Numero 1/2019

Il fumatore di pipa

Amalia Patrizia Martino*

 Il fumatore di pipa è un singolare saggio autobiografico a sfondo psico-educativo di Corrado Piancastelli. Può offrire suggestioni singolarmente significative a chiunque intenda mettere ordine alla molteplicità delle proprie esperienze.

Corrado Piancastelli (Napoli 1930-2014), scrittore, poeta, giornalista e filosofo, è stato un fervido e appassionato intellettuale napoletano. Ha fondato e diretto nel 1958 la prestigiosa rivista di filosofia e neuroscienze Uomini e Idee, a cui hanno collaborato, scrittori, critici, artisti e scienziati di livello internazionale. È stato Presidente della Fondazione ISUP (Istituto di Sociopsicologia Umanistica e Psicoterapia) e Direttore della rivista Quaderni reichiani, dedita a temi di psicoterapia e analisi reichiana. È stato biografo e critico di Giuseppe Berto, Domenico Rea ed Edoardo de Filippo. Ha pubblicato numerosi articoli per riviste, quotidiani, monografie e vari volumi. Per due volte è stato "Premio Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri"; Premio "Bagutta-Giornalista del mese" e finalista del Premio Viareggio. Per molti anni ha tenuto su "il Mattino" di Napoli e per radio una rubrica di psicologia.

Corrado Piancastelli ha diretto la sua attenzione culturale e umana agli studi filosofici, psicologici e sociali, dedicandosi in particolar modo ai rapporti tra mente, cervello e anima. L'esperienza e la riflessione sono state la traccia privilegiata di una analisi profonda e appassionante e, la rivendicazione del significato esistenziale, è diventato il suo orizzonte di senso: la rifondazione del soggetto in un'ottica fenomenologica, la cui ricerca rimanda al paradigma di un'ontologia ermeneutica.

Da molti è stato considerato un Maestro, in quanto sperimentatore personale di quella dimensione trascendentale del Sé attraverso l'applicazione di tecniche relative agli stati modificati di coscienza.

Da qualche filosofo è stato definito un illuminista mistico, per il suo cercare e interpretare l'essere umano e il suo mistero esistenziale, le tante risposte del perché si vive e il significato profondo dell'esistenza.

In questa dimensione simbolica, ricca di metafore, va letto e compreso Il Fumatore di pipa, pubblicato nel 2014 dalla casa editrice Homo Scrivens (Napoli).

Nelle 306 pagine del volume, con piccoli respiri, gli argomenti narrati, prettamente autobiografici, aiutano il lettore a lasciarsi andare con il cuore in un immaginario intriso di poesia, senza mai abbandonare la ragione.

Lo stile è quello puro del tradizionale romanzo filosofico, curato e avvincente nella lettura, con sequenze dinamiche dialogiche, scandite da lunghe riflessioni, ricche di contenuti pedagogici, psicologici ed esistenziali.

Il libro racconta di un viaggio che non ha come mete luoghi esotici e lontani dove la persona va a cercare se stessa.

Corrado parte dalle proprie radici, dal mare blu di Napoli, tra Pozzuoli e Cuma: i luoghi incantati di Enea e della Sibilla Cumana; i luoghi di una madre profondamente affettiva e accogliente e quelli di un padre assente che cerca i valori della vita attraverso battaglie lontane e medaglie consolatorie. Un padre che si preclude la crescita e l'evoluzione del proprio figlio.

Si parte dall'illustrazione narrativa e simbolica della copertina, sul cui fondo nero è dipinta una barchetta, un guscio di noce, che galleggia solitaria nel mare buio e misterioso della notte, con i remi deposti sulle fiancate in bella vista. In lontananza un vecchio faro ne illumina il cammino o la quiete con la sua luce. Un gioco di luci ed ombre fanno da riflesso a quella parte profonda e spirituale, di cui l'uomo è portatore.

Egli, se vuole, può partire per conferirle un significato.

Corrado invita a lasciarsi guidare dall'emozione che accompagna ogni cosa, per potersi addentrare ed inabissarsi in un mondo di magia che permette di leggere filigrane della realtà, al di là delle loro apparenze esteriori. Ed esprime che: "Se poi l'oggetto della storia è la ricerca di un senso da attribuire al vivere, allora il gioco delle parti è assai più complesso e, direi, più interessante e sottile" (pag.9).

Anche Manuela, figlia dell'autore, invita il lettore nella sua premessa a leggere il libro per trovare risposte alle proprie domande interiori e, la citazione iniziale di Edith Stein, "guardare il mondo con occhi spalancati", diventa la chiave di lettura del volume.

