Numero 2/2020

CINQUE LEZIONI LEGGERE SULL’EMOZIONE DI APPRENDERE

di Daniela Lucangeli,  Erickson 2019 

recensione a cura di Monica Amelii[*]

 

     Daniela Lucangeli nel suo libro: “Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere” ci propone una didattica che tiene conto di ciò che dice la psicologia sui processi di apprendimento e parte da un assunto di Aristotele attuale e mai scontato: “Educare la mente senza educare il cuore significa non educare affatto”. Consapevole che nessun atto della vita cognitiva sia slegato dalle emozioni che si provano e che ad ogni attività cognitiva vi sia una corrispondenza emozionale, il suo testo nasce come riflessione sui temi della didattica scolastica, ponendo il focus sugli alunni che apprendono e gli insegnanti che insegnano. Quali emozioni vivono i nostri figli quando apprendono? Vi è una correlazione tra vissuti emozionali e apprendimento? Esiste una didattica che tenga conto delle emozioni?

     Il libro nasce dal dialogo diretto tra ricerca e scuola, dalla continua riflessione cognitiva e sul campo su temi a lei cari: quali sono i processi psicologici funzionali che favoriscono l’apprendimento scolastico nei bambini e lo fa con uno stile empatico – scientifico. Nelle sue cinque lezioni l'intento e la speranza che insegnanti e genitori possano beneficiare di una riflessione adulta che sia di aiuto ai bambini alle prese con la scuola.  

 

La scuola dell’abbraccio

     “Il nostro cervello mentre pensa, sente anche. Che cosa sente?” Le ricerche scientifiche più recenti hanno evidenziato quanto tra i due emisferi cerebrali, destro e sinistro, vi sia una sincronicità di flussi che si muovono in una sinfonia di circuiti cognitivi ed emozionali in reciproca interdipendenza. Ciò ha dato il via ad un nuovo filone di studi scientifici, la Warm cognition, cognizione calda.

     Ad ogni pensiero corrisponde un sentire emozionale. Nella fase di apprendimento, se il cervello del bambino sperimenterà emozioni positive, queste si iscriveranno nella sua memoria, creando una traccia emozionale positiva, di gioia, che si riattiverà ogni qualvolta si troverà a studiare. Se, al contrario, nella fase di apprendimento il bambino sperimenterà emozioni negative, queste si iscriveranno nella sua memoria, creando una traccia emozionale negativa di ansia, un cortocircuito emozionale che gli renderà difficile imparare.

     Che cosa fare perché l’esperienza di apprendere lasci una traccia emozionale positiva? La prof.ssa Lucangeli parla agli insegnanti chiedendo loro di essere alleati degli allievi.

  • Alleati contro l’errore: poiché l’errore è visto come un momento naturale e fisiologico della fase di apprendimento e valorizzato come risorsa;
  • Alleati nel coraggio: instillare e infondere senso di alleanza e fiducia;
  • Alleati nell’andare ad accendere gli interruttori emozionali che genereranno emozioni positive durante le fasi di apprendimento: con l’attivazione dell’amigdala (nucleo sottocorticale facente parte del sistema limbico) un meccanismo emotivo riattiva il sistema e ingenererà emozioni positive che aiuteranno il processo di apprendimento. Gli interruttori emozionali sono: l’abbraccio, la carezza, lo sguardo, la voce, il sorriso, il tocco e la risata.

copertina libro recensioni ameliiCopertina del libro "Cinque lezioni leggere sull'emozione di apprendere" di D. Lucangeli 

Sbagliando s’impara

     Il nostro cervello crea continuamente interconnessioni neurali perché dotato di neuroplasticità, ed è quindi capace di modificarsi nella struttura e nella funzionalità in risposta sia a stimoli interni che esterni. Così è anche nell’apprendimento scolastico.

     All’errore si è dato spesso una connotazione negativa, senza guardare il possibile senso di colpa dell’insegnante o del bambino, ma cercando eventuali problematiche o disturbi specifici dell’apprendimento. Invece “l’errore è parte del processo di apprendimento” e “l’insegnante deve porsi come osservatore attento degli errori dei suoi allievi e trarne informazioni utili per accompagnarli al meglio nel loro percorso di apprendimento”. Questo è un cambio importante di posizione dell’insegnante che passa dal ruolo di giudice al ruolo di alleato.

     Non sarà più l’insegnante che ingozza di informazioni, che giudica mettendo voti, che somministra verifiche asettiche e che si limita a segnare sul quaderno l’errore senza uno sguardo, una tenerezza o un rinforzo positivo.

     Quale aiuto per i bambini che hanno difficoltà di apprendimento?

     Prima di tutto esporre il bambino a un ambiente adatto alle sue esigenze di apprendimento; poi, facilitare il compito (renderlo più semplice e sostenerlo nel passaggio qualora ne avesse bisogno); infine, aiutare il bambino a comprendere il motivo della difficoltà ed insegnargli le strategie utili per superare l’ostacolo.

