Coppie infertili. Emozioni e vissuti, possibilita’ di intervento

Maria Grazia A. Flore[*]

 

     Diventare genitori rappresenta una tappa fondamentale del ciclo di vita, che risente sia del contesto culturale di appartenenza che dello sviluppo individuale. Fare un figlio nel contesto attuale, nonostante numerosi cambiamenti rispetto ad altri periodi storici, conserva un’universale valenza biologica e psicologica. Tuttavia questo percorso, che può apparire naturale e scontato, per diverse coppie può essere ostacolato da difficoltà di varia natura: genetiche, virali, traumatiche e psicologiche.

     In Italia circa 100.000 coppie si confrontano con la problematica dell’infertilità, intorno al 30% del totale delle coppie del nostro paese. In Europa l’infertilità colpisce tra il 15% e il 20% delle coppie, e si stima che nel mondo siano tra 60-80 milioni quelle colpite da questo problema (Visigalli, 2011).

    Fino a qualche decennio fa l’infertilità veniva considerata un problema meramente fisico; oggi è risaputo che le componenti psicologiche giocano un ruolo importante sia come elemento causale che come conseguenza dell’iter diagnostico e terapeutico. In un modello biopsicosociale non ha senso pensare a situazioni di infertilità esclusivamente organiche contrapposte a situazioni con origine psicogena.       Ha senso sostenere che il rapporto della persona con se stessa e con il mondo possa influenzare la fertilità, anche quando si riscontrano ostacoli fisici concreti (Solano, 2017).

     I vissuti più frequenti che si riscontrano nelle coppie in questa situazione sono: ferita narcisistica che diminuisce la fiducia in  stessi; inadeguatezza a livello sociale; sensazione di essere difettosi, malati, diversi; senso di frustrazione per l’irrealizzabilità di un progetto individuale e di coppia; paura, senso di impotenza, delusione. Talvolta possono subentrare anche problematiche di coppia, comunicative e sessuali. La diade reagisce con sconcerto e si chiede perché proprio a lei sia capitata un’esperienza simile; si attiva per cercare le spiegazioni, che talvolta non arrivano nonostante i progressi medici[1]. Questa reazione di sgomento si sperimenta perché, come ha messo in luce Vignati (2002), la condizione di infertilità di coppia è una variabile imprevista. In genere si pensa di poter aver figli quando lo si desidera, ma questa convinzione oggi si scontra sempre più spesso con la realtà.

infertilita"Broken and therefore empty" di Robin Spalding.     Di fronte ad una diagnosi di infertilità, o di sterilità (che è una condizione fisica permanente che rende impossibile il concepimento), la donna può avere anche altre reazioni: sentimenti di rabbia, invidia e rivalità verso le donne che la circondano e verso la propria madre (talvolta inconsci); isolamento perché si sente esclusa dal mondo delle persone fertili. Si possono anche attivare dei comportamenti reattivi, come dedicarsi al volontariato o ad altre forme di accudimento che rappresentano l’equivalente della maternità probabilmente irrealizzabile e la possibilità di ritrovare maggiore equilibrio e sicurezza.

     I sentimenti verso la propria madre possono associarsi a dei conflitti pregressi con la stessa: negli anni sessanta Georg Groddeck riteneva che “le donne che detestano la madre non hanno figli” (1969) ed Hélène Deutsch (1957) stabiliva un legame tra infertilità e difficoltà di identificazione con la figura materna. Oggi tuttavia sappiamo che, se questo ci può dare un orientamento sulle concause psicologiche dell’infertilità, non in tutte le donne con difficoltà di concepimento è presente una storia conflittuale col materno e che ogni donna, con la sua storia e i vissuti soggettivi, è unica.

    Comportamenti reattivi possono comparire anche negli uomini, come le condotte da dongiovanni come tentativo, spesso inconsapevole, di compensare l’inadeguatezza procreativa intensificando le conquiste femminili (Stoller, 1975). Nell’uomo inoltre una reazione frequente è un’intensa ferita narcisistica e incredulità ma con una maggiore difficoltà rispetto alla donna di esprimere le proprie emozioni e cercare supporto (Visigalli, 2011).