Il libro inizia con la morte di Leonardo, un coetaneo di quattordici anni che segnò l'adolescenza di Corrado. Quando si perde una persona cara, in realtà, oltre alla reciproca affettività vissuta, si interrompe anche la reciprocità emotiva e questo è l'aspetto più inconsolabile della perdita. Per cui, l'evento, scrive l'autore, lo fece precipitare nel truce gioco della melanconia. Il periodo adolescenziale è un periodo di crescita in cui vi è una costante elaborazione del lutto. L'adolescenza è un momento cruciale per il ragazzo che si trova a dover affrontare dei cambiamenti fisici, psicologici e sociali, e risulta determinante per il raggiungimento di un'identità ben definita.

Il compito principale del periodo adolescenziale è il superamento della relazione narcisistica e del legame edipico; la reazione è una depressione fisiologica. L'elaborazione del lutto gli permette di superare le figure genitoriali infantilmente vissute, di adattarsi ai nuovi cambiamenti del corpo che si trasforma e di ristrutturare il suo sistema interiore, accompagnandolo ad una maturazione e ad un ruolo più adeguato per la nuova età. È abbastanza frequente che in questa fase critica dello sviluppo si possano sperimentare stati di apatia, di isolamento, di tristezza, di demotivazione e di pessimismo nei confronti della vita. Ulteriori esperienze di perdita, renderebbero più doloroso e complesso il processo di riparazione, messo in atto dalla capacità dell'Io di tollerare tali esperienze, e potrebbero impedire una sana elaborazione del lutto.

Anch'io, scrive Corrado: "avevo un bisogno viscerale di trovare chi potesse acquietare la mia smania", come "tanti ragazzi che si smarriscono perché non riescono a trovar quiete in un mondo adulto ipocrita e scortese e si perdono senza essere affatto cattivi, ma solo perché non riescono ad essere capiti. Come quei ragazzi, cercavo chi riunisse i pezzi del puzzle e li rimettesse in ordine" (pag 22).

Corrado, sin da ragazzo, era naturalmente incline a sviluppare una razionalità consapevole che non fosse soltanto libertà e atteggiamento critico, ma anche adesione ad una coerenza e ad una logica interna a tutti i discorsi esistenziali. Questo atteggiamento interiore lo aiutò a reagire, incominciando ad interpretare il linguaggio che gli faceva affiorare alla coscienza l'angoscia per capirne il significato. Non preferì il silenzio dell'anima ma si aprì a quell'attenzione interiore che apre al futuro.

Si spinse in mare tra i golfi di Napoli e di Pozzuoli, con una barchetta andando senza meta, e iniziò ad aspettare che da qualche parte si accendesse un faro o che qualcuno spuntasse dal nulla per rassicurarlo.

Andava "a cercare una risposta che avesse un senso", una scia che prefigurasse una traccia.

In questa ricerca di sé e di quella qualità speciale che lo rendeva spiritualmente valido, Corrado iniziò a muovere le acque ferme della propria esistenza per stimolare la propria interiorità ed avere una scossa positiva.

Che arrivò all'improvviso.

Una mattina, una barca si avvicinò alla sua urtandola leggermente e "Andrea il marinaio"comparve. Senza staccare gli occhi da quelli del ragazzo, gli disse: "Ti sei perso?… Già. Ti sei perso... Erano le sole parole giuste…, scrive Corrado, che nessuno aveva saputo dire fino a quel momento e con tanta semplicità" (pag. 26).

E così dicendo l'uomo legò una cima alla barca del ragazzo per tenerla ferma.

Andrea il marinaio gli insegnò l'esperienza del saper vivere e del saper pensare. Lo aiutò a ritrovare capacità inaspettate e inesplorate e a mettere in moto dei dinamismi costruttivi che aiutarono il ragazzo ad aprirsi al mondo esterno. Lo aiutò a riflettere e ad esprimersi e a comprendere che la vita va vissuta come esperienza e conoscenza. È come una pesca in un mare: gettare le reti ed aspettare. Può darsi che la rete torni pesante o torni vuota. Se si sa dove gettarla è difficile che torni vuota. Qualsiasi esperienza dà sempre qualche conoscenza, l'importante è sapere fare le esperienze, sapere dove si fa l'esperienza e quali sono le esperienze. E ciascuno trova dentro di sé le sue domande e le sue risposte, i suoi luoghi di ricerca più privilegiati, più nascosti, più segreti.

