Numero 1/2019

 

IDENTITà FRAGILI E PSICOTERAPIE CORPOREE

Genovino Ferri*

 
Perchè questo titolo

Le identità fragili (un titolo[1]meta) rappresentano un mondo complesso nella loro ampia accezione semantica psicopatologico-clinica.

In generale si potrebbe affermare che esse siano un indicatore-specchio del disagio e della precarietà che permea la storia del nostro tempo, legate quindi alla specifica e attuale modernità.

In particolare, le identità fragili possono scomporsi in più indicatori.

Per esempio i soprasoglia clinici, emergenti sempre da un terreno personologico, rappresentati dalle nuove sindromi della Rete.

Associo per prime le nuove dipendenze da tecnologie, da computer, da internet, da videogame, la dipendenza da cyber relazioni, da cyber sesso, il gioco d'azzardo e lo shopping compulsivo on line.

E ancora il trading compulsivo on line, la dipendenza dai giochi di ruolo on line, l'information over load, la dipendenza dalla posta elettronica, dal peer-to-peer (l'uso compulsivo dei siti).

Ma per identità fragili sono state intese, fino al DSM IV TR, anche i disturbi dell'identità di genere, che oggi, con il DSM V, sono sfumate in disforie di genere.

Le identità fragili potrebbero poi, più miratamente, essere sinonimo di un soprasoglia clinico proprio dei disturbi dissociativi dell'identità, in cui si realizza la disregolazione della normale funzione integrativa dell'identità, della memoria, dell'affettività e della coscienza. I disturbi dissociativi sono sotto-diagnosticati, a causa dell'idea diffusa di una loro presunta rarità. Le ricerche più recenti mostrano, al contrario, che essi interessano il 5-10% della popolazione con problematicità psicopatologica.

Per non parlare della loro elevata comorbilità con i disturbi dell’Asse II del vecchio DSM IV TR, anch'essi rappresentativi delle identità fragili, come il disturbo borderline di personalità vera icona del nostro tempo o il disturbo da abuso di sostanze e quello da dipendenza da sostanze; e poi i disturbi dell'Asse I, il disturbo di panico, i disturbi dell'umore, quello post-traumatico da stress, a loro volta ulteriori indicatori di identità fragili. (Nel DSM V gli Assi I II III sono stati accorpati).

La co-morbilità contribuisce a rendere più difficile i nostri trattamenti terapeutici e meno favorevole l'outcome delle condizioni psicopatologiche.

È fondamentale quindi sempre di più ricercare nell'anamnesi elementi di tipo neglet-trauma, dal trauma fisico e sessuale agli abusi fisici ed emozionali, a tutte quelle situazioni in cui il soggetto possa essersi sentito in pericolo di perdere, o vedere compromessa, la vita propria o di persone a lui care, in una continuità temporale di raccolta anamnestica dall'intercorporeità all'intersoggettività della sua storia biologico-biografica.

Raccolta puntuale quindi, in un’ottica analitico-terapeutica, dei Segni Incisi determinanti, il loro quando, il loro dove e il loro come sulla freccia del tempo delle fasi evolutive e dei livelli corporei relazionali corrispondenti (direbbe il mio analista reichiano!).

Ricordo inoltre che le identità fragili sono state lette anche, semplicemente, come marker di un soprasoglia di stadio, come per esempio i disturbi del comportamento alimentare, nel loro ampio spettro.

Voglio concludere, infine, questa piccola e nel contempo numerosa rappresentazione semantica con le identità fragili quali indicatori di sintomatologia sottosoglia ma conflittuale, come quella dei disturbi normalmente nevrotici, ormai sullo sfondo e con poca audience-appeal sociale, ancora presenti però nei nostri studi, con le loro problematicità della vita quotidiana.

