Numero 2/2023
PERCHE' LA SESSUALITA' DEL NOSTRO TEMPO E' FLUIDA?
E FINO A CHE PUNTO PUO' ESSERLA?
WHY IS THE SEXUALITY OF OUR TIME FLUID?
AND TO WHAT EXTENT CAN THIS BE SO?
Marcello Mannella[*]
DOI 10.57635/SIAR44
Abstract
La sessualità umana è un processo che si fonda sulla combinazione di fattori biologici, culturali, psicologici e culmina nella costruzione dell’identità sessuale. Sviluppo del sé e della sessualità sono processi che prendono forma attraverso le interazioni con le figure relazionali nelle diverse fasi evolutive. Sono pertanto fenomeni iscritti nell’ordine della cultura. Per comprenderne allora le peculiarità è necessario rivolgere l’attenzione alle caratteristiche del nostro tempo, in una società digitale e del consumo. Si teorizza la legittimità di identità multiple, di generi fluidi e combinatori. Un atteggiamento univoco, speculare a quello che ha caratterizzato la cultura occidentale fino a qualche decennio fa e che sosteneva la legittimità di identità sessuali rigidamente definite.
Parole chiave
Sessualità - identità sessuale - generi fluidi - società liquida.
Abstract
Human sexuality is a process that is based on the combination of biological, cultural and psychological factors and culminates in building the sexual identity. Self growth and sexuality are processes that take shape through interactions with relational figures in different phases of development. Therefore they are instrinsic phenomena within the culture. To understand its peculiarities, it is necessary to pay attention to our time characteristics, in a digital and consumistic society. Legitimacy of multiple identities, of fluid and combinatorial gender is theorized. A unique attitude, symmetrical to the attitude that characterized the Western culture until a few decades ago and which supported the legitimacy of rigid sexual identities.
Key words
Sexuality - sexual identity – fluid gender – fluid society.
La sessualità umana è un processo che si fonda sulla combinazione di fattori biologici, culturali, psicologici. Ha un carattere individuale e culmina nella costruzione dell’identità sessuale. La sessualità è una creazione autopoietica che scaturisce dall’accoppiamento strutturale fra il sé e il mondo familiare, psicologico, sociale. Risulta evidente che sviluppo del sé e della sessualità procedano insieme, siano profondamente intrecciati. Sono entrambi processi che assumono forma attraverso le interazioni e le identificazioni con le diverse figure relazionali nelle diverse fasi evolutive.
Lo sviluppo del sé, che culmina nella realtà individuale del carattere, scaturisce dalla combinazione imprevedibile e irripetibile dei diversi tratti di personalità che sono il precipitato delle relazioni e delle identificazioni con le diverse figure di riferimento nelle diverse fasi evolutive; la sessualità, che culmina nell’identità sessuale, prende forma dalla combinazione – anch’essa imprevedibile e irripetibile – dei diversi tratti sessuali, il precipitato cioè delle esperienze di contatto e di piacere esperite in quelle stesse fasi e con quelle stesse figure evolutive.
Tanto lo sviluppo del sé che la sessualità sono pertanto fenomeni iscritti innanzitutto nell’ordine della cultura. Per comprenderne allora le peculiarità è necessario rivolgere l’attenzione alle caratteristiche culturali, sociali ed economiche del nostro tempo.
Il Super io è oggi mediatico; sono la televisione, internet, la pubblicità e i videogames a svolgere la funzione di intrattenere ed educare. Le tradizionali agenzie educative – la famiglia e la scuola, ma anche i luoghi tradizionali di associazione e formazione giovanile come le parrocchie – sono profondamente in crisi. È innanzitutto la famiglia a risentirne. L’ambiente familiare è oggi marcato dall’invadente presenza della tecnologia digitale: televisori, computer, tablet, smartphone che fungono da grancassa al modello sociale di esasperato consumismo che domina il nostro tempo e non si danno pertanto più quegli spazi di intimità e riservatezza, necessari affinché possa darsi una relazione familiare attenta e consapevole.