IMG MARTINOL'uomo del mare sostanzialmente gli voleva trasmettere che l'esperienza della vita è la madre di tutte le teorie. Possedere il sapere senza l'esperienza del sapere è soltanto un gioco linguistico senza valore. Essere se stesso o meglio, trovare la propria giusta identità interiore è la cosa più importante, al di là di quello che il mondo vorrebbe o ci impone. Per fare ciò bisogna cominciare un viaggio di ricerca e quindi accumulare esperienze fino a che non si trovi quel che esprime al meglio il nostro bisogno inconscio. Quello che veramente siamo.

È la stessa vita che ci accompagna a comprendere cosa ognuno di noi debba esperire. Le esperienze nascono "dalla continua ricerca di nuovi modelli di vita, dalla conoscenza degli uomini e delle loro psicologie, dall'uso della giustizia e dalla pratica della libertà matura e responsabile" (pag. 212).

I capitoli si legano e si intrecciano in un susseguirsi gratuito di conoscenza, di sapere e di rispetto. Il rapporto Maestro-Discepolo emerge e si basa su uno scambio di crescita vero, autentico; quello che non sempre si verifica tra genitori e figli in quanto molto spesso essi vivono un rapporto conflittuale. C'è da dire che questa società è costruita sui beni materiali dove la vita interiore solitamente è perdente. I genitori molto spesso vengono ritenuti positivi quando hanno qualità pubbliche importanti, cioè se hanno danaro, se hanno studiato, ma pochi pongono l’accento sulle qualità intellettive e spirituali e di sanità mentale. È evidente che la casa dove nasce un bambino, se è un ambiente in cui si respira la calma, la libertà, il consenso, l’affetto non smodato ma sobrio, e i genitori si dispongono all’accoglienza benevola di tutte le situazioni possibili, il bambino cresce sano.

Andrea il marinaio, con i suoi dialoghi trasmette al ragazzo quelle virtù profondamente civili ed etiche. Non gli nega il piacere dei beni materiali, possibili da costruirsi; gli dice che coltivare il piacere del dono di sé agli altri sia fondamentale e gli propone di: "circondarsi di amici, leggere libri, andare a teatro, interrogarsi sul senso della vita, cercare la libertà, appassionarsi all'impegno sociale, innamorarsi dell'amore, crescere e conoscere, modificare il proprio carattere inclinandolo alla tolleranza, alla dialettica pacifica, all'aiuto umanitario, al capire e farsi capire con lealtà e sincerità correggendo le proprie aggressività e violenze, i razzismi sotterranei, gli egoismi e i sadismi che fanno male specie ai più deboli che non sanno difendersi” (pag. 272).

Ma soprattutto gli spiega come avere la capacità di cambiare se stesso in ogni momento appena ci si accorge di essersi impantanati nella leziosità e nella noia del vivere senza un obiettivo.

La capacità di saper trasmettere e stimolare le curiosità, le informazioni, le conoscenze sono lo scopo del libro e l'aiutare a prendere coscienza e avere consapevolezza di sé sono il fine ultimo della crescita umana. Crescere per conoscersi. Questi sono i valori effettivi, reali che davvero hanno un senso nella vita di una persona e nella società. Ma i valori, suggerisce Andrea il marinaio, si costruiscono e si formano. Si educa ai valori; così come si educa all'amore.

Corrado si innamora di Anna, intelligente e sensibile, che fra la salsedine e i sapori di una vecchia taverna marinara, lo sa ascoltare e ricambiare. Insieme si recano a Prodena, uno scoglio a Nord di Procida per incontrare Andrea il marinaio. Il saggio pescatore spiega loro che l’amore per resistere all'usura del tempo e della consuetudine può evolversi attraverso tre pilastri importanti: "l'amicizia, la complicità, la progettualità, inseriti, però, in un progetto di crescita condivisa che dovrebbe rispettare sia la libertà di ciascun soggetto individuale e sia la coppia come tale" (pag. 126).

Corrado nella sua ricerca interiore incontra il suo Maestro.

Egli ci fa comprendere che i Maestri, o di scienza o di idee, compaiono nella nostra vita quando ci sentiamo soli e non riusciamo a darci un significato in una direzione che soddisfi il bisogno di realizzarsi nella verità. È ciò che comunemente si dice quando utilizziamo l'espressione: "non riesco a trovare la mia strada". La strada da percorrere è quella interiore, e molto spesso è un'operazione dolorosa perché coinvolge il nostro antico modo di stare nel mondo. Peccato che ce ne siano così pochi! Ma il ruolo dei Maestri è quello di aiutarci a trarre il meglio di noi attraverso la loro presenza e il loro esempio. Essere luce attraverso la luce.

