Numero 2/2022

 

FENOMENOLOGIA DELLA VITA SESSUALE. RIVOLUZIONE O CONSERVAZIONE?

 

PHENOMENOLOGY OF SEXUAL LIFE. REVOLUTION OR CONSERVATION?

DOI 10.57613/SIAR25

 

Marcello Mannella*

 

 

Abstract

        La sfera dei comportamenti sessuali risulta caratterizzata dall’immaturità e dal disordine. La sessualità del nostro tempo è liquida, come ogni aspetto del nostro vivere. Se negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso si pensava che la libertà sessuale potesse svolgere una funzione progressiva, di critica politica – fate l’amore e non la guerra si diceva - di liberazione dei giovani, delle donne, delle masse, oggi registriamo, piuttosto, la funzione conservatrice ed estraniante della sessualità.

Parole chiave

        Rivoluzione sessuale - sesso e amore – perversione – pornografia.

 

Abstract

          The sphere of sexual behavior is characterized by immaturity and disorder. Sexuality of our time is fluid, like every aspect of our living. If in the 1960s and 1970s it was thought that sexual freedom could play a progressive, political critique function - make love and not war it was said – to liberate young people, women, masses, today we rather register the conservative and alienating function of sexuality.

Key words


          Sexual revolution - sex and love - perversion – pornography.

 

Negli ultimi decenni del ‘900, la società occidentale è entrata in una fase diversa della sua storia, variamente definita come postindustriale, postfordista o postmoderna. Decisive sono state le trasformazioni nel mondo dell’informazione. Lo sviluppo della telematica – la sinergia di satelliti, televisione, smartphone, computer – non soltanto ha favorito la crescita dell’economia, ma ha fatto sì che l’informazione sia diventata la più importante delle attività produttive. Essa è qualitativamente diversa dal passato.

Mentre nella società industriale i messaggi erano standardizzati, la telematica rende possibile la diffusione di informazioni mirate, rivolte a segmenti differenziati di consumatori. Nella società postindustriale la produzione non è più pesante, rigidamente pianificata dall’alto[1],ma leggera e flessibile, capace di offrire beni personalizzati prodotti in piccole quantità e per un breve periodo.

Ai mutamenti del mondo economico si affiancano le trasformazioni -   ugualmente decisive – sul piano politico, culturale e dei comportamenti: la separazione fra potere e politica, l’indebolimento dello stato nazione e delle culture nazionali; la crisi dei partiti politici, dei sindacati e lo smantellamento dello stato sociale; la nascita in rete di movimenti spontanei, fluidi e intorno a specifici problemi ed obbiettivi. È l’epoca del trionfo dell’individualismo, della dimensione privata di contro a quella pubblica, del consumatore sul produttore.

Bauman ha efficacemente definito liquida (Bauman, 2008. e Bauman, 2011).

Nel nostro tempo si è solo in quanto si consuma, e più si consuma più aumenta la percezione illusoria della potenza del vivere. Consumare per consumare è diventato un imperativo di vitale importanza. Bisogna pertanto essere vigili, non attardarsi o restare attaccati a qualcosa, occorre essere svelti a procacciarsi l’ultimo gadget proposto dal mercato, pena l’angosciosa esperienza della perdita della propria identità.

Tutto ciò fa delle nostre vite delle vite di corsa (Bauman, 2009). Il nostro tempo interno subisce un’accelerazione e diventa difficile sostare presso di sé, disporre in una sequenza significativa le proprie esperienze, costruire la propria modalità di essere-nel-mondo. Costretti in un tempo puntillistico - un susseguirsi di attimi privi di qualsiasi legame - in uno stato costante di apertura, incapaci di rammemorare e di proiettarci nel futuro, manchiamo di mettere capo ad una narrazione coerente della nostra vita. Il pericolo è che le nostre personalità manchino di un centro unificatore, che vadano incontro alla frammentazione, o che, nel migliore dei casi, risultino appena accennate o incompiute.

