Numero 1/2022

IL LEGAME DEL PIACERE E LA CREATIVITA’

 

PLEASURE'S BOND AND CREATIVITY

DOI:  10.57613/SIAR18

 

Livia Geloso[*]

 

 

Abstract

      L'articolo intende collegare le seguenti tre affermazioni: il piacere ci tiene legati/e alla vita; il piacere tiene legate le varie parti della personalità; il piacere favorisce la formazione di legami tra le persone. L'articolo fornisce, inoltre, spunti di riflessione sulla dimensione del legame, sull'esperienza del piacere e sullo sviluppo della creatività. L'autrice fa riferimento al libro di Alexander Lowen, "Il piacere. Un approccio creativo alla vita", facendo collegamenti con la teoria polivagale di Stephen Porges.

 Parole chiave

     Legame – piacere – creatività - sistema psicocorporeo - analisi bioenergetica.

 

Abstract

    This paper intends to link the following three statements: pleasure keeps us connected to life; pleasure keeps the various parts of the personality connected; pleasure promotes the formation of bonds between people. The paper also provides food for thought on the bonding dimension the experience of pleasure and the development of creativity. The authress refers to Alexander Lowen book, "Pleasure. A creative approach to life", making connections with the polyvagal theory of Stephen Porges.

 Key words

      Bond – pleasure – creativity - psychobody system – bioenergetic analysis.

 

 

     In questo articolo si intende collegare le seguenti tre affermazioni, sulle orme del fondatore dell’analisi bioenergetica, Alexander Lowen (1910-2008): il piacere ci tiene legati/e alla vita; il piacere tiene legate le varie parti della personalità; il piacere favorisce la formazione di legami tra le persone. Si cercherà, inoltre, di fornire una serie di spunti di riflessione relativamente alla stretta relazione tra la dimensione del legame, l’esperienza del piacere e lo sviluppo della creatività. Ma prima di tutto è necessario chiarire di che tipo di piacere si intende parlare. Infatti, il tema del piacere appare controverso, al centro di una disputa tra vecchi e nuovi estremismi che spesso si intrecciano, implicandosi reciprocamente. Per orientarci si farà riferimento a uno specifico testo di Lowen intitolato Il piacere. Un approccio creativo alla vita (1970), e si proverà a metterlo in relazione con la teoria polivagale di Stephen Porges.

     Parlavamo di estremismi e possiamo cominciare propri da qui, come fa Lowen all’inizio del suo saggio, osservando la situazione degli Stati Uniti. Nella modernità, alla morale ascetica si è contrapposta quella che è stata definita la morale del divertimento. In realtà, potremmo dire con il sociologo Max Weber (1864-1920) che le due morali appartengono entrambe alla modernità, seppure a due fasi distinte del suo manifestarsi: la morale ascetica è propria della fase di accumulazione della ricchezza e della prima industrializzazione; la morale del divertimento, invece, è propria della fase successiva, quella della affluent society, la società del benessere e del consumismo. In verità, è facile osservare che le due tendenze sussistono a livello psicocorporeo, creando condizioni paradossali di apparente liberalizzazione a livello superficiale, mentre a livello implicito e profondo si rilevano blocchi e zone silenti, soprattutto a carico dell’area del pavimento pelvico, l’insieme dei muscoli e dei legamenti che costituiscono la base del bacino e a cui sono profondamente connessi i genitali. Nella fase attuale di globalizzazione e di profonda divaricazione della forbice tra abbienti e non abbienti le cose si stanno ulteriormente complicando, ma il tema è molto complesso e merita un successivo articolo.