La famiglia del nostro tempo ha smesso di essere un luogo di condivisione e trasmissione di valori etici e spirituali. Mentre nel passato era rivolta ad inserire precocemente i figli nel contesto sociale, a far interiorizzare le norme del vivere sociale, oggi registriamo la difficoltà dei genitori a spostarsi da un atteggiamento affettivo ad uno normativo e, come conseguenza, allo stazionare dei figli in una posizione di protratta dipendenza.
A ben guardare, le difficoltà dei genitori iniziano però ancor prima, nell’incapacità ad essere dei buoni caregiver. La lisi della funzione normativa è infatti soltanto l’aspetto più evidente di una crisi complessiva della famiglia.
È sempre più crescente la quantità di tempo che i bambini trascorrono alle prese con i diversi mezzi elettronici. Sempre più – così come è accaduto per la televisione – i nuovi mezzi tecnologici sono utilizzati dai genitori come babysitter sostitutivi. Vengono così a mancare quelle trame relazionali primarie, di decisiva importanza perché è grazie ad esse, come ha mostrato Schore (Schore, 2008), che il bambino perviene alla regolazione emotiva. È nella relazione empatica con i genitori che accade progressivamente lo sviluppo dell’emisfero destro o emotivo e il bambino impara a gestire il proprio mondo interno.
La situazione non sembra affatto migliorare con l’aumentare dell’età. Le inchieste ci dicono che l’abuso degli strumenti elettronici continua e aumenta in età preadolescenziale ed adolescenziale.
Al mancato sviluppo e alla disfunzionalità dell’emisfero destro allora si affianca il mancato sviluppo e la disfunzionalità dell’emisfero sinistro, responsabile delle capacità cognitive superiori. Le ricerche attestano che i giovani hanno sempre più difficoltà a praticare il vecchio modo di pensare lineare - caratterizzato dalla calma, dalla concentrazione, che procede faticosamente attraverso l’individuazione di nessi logici – sostituendolo con un tipo di pensiero veloce e irriflessivo. La nostra cultura è sempre di più una cultura visiva, dell’immagine, piuttosto che della parola e del pensiero (Maffei, 2014).
L’emisfero cerebrale sinistro è anche l’emisfero del tempo. Esso dota noi esseri umani della capacità di interporre uno iato, un intervallo, fra lo stimolo e la risposta, consentendoci di valutare quale direzione debba prendere il nostro comportamento. In pratica è l’esperienza del tempo a permetterci di pervenire all’autocontrollo, di disciplinare le nostre emozioni, di trasformarle in quel patrimonio di sentimenti sul quale soltanto è possibile edificare la nostra personalità.
Nel nostro tempo si registra pertanto una situazione del tutto nuova. I ragazzi hanno oggi in genere una grande competenza tecnologica, ma scontano un duplice deficit: l’incapacità di mentalizzare (Fonagy, Target, 1997) - sentire e comprendere - le proprie e altrui emozioni e la mancata definizione del pensiero ipotetico-deduttivo.
In un tale contesto sociale, culturale, educativo, è facile comprendere le difficoltà che incontrano i giovani a pervenire alla costruzione di forme caratteriali adeguatamente strutturate. Se nella società solida moderna di qualche decennio fa dominavano forme carattere muscolari, coatto/falliche, espressione di una società e di un’organizzazione familiare improntate precocemente ed eccessivamente alle ingiunzioni normative; al contrario nella società liquida del nostro tempo registriamo la realtà di strutture caratteriali fioche, appena accennate, incapaci di andare oltre una modalità relazionale primaria.
Alla rarefazione delle forme carattere (Ferri, Rivista PsicoterapiaAnaliticaReichiana, n°2/2016) si affianca lo snaturamento dell’esperienza sessuale. Questo perché sviluppo del sé e della sessualità come abbiamo visto procedono insieme.
Come il carattere, anche la sessualità è liquida, immatura, nevrotica, esposta al rischio del disordine e della rarefazione. Ma non perché si assiste al moltiplicarsi delle forme delle identità di genere e al superamento dell’orientamento eterosessuale esclusivo. La sessualità del nostro tempo è liquida perché così come la forma carattere risente degli effetti della società digitale e del consumo.