Questo titolo ha dato luogo ad una pluralità di significati, anche fra noi del Comitato Scientifico, e ritengo che abbia concorso però, nello specifico, la capacità di lettura bottom up (e circolare top down), che deriva dal nostro essere psicoterapeuti includenti la corporeità, abituati a leggere cioè la narrazione della persona come unitaria, tridimensionale profonda; e allora l'emergere delle diversità semantiche, nelle varie epifanie espressive, ne è la corposa conseguenza!

 
Una lettura etiopatogenetica

Qualche tempo fa scrissi sulla Peste Emozionale nella Modernità Liquida, interrogandomi sulla possibile mutazione adattiva della sindrome nell'attualità del nostro tempo.

Vi riporto alcune conclusioni a cui giunsi, che considero pertinenti con questo tema.

Il tempo esterno sociale, quello del terzo campo per dirla nei miei termini, è cambiato, manca il confine, siamo in una scena opposta a quella descritta 80 anni fa, magistralmente, da Wilhelm Reich.

Il tempo oggi è borderline, la violenza è borderline, con una reattività pulsionale che sa di riflesso sottocorticale, da bassissima soglia alla frustrazione, sa di primarietà premuscolare e rettiliana, sa di solitudine disperante.

Anche la sessualità è di stato, immediata, di facile eccitabilità, bulimico-consumistica, violenta e oggettuale, indifferenziata e dissociata dal sentimento, bruciata dalla velocità dei tempi: bordeline anch'essa!

Zigmut Bauman, con un suo felice e fortunato vocabolo, ha fotografato la modernità come liquida lo scivolare lungo il tempo come liquidi senza avere una forma, poiché non c'è il tempo per avere una forma, liquefatta dalla velocità.

Modernità liquida, che però così descritta, spalmata bidimensionalmente, viene letta solo su un tempo orizzontale e lineare, non su un tempo verticale e tridimensionale, che non è visibile senza il sentire e senza il corpo.

In una lettura analitica infatti, abbiamo assistito in questi decenni alla lisi delle fissazioni coatto-falliche, alla caduta del quarto livello relazionale (torace), che sosteneva il terzo livello (collo), rimasto oggi narcisisticamente poggiato sull'Oralità Primaria, che determina di fatto l'impressionante aumento di tutti i disturbi di personalità del Gruppo B del DSM V, alla lisi del padre, della legge, del confine, al collassare della coppia genitoriale sulla maternità buonista e colpevole, alla modificazione-spostamento del Super Ego, alla trasformazione allarmante del Corpo Vivente Società, con la perdita di molte differenze e l'aumento di molte indifferenze.

Abbiamo assistito alla liquefazione della corazza quale ipertono e al precipitare, scivolando sulla spirale del tempo entropica, prima nella liquidità (stadio orale labiale-suggente), poi con la Volatilità delle Relazioni, ancor più giù, avvicinandoci pericolosamente alla rarefazione borderline.

immagine per FERRI Opera di JeanfilipJeanfilip - La linea del tempoSiamo in un tempo borderline, sempre più rarefatto e meno liquido, con più istanti e meno radici, più emozioni e meno sentimenti, che sono fatti di tempo, più eccitazioni e meno consapevolezze, più comunicazioni e meno relazioni, anch'esse fatte di tempo, così con più informazioni e meno sapere siamo più sul tempo che nel tempo.

La violenza nasce dal non rispetto del divenire del tempo interno, dovuto all'accelerazione del tempo esterno. Non c'è pausa, recupero, restituzione e ciò genera sforzo, tensione, coartazione da compressione della domanda della pulsazione vitale, che senza i confini dello stadio soprastratificato e organizzativo precedente, seppur ipertonico, esce impulsiva, violenta, immediata, primitiva, sempre più lontana da consapevolezze oculari.

Il tempo segna il nostro corpo! Ma quanto il nostro corpo segna il tempo!

