Numero 1/2019

NELLA PRATICA EDUCATIVA: CORPI, RELAZIONI ED EMOZIONI

 

Silvana Bragante[*]

 

Scuola: stress e prevenzione

Sofferenza, restrizioni alla libertà di movimento, essere sottoposti a giudizio, fretta, responsabilità professionale, disagio, ansia, creano stress.

Le metropoli generano stress, avviando processi di disconnessione dalla consapevolezza di Sé.[1]

Esistono luoghi in cui si concentra lo stress: ospedali, carceri, sedi di lavoro, scuole.

Lo stress a scuola è doppiamente dannoso: per lo stress in sé e soprattutto per l'effetto impronta formativa sull'organismo in via di sviluppo.

Durante i primi anni di vita, le  prime  esperienze relazionali, sia stressanti, sia funzionali ed equilibrate, lasciano un'impronta formativa, diventano segni incisi negli organismi in fase di sviluppo e vanno a costituire i tratti caratteriali.

Carattere significa segno inciso.

I tratti caratteriali disfunzionali, quando si è in età adulta, per essere attenuati e trasformati necessitano di interventi riparativi non semplici. Una volta consolidata una struttura, è difficile correggere equilibri disfunzionali.

Tutti gli organismi, gli umani, gli animali e anche le piante, sono maggiormente plastici nelle fasi di sviluppo.

Prendersi cura delle situazioni stressanti a scuola e anche prima, al nido e con le famiglie, attraverso un'adeguata formazione alla genitorialità, ha una funzione preventiva per la futura salute, proprio perché in quegli anni è possibile agire con maggiore facilità in quelle finestre temporali in cui si stanno imprimendo  segni permanenti.

Relazioni umane funzionali, che rispondano ai bisogni delle persone, sono fondamentali nella riduzione dello stress.

La cura delle relazioni umane va intesa come cura dell'Altro e cura di Sé.

La cura di sé si sviluppa grazie ad un'accresciuta consapevolezza di sé a livello sensoriale corporeo.

La cura dell'Altro avviene attraverso una buona sintonizzazione nella comunicazione, che si realizza prima di tutto a livello corporeo attraverso l’adattamento del tono muscolare, la sincronizzazione nel ritmo della respirazione, l’incontro e lo scambio di sguardi.[2]   

Queste due dimensioni, autoconsapevolezza di sé e sintonizzazione, sono due facce dello stesso processo.

Accanto all'attenzione agli spazi e ai ritmi, alla base di tutto, c'è la qualità delle relazioni umane, la capacità di sintonizzarsi, ovvero di stabilire nella relazione un'armonia comunicativa, dove gli individui si riconoscono e interagiscono leggendo e anticipando la risposta dell'altro.

I neuroni specchio sono le basi neurofisiologiche attivate sia nei comportamenti di sintonizzazione con l'Altro, sia nelle attività in cui si esercita l'autoconsapevolezza di Sé.

 

Strumenti per ridurre lo stress: leggere il linguaggio del corpo ascoltando le proprie sensazioni.

Per sintonizzarsi nella relazione, è necessario prima di tutto sentirsi nel corpo, essere in contatto, centrati, sintonizzati con se stessi.

Se non sono in contatto con me stesso, tendo a reagire automaticamente secondo abitudini apprese, senza presa di coscienza.

La sintonizzazione ordinariamente avviene al di fuori dell’autoconsapevolezza: può anche essere attivata ma può anche non essere attivata, ad esempio quando il caregiver è in situazioni di stress.

In questo secondo caso un'attenzione, che viene posta nella relazione, alle reazioni automatiche e abituali è preziosa, perché dà la possibilità di scegliere un comportamento altro più intelligente. Con l’autoconsapevolezza  è possibile attivare intenzionalmente un comportamento che probabilmente è già presente a livello automatico e istintivo, come ad esempio guardarsi negli occhi, comunicare con i suoni e attraverso il tatto, come avviene nei primi mesi di vita tra madre e bambino: la differenza è che ora si aggiunge la consapevolezza su quello che prima accadeva automaticamente o che anche poteva non accadere.

BRAGANTE per emozioni a scuola

Dal punto di vista neurofisiologico l’autoconsapevolezza attiva connessioni tra i livelli neocorticali e sottocorticali.

Già fin dalla nascita la madre sufficientemente buona e il suo neonato sano si sintonizzano e stabiliscono un'adeguata comunicazione corporea.