    Anche nelle dinamiche di coppia avvengono dei cambiamenti. Tra i partners si possono sviluppare atteggiamenti di sostegno e protezione oppure comportamenti conflittuali che potrebbero, a lungo andare, minacciare la coesione della coppia. Spesso il partner portatore del problema si sente responsabile del mancato concepimento e nei confronti dell’altro partner si sente in colpa. Il partner non portatore del problema può provare rabbia (talvolta inconsapevolmente) ma anche senso di colpa per il fatto di provare questi sentimenti (Visigalli, 2011). La sessualità può diventare sterile e meccanica, finalizzata esclusivamente alla procreazione: il piacere si altera, la sessualità non è più intimità e condivisione. In alcune persone compaiono disfunzioni reattive alla diagnosi di infertilità o sterilità, anche per frustrazione e/o risentimento verso il partner: alterazioni del desiderio, impotenza erettiva secondaria, disturbi dell’orgasmo, mancanza o limitazione dell’eccitazione, insorgenza di sensazioni dolorose (Simonelli, 1996; Vignati, 2002).

    I vissuti negativi sono in genere più intensi se non sono presenti altri figli (infertilità primaria)[2] e se le famiglie di origine non sono supportive: una ricerca mette in luce che la comunicazione della diagnosi alle famiglie d’origine diventa un’occasione per verificare i precedenti legami familiari (Binda W. et al., 1989). Ad un livello profondo le coppie spesso si trovano a soffrire non solo l’assenza di un figlio, ma anche il fallimento. Fallimento dell’essere figli che non sono in grado di far diventare nonni i propri genitori, fallimento talvolta nei confronti dei fratelli minori che sono già genitori e occupano per questo un posto primario. Questo ha a che fare col desiderio di continuare a soddisfare i genitori anche da adulti, che resta essenziale nella vita psichica dell’individuo (Marinopoulos, 2005).

     In alcune famiglie accade che la mancata generatività dei coniugi faccia sentire sterili anche le diverse ramificazioni affettive di cui fa parte la coppia, perché va a minacciare la nascita dei ruoli che un figlio avrebbe permesso (D’Andrea, 2008).

    Più passa il tempo, più l’attesa diventa insopportabile: i fallimenti si moltiplicano e talvolta si sommano anche quelli della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Se una prima delusione è difficile da sopportare, ma si accetta, tanti fallimenti diventano insostenibili. Le coppie si scoraggiano pensando che non riusciranno mai a diventare genitori, e diventano sempre più vulnerabili. Nella pratica clinica si riscontra che via via che si procede con le tecniche mediche viene a mancare l’elemento più importante: il desiderio.

Possibili interventi.

     Con quali modalità da professionisti della salute mentale possiamo sostenere queste coppie?

     Innanzitutto dobbiamo avere chiarezza su quali sono le persone che hanno maggiormente bisogno di consulenza psicologica o di psicoterapia, a seconda di ciò che emerge dal processo valutativo (CNOP, 2004):

  • persone che soffrono di forte stress: secondo una ricerca di Boivin (1999) il 15/20% dei pazienti infertili ne soffre;
  • pazienti con anamnesi di psicopatologie: abuso di sostanze, psicosi, disturbi cognitivi; persone con precedenti problematiche di coppia o con precedenti di maltrattamenti su minori;
  • pazienti che richiedono la consulenza genetica preimpianto.

     Le Linee Guida del CNOP (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi) del 2004 ci indicano anche i fattori che generano un adattamento poco efficace tra i pazienti infertili, suddividendo tra: fattori personali, relazionali/sociali e fattori collegati al trattamento:

     Personali

  • Infertilità primaria;
  • Psicopatologie già esistenti;
  • Genere femminile;
  • Vedere la genitorialità come scopo principale della vita adulta.

     Relazionali/sociali

  • Relazione di coppia disfunzionale;
  • Vita sociale povera;
  • Situazioni o persone che ricordano alla coppia la loro infertilità.

     Collegati al trattamento

  • Effetti collaterali dei trattamenti (es. variazioni ormonali);
  • Situazioni che mettono a rischio la gravidanza (es. minaccia d’aborto);
  • I tempi di decisione: inizio e fine trattamento sono i periodi più critici.

