Wilhelm Reich e il secolo attuale | A. Messina

Wilhelm Reich visse e scrisse nella prima metà del novecento; oltre ad essere uno psichiatra, egli fu un osservatore vivace e critico di società del ‘900 segnate dalla nascita dei totalitarismi e dal loro diffondersi. I pazienti e le masse apparvero ai suoi occhi inspiegabilmente abitati dall’infelicità: i pazienti erano sofferenti e segnati da blocchi corporei che ne impedivano la vitalità, le masse acclamavano chi ignorava e violava i loro diritti. Dal punto di vista della vita, ciò era un fenomeno da indagare: perché un corpo irrigidiva alcune proprie parti e impediva a se stesso di godere della respirazione o del movimento fluido? Perché le masse sceglievano di rinunciare ai propri diritti, alle proprie famiglie, alla propria serenità per andare in guerra? La ricerca filosofica, psicologica, politica di Reich fu avviata nel tentativo di esplorare i processi che portavano l’individuo alla costipazione dei bisogni vitali; la speranza fu di potere poi individuare le vie di liberazione. Reich rintracciò nella repressione sessuale il canale tramite cui la società del tempo instaurava nelle persone un’abitudine incarnata alla rinuncia; negli anni egli portò avanti una ricerca che teneva conto di come la condizione socio-economica e le relative prassi relazionali, partecipavano ai processi di creazione della struttura psico-corporea del singolo.

Nel dare una lettura della società contemporanea intendiamo prendere da Reich l’intenzione di leggere i nessi che intercorrono tra clima socio-economico e struttura caratteriale del singolo. Oggi il clima sociale ed economico è mutato: al dovere della rinuncia è sopraggiunto il dovere del desiderare. Reich aveva osservato una società all’interno della quale i desideri dovevano essere contenuti, repressi e schiacciati. Oggi interagiamo all’interno di una società dove desiderare è un dovere. La repressione sociale che Reich aveva individuato tra le cause dei blocchi corporei ha lasciato il posto ad una comunità all’interno della quale tutto deve essere possibile. I confini dati dalle leggi e dai ruoli hanno lasciato il posto a regole discrezionali.

Date queste differenze storiche, intendiamo interrogarci sugli effetti che l’attuale struttura socio-economica, centrata sull’economia dell’usa e getta, sull’ubiquità tecnologica e sulla logica temporale dell’istantaneo, genera sulla struttura psico-corporea. Del paradigma reichiano intendiamo assumere la ricerca del come sia possibile che l’individuo possa vivere mettendo a tacere la propria vitalità, sviluppando forme corporee che lo limitano nella esplicazione delle forme vitali della presenza, del respiro, della consapevolezza, della relazione.

Diciamo ciò nell’intento di attualizzare una lettura reichiana, interrogandoci su cosa accade nell’unità corpo mente dell’individuo contemporaneo, intento a desiderare, consumare, essere prestante e performativo.

 

Corpo e struttura socioeconomica

Reich pose la questione del rintracciare i movimenti primari e vitali dell’organismo; essi erano per lui la verità: “La verità non è qualcosa per cui sia necessario affaticarsi. Non ci si sforza per far battere il proprio cuore o per muovere le gambe, quindi per lo stesso motivo non è necessario nessuno sforzo o nessuna ricerca per trovare la verità. La verità è in noi e lavora in noi proprio come il cuore o gli occhi, bene o male, a seconda delle condizioni del nostro organismo” (Reich, 1953, p.241). In questa evidenza delle funzioni corporee risiede la verità di Reich e razionale diventa per lui ciò che è secondo la vita. Il tema e i criteri di valutazione reichiani possono essere applicati anche al mondo contemporaneo e possono ancora interrogarci sulle relazioni che intercorrono tra stili di vita contemporanei e razionalità vitale reichianamente intesa.

 

Economia, lavoro e vitalità

Riguardo all’economia, il connubio vitalità e sviluppo è un tema presente in pensatori (alcuni dei quali legati al pensiero della decrescita economica come Serge Latouche) che si stanno interrogando sui rischi di un’economia che produce a ritmi così veloci da consumare se stessa.

Anche sociologia e psicologia stanno valutando modalità e processi autodistruttivi che l’essere umano contemporaneo mette in atto con il proprio lavorare e produrre a ritmi così accelerati da essere sfinito e privato della propria vitalità. Le varie scienze sono concordi sui fatti: i numerosi casi di suicidi sul posto di lavoro, le depressioni frequenti che seguono ad un licenziamento o a ritmi di lavoro sfiancanti, l’incremento di povertà esasperate.