Nei vari capitoli molto spesso emerge il concetto che, oltre ad avere uno scopo nella vita, occorre avere anche un programma, un indirizzo vocazionale potenzialmente presente sin dalla nascita.

L'essere umano già nasce con una sua progettualità. La vita, di conseguenza serve a scoprirla, a comprenderla o meglio ad adattarla in base al proprio scopo individuale. Lo scopo, infatti, non si realizza senza aver individuato un programma che lo realizzi. Questa progettualità potrebbe essere un qualsiasi programma concreto, è un atto della ragione sostenuta da un desiderio profondo e quindi a tutti gli effetti è un atto dialettico della coscienza.

In un rapporto educativo o psicoterapeutico è frequente assistere al dramma di una vita incongruente che la persona svolge ma non è quella che vorrebbe svolgere; identificare le tante sovrastrutture o corazze caratteriali imposte da educazioni sbagliate e non condivise; cogliere la continua insoddisfazione per la vita, di quei desideri mai espressi e addirittura non compresi; e ancora di tutta quella serie di bisogni irrealizzati e mai soddisfatti. E che dire di tutta quella parte sociale, politica, religiosa, imposta all'umanità, che soffoca e si dispera perché non riesce più a contattare se stessa!

Il lavoro da fare è quello di restituire alla persona il proprio Essere e far ritrovare la coscienza di Sé attraverso l'esperienza e la conoscenza della vita. È importante infatti che l'esperienza, nel momento del suo svolgersi, divenga un atto cosciente per poter essere conoscenza.

Corrado nel suo libro rivaluta pienamente il rapporto psico-educativo nel senso più ampio della parola. L’approccio maieutico domina la relazione dei protagonisti per cui: "condividere significa dividere con un altro ciò che già ti appartiene, che è già dentro di te e che l'altro ti aiuta solo a fare emergere" (pag. 263).

Dai dialoghi traspare costantemente l’equilibrio della razionalità intesa come logica del discorso. Il sentimento e il senso della meraviglia che suscitano le cose, interne o esterne alla persona non si abbandonano per non venir meno alla tacita intesa di una scienza abbracciata con la poesia. Questo significa per Corrado accettare che la scienza ha i suoi limiti e dare un senso anche a ciò che la scienza non riesce a controllare, come la coscienza superiore, la creatività, i desideri, l'immaginazione, i sentimenti e la poesia.

Questa scelta di posizione tra razionalità e spiritualità gli crea una oscillazione tra illusione e verità, tra speranza e malinconia. In questa chiave di lettura, egli afferma, ha ragione Teillard De Chardin quando dice che "noi non siamo esseri umani che vivono un'esperienza spirituale. Noi siamo esseri spirituali che vivono un'esperienza umana" (pag. 306).

E la malinconia lo invade quando nell'epilogo del libro ricorda ciò che ha rappresentato nella sua vita Andrea il marinaio. E finisce con l'auspicio che: "qualcuno prenda concretamente una piccola barca, come ho fatto io tanto tempo fa e vada a Pródena a sentire le voci della magia ed a guardare come me le murene che fanno l'amore durante il plenilunio con la luce bianca che inonda il cuore prima di accendere quel mare incantato che profuma di salsedine" (pag. 307).

E se siamo anche un po’ preparati a stupirci quando ci lasciamo andare si accenderà un piccolo faro che non ci dice dove andare, ma quando e come navigare nelle acque sconosciute. E per la direzione: “beh, si naviga un po’ a vista e un po’ d’istinto, per cui è anche facile sbagliare perché non abbiamo neppure il più piccolo sospetto di far parte di un’economia universale globale, cioè unificata, e di rappresentare uno dei pezzettini dell’immane puzzle” (pag. 246).

Il libro nella sua originalità è una boccata di ossigeno. C'è piacere nel leggerlo. Lo consiglio a coloro che hanno intrapreso o che hanno in programma di intraprendere il loro viaggio interiore. A quella grande schiera di anime che cercando se stessa, vuole interpretare la vita con la sua soggettività in modo assolutamente libero ed individuale; a tutti quelli che cercano risposte al mistero esistenziale che ci abita e che talvolta si mostra alla coscienza sotto le forme intuitive e creative o delle modalità del sacro e del misticismo.

Dunque, a noi tutti.


* Psicologa, Psicoterapeuta, Analista SIAR, Preidente del Servizio Consulenza Giovani W. Reich

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