Numero 1/2021

SINDEMIA COVID. Prendiamocene cura

SYNDEMIA COVID. Let' s take care of it

DOI:  10.57613/SIAR03

 

Marina Pompei[*]

 

 

Abstract

      Le conseguenze del Covid vengono qui lette non solo come una pandemia, ma soprattutto come una sindemia, concetto che  implica una relazione tra la malattia e le condizioni ambientali e socio-economiche in cui si diffonde. A livello individuale si mettono in relazione lo stato del sistema immunitario e le conseguenze psicologiche delle misure adottate per contenere la diffusione del virus.

 Parole chiave

      Sindemia – ambiente – stato economico – sistema immunitario – conseguenze psicologiche.

 Abstract

      The consequences of Covid are hereby read not only as an pandemic but most of all as a syndemic, concept this one which implies a relation between the disease and the environmental and socio- economic conditions into which it spreads. On an individual basis the immune system status is seen in relation to the psychological consequences of the measures adopted to contain the spread

of the virus.

 Key words

      Syndemic – environment – economic status – immune system – psychological consequences.

  

     Con il Covid-19 non stiamo vivendo solo una pandemia, ma anche una sindemia. Pandemia infatti è una epidemia di tutto il popolo, che raggiunge velocemente vasti territori e continenti, come sta accadendo. Sindemia è “un insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall’interazione sinergica di due o più malattie trasmissibili e non trasmissibili, caratterizzata da pesanti ripercussioni, in particolare sulle fasce di popolazione svantaggiata”. (Dizionario Treccani, 2020). “Si tratta cioè di patologie non solo sanitarie, ma anche sociali, economiche, psicologiche, dei modelli di vita, di fruizione della cultura e delle relazioni umane” dice Edmondo Peralta in Periodista.it dell'ottobre 2020. E continua: “A differenza della pandemia, che indica il diffondersi di un agente infettivo in grado di colpire più o meno indistintamente il corpo umano con la stessa rapidità e gravità ovunque, la sindemia implica una relazione tra più malattie e condizioni ambientali o socio-economiche. L'interagire tra queste patologie e situazioni rafforza e aggrava ciascuna di esse. Questo nuovo approccio alla salute pubblica è stato elaborato da Merril Singer nel 1990 e fatto proprio da molti scienziati negli ultimi anni. Consente di studiare al meglio l'evoluzione e il diffondersi di malattie lungo un contesto sociale, politico e storico, in modo di evitare l'analisi di una malattia senza considerare il contesto in cui si diffonde.” (ibidem).

     È questa dimensione complessa e non lineare che dobbiamo indagare. Circola un nuovo virus. Dobbiamo chiederci da dove viene e allora c'è da studiare la promiscuità tra specie che non dovevano convivere nello stesso luogo? La deforestazione? I cambiamenti climatici? Cos'altro? Dobbiamo rilevare quali siano le zone più colpite, e le immagini satellitari ci mostrano una evidente sovrapposizione con i territori più inquinati, dove è già presente un gran numero di persone con malattie cardiocircolatorie e respiratorie; polveri sottili e biossido di azoto sono oltre le soglie minime fissate dall'OMS. Un virus che attacca con preferenza bronchi e polmoni trova lì terreno fertile. Quindi: da dove viene e dove circola preferibilmente. Ma poi c'è una terza questione: chi si ammala? Perché qualcuno in modo lieve e altri in modo grave? Perché qualcuno no?

     Per cercare una risposta dobbiamo indagare sullo stato di salute psicofisica degli individui, in modo specifico sullo stato del loro sistema immunitario di cui mi sembra si parli pochissimo, mentre si tratta della nostra prima grande difesa, prima ancora di un eventuale vaccino. Perché in alcuni soggetti il sistema immunitario non ha saputo combattere l'intruso pericoloso? Nella maggior parte dei casi perché c'era un'età avanzata e quindi un organismo debole, oppure la presenza di altre patologie: soprattutto cardiocircolatorie e respiratorie, diabete, obesità.

     Le analisi sulle persone decedute negli Stati Uniti e in America Latina rilevano una prevalenza grandissima di appartenenti a comunità afroamericane e minoranze (studio pubblicato su JAMA Network Open). In Italia i dati ISTAT ci dicono che a partire dalla primavera del 2020 si registra un aumento dell'incidenza della mortalità nei ceti meno abbienti; lo si ricava dal calcolo di quanti deceduti erano esonerati per reddito dal  pagamento delle cure sanitarie. L'incidenza della mortalità tra le persone meno abbienti è rilevata anche in un recentissimo studio britannico (Pierce e altri, 2020).