Innanzitutto ha assunto un carattere compulsivo. La compulsività sessuale è il segno – solo apparentemente paradossale – dell’insostenibilità ad impegnarsi in una relazione. Abbiamo avuto modo di sottolineare che l’aspetto più precipuo dell’esperienza sessuale, così come dello sviluppo del sé, è la valenza relazionale (Mannella, 2022). Nel nostro tempo si moltiplicano e sono sempre più eccentriche le esperienze e gli incontri, che risultano però caratterizzati dalla provvisorietà e dalla superficialità. Più che ad approfondire la conoscenza, si tende ad aumentare i contatti. A dominare è il tema della giusta distanza, cioè quell’atteggiamento volto a garantirci quel tanto di prossimità relazionale sufficiente a scongiurare il timore della solitudine e nello stesso tempo teso ad evitare l’angoscia dell’invasione dello spazio, emozionale prima che esteriore. La sessualità come il carattere tende sempre più a scivolare verso un’umoralità borderline.
Non è allora un caso che non si fa e non si dice più fare l’amore, ma si fa e si dice fare sesso, una sorta di attività ginnica caratterizzata dall’abilità tecnica e dall’assenza di coinvolgimento affettivo, rivolta esclusivamente verso l’esperienza del piacere.
Ma nel nostro tempo non si fa più l’amore anche perché la sessualità – come ogni altro aspetto del nostro vivere – è dominata dal principio di prestazione. La sessualità infatti è anch’essa oggetto di consumo, e come si è inadeguati e falliti se non si riesce a possedere l’ultimo gadget – le scarpe e il vestito alla moda, il nuovo smartphone, andare in viaggio o passare il capodanno nella località di grido – pure lo si è se non si può fare sfoggio di un’intensa pratica sessuale.
In tutti questi casi l’altro non esiste, se ne fa esperienza soltanto come specchio per il nostro ego, come mezzo necessario per soddisfare i nostri bisogni. La sessualità è sempre di più un’esperienza solipsistica e narcisistica.
In questo stato di cose, anche l’erotismo ne risente, perché sganciato da ogni significazione affettiva, diventa astratto, freddo, maniacale. Autonomo e autoreferenziale, si risolve nella mera abilità tecnica a dare e ricevere narcisisticamente piacere, ossessivamente rivolto alla produzione di orgasmi sempre nuovi e pirotecnici, e, a tal fine, impegnato nell’affannosa ricerca di situazioni sempre più inconsuete (famolo strano recita un personaggio di un popolare film di Carlo Verdone).
La sessualità così intesa e vissuta rappresenta la cifra della società dei consumi, della sua promessa illusoria di felicità, di godimento continuo e infinito. La storia del nostro tempo ha confutato clamorosamente quanto si pensava negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. In quegli anni era convinzione diffusa che la libertà sessuale potesse svolgere una funzione progressiva, di critica politica – fate l’amore e non la guerra si diceva – di liberazione dei giovani, delle donne, delle masse, la cui vitalità e carica rivoluzionaria si riteneva fossero neutralizzate dall’imperante moralismo sessuale a tutto vantaggio dell’ubbidienza politica e della produttività economica – si pensi alla notorietà di testi come la Rivoluzione sessuale di Reich (Reich, 2020) ed Eros e civiltà di Marcuse (Marcuse, 2021). Oggi registriamo, piuttosto, la funzione conservatrice ed estraniante della sessualità.
Parafrasando Marx, possiamo dire che essa nel nostro tempo rappresenta un potente oppiaceo, svolge cioè sul piano sociale e politico quella funzione estraniante e di tranquillante sociale che il filosofo assegnava all’esperienza religiosa. Oltre che oggetto di consumo, la libertà sessuale è oggi soprattutto una pratica di potere volta allo stordimento, alla dimenticanza di sé, ad un vivere superficiale, falsamente felice e scanzonato.