 

Verso il successo scolastico

     Insieme ai processi cognitivi vi sono i processi emozionali che possono favorire o bloccare l'apprendimento. Oltre alla motivazione personale, all’attenzione, alla memoria e alla comprensione vi possono essere emozioni positive, quali la creatività, l’intuizione e la predisposizione ottimistica che porteranno all’allievo gioia e gratificazione nell’approcciarsi allo studio. Questo sarà uno studio non solo nozionistico, ma che si andrà ad integrare con le conoscenze più profonde. Dall’altra potremmo trovare anche emozionalità negative che porteranno ansia da prestazione, senso di fallimento, timori e paure che renderanno lo studio faticoso e pesante. Quindi, sostenere la percezione di autoefficacia per aiutare l’allievo ad accrescere la fiducia in sé. Nelle prime fasi di apprendimento è importante che i compiti non siano troppo onerosi per gli allievi (per non far nascere in loro il pensiero “non sono capace!”) così come non devono essere troppo facili perché subentrerebbe il senso di noia.

     Valorizzare il miglioramento dal punto di partenza individuale e non la competizione intra-gruppo. Lavorare sull’incoraggiamento per innalzare il senso di efficacia e dare all’allievo la forza di continuare, spostando il focus dal “non sono capace” alla ricerca di strategie per riuscirci.

     Infine, sostenere il “sapere di poter migliorare”: vi è la convinzione errata che ci sia una base innata e immutevole alla bravura o meno dello studente, creando di conseguenza per etichettamento il bravo allievo o meno. È importante invece “aiutare gli studenti a far propria l’idea che le abilità possono svilupparsi, possono migliorare con l’impegno e l’esercizio”.

 

Stare male a scuola

     Anni fa la prof.ssa Lucangeli ha partecipato ad una commissione ministeriale per la valutazione del livello di benessere nelle scuole italiane somministrando questionari a un ampio numero di preadolescenti e a i loro insegnanti. I dati emersi, hanno preoccupato non poco perché hanno evidenziato un livello rilevante di malessere intra-scolastico. Ma perché un così alto malessere nelle nostre scuole?

     Dallo studio dei dati emersi si è visto che le problematiche sono a livello cognitivo ed emozionale. Nel primo i nostri allievi sentono di essere ingozzati di informazioni e di prestazioni. A livello emozionale è emerso uno stato costante di allarme determinato dai tanti impegni scolastici che portano gli allievi a vivere emozioni disturbanti come la noia ed il senso di colpa. Sempre più spesso gli insegnanti chiedono agli allievi di imparare troppo, in fretta e senza passione. Conseguenza è l’innalzarsi della paura di non riuscire, la convinzione di non essere capace, con sintomatologie ansiose.

     A conferma di questi risultati ci sono i dati forniti dall’OMS nel 2004 che evidenziano un aumento della frequenza dei disturbi psicopatologici in età evolutiva (ansia, depressione, comportamenti di rabbia, aggressività e cambi di umore repentini). Oggi la scuola ha un ruolo importante nello sviluppo dei nostri figli. Oltre a saper sviluppare gli apprendimenti, deve essere capace di vederli nella loro individualità, di aiutarli nello sviluppare buoni livelli di socialità e competenze emozionali. Determinante sarà quindi, sviluppare le risorse positive individuali quali la condivisione, no la competizione; il conforto e consolazione, no il senso di colpa; la socialità, no gli individualismi; la curiosità e l’interesse, no la paura.

 

Tutti bravi con i numeri

     L’ultima lezione nasce dall’interrogativo sul perché spessissimo gli allievi non amino i numeri e facciano fatica nell’apprendimento matematico, nonostante l’intelligenza numerica sia sul piano evolutivo più antica di quella verbale. Lo sviluppo delle competenze linguistiche è a base innata ma è indubbio che le vengano dedicati tempo, dedizione, esercizio e costanza per potenziarsi. Anche per lo sviluppo delle competenze di calcolo dovrebbe esserci la stessa esposizione, ma così non è.

     Nell’infanzia vi è il non potenziamento delle strutture mentali deputate agli apprendimenti matematici e successivamente, con l’entrata a scuola, la didattica utilizzata non è capace di creare sinergie con le strutture mentali per gli apprendimenti matematici. La didattica utilizzata è basata, spesso, “più sulla disciplina e sui contenuti che sulle funzioni cognitive su cui l’apprendimento si poggia” portando ad apprendimenti prettamente mnemonici, di assimilazione delle regole. È necessario recuperare l’uso delle abilità numeriche attraverso l’uso del calcolo mentale, passando dalla teoria alla prassi.

     Lucangeli ci conferma quanto sia importante il come della relazione in tutti i contesti di vita, ma soprattutto nei contesti educativo – scolastici e come tale percorso sia facilitato se chi è preposto a tale compito sia capace di accompagnarlo in maniera consapevole, empatica e positiva.

[*] Psicologa, Psicoterapeuta e docente della Scuola S.I.A.R. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – Via Giovanni XXIII, 25 Pineto (TE); Viale Bovio, 59 Teramo.

 
What do you want to do ?
New mail
Share