     Chi è svantaggiato economicamente mangia male e si cura male: un organismo mal curato ha un sistema immunitario debole. I ceti più svantaggiati hanno anche minore istruzione e quindi pochi strumenti per migliorare il proprio stile di vita. Il modo di gestire quest'emergenza è stato simile in tutto il pianeta, anche se con modulazioni e tempi diversi: igiene, distanziamento, mascherine, chiusure. Misure ragionevoli, ma presentate con un messaggio di grande allarme non accompagnato da sostegno alla resilienza psicologica. Grande enfasi sui decessi e l'attesa di un vaccino, ma cure possibili e guarigioni in sordina. Ansia e paura si diffondono sempre più, il conseguente consumo di ansiolitici è salito velocemente.

     Igiene delle mani: misura buona da mantenere in futuro, non ha controindicazioni se non per i fobici!

     Distanziamento sociale: è un'espressione sbagliata, derivando dalla traduzione acritica di social distancing, perché in italiano distanziamento sociale si riferisce a tematiche sociologiche e psicologiche; descrive i processi di esclusione, emarginazione e presa di distanza da una persona o un gruppo sociale all’interno di una comunità. Sabatini e Marazzini, dell’Accademia della Crusca propongono: distanziamento interpersonale o distanza fisica.

     Non si tratta di pignoleria, ma di attenzione ai messaggi che si veicolano subliminalmente con il linguaggio. È molto utile mantenere una distanza tra individui tale da non permettere il contatto con un possibile virus, ma non dobbiamo distanziarci dagli altri membri della nostra comunità! L'impatto a livello psicologico è molto differente: l'espressione distanziamento sociale favorisce la diffidenza, l'indifferenza, il timore dell'altro: sentimenti sempre più presenti tra le persone.IMG POMPEI istockphoto 1142791580 612x612

     Mascherine: sono utili per proteggerci dal virus, ma nascondono la mimica facciale e limitano l'ampiezza del respiro.

- La mimica facciale permette agli umani l'espressione delle emozioni, fondamentale nella regolamentazione delle relazioni; vedere un'azione non è sufficiente per capirne il senso; per comprenderlo dobbiamo vedere la mimica facciale di chi agisce, dobbiamo sentire l'intonazione della sua voce. La copertura del viso non permette ai neuroni specchio di attivare quella micromodulazione motoria di reciprocità rispecchiante che fa comprendere le intenzioni dell'altro che sta agendo.

     Così non si costruisce l'empatia. Studi recenti ipotizzano che l'autismo, che impedisce la comprensione delle azioni degli altri e la capacità di relazionarsi, sia connesso proprio ad una carenza di neuroni specchio (Rizzolatti, 2006).

     Allora dobbiamo correre ai ripari curando la prosodia della nostra voce e l'intonazione, che concorrono alla comprensione intuitiva dell'altro, al contatto subitaneo col suo campo energetico sottostante le parole che ascoltiamo e pronunciamo.

     Aggiungiamo anche la gestualità: capo, mani e torace che si muovono per significare. Noi Italiani siamo avvantaggiati!

- L'ampiezza del respiro è fortemente limitata dall'uso della mascherina, allora dobbiamo compensare. Appena possibile, in casa, o all'aria aperta ben distanziati, diamoci la possibilità di alcuni minuti di respirazione profonda consapevole, ogni volta che ci è possibile. Eliminiamo anidride carbonica e immettiamo ossigeno: il nostro sistema immunitario ne trarrà vantaggio.

     Chiusure: chiusi in casa per ostacolare la circolazione del virus; probabilmente misura necessaria nei cluster epidemici, ma ci vogliamo occupare anche delle conseguenze negative?

  • Aumento della conflittualità intrafamiliare vivendo in spazi ristretti, fino ad arrivare all'accertato aumento dei casi di violenza, soprattutto sulle donne;
  • suicidi tra i giovani aumentati del 20%;
  • ansia, depressione e angoscia in forte aumento.

     Come non essere ansiosi rispetto all'incertezza di un tempo indefinito di cambiamenti delle abitudini quotidiane? Come non essere depressi con la diminuzione o addirittura la perdita del lavoro? Come non essere angosciati per non poter agire la propria energia giovane costretta davanti ad un computer invece che vissuta negli scambi relazionali a scuola e fuori?

     Il disagio psichico è una sofferenza che diventa anche abbassamento delle difese immunitarie. Queste problematiche erano già state documentate a febbraio di quest'anno  studiando gli effetti dei lockdown durante le precedenti epidemie di Ebola, sars, ecc. (Books e altri, 2020). Sindemia è l'insieme interrelato di tutte le dimensioni qui evidenziate. Bisogna prendersene cura in una visione sistemica, che tenga insieme l'ecosistema del pianeta, la dimensione socio sanitaria e quella psicologica.

