CIRCONDARE LA PAURA

SURROUND FEAR

Chiara  Valleri[*]

 

     Marta, nome di fantasia, è una ragazza di 24 anni. Si presenta all'appuntamento accompagnata dal fidanzato che la aspetterà in sala d'attesa per tutta la durata del colloquio.

     Al nostro primo incontro Marta appare molto agitata a livello psicomotorio, non riesce a stare ferma sulla sedia ed esordisce dicendo di essere “un caso davvero difficile”. “Sono pazza, dovresti scrivere un articolo su di me perché sono un caso interessante”. Questa frase ci accompagnerà per tutto il nostro percorso.

     Marta è alta circa un metro e sessanta, capelli liscissimi, legati in una fine coda che le scende fino a metà schiena. È magrissima, la sua magrezza mi colpisce soprattutto per la finezza dei suoi arti e per il viso scavato. Dal pallido colore del suo viso, senza un filo di trucco, risaltano, per la loro finezza, delle labbra rosee, con un labbro superiore quasi assente, labbra che nascondono dei denti dritti, mostrati raramente perché tenuti nascosti, dalla mano e dal reclinare della testa, ad ogni sorriso. Il suo modo di vestire è estremamente semplice ma curato. Sulle spalle noterò sempre un grosso zaino, troppo grande per la sua schiena. Cammina infatti molto ricurva in avanti, sembra venire schiacciata dal peso, le spalle si chiudono sotto le bretelle, il petto nascosto tra di esse. Il motivo che l'ha spinta a chiedermi un appuntamento è la paura di soffocare, paura che il cibo prenda “la strada sbagliata”. Questo l'ha portata – negli ultimi mesi- ad un forte dimagrimento, arrivando a pesare 45 kg. Questa paura la costringe a nutrirsi, con difficoltà, solo di cose liquide o yogurt.

     Oltre a questo mi riferisce di voler essere aiutata per la paura di farsi la pipì addosso. È terrorizzata dall'idea di camminare per strada e non riuscire a trattenere la pipì. La paura è alimentata dal timore di non sentire lo stimolo. Attraverso diverse visite specialistiche sono state escluse problematiche fisiche. Al suo arrivo si era trasferita da circa due anni lontana dalla famiglia, residente in un'altra regione, per poter studiare all'Università. È la sua prima esperienza lontano da casa.

     La sua paura di farsi la pipì addosso è aumentata proprio in concomitanza con il suo trasferimento, portandola ad una grandissima difficoltà ad uscire da sola di casa, limitandola nei suoi impegni quotidiani ed universitari. Riesce ad uscire solo con la presenza del fidanzato accanto a sé, l'unico a cui ha espresso la sua difficoltà.

     Questa paura, estremamente castrante per lei, vede il suo esordio all'età di 13 anni quando, durante una gita con la classe, aveva dovuto trattenere a lungo il suo bisogno di andare in bagno. Pur avendo dichiarato la sua necessità non era stata esaudita. Per le numerose richieste di Marta l'insegnante la derideva. Racconta di essere arrivata quasi a stare male e di aver raggiunto il bagno proprio all'ultimo momento. Da quel giorno non ha fatto che pensare alle possibili conseguenze del non riuscire a trattenere la pipì, sviluppando un'ossessione.

 

Anamnesi familiare

     Marta è la terzogenita dopo due fratelli maschi. Leader della coppia è la madre: è lei a prendere tutte le decisioni familiari. Ha cresciuto i figli praticamente da sola, non si è mai appoggiata al marito, anche quando i figli avevano problemi o si facevano male giocando. Il padre viene descritto come molto pigro, lavoratore saltuario e giocatore di slot machine.

     La coppia genitoriale viene descritta come poco affiatata. La madre molto concentrata sull'immagine da dare esternamente ma mai contenta e soddisfatta in casa, con la sua famiglia, incapace di mettere realmente gli occhi sui figli perché troppo sopraffatta dalle proprie delusioni.    Marta arriva nella sua famiglia in modo inaspettato, non programmato. Durante il primo periodo della sua gravidanza la madre non si accorge di essere incinta, viene trovata impreparata e in un momento di vita già carico di mansioni, dovute ai due figli ancora molto piccoli e all'assenza di un marito collaborante nella loro crescita.

     Il non essersi accorta della gravidanza di Marta sottolinea proprio l'incapacità della madre di sentirsi e, quindi, sentire la figlia, il cui sesso verrà scoperto solo una volta partorito. Questo può essere dovuto ad un'impossibilità e una mancanza di energia materna, ipotesi forse confermata dalla chiusura delle tube dopo il parto, sottolineante, sembra, una insufficiente sostenibilità. “Sono figlia non desiderata ma desideratissima in quanto femmina”, mi riferisce Marta. Questa frase rende molto l'idea della conflittualità della madre nei confronti di questa terza figlia, arrivata senza che se ne accorgesse, desiderata in quanto figlia femmina, ma fuori dal tempo in cui era stata cercata.