Questa dimensione, che ho descritto energeticamente, mi chiedo in quale dove corporeo si realizzi? In quale luogo geometrico? Io la leggo e la colgo, con le mie lenti, oltre che in una insoddisfazione dell'oralità primaria, del secondo livello (bocca), certamente di più oggi in una insoddisfazione dell'oralità ombelicale, del sesto livello (prima grande bocca), sottostratificata alla precedente e appartenente al tempo intrauterino.

Senza il corpo non c'è la verticalità profonda, la tridimensionalità visibile e reale dei processi, con il sentire invece c'è...e si può fare diagnosi intercorporea-intersoggettiva, si possono individuare quali schemi di tratto sono attivi e dominanti nel qui ed ora: schemi liquido-rarefatti, depressivi-border.

Il Super Ego oggi è mediatico, anaffettivo, senza reciprocità, persecutorio, richiedente, escludente, superficiale, narcisistico ed analfabeta emozionale.

La famiglia (genitori, nonni, zii) non è più la sede del Super Ego. Siamo in una società, per i giovani, definita della tribù, dove si va dal 2 relazionale al 10 e oltre, e si saltano il 3,4,5,6,7,8,9 relazionali, che avrebbero il compito fondamentale di organizzare la pulsionalità. Il riferimento è la tribù, un riferimento poliedrico, frammentato, instabile, con un grande numero di interlocutori che non si possono identificare.

Viviamo un tempo borderline, vuoto delle relazioni affettivo-limbiche, in una difettualità orale primaria che salda la rettilianità alla cognitività, bypassando il giro cingolato anteriore, per dirla con le Neuroscienze.

Un processo di trasformazione, in atto nella modernità, multifattoriale, con genitori spiazzati, depressi, rassegnati e impotenti; con figli smarriti, soli, spaventati ed impulsivi: una modernità liquido-rarefatta sempre più ad economia aziendale, con valori dell'Avere che definiscono l'Essere.

Un vuoto delle relazioni da furto del tempo perpetrato dal Super Ego attrattore mediatico-tecnologico, che detta la velocità del tempo nel fuori e rarefà il tempo nel dentro, definendo qual è l'oggetto luminoso da inseguire.

Un Corpo Vivente Sociale nella modernità liquido-rarefatta, che viaggia verso una riduzione della 5HT (serotonina) ed un aumento della DA (dopamina), ovvero una depressione mascherata dall'accelerazione. Agli antidepressivi, agli stabilizzanti e agli antipsicotici atipici, i farmaci più venduti al mondo, cosa chiediamo? Di fermare la violenza e di riempire il vuoto delle relazioni o di restituirci la strutturazione pre-liquida per reggere l'insostenibilità dei ritmi?

Queste soluzioni generano pazienti senza tempo e senza senso!

Oltre che:

restituirsi e restituire il tempo, il tempo limbico, del torace del respiro, il tempo dei sentimenti, del con, dell'ascoltarsi e dell'ascoltare, del raccontarsi e del raccontare, della storia e del suo senso, il tempo della corporeità e del suo senso;

oltre che:

restituire il tempo alle relazioni, alle madri e ai padri. Il tempo alle loro sostenibilità, darsi e dare confini e limiti (pietre sacre la cui rimozione per i Romani era un delitto, essendo sotto la protezione della divinità Limite) esprimere anche il No neghentropico, che, pur risuonante sui recettori della definizione-separazione, è fondamentale per poter assurgere a differenze e condivisioni future su maggiori altezze, proporre ai giovani cioè relazioni con capienza includente il sì e il no;

oltre che:

restituire ai nostri giovani il senso intelligente delle cose e non gli oggetti riparatori della nostra presunta colpa, restituire Noi ed educare la rabbia-vuoto alla sfida ragionevole, con affettività, giusta distanza, tono, motivazione, obiettivi e restituzione di rispetto, restituire loro l'adgredior per far loro riprendere il proprio divenire, facendo radici nel tempo interno e così poter guardare il cielo oltre la scena, provare tutti insieme ad uscire dalla gabbia orale del è mio e a rientrare nel respiro toracico del di me.