È giocoforza che oggi la struttura caratteriale degli individui abbia diverse peculiarità. Nella società solida moderna, il sé era concepito come unitario, armonico, stabile, definito una volta per tutte; oggi assistiamo invece alla realtà di identità leggere, multiple, situazionali, ma molto più spesso labili e precarie. Caratterizzate da una facile emozionalità e da un mondo interno caotico e indefinito[2], tali personalità saranno incapaci di schermare le suggestioni bulimiche/compulsive della società dell’informazione e del consumo e pertanto di dare una direzione personale e coerente alla propria esistenza.

Se nella modernità dunque dominavano forme carattere coatto/falliche[3], espressione di una società e di un’organizzazione familiare improntate precocemente ed eccessivamente alle ingiunzioni normative; al contrario il nostro tempo è caratterizzato dalla carenza della funzione normativa e quindi registriamo la realtà di strutture caratteriali appena accennate, incapaci di andare oltre una modalità relazionale primaria (Mannella, Rivista semestrale online n° 1/2017).

“Abbiamo assistito alla liquefazione della corazza quale ipertono, ma anche quale giusto tono e al precipitare, scivolando sulla freccia del tempo, prima nella liquidità (stadio orale depressivo suggente), poi con la Volatilità delle Relazioni, ancora più giù, avvicinandoci pericolosamente alla rarefazione borderline” (Ferri Rivista semestrale online n°2/2016).

La rarefazione delle forme carattere fa il paio con lo snaturamento e lo svilimento dell’esperienza sessuale[4]. Anche la sfera dei comportamenti sessuali risulta caratterizzata dall’immaturità e dal disordine. La sessualità del nostro tempo è essa stessa liquida. Ma non perché si assiste al moltiplicarsi delle forme delle identità sessuali e al superamento dell’orientamento eterosessuale esclusivo - anche la sessualità eterosessuale è liquida – ma perché è immatura al pari delle nostre personalità.

Innanzitutto ha assunto un carattere compulsivo. La compulsività sessuale è il segno – solo apparentemente paradossale - dell’insostenibilità ad impegnarsi in una relazione. Abbiamo avuto modo di sottolineare che l’aspetto più precipuo dell’esperienza sessuale è la valenza relazionale[5]. Nel nostro tempo si moltiplicano e sono sempre più eccentriche le esperienze e gli incontri, che risultano però caratterizzati dalla provvisorietà e dalla superficialità. Più che ad approfondire la conoscenza, si tende ad aumentare i contatti. A dominare è il tema della “giusta distanza”, cioè quell’atteggiamento volto a garantirci quel tanto di prossimità relazionale sufficiente a scongiurare il timore della solitudine e nello stesso tempo teso ad evitare l’angoscia dell’invasione dello spazio, emozionale prima che esteriore.

IMG MANNELLA

Non è allora un caso che non si fa e non si dice più “fare l’amore”, ma si fa e si dice “fare sesso”, una sorta di attività ginnica caratterizzata dall’abilità tecnica e dall’assenza di coinvolgimento affettivo/sentimentale. Nel nostro tempo l’incontro sessuale, piuttosto, che essere il possibile esito e compimento di una frequentazione, è posto agli inizi, come a chiarire immediatamente, e mettere così le carte in tavola, che non si è disponibili per nessuna altra relazione che non sia quella fugace del piacere. Specialmente fra i giovani è sempre più diffusa la consuetudine a stabilire legami a tal fine votati, cioè si elegge l’altro ad amico/a speciale (il cosiddetto scopa-amico/a) con il quale condividere – in un tempo ben definito e senza nessun’altra finalità - esclusivamente l’esperienza del piacere.

Ma nel nostro tempo non si fa più l’amore anche perché la sessualità – come ogni altro aspetto del nostro vivere - è dominata dal principio di prestazione. La sessualità infatti è anch’essa oggetto di consumo, e come si è inadeguati e falliti se non si riesce a possedere l’ultimo gadget – le scarpe e il vestito alla moda, il nuovo smartphone, andare in viaggio o passare il capodanno nella località di grido – pure lo si è se non si può fare sfoggio di un’intensa pratica sessuale.