     Durante la gravidanza si può leggere una grande conflittualità sfogata anche attraverso un terribile prurito che la madre percepiva su tutto il corpo, inspiegabile per i medici, che la faceva impazzire. Questo fortissimo disagio e conflitto materno sono sicuramente passati a Marta durante la prima fase della sua vita. Cresce in un utero carente di energia, non in grado di sostenere un'altra vita e non accogliente.

     Questa carenza di energia materna, questa insostenibilità, arrivano al feto come il rischio di essere fagocitati quindi portano con sé l'allarme, la paura di non nascere, il rischio di morire. Un utero che fagocita, che non accoglie, instaura una paura del dentro che in Marta ha fatto radicare tematiche fobiche sviluppatesi come la paura di soffocare con il cibo e quindi morire, che porta con sé la stratificazione di un altro conflitto, dato dalla paura di morire, se non si mangia.

     Il parto di Marta avviene tramite cesareo, come per i fratelli. Questo primo approdo alla vita non avviene in modo naturale e spontaneo, portando a pensare che sia necessario porre attenzione alle sue tematiche di separazione. Sarà infatti, nel corso dei racconti della sua storia che mi renderò conto di quanto siano per Marta significative queste tematiche di passaggio e come, in questi momenti, venga fuori il suo oltresoglia clinico.

     Riguardo all'allattamento, Marta riporta di essere stata allattata fino a due anni. Mi racconta che la madre le ha riferito di averla allattata così a lungo proprio perché non avrebbe potuto avere altri figli dopo di lei. Questo protrarsi dell'allattamento diviene segno di uno svezzamento ritardato e che non ha permesso a Marta un vero passaggio dalla fase oro-labiale alla fase muscolare.
Questo mancato passaggio non le ha permesso di sviluppare una sostenibilità e le ha portato un'ulteriore paura di separazione dalla madre.

     Da piccola veniva descritta come una bambina antipatica e incontentabile. Impossibile da distrarre e far interessare a qualcosa, sempre attaccata alla mamma. L'inconsolabilità di Marta, connotabile come un'oralità insoddisfatta e il suo non interessarsi a nulla di ciò che le venisse proposto era risolto definendola antipatica e non provando a leggere questo suo disagio come una ricerca di essere vista, come un tentativo di mostrare la sua tristezza e la sua solitudine. Questo è dovuto dall'essere coperta ed in balia della depressione materna. Marta, inoltre, ha dormito nel lettone dei genitori fino alla scuola media.

     La paura del fuori le viene continuamente confermata dalle ansie materne: era una bambina tenuta sempre al chiuso, non le era dato il permesso di uscire a giocare libera, l'unica possibilità di uscire era assieme alla madre.

     Non si conoscono con esattezza i tempi e le motivazioni che abbiano spinto Marta a non dormire più con i genitori ma è facilmente notabile la poca distanza tra questo e l'instaurarsi della paura della pipì. Poco dopo un distacco, per cui non è equipaggiata, data la mancanza di muscolarità, ha avuto un crollo da insostenibilità che l'ha portata ad ossessionarsi per la pipì, attivando un controllo eccessivo come unico mezzo per non perdersi, per non perdere il controllo.

     Questo tentativo ossessivo di controllo porta la sua struttura ipotonica in contrazione continua e questo comporta un consumo di energie sfiancante, il tutto accompagnato da compulsioni inerenti al controllo.

     Come già anticipato, nonostante la sua poca sostenibilità strutturale Marta si trasferisce lontano dalla sua famiglia, per studio. Questa separazione ha rinforzato il suo oltresoglia clinico da insostenibilità che ha aumentato l'ossessione per la pipì, ha fatto comparire la paura di soffocare. È proprio in questo momento di vita che Marta arriva nel mio studio; da quel momento di estrema insostenibilità e insufficienza energetica abbiamo iniziato il nostro percorso.

 

Le domande di Marta

     Domanda esplicita “Aiutami a mangiare e non aver paura di farmi la pipì addosso. A vivere senza ansia”.

     Questa domanda racchiude la sua paura di perdere il controllo. Mangiare per Marta diventa rischioso nel momento in cui si passa alla fase faringea, fase involontaria dell'atto della deglutizione, su cui non si ha il controllo. Per quanto riguarda la pipì invece è una paura di non tenere, di non avere il controllo. Quando mi parla di questo sintomo ritiene di “aver scelto” questa problematica perché unico sintomo che non sarebbe stata in grado di condividere in famiglia vista la paura di essere derisa.

     Domanda implicita “Aiutami a essere autonoma da mia madre” “Aiutami a non farmi fagocitare”.