     Per ora, ci si dedicherà all’impostazione della tematica prendendo spunto dalla descrizione che Lowen fa della situazione negli USA, dove la situazione paradossale si è manifestata originariamente, per diffondersi dovunque, essendo appunto gli USA il laboratorio della modernità occidentale, soprattutto dalla seconda guerra mondiale in poi. Scrive Lowen: “A un osservatore occasionale, l’America sembrerebbe una terra di piacere. La gente sembra intenta a godersi la vita. Spende molto del suo tempo libero e del suo denaro nella ricerca del piacere. La pubblicità riflette e sfrutta questa preoccupazione. Quasi ogni prodotto o servizio viene venduto con la promessa che trasformerà la routine di tutti i giorni in divertimento (…) Sorge spontanea la domanda: gli americani si godono veramente la vita? La maggior parte dei seri osservatori del panorama descritto credono che la risposta sia no; sentono che l’ossessione per il divertimento tradisce un’assenza di piacere.” (Lowen, 1970, p.11). E riporta in sovrappiù l’affermazione del sociologo e urbanista Lewis Mumford (1895-1990): “Il gioco coattivo è l’unica alternativa accettabile al lavoro coattivo.”

     Nella pagina successiva troviamo un’interessante lettura della morale del divertimento ancora molto attuale: la morale del divertimento si baserebbe e trarrebbe forza dal tentativo di recuperare i piaceri dell’infanzia attraverso il far finta che. Ma tutto questo porterebbe a quella che si potrebbe definire una doppia finzione, o meglio una finzione che non fa la sua giusta funzione di permettere un profondo coinvolgimento a livello corporeo-emozionale e mentale-immaginativo come nell’infanzia. Infatti, proprio l’insieme di coinvolgimento profondo e immaginazione produce il vero piacere. Invece, l’adulto preso nella giostra illusoria della morale del divertimento, ovvero del divertimento a tutti i costi, invertirebbe il processo infantile “impegnandosi in attività serie come il sesso e il bere” (Lowen, ibidem, p. 12) con un atteggiamento superficiale. Al contrario, quando da bambini diciamo che il nostro gioco è divertente, vogliamo dire che in virtù della situazione di simulazione siamo entrati con tutto il cuore in un’attività di gioco dalla quale traiamo un grande piacere grazie all’autoespressione.

Immagine 2022 07 05 214520     La differenza tra immaginazione e illusione, tra simulazione creativa e autoinganno dipenderebbe, quindi, dalla capacità di rimanere veri/e di fronte alla propria realtà interiore, sviluppando in tal modo la consapevolezza di cosa si percepisce e di chi si è, proprio come fanno i bambini, i quali sanno sempre distinguere tra i prodotti dell’immaginazione e il loro vissuto reale. Proseguendo in questa riflessione, è importante notare che la stessa differenza si può osservare tra il divertimento inteso come piacere e il divertimento inteso come fuga da se stessi/e. Infatti, Lowen, commentando una frase dello psicoanalista ungherese, Sandor Rado (1890-1972), che ha avuto Wilhelm Reich (1897-1957) in analisi, “Il piacere è il vincolo che lega”, si esprime così: “Secondo me, questo significa che il piacere ci lega ai nostri corpi, alla realtà, agli amici, al lavoro. Se la persona prova piacere nella sua vita di tutti i giorni, non ha desideri di fuga.” (Lowen, 1970, p.15). La ricerca del divertimento, nel senso appena descritto, scaturirebbe, quindi, dall’impulso a fuggire da problemi e conflitti percepiti come intollerabili e sopraffacenti.

     Il piacere di cui parliamo, a partire dall’infanzia, ha a che fare, come abbiamo poco sopra introdotto, sia con la corporeità profonda che con l’immaginazione e la relazionalità; infatti, germoglia da, collega e sviluppa le strutture più antiche del sistema nervoso con quelle più recenti: il sistema nervoso autonomo con la corteccia prefrontale, attraverso il tronco dell’encefalo e il nervo vago. A questo punto, la teoria polivagale di Porges ci fornisce sicuramente le evidenze neurobiologiche di qualcosa che la psicoterapia reichiana-loweniana indica già dal quasi un secolo, ovvero, la interrelazione tra i livelli più antichi e quelli più recenti del sistema nervoso, nell’ottica dello sviluppo della pienezza esistenziale, oltre che del superamento del disagio psicologico, in particolare rispetto ai traumi e ai nuovi disturbi collegati alla condizione di diffusa incertezza. Tutto questo ha a che fare con la dialettica tra la confrontazione con la complessità e la drammaticità della condizione umana e la capacità di dare senso sulla base della potenza e dell’estasi insite nello slancio vitale.