La sessualità nel nostro tempo svolge anche una funzione antidepressiva. Ad essa, alle sue forme sempre più eccentriche e, non di rado, estreme – coi suoi picchi di eccitazione adrenalinica - si chiede di scuotere le nostre personalità esangui, di ottundere il senso di vuoto che caratterizza le nostre vite.

In tutti questi casi, l’altro semplicemente non esiste, se ne fa esperienza soltanto come specchio per il nostro ego, come mezzo necessario per soddisfare i nostri bisogni. La sessualità è sempre di più un’esperienza solipsistica e narcisistica. Lo è anche quando ci impegniamo a dare piacere all’altro perché in fondo siamo preoccupati di confermare soprattutto a noi stessi le nostre capacità amatorie.

Pertanto, se negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso si pensava che la libertà sessuale potesse svolgere una funzione progressiva, di critica politica – fate l’amore e non la guerra si diceva - di liberazione dei giovani, delle donne, delle masse, la cui vitalità e carica rivoluzionaria si ritenevano  fossero neutralizzate dall’imperante moralismo sessuale a tutto vantaggio dell’ubbidienza politica e della produttività economica – si pensi alla notorietà di testi come la Rivoluzione sessuale (Reich, 2020) ed Eros e civiltà (Marcuse, 2001) – oggi registriamo, piuttosto, la funzione conservatrice ed estraniante della sessualità.

Parafrasando Marx, possiamo dire che essa nel nostro tempo rappresenta un potente oppiaceo, svolge cioè sul piano sociale quella funzione lenitiva e tranquillante che il filosofo assegnava all’esperienza religiosa. La sessualità è oggi divertissement, una pratica volta allo stordimento, alla distrazione, al disimpegno[6].

Bauman ha messo in risalto che gli usi postmoderni del sesso (Bauman, 2013) hanno realizzato una rivoluzione senza emancipazione o un’emancipazione senza rivoluzione. In sostanza si fa l’amore (leggi sesso) ma si continua a fare la guerra. A suo parere, il desiderio sessuale conserva il suo carattere politico, ma non è minimamente rivoluzionario, piuttosto rappresenta un fattore reazionario. Richiamandosi espressamente alle tesi di Foucault[7], egli sostiene che la grande rivoluzione sessuale del ‘900 non ha affatto realizzato un’esperienza di liberazione, quanto piuttosto un’esperienza di controllo e di asservimento.

Egli evidenzia le forme del tutto particolari che ha assunto e che lo differenziano profondamente dalla sessualità dell’epoca precedente. Per l’intera epoca moderna due strategie culturali si erano confrontate intorno al modo di intendere e vivere la sessualità[8] .  

Una, che metteva capo alle istituzioni dello stato, della chiesa, della scuola e della famiglia, era quella che subordinava l’erotismo alla funzione riproduttiva e che dunque poneva dei rigidi limiti alla libertà e all’immaginazione erotica. L’esuberanza sessuale, se mai, doveva essere relegata nelle sfere culturalmente degradate della pornografia, della prostituzione e delle relazioni extraconiugali. In tale prospettiva, l’amore era ridotto al rango di abbellimento gradito ma non necessario.

L’altra strategia, sempre connotata da una sfumatura di dissenso e ribellione, era quella romantica che emancipava l’erotismo dal sesso (funzione riproduttiva) e stabiliva uno stretto legame tra erotismo e amore.

Un fatto però le accomunava.

“Nell’una come nell’altra strategia l’erotismo cercava un ancoraggio in qualcosa di diverso, nel sesso oppure nell’amore” (Bauman, ibidem, p. 30). Entrambe “scaturivano dal tacito assunto secondo cui, abbandonata a se stessa, la creatività erotica umana sarebbe finita facilmente fuori controllo, sconquassando la trama delicata dei rapporti umani; essa necessitava, dunque, di poteri autoritari e intraprendenti che la contenessero in limiti accettabili e ne disinnescassero il potenziale distruttivo” (Bauman, ibidem, p.30,31).