     Marta si dice sempre molto affaticata dall'atteggiamento materno, descritto come ”fagocitante”. Questa definizione è estremamente significativa, dà la possibilità di comprendere davvero come Marta si senta in questa relazione che arriva come rischiosa, che toglie il respiro, che non le permette di esistere. “Sentimi e Guardami”.

     In queste domande implicite di Marta si vede una stratificazione delle sue paure che passa, come abbiamo visto, da una paura di non controllare (cibo) a una paura di perdere pezzi di sé (pipì) che racchiudono una ben più grande paura di non esserci, di essere fagocitata, di non nascere. Come è possibile accompagnare Marta verso l'obiettivo?

 

Il progetto terapeutico

     La prima parte del lavoro con Marta è stato focalizzato sulla raccolta dati e una grande attenzione alla relazione che si stava costruendo tra noi. Il progetto è stato strutturato per permetterle di andare verso la muscolarità, in modo che diventasse lei stessa capace di circondare l'allarme della separazione, integrando la paura così da non doverla controllare in modo ossessivo, permettendosi gradi di libertà più ampi. Per rispettare il suo tempo interno è stato necessario ricordarmi di non immergermi nel suo scompenso, non dimenticando che Marta parte da una densità non alta dovuta alla sua gravidanza.

     L'ascolto, il sentirmi, ha permesso invece che questa relazione divenisse un accompagnamento, un circondare la persona camminando fianco a fianco, a braccetto, un sostegno, con una mano su una spalla se necessita di un conforto o semplicemente camminando accanto, in silenzio. Rispettando i suoi dubbi. È la posizione in cui mi pongo consapevolmente e comodamente a fare davvero la qualità della relazione e del progetto.

     Infatti, Marta fa molta fatica a fidarsi, complice la sua storia. Spesso mi arriva come svalutante e molto spesso sono stata messa alla prova.   Rimanendo ferma sulla mia posizione, non facendomi condizionare troppo dalle sue, lecite, messe alla prova, e verbalizzando questi suoi atteggiamenti confrontandoci insieme sulle motivazioni ho ottenuto che a poco a poco, imparasse a fidarsi di me. A mia volta ho imparato sempre di più a lasciarla dubitare, continuando a restare ferma al mio posto senza lasciarmi spostare.

     A partire da questo ho iniziato a proporre a Marta la Vegetoterapia Carattero-Analitica.

     Mi resi conto che non era ancora pronta a circondare la sua paura da sola, non ne aveva la struttura, ma io sì. Trovare la fiducia in me stessa per poterla aiutare a circondare la sua paura è stato un passo indispensabile al nostro lavoro. Mi permise di farle sentire questo contorno delineato da me permettendole di nascere e fare spazio alla  fiducia. Solo contenendola ho potuto proporle una rotazione degli occhi, solo assieme a me, alla relazione instaurata, ha potuto allargare gli orizzonti del suo sguardo.

     Partendo da questo contenitore relazionale proporre l'acting della rotazione degli occhi con lucina ha acquisito la stessa funzione che il controllo della pipì ha per Francesca: le ha permesso di fare il salto verso la muscolarità che lei tentava di fare, ma ora in modo neghentropico; le ha concesso, in seguito, di non avere più bisogno di controllare ossessivamente.

     Un ulteriore passo è stato la somministrazione di un altro acting, combinato: una rotazione senza lucina con un sostegno fisico da parte mia, con la possibilità di incrociare i miei occhi accoglienti. Questo è stato tradotto proponendo una rotazione degli occhi con sostegno della testa, ponendo le mie mani dietro le sue orecchie, con contatto sicuro, in modo da farle sentire la mia sostenibilità.

     Grazie a questo ulteriore passaggio i suoi occhi hanno potuto iniziare ad aprirsi e muoversi liberamente, incontrando il mio sguardo, quando e se ne ha bisogno, muovendosi alla propria velocità, ampliando i raggi della sua rotazione o riducendoli, accompagnata e mai lasciata da sola. Sentendo la mia presenza e la sicurezza espressa dalle mie mani, aiutata dalla coordinazione dei nostri respiri e la mia presenza consapevole.

     Ad oggi il lavoro con Marta è finito. Lei è riuscita a risalire, affronta il mondo da sola, convive con le paure gestendole al meglio, senza venire travolta.

 

 

BIBLIOGRAFIA

A.A.V.V., (1999) Quaderno di Analisi Reichiana, La Paura: dal Panico al Coraggio. Quaderno n.3. Roma: Edizioni Psicologi

Ferri, G., Cimini, G. (2012), Psicopatologia e carattere. L’analisi reichiana. Roma: Alpes ed.

Ferri, G. (2012), Anxiety and panic in Reichian analysis. International body Psycotherapy Journal, 11 (1), Spring 2012.

Nigosanti, G. (2017), Analisi corporea in gruppo. L'approccio reichiano. Roma: Alpes ed.

[*] Psicologa, Psicoterapeuta e Analista Reichiana - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. Corso Bramante 61, 10126 Torino

 
 
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