     Infatti, se è vero che dobbiamo confrontarci con l’angoscia della nostra precarietà, è anche vero che custodiamo nel profondo di noi stessi/e la capacità di sentirci al sicuro con le persone care, con le comunità a cui sentiamo di appartenere, con un cosmo o biosfera di cui ci sentiamo parte. Tutto questo origina dai momenti in cui, nell’infanzia, una persona in funzione accudente (care giver), tenendoci vicini/e ci dirà: Stai tranquillo/a, ci sono io accanto a te. Non potrà accaderti nulla di male. Questa finzione è la madre della capacità immaginativa creativa, del gioco creativo e dell’ironia che controbilanciano l’angoscia esistenziale e nutrono la capacità di fare legame dentro e fuori di noi. Finzione serissima e sacrosanta che ogni generazione deve fornire alla successiva, e che ogni adulto/a deve fornire anche a altri/e adulti/e, quando necessario. Certamente, a questo punto ricorderete anche voi la frase Andrà tutto bene! che ha rimbalzato di casa in casa nelle prime settimane del lockdowm pandemico. Si tratta, evidentemente, di un cardine del lavoro psicoterapeutico, in quanto è parte importante dell’alleanza terapeutica, della sintonizzazione tra terapeuta e cliente, della sintonizzazione tra emisferi destri con produzione di ossitocina, l’ormone del sentirsi al sicuro con un altro essere umano.

     Quando ci sentiamo al sicuro, possiamo ritrovare e sviluppare, insieme all’autoregolazione autonomica, il frutto del dispiegamento mirabile dell’area ventro-vagale del sistema nervoso autonomo, quello che Porges chiama l’ingaggio sociale: la capacità di immedesimarci nei nostri simili, di fare squadra, di vedere le cose da altri punti di vista, di trovare nuove soluzioni, di collegare tra loro parti di noi e parti di mondo, di giocare e di provare in tutto questo piacere. Secondo la visione reichiana-loweniana, possiamo dire che tutto questo si radica nella dialettica dei due aspetti della vitalità, dell’energia vitale, ovvero dell’aggressività e della tenerezza. Si tratta dei flussi di vitalità che sentiamo scorrere nell’apparato muscolo-scheletrico, l’energia aggressiva, e nel cosiddetto tubo viscerale (insieme degli apparati respiratorio, digestivo e uro-genitale), l’energia tenera. La corrente aggressiva è collegata al ramo del simpatico e la corrente tenera al ramo del parasimpatico. È in questo modo che percepiamo la potenza e l’agentività (capacità di agire, agency) dell’apparato muscolo-scheletrico e dell’apparato cardio-circolatorio ad esso strettamente connesso fin dallo sviluppo embriologico, insieme alla sensibilità e alla flessibilità del tubo viscerale, il cui vissuto è quello dello scioglimento, molto connesso con la pelle e la sensualità. L’immersione nella dialettica delle due energie favorisce stati di coscienza estatici in cui l’Io individuale si autotrascende ed emerge l’esperienza del Sé.

     Il grounding, inteso come radicamento degli strati più recenti del sistema nervoso in quelli più antichi, e la respirazione completa permettono all’Io di svolgere la funzione di coordinamento della personalità, tessendo le connessioni tra le varie polarità che caratterizzano e sostanziano il sistema psicocorporeo. Queste pratiche corporee sono ormai entrate nell’uso di tutte le scuole di psicoterapia. Si può ulteriormente dire che il piacere nasca da questa forma di creatività, la quale, come abbiamo visto, affonda le radici nei ritmi vitali dell’omeostasi nonché nel gioco di bilanciamento della percezione e della motilità.

