Numero 2/2023
C'E' ANCORA DOMANI
Regia di Paola Cortellesi
Italia 2023
a cura di Luisa Barbato*
Delia (Paola Cortellesi) è una donna di casa in una Roma appena uscita dal secondo conflitto mondiale. La sua è una famiglia povera, ma dignitosa. Vivono in un sottoscala di Testaccio, uno dei quartieri storici popolari di Roma, tiene la casa pulita, prepara i pasti al marito Ivano (Valerio Mastrandrea) e ai tre figli, accudisce il burbero suocero (Giorgio Colangeli) e guadagna qualche soldo con vari lavoretti di riparazione e facendo iniezioni a domicilio. Sia Ivano che il suocero sono uomini molto tradizionali, secondo la cultura prevalente fino alla seconda guerra mondiale, si aspettano piena obbedienza dalle donne e a volte imperano in casa con la violenza. Delia, dice il suocero, “ha il difetto che risponde", e così Ivano, appena qualcosa non va, la riempie di botte, umiliandola anche davanti ai figli. In questo quadro familiare la figlia Marcella (Romana Vergano) si fidanza con il figlio del proprietario di un bar del quartiere, con grandi aspettative di miglioramento sociale e la promessa di evolvere dalla condizione di povertà dignitosa in cui vive tutta la sua famiglia. Ma qualcosa in questo progetto non va secondo le previsioni e Delia, quando scopre che il fidanzato ha la stessa cultura patriarcale degli uomini della sua famiglia, cerca di assicurare alla figlia un futuro diverso da quello che si profilerebbe con il matrimonio.

Fuori di casa Delia è inserita nella vita sociale dell’epoca in cui ogni quartiere di Roma era una specie di paese dove si sapeva tutto di tutti e questo, oltre alla mancanza di privacy, dava luogo a un tessuto sociale di solidarietà e condivisione. Il bianco e nero voluto dalla regista Cortellesi richiama molto il Neorealismo e conferisce profondità a questo affresco che non è solo della vita privata, ma anche del suo necessario collegamento sociale. Delia incontra molte persone durante il suo peregrinare nel quartiere: al mercato, presso le famiglie in cui lavora, nei posti di blocco delle Truppe Alleate ancora presenti in città. Addirittura incrocia un meccanico che è innamorato di lei e un soldato afroamericano che cerca di aiutarla. Il film corre verso l’inaspettata sequenza finale che è un manifesto alla liberazione della donna, sancito nel ‘46 per la prima volta dalla possibilità di votare, e un precursore dei movimenti libertari e femministi che si affermeranno nelle trasformazioni della società italiana nei decenni successivi. In questo senso, vedendo il film si riflette ancora una volta su quanto i movimenti del ’68, politici, femministi e dei diritti sociali, abbiano in pochi anni trasformato un Paese che, fino agli anni del dopoguerra, era ancora prevalentemente agricolo e viveva secondo una cultura patriarcale e maschilista.
Il film deve il suo successo anche al registro della commedia, della quale la Cortellesi è maestra, che dà al film un ampio respiro, alleggerendo sequenze di violenza domestica che altrimenti risulterebbero tragiche, come quella in cui le botte di Ivano si trasformano in una scena di danza a due. Questo respiro paradossalmente non ostacola, anzi accresce l’indignazione soprattutto delle spettatrici attuali che, in un’epoca di femminicidi incalzanti, trovano nel film alcune delle radici storiche di una cultura di violenza e sopraffazione degli uomini sulle donne.
Un respiro ampio e una danza collettiva in una Roma ormai scomparsa, dunque, e questo ripaga di alcune debolezze che comunque il film presenta. La definizione dei personaggi è infatti piuttosto stereotipata e mancante di spessore. Alcuni, come il suocero, sono più che macchiette, Ivano, grazie soprattutto alla bravura di Mastrandrea, riesce ad essere un po’ più sfumato ed emotivo del cliché del marito egoista e violento, le donne del film sono quasi tutte esseri rassegnati, indipendentemente dallo status sociale, gli uomini sono prevalentemente esseri rozzi e insensibili. Era davvero così? La Cortellesi ha dichiarato di aver attinto a molti dei suoi ricordi familiari e la visione generale del film rievoca un Neorealismo alleggerito, tuttavia le dinamiche di coppia e familiari sono sempre state complesse e i livelli di potere nella vita privata spesso fluidi e intercambiabili.
Come psicoterapeuti sappiamo che difficilmente si riescono a definire strettamente ruoli e posizioni nelle relazioni umane, soprattutto quando si vivono sentimenti ed emozioni. Spesso è arduo circoscrivere le relazioni in quadri ben delimitati in cui qualcuno è quasi sempre “cattivo” e qualcun altro quasi sempre “buono”, senza nulla togliere alla condanna totale della violenza nelle relazioni di coppia.
Essendo quello della Cortellesi un affresco storico-sociale delle nostre radici e un film di denuncia delle relazioni private di potere e violenza, si può anche accettare il rischio di stereotipia dei personaggi. Importante è la visione di speranza con cui il film si conclude, la speranza che la violenza di genere possa un giorno finalmente avere fine.
*Psicoterapeuta, analista S.I.A.R., vice Presidente SIPAP. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Indirizzo professionale: via Valadier, 44. 00193 Roma.