Nel nostro tempo si assiste a qualcosa di radicalmente nuovo: per la prima volta l’erotismo si emancipa tanto dal sesso che dall’amore, “reclama la propria indipendenza da entrambi i vicini e rifiuta recisamente ogni responsabilità per gli effetti che può provocare su di loro; si proclama, orgogliosamente e audacemente, unica e sufficiente ragione e scopo di se stesso” (Bauman, ibidem, pag. 32).

In un tale situazione si assiste alla continua reiterazione del desiderio sessuale: non si desidera in vista di un fine (riproduttivo) o di un appagamento (il congiungimento con la persona amata), ma al contrario, schopenhaueramente, in un processo senza fine, il desiderare vuole se stesso, il desiderio desidera il desiderio. L’erotismo non è più un mezzo ma è fine a se stesso.

“Quando qualcosa di simile era stato detto prima (ma di rado e solo sottovoce) tali affermazioni erano state classificate tra le eresie del libertinismo ed esiliate nell’isola del diavolo e del disturbo sessuale e della perversione. Ora invece l’autosufficienza dell’erotismo, la libertà di cercare il piacere sessuale fine a se stesso, è assurta a livello di norma culturale, scambiandosi di posto con i suoi critici che sono stati relegati nella Kunstkammer delle bizzarrie culturali e dei fossili di specie estinte” (Ibidem, pp. 32-33).

Cifra di questo radicale e sorprendente cambiamento di prospettiva culturale è l’attuale considerazione della pornografia. I/le pornostar sono assurti al ruolo di veri e propri aedi del carattere aperto ed emancipato della società occidentale, una società positiva finalmente libera da ogni forma di limitazione morale (o moralistica, i due termini sono sempre di più confusi e di fatto considerati sinonimi) che impediva il salutare vissuto del piacere sessuale.

Non di rado gli ospiti di maggiore spicco e attrazione nei talk show televisivi più popolari e collocati in fasce orarie considerate protette, sono proprio loro, chiamati a testimoniare in qualità di esperti[9] delle virtù taumaturgiche del piacere sessuale per la conduzione di una vita esistenzialmente piena e felice, per una sana vita di coppia e matrimoniale. Spesso e volentieri sono chiamati anche in qualità di esperti dell’educazione sessuale, e, del resto, è sempre più diffuso il fenomeno che vede tanti genitori rifornire i propri figli pre e adolescenti di dvd hard come materiale didattico di primo piano per un’efficace educazione sessuale.

La vittima prima e più illustre di un tal stato di cose è la relazione amorosa che cresce nel tempo e si alimenta della stabilità e per la cui durata sono richieste la tenacia e la capacità di affrontare difficoltà e sacrifici. Se prevale l’ideologia effimera e scanzonata del consumo e se la sessualità è ridotta al rango di una qualsiasi altra merce, quali aspettative di vita possiamo infatti realisticamente riconoscere all’amore? Perché mai dovrei accontentarmi di un unico ed esclusivo rapporto quando in ogni altro ambito della mia vita sono portato a consumare, a variare le esperienze, a cambiare continuamente gli oggetti di consumo?  Perché mai non dovrei essere un consumatore di esperienze (oggetti) d’amore?

Ma non è soltanto l’amore a soffrirne.

Anche l’erotismo ne risente, perché sganciato da ogni finalità pratica e da ogni significazione affettiva, diventa astratto, freddo, maniacale. Autonomo e autoreferenziale, si risolve nella mera abilità tecnica a dare e ricevere narcisisticamente piacere, ossessivamente rivolto alla produzione di orgasmi sempre nuovi e pirotecnici, e, a tal fine, impegnato nell’affannosa ricerca di situazioni sempre nuove e sempre più inconsuete (famolo strano recita un personaggio di un popolare film di Carlo Verdone).

