’opportunità di sentire l’Io e affermarlo nel mondo. L’acting favorisce l’individuazione ed emerge un senso di pienezza, maggior voglia di fare ed una maggiore positività.

     In questo periodo Marco mi comunica che vuole fissare le sedute ogni 2 settimane, spiegandomi che vuole iniziare a camminare maggiormente da solo. Questa decisione possiamo leggerla come un desiderio di autonomia e di affermazione, oltre che di una più acquisita individuazione di Sé. Mi dice di sentirsi maturato, con una forza diversa e un senso di pienezza. Ho sentito e analizzato la sua richiesta e l’ho ritenuta funzionale e insieme abbiamo deciso di fissare sedute a cadenza bisettimanale. Questo, inoltre, è il periodo della scelta universitaria.

     Da notare come Marco abbia vissuto questo passaggio importante con molta serenità e convinzione, con un buon impatto iniziale nel mondo universitario e con molta positività. Questo è un dato importante in virtù delle sue difficoltà nei momenti di passaggio.

     Marco, rispetto alla situazione familiare, avverte ancora la distanza emotiva materna e il distacco paterno, ma sta entrando progressivamente nell’età adulta con maggiore consapevolezza e serenità, ha gradualmente eliminato la sintomatologia iniziale e questo gli ha permesso di esplorare maggiormente se stesso e il mondo. 

 

 

[1] Ferri illustra come nella memoria esplicita, cioè la memoria consapevole, gioca un ruolo fondamentale l’ippocampo, che ne è il deposito centrale. Tuttavia, l’ippocampo si sviluppa dopo i due anni di età. Prima abbiamo “memoria implicita”, cioè la memoria inconscia, che è depositata nel sé; qui, dunque, sedimentano le relazioni con l’altro in una specifica fase evolutiva. Queste modalità relazionali si depositano nell’afferenza periferica (corpo) e nell’area centrale (cervello) (Ferri, 2016). Da questo punto di vista la memoria implicita gioca un ruolo fondamentale perché la sua iscrizione è prettamente neuro-fisiologica. La memoria implicita si deposita nel corpo, formando il substrato delle architetture mentali, a loro volta espressione di prevalenza di fase evolutiva, di tratto caratterologico, di livello corporeo segnato dalle relazioni oggettuali della propria storia.

[2] Individuazione è anche possibilità di convergere e distinguere il Sé dall’Altro da Sé. Qui inizia la “soggettività”: l’entrata nella muscolarità, i movimenti volontari oculari e l’ingresso nello spazio-tempo progressivo, l’individuazione di sé, la relazione del due e l’ingresso nel tre e, quindi, nel terzo campo che necessita di una maggiore sostenibilità. Tutto questo collima con la soggettività. Si approda, dunque, nella muscolarità striata, si approda in una piramidalità maggiore (piramidalità come evoluzione dell’extra-piramidalità, cioè fuori dal controllo volontario, fuori dagli occhi all’infinito dell’allattamento), si entra nella possibilità di poter convergere volontariamente e nella possibilità di distinguere il Sé con l’Altro da Sé.

 

 

 

Bibliografia

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- Barbato L., Livelli corporei, tratti caratteriali e fasi evolutive. Estratto dal convegno “Dare corpo alla mente”, in "Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.", 2, 2013.

- De Bonis M. C., Pompei M., Come sarà il tuo bambino? Dal concepimento inizia a formarsi il carattere, Alpes, Roma 2015.

- Ferri G., Cimini G., Psicopatologia e carattere, Alpes, Roma 2012.

- Ferri G., Ansia, angoscia e panico, in "Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.", 1, 2015.

- Ferri G., Il linguaggio dei tratti. Estratto dal Convegno S.I.A.R. "Ogni persona è una storia" del 26 Ottobre 2013, in "Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.", 1, 2012.

- Ferri G., Mente incarnata, mente enattiva, mente di tratto, in "Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.", 1, 2016.

- Ferri G., Vegetoterapia analitico caratteriale, in "Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.", 1, 2013.

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[*] Psicologo, Psicoterapeuta, Analista S.I.A.R. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Indirizzo professionale: Via del Milite Ignoto, 24. Pescara

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