Nelle situazioni, all'inizio della vita o in tempi successivi, in cui la sintonizzazione non si stabilisce adeguatamente, si può fare qualcosa in senso educativo e trasformativo per ricostituire una comunicazione funzionale.

Per muoversi concretamente in questa direzione è importante prima di tutto che il caregiver rivolga l'attenzione non all'esterno, ma a se stesso, osservando e sentendo il proprio corpo. 

Un insegnante, un educatore, un genitore per imparare a leggere il linguaggio del corpo dell'Altro non può limitarsi alla teoria. È essenziale partire dalle proprie sensazioni corporee, connettersi con il proprio tempo interiore,  praticare un ascolto consapevole di sé.

 

Vegetoterapia  (e altre pratiche corporee) per accrescere la consapevolezza di sé.

Esistono molte pratiche di indagine corporea su di sé, alcune derivanti da antiche tradizioni e altre in versioni più semplificate e  più recenti: dalle forme tradizionali di meditazione alla mindfulness.

La Vegetoterapia, terapia del sistema neurovegetativo, è una pratica di indagine corporea su di sé, articolata e sistematizzata in decenni di studio, a partire dalle iniziali intuizioni introdotte da Wilhelm Reich. Utilizza un insieme di acting.

Gli acting sono azioni, movimenti codificati e selezionati in quanto movimenti ontogenetici, prototipi di movimenti che ogni essere umano vive e realizza nel suo percorso di sviluppo.

Gli acting di Vegetoterapia, utilizzati dagli analisti di formazione reichiana, consentono e favoriscono l'esperienza corporea: a partire dall'acting, dal movimento, è possibile osservare le sensazioni fisiche ad esso collegate, l'emersione alla coscienza di emozioni, immagini e pensieri.

Ogni singolo acting approfondisce l'autoconsapevolezza. 

Gli acting sono distinti per livello corporeo (occhi, bocca, collo, torace, diaframma, addome, bacino e genitali) e correlati con le fasi di sviluppo.

L'elaborazione teorica e clinica della S.I.A.R. (Società Italiana di Analisi Reichiana), operata da Genovino Ferri, ha individuato una relazione tra i vari acting e le differenti fasi di sviluppo: attraverso gli acting si scopre una risonanza con le esperienze di ora e le vicende e le specifiche modalità relazionali di allora. Gli acting sono un filo rosso che ri-attualizza la consapevolezza corporea qui ed ora andandola a collegare con le memorie attualmente presenti nel corpo e provenienti dalle esperienze passate, incise nelle varie fasi di sviluppo, a partire dall'intrauterino fino alla maturità genito-oculare dell'età adulta, passando per la fase orolabiale del lattante, per la fase muscolare del bambino che impara a camminare e a usare in modo competente la muscolatura volontaria e per la prima fase genito-oculare (corrispondente alle fasi edipica  e di latenza descritte da S. Freud), quando nel bambino diventa prevalente l'interesse per la sessualità.

Nella mia esperienza personale ho osservato che le seguenti  pratiche corporee: meditazione centrata sul respiro, mindfulness, yoga, feldenkreis, vegetoterapia, movimento autentico consentono alle esperienze corporee di diventare oggetto di auto osservazione non giudicante.

In ogni momento siamo immersi in un flusso di comunicazioni corporee e la vita è connessa all’esperienza corporea, tuttavia l'esperienza corporea propriocettiva solitamente non giunge all’autoconsapevolezza se non attraverso una decisione personale e un training con pratiche appropriate.

Un esempio  per chiarire: nella pratica di movimento autentico, se alla persona che si muove liberamente, seguendo un proprio impulso spontaneo, si chiede di descrivere il proprio movimento, difficilmente riesce a farlo, piuttosto dà una descrizione di sensazioni, emozioni, immagini.

È necessario un training per orientare l'attenzione all’esperienza corporea, per cogliere sensazioni e movimenti, per monitorare le variazioni del proprio respiro, della pulsazione cardiaca, del proprio tono muscolare nei vari segmenti corporei. (Bragante, 2006)

Il training serve a portare alla consapevolezza il sentimento delle emozioni e la comunicazione analogica che passa attraverso il corpo, la postura, la mimica e il movimento.

Decodificare l'analogico significa cogliere il funzionamento dei neuroni specchio. 