L’attuale clima economico sembrerebbe non lavorare per lo sviluppo della razionalità descritta da Reich: l’essere umano ha dunque per un verso prodotto e per l’altro verso condiviso e co-costruito un’economia tendente a porre in secondo piano lo spirito vitale dell’essere umano[2].

Tornano in mente i concetti di necroeconomia e necropolitica, dello storico camerunense Achille Mbembe, docente all’Università sudafricana di Johannesburg, la cui tesi di fondo è che in questo momento storico la distinzione tra l’essere umano e la merce, tende a sparire e a essere cancellata, senza che nessuno – neri, bianchi, donne, uomini – ne possa sfuggire, poiché una delle forme di violenza del capitalismo contemporaneo consiste nel brutalizzare i nervi (Mbembe, 2016) stremando l’essere umano-consumatore e rendendo invisibile una popolazione di poveri che non possono consumare.

Tornando a Reich, sembrerebbe quindi che la necessità di trattare i temi di un’economia che produce strutture socio-economiche distruttive permane ancora oggi, seppur con forme e manifestazioni psichiche mutate negli anni.

 

Deleghe ed esplosioni delle masse

Gli individui del primo novecento coinvolti nei nazionalismi apparivano repressi e costretti, coinvolti in esplosioni e acclamazioni di leader che accendevano vitalismi nascosti e soffocati, senza davvero risolvere le questioni vitali. L’uomo e la donna di quei tempi avevano trovato nella delega e nell’acclamazione dei nazionalismi un modo, un come, per mettere insieme l’abitudine al soffocamento della libido e la liberazione di pulsioni: le masse chiedevano il cambiamento ed esplodevano in manifestazioni accaldate, senza assumere su di loro i processi di trasformazione del reale. Rimane da vedere in che modo l’uomo e la donna contemporanei hanno elaborato e costruito il proprio equilibrio muovendosi tra desiderio, espressione delle pulsioni e anelito al cambiamento. Christopher Bollas, psicoanalista statunitense, teorizza l’ipotesi di un compromesso contemporaneo raggiunto tra vita e morte, tramite la creazione di personalità normotiche, ovvero di individui che pur essendo profondamente infelici si rifugiano dentro una vita adattata, apparentemente normale. Questi quadri, a suo parere, non sono affatto lontani da quello che in linguaggi più specifici possono essere definiti alessitimia (letteralmente l’impossibilità di dare parola alle emozioni)[3]. L’individuo contemporaneo potrebbe quindi avere accettato il compromesso di adattarsi al principio collettivo di prestazione che, proprio in quanto tale, “esclude di per sé la vita emotiva, il sogno, l’immaginazione, lo slancio, tendenzialmente sempre in perdita secca, del desiderio. Del resto – aggiunge Bollas – avvertire la spinta del desiderio ci espone fatalmente al rischio dello smarrimento. Meglio, allora, mantenersi separati dalla sua forza, escluderla, meglio diventare una macchina efficiente priva di emozioni”[4].

Nel momento in cui intendiamo scrutare i nessi tra l’individuo così inteso e la società, anche il concetto di clinica e di patologia fanno i conti con quello che è il processo del pensare-sentire dentro una società che ha messo in piedi uno stile relazionale alessitimico diffuso e replicante, ovvero potremmo chiederci se dietro questa apparentemente nuova etichetta clinica non dovremmo allora leggere una tendenza che non investe solo la vita individuale ma anche quella collettiva.

 

Sessualità, pensare e sentire

In termini reichiani la questione si pone in merito alle connessioni tra il sentire e il pensare, tra il corpo e la mente, aprendo gli scenari ad una ricerca che possa accompagnare l’essere umano in una consapevolezza del proprio essere mente e corpo. Così, seppur mutati i tempi, i nodi tematici reichiani rimangono attuali: una struttura socio-economica interagisce con individui che desiderano senza sentire il desiderio, senza ricercare la felicità, delegando ad un altro (un consumismo usa e getta) il soddisfacimento di voglie.

In questa ottica anche il desiderio sessuale diviene un desiderio da consumare, una merce di scambio lontana dal mondo emotivo-corporeo.