 

Le conseguenze sul benessere psicologico

     Come psicoterapeuti prendiamo atto del crescere del malessere e agiamo gli strumenti che abbiamo per contenerlo e volgerlo evolutivamente. Nei primi mesi del 2020 abbiamo assistito ad azioni di solidarietà, di ricerca di coesione: ci si salutava dai balconi e si dipingeva l'arcobaleno della fiducia. Avevamo dato spazio alla possibilità della resilienza. Da allora è passato un anno e l'atteggiamento è cambiato: il tempo lungo ha sfibrato le energie; i più deboli scivolano nella solitudine depressiva, i più tonici reagiscono con rabbia. I giovani hanno visto la scuola frammentarsi e perdere peso: proprio il luogo che permette di sperimentare l'appartenenza e la costruzione consapevole dell'identità fatica molto on line a tener fede al suo compito. Gli insegnanti non sono aiutati ad affrontare la gravità della situazione, e dobbiamo invece farlo al più presto (Pompei, Sandrini, 2020).

     È sempre più evidente che ci troviamo di fronte ad una situazione di piccoli e grandi traumi che si prolungano nel tempo, diagnostichiamo sempre più spesso disturbi post traumatici da stress in persone guarite dal Covid e in chi ha paura del Covid.

  • I guariti ospedalizzati spesso tornano in ospedale denunciando altre patologie: il virus ha prodotto danni organici che si manifestano nel tempo lungo e/o siamo di fronte ad un indebolimento dell'organismo dovuto a disturbo post traumatico da stress?

     Una ricerca israeliana del 1998 rilevava la persistenza di un’elevata intensità e frequenza del battito cardiaco dopo la dimissione dal pronto soccorso, a seguito di eventi traumatici: il segnale di un prolungarsi su un piano fisiologico della reazione di attacco-fuga. Si sta vedendo come questo sia correlato ad un maggiore rischio di sviluppare un disturbo post traumatico da stress.

  • Chi non ha contratto il virus ma ne ha paura sviluppa sintomi penosi: ansia, tachicardia, incapacità di proiettarsi positivamente nel futuro, immobilismo, ipocondria, fino ad attacchi di panico e tentativi di suicidio.

     Stiamo vivendo un trauma prolungato che ci può far perdere la capacità sociale affermativa, oppure può darci l'occasione di ripensare profondamente lo stile di vita dell'intero pianeta. Abbiamo bisogno di cercare modalità nuove scientificamente e creativamente.

     La prospettiva distopica di un mondo sempre più diviso tra ricchi e poveri e sempre più chiuso in un individualismo difensivo, può essere l'occasione per trovare il coraggio di cercare nuove strategie, investire in ricerca e in ricostruzione di ciò che si è distrutto (Pompei, Bolli, 2020).

     Soprattutto dobbiamo essere consapevoli che questo non si fa da soli. Se la pandemia ci spinge all'isolamento, dobbiamo usare tutte le nostre forze per costruire invece legami evolutivi; potenziare quelli esistenti: di coppia, familiari, amicali, professionali; cercarne di nuovi, inventandosi forme di contatto come possibile: possiamo pensare insieme anche on line, per ripartire insieme in presenza!

     Perché dobbiamo respirare qui e ora, non stare in apnea attendendo il domani (Benasayag, 2020).

 

 

BIBLIOGRAFIA

Benasayag, M. (2020) La responsabilità della rivolta, Roma: Tlon edizioni.

Brooks, S. e altri (2020) The psycological impact of quarantine and how to reduce it:: rapid review of the evidence, in The Lancet, 26/2/2020, Amsterdam: Elsevier editore.

Pierce, M. e altri (2020) Mental healt before and during the Covid-19 pandemic: a longitudinal probability sample survey of the UK population, in Lancet Psychiatry, Amsterdam: Elsevier editore.

Pompei, M., Bolli, C. (2020) Voci sottovuoto, Roma: Castelvecchi.

Pompei, M., Sandrini, M. (2020) L'anno che verrà, Faenza: Homeless Book.

Porges, S. W. (2003) Social engagement and attachment: a phylogenetic perspective. Annals of the New York Academy of Sciences, 1008(1), 31-47.

Porges, S. W. (2004) Neuroception: A subconscious system for detecting threats and safety. Zero to Three (J), 24(5), 19-24.

Rizzolatti, G., Sinigaglia (2006) C. So quel che fai, Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Milano: Raffaello Cortina Editore.

Singer, M., Baer, H. (1995) Critical Medical Anthropology. Amiytyville, New York: Baywood Publishing Co.

[*] Psicologa psicoterapeuta, analista e didatta supervisore S.I.A.R. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Studio professionale: Via Valadier, 44-00193 Roma

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