     L’intervento psicologico con le coppie infertili differisce a seconda della fase che la coppia stessa si trova a vivere.

    In una fase iniziale, prima dei trattamenti di PMA, è importante proporre un trattamento individualizzato a seconda della storia della singola coppia; è necessario capire che reazioni psicologiche ci sono state ai tentativi naturali falliti e individuare gli aspetti psicologici che possono essere concausa dell’infertilità. È fondamentale che la coppia si senta libera di esprimere tutti i vissuti legati a questo evento di vita, in una relazione priva di giudizio. È indispensabile altresì non far sentire la coppia come difettosa, in quanto, molto probabilmente, già si percepisce in questo modo.

     Gli obiettivi più importanti da perseguire sono il contenimento e il supporto nell’elaborazione della sofferenza, il sostegno emotivo durante la comunicazione della diagnosi, nonché nel maturare la scelta più appropriata in seguito alla comunicazione della/e cause dell’infertilità.

    Se la coppia decide di intraprendere un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita dobbiamo prestare attenzione a come si approccia all’équipe medica. Spesso accade che ci si avvicini alla PMA con un senso di euforia e grande fiducia nella scienza; tuttavia non sempre vengono raggiunti i risultati attesi e questo può avere diverse conseguenze: sconforto e delusione della coppia per un ulteriore fallimento; maggiore senso di impotenza; passare da un atteggiamento (difensivo) di idealizzazione dell’équipe medica alla sua estrema svalutazione (Castellano et al., 2011).

     Durante i trattamenti di PMA si oscilla tra la speranza delle attese ottimistiche e la delusione per il fallimento. L’intervento psicologico deve accompagnare la coppia nella scoperta, l’accoglienza e la gestione delle emozioni che prova, favorendo un maggiore esame di realtà.

     È fondamentale promuovere le risorse della coppia, che possono essere diverse, come una buona comunicazione e alleanza, la resilienza, una buona consapevolezza ed espressione dei propri vissuti. Si deve inoltre cercare di preservare la sessualità della coppia.

     La fine del trattamento può essere un momento estremamente delicato. Chi si confronta con un successo prova gioia e soddisfazione, ma talvolta anche ansia e preoccupazioni durante la gravidanza e dopo la nascita del figlio. Quando invece il trattamento non va a buon fine la coppia si confronta nuovamente col fallimento, il dolore e la maturazione della scelta di continuare o meno i trattamenti. La coppia dovrebbe pensare fin dall’inizio, assieme allo psicologo, quali sono i suoi limiti personali di tolleranza dei trattamenti.

     Al termine del trattamento il ruolo dello psicologo sarà quello di facilitare l’elaborazione del lutto di non poter diventare genitori biologici, e quello di sostenere la scelta successiva, che può essere quella dell’adozione o di rimanere una coppia senza figli. In quest’ultimo caso è fondamentale dare loro la sensazione di aver risolto il problema dell’infertilità al meglio delle proprie possibilità; importante è altresì passare l’idea che la coppia può essere fertile in tanti altri modi, non solo procreando.

     Quando invece l’esito del trattamento è la gravidanza, oltre ai sentimenti di gioia, incredulità e soddisfazione c’è da considerare che il brusco passaggio da uno stato prolungato di infertilità alla genitorialità è in genere più difficoltoso rispetto alle altre coppie, perché richiede una repentina ridefinizione dell’identità e una ristrutturazione interna. Resta la percezione di se stessi come difettosi, da cui può conseguire il timore di non essere in grado di portare a termine la gravidanza e di partorire un figlio difettoso come loro.

     Una volta che il bambino nasce, secondo uno studio di Greenfeld (1996), nelle coppie che hanno concepito con la FIVET, più del 50% delle madri sviluppa un attaccamento così forte al bambino da rendere difficoltoso il processo di separazione/individuazione. Lo psicologo dovrebbe quindi facilitare l’adattamento alla gravidanza e la transizione alla genitorialità, facilitare il processo di separazione/individuazione e sostenere la coppia nel gestire l’ansia sul modo in cui si è concepito il bambino.