Il tema dell’orgasmo e della funzione della libido fu caro a Reich: si trattava per lui di uscire fuori dalla pornografia di corpi repressi per entrare nella pratica di relazione profonda, di scambio e di abbandono all’altro. Reich sostenne che eiaculazione e orgasmo non corrispondevano: la prima era possibile anche in presenza di blocchi corporei e coinvolgeva solo i genitali, mentre l’orgasmo era possibile per corpi capaci di abbandonarsi del tutto alla relazione con l’altro e alle contrazioni muscolari, presenti su tutto il corpo. I temi della sessualità e della differenza tra orgasmo ed eiaculazione, incontrano i temi attuali della relazione e della sessualità in un clima sociale caratterizzato dalla disconnessione tra pensare e sentire. Da una parte assistiamo al diffondersi di storie d’amore incorporee che si sviluppano sui social e nei romanzi rosa su community e Wattpad[5]; dall’altra parte si incoraggiano le pornografie aggressive, si promuovono informazioni sul sesso da una sera e sull’importanza di non perdere le occasioni per conoscere sconosciuti.

 

Seduzione, prevenzione e salute

Possiamo pensare che atteggiamenti sessuali così opposti tra loro siano il simbolo di una relazione corpo-mente tutta da conoscere e guardare alla luce di una società in cui la tecnologia, la pubblicità, le aziende, i centri benessere, rinforzando una disconnessione pensare-sentire già in atto, seducono parlando ora all’idealismo astratto ora al corpo mercificato. Anche nel settore della salute e del cosiddetto benessere si passa da promesse fondate su una logica efficienza salutista, medicalizzata, organizzata, purificata, coscientizzata, accurata nella scelta dei cibi, ad un laissez-faire che alletta sollecitando pulsioni relative a cibo, viaggi, successo e presunte libertà di fare tutto ciò che sentiamo. Rimane da comprendere cosa sentiamo quando corpo e mente agiscono riducendo le loro interconnessioni, quando il sentire si identifica con le pulsioni o con un sentire logico elaborato dal cervello. Reich parlò di masse sedotte, la cui libido e la cui forza vitale venivano dirottate su esplosioni senza progettazione o senza consapevolezza dei bisogni corporei: si rinunciava al corpo per andare in guerra e seguire un ideale, si acclamavano figure ideali che negavano il sostentamento economico salariale quotidiano; al contempo anche le masse seducevano i propri oppressori delegando loro il potere e la responsabilità di cambiamento. Si trattava di seduzioni senza relazioni, di giochi di delega e repressione dove il desiderio delle masse veniva manipolato e la figura dei potenti veniva trasfigurata da misticismi di onnipotenza.

La seduzione in assenza di relazioni vitali e desideranti è un altro dei nodi reichiani che ci pare importante utilizzare per la lettura di un tempo presente dove noi siamo sedotti continuamente da prodotti, programmi, lavori, sapere, comunicazioni, all’interno delle quali, la seduzione è anche ciò che eclissa il desiderio, ciò che lo fa apparire e scomparire[6].

 

Il tempo vietato e il tempo rubato

Attualmente la strategia dell’efficacia razionale e organizzata risponde al principio di economia secondo il quale bisogna risparmiare tempo, conseguire il risultato massimo con il dispendio minimo di energia, tempo e forza lavoro.

Oggi si studiano i processi neurochimici all’origine della possibilità di non dormire degli uccelli zonotrichia a collobianco (Cray, 2015); se le ricerche andassero a buon fine, l’essere umano potrebbe essere sempre sveglio: può così abitare negozi e supermercati, aperti anche la notte, usare email o whatsapp a qualunque ora. Negli anni del primo novecento tutto questo non era pensabile: desideri, sentire, pulsioni venivano educati a stare dentro una corazza, il tempo della rinuncia e della repressione costringevano i corpi a creare strutture di contenimento in grado di rimandare, posticipare, mettere da parte ciò che si desiderava. Il tempo dell’attesa faceva sì che corpi e identità si corazzassero di pelle e muscoli rigidi rispetto a un fuori che segnava il confine dell’adesso no. Di quegli anni Reich riporta le repressioni e le costrizioni inflitte ai corpi nevrotici, ricchi di desideri e pulsioni contenute a forza. L’individuo incontrava dei confini, geografici, di durata del tempo, di impossibilità, rispetto ai quali elaborava i propri confini, le proprie rigidità che erano anche la specifica forma di quel corpo.