Nella comunicazione analogica tutto avviene in modo pressoché istantaneo, la comunicazione arriva, informa, agisce, molte volte senza arrivare alla consapevolezza. 

È necessario per arrivare alla consapevolezza dell’analogico sviluppare un atteggiamento verso il proprio corpo molto diverso dal controllo mentale: la mente diventa percettiva e testimone di come agisce il corpo, semplicemente segue il flusso dei movimenti corporei.

Se si riesce ad attivare il livello in cui si osserva in modo non reattivo la comunicazione corporea, si scende su un piano di maggiore concretezza comunicativa, differente dalla comunicazione verbale dove si incontra maggiormente il rischio di proiezioni e fraintendimenti.

Ecco alcuni esempi che mostrano come il movimento auto-osservato accresca la consapevolezza di Sé.

Se sono in ascolto delle sensazioni corporee scopro che:

  • posso calmarmi, osservando il ritmo del mio respiro;
  • posso vedere più chiaramente, se osservo in che modo io metto a fuoco con i miei due occhi quello che guardo (molte persone hanno una visione stereoscopica difettuale e non mettono chiaramente a fuoco le immagini, perché soltanto uno dei due occhi converge sul punto di osservazione);
  • posso constatare che percorrere, con movimento regolare di rotazione degli occhi ha l'effetto di allargare il mio orizzonte e la mia visione;
  • se sono autoconsapevole mentre faccio un movimento assertivo con le braccia, pronunciando la parola io, posso incontrare dapprima il disagio e, stando nel disagio, posso osservare l'emergere di altre emozioni sottostanti.[3]

 

Dal corpo alla mente: muoversi, avere un'emozione, sentire un'emozione, essere consapevoli di sentire un'emozione.

Le neuroscienze e in particolare il lavoro di Antonio Damasio dimostrano che l'organismo umano all'inizio è organismo motorio. L'azione precede la sensazione: è attraverso l'esperienza motoria che si sviluppa il pensiero, l'Io è anzitutto corporeo.

La mente nasce dalla fisicità del corpo.

Ragione e emozioni sono intrecciate.

La mente è nel cervello e nel corpo.

La conoscenza, prima di essere esperienza linguistica e simbolica, poggia su aspetti somatici ed emotivi del corpo: i neuroni specchio. Il corpo stesso, attraverso la simulazione incarnata[4], produce il senso. (Ammaniti, Gallese, 2014).

Nei neuroni specchio abbiamo sia la rappresentazione motoria dell'azione correlata allo scopo e alle percezioni, sia, nei medesimi neuroni specchio, la rappresentazione grazie alla quale riconosciamo il movimento e le emozioni dell'altro.

“Tutti gli organismi viventi, dall’ umile ameba all'essere umano, nascono dotati di meccanismi progettati per risolvere automaticamente senza bisogno di alcun ragionamento i fondamentali problemi di vita” (Damasio, 2003).

Negli organismi più semplici come batteri ed amebe, privi di sistema nervoso, c'è la capacità di funzionare in un modo automatico per mantenere l'omeostasi e sopravvivere, attivando dispositivi  complessi per acquisire energia, adattarsi all'ambiente esterno, agire, estromettere quello che non serve, trasformare attraverso meccanismi chimici l'energia presa dall'ambiente esterno per mantenere la vita. Tutto questo prima dell’organizzazione data dal sistema nervoso.
Gli organismi più complessi, grazie al sistema nervoso, sviluppano una rappresentazione del sentire, una iniziale forma di coscienza: la coscienza dei sentimenti, i sentimenti delle emozioni. Sono queste emozioni e questi aspetti che regolano il comportamento negli organismi più complessi.
Damasio descrive la mente umana come una realtà pluristratificata che, a partire da una base  biologica perviene progressivamente alla formazione di strutture anatomiche più complesse, fino alla comparsa di una mente autocosciente.
In sequenza di complessità abbiamo:

-il protosé, che processa continuamente i segnali da e verso il corpo per garantire l’equilibrio omeostatico, la sua base neurale è nel midollo allungato e produce il sentimento spontaneo del corpo che vive;

- la coscienza nucleare, riguarda la relazione tra organismo e oggetti del mondo, è legata all’azione, al movimento, è una coscienza preverbale del qui ed ora, la cui base neurale è nei nuclei sottocorticali del talamo e produce il sentimento delle emozioni;

- la coscienza autobiografica  la struttura filogeneticamente più recente, colloca la persona nel tempo storico e individuale, dove la memoria del passato genera la consapevolezza del presente e del futuro. Lo sviluppo del Sé autobiografico è regolato dall’ambiente, mentre protosé e coscienza nucleare sono sotto il controllo dei geni.