Oltre tutte queste cose noi Psicoterapeuti Corporei che cosa possiamo fare?

Possiamo fare sapere (da sapio), ovvero proporre il viaggio dal sapere-sapore al sapere-senno, perché non c'è sapere senza sentire e non c'è sentire senza il corpo!

Noi Psicoterapeuti Corporei possiamo fare sapere ed essere intelligenti (da intelligens, inter-legere, leggere tra) e non c'è intelligenza senza il corpo!

L'intelligenza attraversa e specchia le stratificazioni dell'evoluzione, ricombinandosi ai punti di biforcazione della Vita...

La saggezza della Vita posso leggerla, infatti, come ricombinazione delle mille intelligenze stratificate e diffuse sulla sua storia filo-ontogenetica, a partire dall'Intelligenza del Pianeta Terra, capace di trasformare l'energia in fotosintesi, in su... fino all'intelligenza cognitiva umana, l'ultima in ordine di tempo, la più acuta e la più alta, ma va connessa e riconnessa alle altre precedenti, facendola uscire dai rischi di scissione e isolamento in cui versa attualmente, nella nostra modernità. Va connessa e ri-connessa all'intelligenza del Corpo Vivente Persona in primis, del Corpo Vivente Società e del Corpo Vivente Pianeta in secundis.

Non possiamo negare le evidenze: la grammatica fondamentale dentro la quale siamo iscritti è quella del nostro Corpo, scrigno infinito di intelligenza cui attingere lumi nei nostri setting.

In questa cornice la Psicoterapia Corporea è chiamata a dare un suo forte contributo, con proposte e linee guida innovative per il futuro, ancora possibile.

Nel mio sentire-pensare laconsidero una straordinaria opportunità, che informandosi appunto all’intelligenza del vivente, delinea un nuovo vettore costruttivo di consapevolezze per il sociale, per la modernità, un vettore di strutturazione per le identità fragili.

L’Attivazione Incarnata Terapeutica (come mi piace definirla per richiamare la Simulazione Incarnata Terapeutica) completa la Psicoterapia nel setting e la considero uno dei due principi attivi della psicoterapia, l’altro è la relazione, nella sua appropriatezza controtransferale.

Se la relazione terapeutica appropriata infatti attiva dal fuori la persona, modificando alcuni pattern disarmonici di relazioni interpersonali della simulazione incarnata nella storia della persona, l’Attivazione Incarnata Terapeutica permette alla persona di modificare i vissuti anche dal dentro, perché segna incisivamente nuove esperienze sentite e appropriate alle domande esplicite ed implicite emergenti nel setting.

Come affermano Gallese e Ammanniti (2014), quando l’azione viene eseguita o imitata si attivano le vie cortico-spinali, mentre quando l’azione viene immaginata si attiva la rete corticale motoria, l’azione non viene prodotta.

Tutta la Psicoterapia Corporea può essere letta come Attivazione Incarnata Terapeutica, ma ovviamente deve rispondere a requisiti di appropriatezze metodologiche e analitico-cliniche.

 


[1] Titolo dell’Expert Meeting dell’A.I.P.C., tenutosi a Formia il 15 e 16 Aprile 2016, in cui è stata presentata questa relazione.

Bibliografia
  • Ferri, G., Cimini, G. (2012) Psicopatologia e Carattere – L’Analisi Reichiana. Roma: Alpes ed.
  • Gallese, V., Ammanniti, M. (2014), La nascita dell’intersoggettività. Milano: Raffaello Cortina ed.
 
* Psichiatra, Analista S.I.A.R., Direttore della Scuola Italiana di Analisi Reichiana, Membro dell’Accademia delle Scienze di New York, Membro del Comitato Scientifico Internazionale di Psicoterapia corporea.
 
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