Al momento attuale, i confini temporali sono quelli da fagocitare, bisogna far presto a dimenticare il passato, bisogna essere bravi a non pensare al futuro; le comunicazioni sociali sono centrate su una imprenditoria del presente da costruire adesso. Al contempo ci convinciamo del fatto che al di là di quello che siamo stati, possiamo essere tutto ciò che vogliamo e che, al di là dei nostri progetti futuri, dobbiamo essere ciò che ci chiedono di essere.

Rispetto ai temi trattati ci importa sottolineare che, se assumiamo il paradigma reichiano di una corrispondenza tra società e individui, alla repressione del desiderio dei primi anni del ‘900 si è sostituita la disincarnazione espropriante del desiderio stesso: si desidera ciò che ci dicono di desiderare, si accantona prima il proprio desiderio e poi la capacità stessa di sentire il proprio desiderio, per finire con il desiderare il desiderio del desiderio e accettare i suggerimenti della pubblicità.

Attualmente il nodo di confronto per le analisi del pensiero post-reichiano (Ferri, 2012) è legato alla possibile formazione di strutture psicocorporee le cui fondamenta risentono di una società così veloce da non avere forma.


[1] Questo articolo è una elaborazione tratta dal testo Sessuoeconomia. Uno sguardo contemporaneo al pensiero di Wilhelm Reich, in corso di stampa per le edizioni Villaggio Maori, Catania. Autrice Antonella Messina.

[2] Si veda Bracci Testasecca, A. (trad. 2010), Capitalismo e pulsione di morte. La Lepre edizioni.

Gilles Dostaler, storico dell’economia, e Bernard Maris, economista assassinato durante l’attentato alla sede di Charlie Hebdo, sono sicuri di poter asserire che “lo spirito del capitalismo è pervaso da un senso di morte”.

[3] Il termine alessitimia è stato introdotto agli inizi degli anni settanta da John Nemian e Peter Sifneos (1976) per definire un insieme di caratteristiche di personalità riscontrabili in persone che, adattate nella società, manifestano esplosioni di collera o di pianto incontrollato e che, se interrogati sui motivi di queste manifestazioni, sono incapaci di dare spiegazioni.

[4] L’intervento di C. Bollas è riportato in Massimo Recalcati (http://www.psychiatryonline.it/node/5795), Alessitimia, Dolore senza lacrime, 26 Agosto 2015.

[5] Social network all’interno del quale è possibile pubblicare storie d’amore nelle quali si promuove un romanticismo asessuato e in cui solo alla fine del libro sopraggiunge il primo rapporto sessuale fantasticato e mistificato.

[6] D. Molho, R. Furci, M. Marzotto, S. Sandri, Il calo del desiderio: sindrome della società contemporanea industrializzata. Divisione di Urologia – Unità Spinale, presidio di Magenta – A.O. di Legnano (http://www.psicoterapeuta-psicologo.it/) 19 Aprile 2016.

 

Bibliografia
  • Bollas C. (2001), L’ombra dell’oggetto. Psicoanalisi del conosciuto non pensato. Roma: Borla Edizioni.
  • Crary, J. (2015), Il capitalismo all’assalto del sonno. Torino: Einaudi ed..
  • Dostaler, G., Maris B. (2009), Capitalismo e pulsione di morte, trad. A. Bracci Testasecca, Roma: La lepre edizioni.
  • Ferri G., Cimini G. (2012), Psicopatologia e carattere. L’analisi reichiana. La psicoanalisi nel corpo ed il corpo in psicoanalisi. Milano: Edizioni Alpes.
  • Mbembe, A. (2013), Critica della ragione nera. Saggio sul razzismo contemporaneo. Roma:Ned Ediciones, 2016.
  • Molho, D., Furci, R., Marzotto, M., Sandri, S. (Aprile 2016), Il calo del desiderio: sindrome della società contemporanea industrializzata, Divisione di Urologia – Unità Spinale, presidio di Magenta – A.O. di Legnano in www.psicoterapeuta-psicologo.it.
  • Reich, W.(1953), L’assassinio di Cristo. Milano: Sugarco edizioni. 1994.
  • Crary, J (2015), Il capitalismo all’assalto del sonno. Torino: Einaudi ed.
* Psicologa, allieva della Scuola Italiana di Analisi Reichiana

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