Questa complessa integrazione nell'unità corpomente, dimostrata dai più recenti studi di neuroscienze, mette in luce l'esistenza di una continuità sistemica nell’organismo umano tra corpo, mente, ambiente sociale e culturale.

Quindi la cognizione umana non è solo nel cervello e neanche nel cervello associato al corpo ma in un sistema più ampio che comprende mente, cervello, corpo e ambiente.

Un'emozione è una risposta motoria: per avere un'emozione non è necessario avere un cervello.

Le emozioni sono schemi d'azione innati, negli umani però le emozioni non sono puramente istintive, negli umani le emozioni sono innescate o inibite da fattori culturali: condizionamenti, valori di riferimento.

Uno degli scopi formativi dell'educazione  è introdurre un momento valutativo autoconsapevole tra oggetti stimolo e risposte emozionali.

In questo modo le reazioni spontanee sono adattate alle esigenze della cultura: gli induttori si definiscono ed esercitano la loro pressione in età precoce e sono il frutto delle nostre originarie esperienze relazionali.

Se si lascia che bambini e adulti sviluppino una familiarità con il proprio mondo interiore e li si incoraggia a una pratica di auto-osservazione, è possibile raggiungere una consapevolezza di sé che:

  • consente di individuare, un attimo prima di agirli, i propri abituali schemi emozionali che scattano velocemente, in automatico, in un modo reattivo;
  • apre conseguentemente la libertà di modulare in modo più ricco e di adattare in modo più funzionale, le risposte emozionali, superando quella modalità espressiva che spesso è percepita come spontanea, mentre è solo ripetitiva.

Con la consapevolezza  si disvelano al soggetto le motivazioni, le origini delle coazioni a ripetere e parallelamente nel suo cervello si tracciano nuove connessioni, nuovi circuiti neurali che consentono risposte altre.

Lo sviluppo della consapevolezza è un processo educativo che si inizia precocemente, a scuola e soprattutto, e ancor prima, in famiglia.

Qui l'educatore, il genitore, il caregiver adeguato, è attento piuttosto che ai comportamenti manifesti, ai propri stati interni: si sintonizza, modula, riequilibra e contiene le emozioni negative del bambino e le restituisce trasformate.

Le esperienze corporee, quando diventano oggetto di attenzione e di autosservazione, generano i seguenti effetti:

  • aumento la consapevolezza delle mie sensazioni corporee;
  • sono in grado di scorgere un’abituale modalità giudicante verso me stesso che mi allontana dalla possibilità di percepire le mie sensazioni (ad esempio quando sono preoccupato di come deve essere fatto l'esercizio, di correggere o eliminare quello che non va e perseguire quello che va, valutando secondo parametri esterni);
  • osservo l'emergere di emozioni, immagini, ricordi e scopro che  sono connessi con le specifiche forme/tratti caratteriali che agiscono nell'adesso e che allo stesso tempo sono collegate alle impressioni ambientali e affettive che ho sperimentato  nelle prime fondanti relazioni con l'Altro significativo, nei primi anni di vita.

Conoscere se stessi consente di:

  • vedere i propri limiti, riconoscerli, non giudicarli ma comprenderli;
  • riconoscere le proprie potenzialità non ancora espresse;
  • mettersi nella condizione di salire su una posizione osservativa meta, e non soltanto reattiva, nelle relazioni che stabiliamo.

Raggiungere un punto d'osservazione meta ha la duplice conseguenza di 

-       aumentare  la chiarezza nel sentire;

-       sganciarci dalla ripetitività di schemi di reazione abituali, secondo i quali osserviamo e filtriamo la realtà, aprendo così spazi e modi di libertà nella relazione con se stessi e con gli altri.

Diventiamo capaci di vedere e scegliere, se lo riteniamo opportuno, altre modalità relazionali, oltre quelle abituali, differenziando i modi e i tempi.

Un esempio tratto dalla pratica educativa: acquisisco un punto osservativo meta quando scopro che posso vedere in un altro modo uno studente che in classe provoca e disturba.