     Approfondiamo adesso il rapporto tra questi livelli profondi e l’immaginazione creativa. Lo scrittore ungherese, Arthur Koestler (1905-1983), citato da Lowen, definiva l’atto creativo come “la fusione di due punti di vista apparentemente contraddittori in un’unica visione” e aggiungeva: “l’atto creativo, collegando dimensioni di esperienza in precedenza estranee l’una all’altra, permette di arrivare a un livello superiore di evoluzione mentale” (p. 200).

     Secondo Lowen, l’atteggiamento creativo si caratterizza per il fatto che mette in relazione aspetti e bisogni della personalità componendo una risposta unitaria. Come dicevamo, il modello è l’omeostasi, con la pulsazione cellulare e cardio-circolatoria, insieme ai ritmi respiratori e ai ritmi della motilità, compreso il rapporto tra muscoli agonisti e muscoli antagonisti e tra apparato muscolo-scheletrico e suolo e forza di gravità. Il movimento di riscoperta del corpo (Geloso, 2012), che prese forma tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, ha inaugurato una tradizione culturale fondata proprio su una visione del corpo umano in rapporto con la natura e con il cosmo, prendendo spunto dalla dimensione mitica greco-romana e rinascimentale, ma anche di altri popoli, ovvero dalle culture cosiddette primitive ed esotiche, come dalle tradizioni popolari occidentali. Il movimento di riscoperta del corpo si è declinato in vari modi: dall’arte (danza moderna, teatro e canto moderni, pittura, scultura, ecc.) alla politica, dalla pedagogia alla cura del corpo, collegandosi al cambiamento dei costumi, in particolare all’emancipazione delle donne. Questo movimento è stato il terreno di coltura di molti fenomeni culturali legati alla corporeità che continuano fino ai nostri giorni, compresa la psicoterapia corporea.  Dal punto di vista filosofico, i riferimenti principali del movimento sono stati l’americano Ralph Waldo Emerson (1803-1882) e il tedesco Friedrich W. Nietzsche (1844-1900), di cui suggerisco di leggere il capitolo “Dei dispregiatori del corpo”, da Così parlò Zarathusra. Da notare che il diciassettenne Nietzsche lesse un libro di Emerson e ne rimase profondamente colpito, continuando a fare riferimento all’americano fino agli ultimi suoi scritti. Per avere un’idea di Emerson e del vitalismo americano suggerisco di pensare al film di Peter Weir, “L’attimo fuggente” (1989), in cui si parla di “succhiare il midollo della vita” stando a contatto con la natura selvaggia americana. Emerson, a sua volta, era stato influenzato dai pensatori tedeschi Johan Wolfgang Goethe (1749-1832) e Friedrich Schelling (1775-1854), durante i suoi viaggi in Europa.

     Tornando alla creatività, può essere interessante riflettere sull’idea che la dialettica creativa, così come la funzionalità fisiologica, non possa essere il risultato di uno sforzo cosciente, ma sia piuttosto funzione della parte inconscia della personalità. La parte cosciente avrebbe il compito di fornire al laboratorio inconscio interiore il materiale e gli strumenti come il modello della scala cromatica o musicale per creare un continuum tra gli opposti, insieme alla visione dell’oscillazione pendolare tra gli opposti stessi la quale definisce un medium. Qualsiasi aspetto della personalità osserviamo, sembra mostrarci il principio di polarità, tanto caro al movimento di riscoperta del corpo. Lowen ce ne elenca una serie: a livello emotivo, affetto e ostilità, collera e paura, sicurezza e sfida-eccitazione, ecc., mentre, a livello biologico di base, troviamo piacere e dolore; a livello strutturale, troviamo percezione e movimento, pensiero e sensazione, soggettività e oggettività, sistema nervoso autonomo e sistema nervoso volontario, ecc. Inoltre, la parte cosciente avrebbe il compito di occuparsi della verbalizzazione e della comunicazione di ciò che il laboratorio inconscio interiore elabora.