 “[…] il sesso postmoderno concerne l’orgasmo. Il suo compito supremo consiste nel regalare esperienze sempre più forti, infinitamente variabili, preferibilmente nuove e senza precedenti; in questo campo tuttavia c’è poco da inventare e dunque l’esperienza sessuale definitiva non può che rimanere un compito irrealizzato, e nessuna esperienza sessuale è veramente così gratificante da rendere superflue quantità ulteriori di addestramento, istruzioni, consigli, ricette, rimedi o accessori” (Bauman, op. cit., pp.46/47).

L’orgasmo diviene così la cifra esistenziale della società dei consumi, della sua promessa illusoria di felicità: un godimento continuo e sempre nuovo, ma che in fondo resta sempre effimero e insoddisfatto. Il nostro tempo è caratterizzato da un’interna tensione (dolore) al godimento, che non potrà mai esser soddisfatta, perché ciò che si ricerca – il godimento infinito - per definizione non potrà mai essere trovato.

Se è questa la fenomenologia sessuale del nostro tempo, non è allora neanche un caso che sia profondamente mutato il concetto di perversione. Fino a qualche decennio fa, esso era fortemente stigmatizzato, sia dal punto morale che da quello clinico[10]. Oggi il concetto è pressoché caduto in disuso, sostituito da quello più neutro di parafilia (dal greco, filia – attrazione – e para – deviazione). Per parafilia si intendono tutte quelle pratiche caratterizzate da una forte e persistente spinta a ricercare l’eccitazione e il piacere attraverso l’uso di oggetti o pratiche sessuali inusuali.

Affinché si possa pervenire alla diagnosi di parafilia non basta la presenza di una pratica sessuale anomala. Vi è differenza fra disturbo parafiliaco e comportamenti sessuali anomali. Una persona può manifestare atteggiamenti sessuali particolari in diversi periodi della propria vita senza per questo presentare un atteggiamento clinico parafiliaco.

Secondo il DSM V[11], possiamo parlare di parafilia solo quando tali comportamenti sessuali anomali si accompagnano ad altri atteggiamenti o aspetti (non necessariamente tutti presenti) come: essere l’unica modalità di vivere la sessualità, provocare sofferenza in partner spesso non consenzienti, cominciare a provare disagio e avvertire quei comportamenti sessuali come egodistonici, acquistare consapevolezza che la loro vita risulti da quelle pratiche fortemente compromessa.

Come si può vedere, la rivoluzione dei costumi è enorme.  Basti pensare che fino a pochi decenni fa, erano considerate perversioni tutte le pratiche sessuali che deviavano dalla normale meta sessuale del congiungimento genitale eterosessuale (esibizionismo, voyerismo, sadismo e masochismo), o sostituivano con altri il normale oggetto eterosessuale (omosessualità, pedofilia, zoofilia). Le pratiche sessuali anomale oggi non suscitano più scandalo, sono state per così dire sdoganate e accolte nel seno della normalità, e considerate indicatori della positività e liberalità della società del nostro tempo.

 L’intento della mia riflessione non è ovviamente un appello rivolto ad una rinnovata stigmatizzazione morale e clinica dei comportamenti sessuali anomali.

Quello che mi preme sottolineare è il fatto che, ancora una volta, ci troviamo di fronte alla particolarità del nostro tempo postmoderno, al suo carattere ambiguo, bifronte, quello di essere cioè un tempo carico insieme di possibilità di creatività e libertà e di pericoli, di confusione mentale ed esistenziale (Mannella, rivista semestrale online, n°2/2017). Se infatti, da una parte, la liberalizzazione delle pratiche sessuali non può che essere salutata come una conquista culturale e civile, per cui partner consenzienti e nel rispetto reciproco sperimentano nuove possibilità di eccitamento e di piacere sessuale; dall’altra non possiamo non considerare che queste pratiche sessuali siano, il più delle volte, espressione di disturbi dell’area affettiva e relazionale.