     È evidente come l’infertilità coinvolga profondamente l’unità biopsichica dell’individuo e della coppia nella sua totalità, e non si può prescindere da questo se si vuole realmente prendere in carico una coppia infertile. Il percorso della PMA è estremamente tecnico, e se non si tiene conto degli aspetti psicologici coinvolti, può finire per banalizzare l’enigma e la complessità del concepimento e del parto, “che non è solo un evento biologico, ma anche e soprattutto simbolico e psichico” (Marinopoulos, 2005).

     È ad oggi molto difficile determinare con certezza le cause psicologiche dell’infertilità, ma gli studi che sono stati presi in rassegna ne documentano chiaramente le conseguenze. È quindi ampiamente indicato un approccio olistico ed integrato, in cui la componente medica e quella psicologica vadano ad integrarsi nell’azione di sostegno alla coppia.  Abbiamo visto inoltre come l’infertilità produca una sua evoluzione psicologica concomitante con le varie tappe che scandiscono il cammino diagnostico e terapeutico. Da qui la necessità che queste coppie siano accompagnate da un trattamento psicologico in tutte le fasi. Un trattamento in cui “fornire sostegno, aiuto, e uno spazio in cui la coppia possa occuparsi dell’accettazione del problema e delle proprie reazioni all’infertilità, può significare riappropriarsi del senso del tempo della speranza e dell’attesa”  (Vignati, 2011).

 

 

Bibliografia

Binda, W., Greco, O., Colombo, T. (1989), “La nascita di un figlio nella trama di una famiglia estesa”, Attraverso lo Specchio. 23.

Boivin, J.,  Scanlan, L.C., Walker, S.M. (1999), “Why are infertile patients not using psychosocial counselling?”, Human Reproduction. 14 (4).

Castellano, R., Grimaldi, N., Malzoni, A., Pagliarulo, M., Pirone, N., Sarno, R. (2011), “Il trattamento dell’infertilità: Considerazioni psicodinamiche sulla relazione di ‘cura’”, Rivista di Psicologia Clinica. 1.

Deutsch, H. (1957). Psicologia della donna. Torino: Boringhieri.

Greenfeld, D.A., Ort S.I., Greenfeld, D.G., Jones, E.E., Olive, D.L. (1996). “Attitudes of IVF parents about the IVF experience and their children, Journal of Assisted Reproduction Genetical. 13:266-274.

Groddeck, G. (1969). Il libro dell’Es. Milano: Adelphi.

D’Andrea, A. (2008). “Sterilità biologica: la morte del desiderio”. In: Andolfi, M., a cura di, La crisi della coppia. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Marinopoulos, S. (2005). Nell’intimo delle madri. Luci e ombre della maternità. Milano: Feltrinelli.

Simonelli, C. (1996), Diagnosi e trattamento delle disfunzioni sessuali. Milano: Franco Angeli.

Solano, L. (2017), “Il rapporto corpo-mente e la qualità delle relazioni nella costruzione della salute”. In-fertilità. Un approccio multidisciplinare. Atti del I Convegno Nazionale, Roma.

Stoller, R.J. (1975), Sex and gender. London: Hogarth.

Vignati, R. (2002), “L’assessment sessuorelazionale eseguito con una nuova metodica”, PsicoIn. 1 – Informazione Ordine Psicologi Marche.

Vignati, R. (2002), “Il problema della sterilità nella coppia: una variabile imprevista”. Benessere e salute.

Vignati, R. (2011), “Il problema della sterilità nella coppia: scenari di un evento imprevisto tra desiderio e frustrazione”, Psychomedia.

Visigalli, R. (2011), Sterilità e infertilità di coppia. Counseling e terapia psicologica. Milano: Franco Angeli.

[*] Psicologa, Psicoterapeuta, docente di Psicologia Perinatale.

[1] In diversi casi, dopo aver completato l’iter delle indagini mediche, il responso è di infertilità sine causa (inspiegata), cioè situazioni in cui non si riesce ad individuare una causa oggettiva.

[2] Si parla di infertilità primaria quando la coppia non ha mai avuto gravidanze, secondaria quando c’è stata almeno una gravidanza portata a termine con concepimento spontaneo.

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