     Troviamo ancora la dualità anche all’interno dell’autoconsapevolezza in quanto l’autoconsapevolezza richiede un duplice approccio a tutte le esperienze: prima l’esperienza deve essere percepita a livello corporeo e messa in rapporto con un’esperienza di segno opposto. Da ciò nasce e prende forma la storia di vita di quel particolare individuo. L’autoconsapevolezza rappresenta il potenziale dell’espressione creativa. Si tratta dello stato dell’essere che rende possibile la dialettica tra gli opposti all’interno del sé e tra il sé e il mondo esterno. Riconoscendo la dualità come condizione cardine del vissuto umano, a partire dalla dualità Io-corpo, Lowen propone uno schema a due colonne (p. 211):

 

                      Io                        Corpo                                                                                                      

  1. attività cosciente                  reattività involontaria
  2. conseguimento                     piacere
  3. pensiero                              sensazione
  4. adulto                                 bambino
  5. individualità                         comunità
  6. cultura                                 natura

 

     La personalità sarebbe in grado di tollerare la tensione dialettica tra le tendenze polari entro certi limiti. Ognuno di noi si confronta con la cosiddetta finestra di tolleranza. Ripartendo dalla dualità Io-corpo, possiamo visualizzare tale rapporto come due forze che formano una spirale disegnata dalla presenza dell’attività dell’Io, da una parte, e dai livelli di eccitazione vitale dall’altra. Se le due forze si bilanciano, l’oscillazione produce un senso di piacere. Se la spirale perde la sua elasticità, il collegamento vitale tra Io e corpo entra in sofferenza, così come il rapporto dinamico tra di loro.

     Per concludere, portiamo l’attenzione ancora su due spunti di riflessione dal libro di Lowen: la paradossalità insita nell’Io e i cinque passi bioenergetici verso la creatività. Un paradosso centrale nella condizione umana consiste nel fatto che l’emergere della consapevolezza e, quindi dell’Io, determina il costituirsi dell’assetto duale, ovvero, il costituirsi degli opposti; allo stesso tempo, è proprio l’Io a possedere la capacità di gestire la dialettica tra tendenze opposte. Ed ora i cinque passi bioenergetici verso la creatività (pp. 218-219):

1°) Identificazione con il corpo e dialettica Io-corpo;

2°) Sviluppo del piacere di essere vivi/e nel qui-e-ora come fondamento delle attività coscienti;

3°) Esplorazione-accettazione di sensazioni e sentimenti senza censura e con l’obiettivo di gestire le polarità ‘espressione/controllo’ in modo maturo e ricco;

4°) Comprensione dell’interdipendenza tra tutte le funzioni della personalità;                    

5°) Umiltà come riconoscimento della nostra interdipendenza dall’ambiente naturale e sociale.

 

 

Bibliografia

Geloso, L. (2012). Bioenergetica e teatro: riscoperta del corpo e creatività. Grounding, 2: 25-41.

Lowen, A. (1970). Il piacere. Un approccio creativo alla vita. Roma: Astrolabio, 1984.

Nietzsche, F. W. (1968). Così parlò Zarathusra. Milano: Adelphi, 2000.

Porges, S. W. (2011). La teoria polivagale. Roma: Giovanni Fioriti Ed.re, 2014.

Zavatta, B. (2006). La sfida del carattere. Nietzsche lettore di Emerson. Roma: Editori Riuniti.  

             

[*] Psicoterapeuta, supervisore e local trainer in analisi bioenergetica della SIAB, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - Studio Metis Via Etruria 44 Roma.

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