Che cosa può infatti significare la propensione a raggiungere il piacere attraverso pratiche che sostituiscono il coito se non l’angoscia a vivere insieme – in relazione - l’intensità dell’esperienza di piacere? E che altro può significare sostituire il consueto oggetto sessuale con surrogati quali parti del corpo umano, animali o oggetti? L’angoscia è qui legata al contatto con l’altro nella sua interezza; è espressione dell’insostenibilità a vivere l’esperienza del piacere in presenza dell’altro a causa del rischio di perdere i propri confini, di confondersi, o peggio, sentirsi in balia dell’altro. Quando tale angoscia è particolarmente pronunciata, allora si può anche optare per qualcosa di non umano, un animale o un oggetto.

E, ancora, che altro possono attestare le pratiche sessuali anomale caratterizzate dal privilegiamento di un canale sensoriale, o dall’esasperazione dell’esperienza sensoriale, se non il fatto di situarsi in uno stato dell’io non ancora integrato, pre soggettivo, per rendere l’esperienza sessuale assolutamente solipsistica, pre affettiva, e dunque sostenibile? Il privilegiare il momento sensoriale rende l’esperienza intensa, addirittura estatica – non di rado ricorrendo a pratiche rischiose - ma univoca, parziale, e, in assenza di uno stato integrato dell’io, priva di ogni significazione affettivo/relazionale.

Lo scopo, consapevole o meno, di tutte queste pratiche è il controllo o la de-soggettivazione di sé e dell’altro. L’altro reale o intero non può essere incontrato, ma deve essere de-soggettivizzato o frammentato per poter essere usato, consumato.

 

[1] Ford amava ripetere il motto: “chiunque può avere una Ford T di qualsiasi colore, purché sia nera”

[2] Si vedano M. Mannella, Educare il corpomente, in: PsicoterapiaAnaliticoReichiana, Rivista semestrale online n° 1/2018) e Mannella M., L’educazione del corpomente. Cosa significa educare nella società postmoderna, Alpes, Roma, 2018.

[3] I tratti caratteriali coatto/fallici, che si definiscono rispettivamente in fase muscolare e 1° genito-oculare, presuppongono la realtà di un 2° campo (funzione normativa) ben delineato. Si veda G. Ferri, G. Cimini, Psicopatologia e carattere, Alpes, Roma, 2012.

[4] Per la stretta relazione fra costruzione del sé e definizione dell’identità sessuale si veda Mannella M., Desiderio amoroso e costruzione del sé, in PsicoterapiaAnaliticaReichiana, rivista semestrale online, n°1/2020, 1° e 2° parte.

[5] Nella mia riflessione ho messo in evidenza la valenza relazionale della sessualità. Si vedano: Mannella M., Sessualità ed identità, in PsicoterapiaAnaliticaReichiana, rivista semestrale online, n°1/2019 e Mannella M., Desiderio amoroso e costruzione del sé, art. cit.

[6] La funzione politicamente reazionaria e alienante della libertà sessuale, è stata messa in risalto da Huxley. Ne Il ritorno al mondo nuovo (Huxley A., Mondo nuovo-Ritorno al mondo nuovo, Mondadori, Milano, 2016) sostiene che prima preoccupazione dei governanti è che gli individui non diano fastidio. Fra i mezzi più efficaci è considerata la liberalizzazione dei costumi sessuali (possibile dopo la distruzione della famiglia), capace di alleviare ogni forma di tensione emotiva. La libertà sessuale deve essere totale e fin dalla più tenera età. Lo scopo è di distrarre lo schiavo. Pericolose sono dunque le relazioni stabili perché, dando origine a relazioni affettive forti ed esclusive possono dare origine a fenomeni come la famiglia che sono di ostacolo al monopolio dello stato del potere e dell’educazione. Quindi al decrescere della libertà politica ed economica si affianca una sempre maggiore libertà sessuale. E insieme ad essa, si favorisce l’uso delle droghe e cresce la disponibilità di spettacoli e attività ludiche.