La funzione politicamente reazionaria e alienante della libertà sessuale è stata messa in risalto in maniera magistrale nel romanzo distopico Il mondo nuovo di Huxley (Huxley, 2016), che più che 1984 di Orwell, rappresenta la cifra politica del nostro tempo. Mentre nella distopia di Orwell il potere è soprattutto esercitato attraverso la coercizione e la rinuncia, nell’opera di Huxley è tratteggiata una società libertaria in cui la prima preoccupazione dei governanti non è di reprimere ma fare in modo che gli abitanti vivano felici e pertanto non diano fastidi.
Fra i mezzi più efficaci è la liberalizzazione dei costumi sessuali, capace di alleviare ogni forma di tensione emotiva. La libertà sessuale deve essere totale e fin dalla più tenera età. Lo scopo è di distrarre i cittadini attraverso un turbinio di sensazioni e di piaceri. Pericolose sono dunque le relazioni stabili perché fondate su relazioni affettive forti ed esclusive e che possono dare origine a fenomeni come la famiglia che sono di ostacolo al monopolio statale del potere e dell’educazione. Nella società distopica di Huxley libertà politica e libertà sessuale sono inversamente proporzionali. Libertà sessuale, uso istituzionalizzato delle droghe e una sempre crescente disponibilità di divertimenti e di spettacoli, sono gli elementi portanti della società libertaria descritta ne Il mondo nuovo.
Ma ritorniamo al tema principale del nostro discorso. Dati tali caratteri sociali, politici e culturali, la sessualità del nostro tempo, così come il carattere, non può che essere leggera, fluida, cangiante. Sempre più spesso nel nostro tempo si teorizza la legittimità di identità multiple, di generi fluidi e combinatori. Sempre più spesso si parla di identità sessuale polivalente e nomade.
Domina nel nostro tempo un nuovo atteggiamento univoco e radicale, speculare a quello che ha caratterizzato la cultura occidentale fino a qualche decennio fa e che sosteneva la legittimità e la naturalità di identità sessuali rigidamente definite.
Se sul piano culturale e politico non possiamo non rifiutare tale nuovo dogmatismo, come clinici non possiamo non avvertirne i pericoli. Il genere e la sessualità sono parte integrante della nostra identità personale e non possono pertanto essere concepiti come elementi volubili, cangianti, contingenti. Non si può passare disinvoltamente da un genere ad un altro o mutare a piacimento il proprio orientamento sessuale, come se fossero elementi disincarnati e accessori della nostra personalità. La considerazione debole, non rigida, del genere e della sessualità non deve risolversi in una visione intellettualistica e astratta delle stesse.
Al di là della spensieratezza, dunque, di certe posizioni teoriche, come clinici sappiamo che un genere e una sessualità nomadi e cangianti sono un lusso psichico che soltanto pochi possono permettersi, ma di cui soprattutto non si coglie la necessità e la ratio se proposti come nuova normalità.
Bibliografia
Ferri, G. (2016), “Identità fragili e psicoterapie corporee”, in PsicoterapiaAnaliticaReichiana, Rivista semestrale online n°2/2016.
Fonagy, P., Target, M. (1997), Attaccamento e funzione riflessiva. Milano: Raffaello Cortina.
Huxley, A. (2016), Mondo nuovo-Ritorno al mondo nuovo. Milano: Mondadori.
Maffei, L. (2014), Elogio della lentezza. Bologna: Il Mulino.
Mannella, M. (2022), Corpo, società, identità sessuale Roma: Alpes.
Marcuse, H. (2001), Eros e civiltà Torino: Einaudi.
Reich, W. (2020), La rivoluzione sessuale Milano: Feltrinelli.
Schore, A. (2008), La regolazione degli affetti e la riparazione del Sé Roma: Astrolabio.
[*] Psicologo, Psicoterapeuta, Didatta S.I.A.R., Membro dei comintati Scientifico e Direttivo della S.I.A.R., Membro del board scientifico della collabaììna CorporalMente dell' Editrice Alpes, Membro della redazione della Rivista di Psicoterapia Analitica Reichiana. Indirizzo professionale: Via Flaminia 19. Roma Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.