[7]La critica di Foucault alla cosiddetta rivoluzione sessuale è stata di importanza epocale (Foucault, 1978). Per il suo giudizio sulla riflessione di Reich si veda Mannella M., Wilhelm Reich. Il dramma e il genio, Alpes, Roma, 2018. In particolare il paragrafo La rivoluzione sessuale e il nostro tempo del 2° capitolo.

[8] Bauman riprende la complessa interazione fra sesso, erotismo, e amore proposta da Octavio Paz (Paz, 1993) ed espressa nella metafora del fuoco: “al di sopra del fuoco primordiale del sesso, acceso dalla natura molto prima dei primi vagiti dell’umanità, si innalza la fiamma rossa dell’erotismo, al di sopra della quale vibra e freme la delicata fiamma azzurra dell’amore” (Bauman, op. cit., pp.21/2). “Il sesso è naturale, non è un prodotto culturale: ci accomuna a gran parte delle specie non umane”. (Ibidem, 24) Il sesso è sempre uguale e svolge la funzione vitale della riproduzione. Altra cosa è l’erotismo, la sublimazione erotica del sesso, che invece ruota intorno all’esperienza del piacere. Bauman ci fa attenti a non cadere nell’errore di considerare l’erotismo un fatto puramente culturale. In fondo anch’esso è espressione della natura, dell’espediente di dotare gli individui di grandi quantità di energia sessuale e di associare al sesso l’esperienza del piacere al fine di raggiungere il proprio scopo.

[9]Spesso la qualità di esperti deriva loro dalle dimensioni o prosperosità dei loro attributi sessuali primari o secondari. La pornostar più popolare in Italia è sicuramente Rocco Siffredi la cui notorietà, presso il pubblico tanto maschile che femminile, è dovuta non da ultimo alle dimensioni del proprio pene. Tutto ciò conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, dello svilimento dell’erotismo, ridotto e risolto ad una questione – come del resto ogni altra forma di esperienza nel nostro tempo - puramente quantitativa e tecnica.

[10] È con Freud che si è cercato di pervenire alla comprensione eziologica delle perversioni e sono state considerate suscettibili di cure mediche. Per la psicoanalisi le perversioni erano il frutto della fissazione della libido per motivi costituzionali o ambientali alle fasi pregenitali dello sviluppo psicosessuale. Erano espressione di pulsioni sessuali parziali che divenendo autonome non si sottomettevano al primato della genitalità eterosessuale. Erano dunque uno dei possibili esiti dell’interruzione del normale sviluppo sessuale. L’altro era la nevrosi.  Per Freud nevrosi e perversione costituivano l’una il negativo dell’altra. Nei Tre saggi sulla vita sessuale egli ci dà una classificazione delle diverse forme di perversione, distinguendole in aberrazioni riguardanti la deviazione dalla normale meta sessuale del congiungimento genitale eterosessuale (esibizionismo, voyerismo, sadismo e masochismo), e aberrazioni riguardanti il normale oggetto eterosessuale (omosessualità, pedofilia, zoofilia).

[11] Il DSM 5 elenca ben otto condizioni parafiliache: il disturbo esibizionistico, il disturbo feticistico, il disturbo frotteuristico (eccitazione sessuale ottenuta col toccare o strofinarsi contro una persona non consenziente), il disturbo pedofiliaco, il disturbo da masochismo sessuale, il disturbo da sadismo sessuale, il disturbo da travestitismo, e il disturbo voyeuristico.  Le parafilie possono essere classificate in base al fatto che sostituiscono il coito con pratiche di diverso tipo, o perché sostituiscono all’oggetto normativo o consueto (etero od omosessuale) dei surrogati (parti del corpo umano, animali od oggetti). Altre parafilie sono distinte invece in base al canale sensoriale privilegiato (canale visivo, olfattivo, gustativo, uditivo, tattile).

 

*Marcello Mannella, Psicologo, psicoterapeuta, analista Siar. Studio professionale in Via Flaminia,19 - 00196 Roma. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

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