Si tratta di un cambiamento che appare repentino, ma si realizza attraverso un processo che comprende più passaggi:

  • leggo e osservo la mia reazione immediata di irrigidimento fisico improntato alla paura e al fastidio;
  • contengo questa reazione immediata, ovvero evito di agirla, riesco a recuperare in me un sentire più profondo, percependo che sotto la provocazione che lo studente agisce c'è anche la paura, la sua e la mia;
  • nel momento in cui contengo, contatto nei miei tratti caratteriali, nelle mie esperienze, la possibilità di accogliere la paura e dare una risposta contestualizzata o creativa, attuo in tempo reale un come comunicativo che cambia la dinamica relazionale.

Questo cambiamento relazionale non avviene applicando un protocollo di istruzioni razionalmente dettagliate. Il cambiamento avviene immediatamente quando si tocca la dimensione comunicativa ed empatica.[5]

Aumentando la consapevolezza di Me, riesco a leggere meglio l'Altro e a sintonizzarmi sul come relazionale più adeguato, quindi lavoro con il mio corpo per lavorare ed esserci nella relazione.

 

 

Bibliografia

 

Ammaniti, A., Gallese, V. (2014), La nascita dell’intersoggettività, Milano: Raffaello Cortina Editore.

Bragante, S., (2006), Structure and counter-transference in Authentic Movement from a Reichian analytic perspective in Body,Movement and Dance Theraphy in Psychotherapy, marzo 2006, London, Routledge Taylor and Francis

Brumărescu  R., Empatia e sintonizzazione, in PsicoterapiaAnaliticaReichiana n. 2/2017

Damasio A., Alla ricerca di Spinosa, (2003), Milano, Adelphi,  pag 43

Kabat-Zinn J. (2008) Riprendere i sensi. Guarire se stessi e il mondo attraverso la consapevolezza,

Milano,Tea, pag 109

Ferri G., Cimini G. (2012), Psicopatologia e carattere, Roma, Alpes, pag 76

Mannella M. (2018) L’educazione del corpomente. Cosa significa educare nella società postmoderna, Roma, Alpes

Messina A., Processi di sofferenza urbana, in  PsicoterapiaAnaliticaReichiana, n. 1/2018.

 

[*] Psicologa, Psicoterapeuta S.I.A.R.

[1] Uno studio effettuato in un quartiere problematico di Catania evidenzia come  aumentano richieste di intervento  sociosanitario effettuate da persone che lamentano  confusione e perdita di consapevolezza rispetto alle domande:

‘Che cosa faccio e perché?’ 'Che senso hanno le relazioni?’ 'Quali sono le mie possibilità?'
'Qual è la mia  identità quando svolgo più lavori nella stessa giornata?' 'Qual è il mio valore se non riesco a possedere oggetti firmati o strumenti tecnologici di ultimo modello?'
Si tratta di disagi che si possono  mettere in relazione con altri disturbi (workaholism, binge-watching, hikikomori, suicidi sul posto di lavoro, svegli 24 ore 7 giorni su 7) in quanto si tratta di forme di sofferenza urbana, cioè di dinamiche psicologiche e sociali che si creano tra le  metropoli e i soggetti che le abitano, riconducibili a un'accelerazione tipica della società liquida che perpetra un furto del tempo nel corpo sociale. Rivista semestrale on line, n. 1/2018
Messina A., Processi di sofferenza urbana, in  PsicoterapiaAnaliticaReichiana, n. 1/2018.

[2] Sintonizzarsi con l’altro è un prerequisito base per la relazione. Il concetto di sintonizzazione deriva dalla letteratura neurobiologica, per descrivere il modo in cui una persona si focalizza sui propri e altrui stati mentali nella connessione con l’altro. Questo principio è stato osservato nelle relazioni tra madri e figli: la sintonizzazione tra loro richiede una lettura accurata da parte del genitore dello stato in cui si trova il bambino, la capacità della madre di comunicare con lui e l’abilità dell’infante di riconoscere il suo stato in relazione al genitore (Beebe, 2004). Studi EEG mostrano come i circuiti neurali impiegati nella sintonizzazione del proprio Sé corrispondano alle aree corticali attivate durante la mindfulness (Siegel, 2007).
Brumărescu  R., Empatia e sintonizzazione, in PsicoterapiaAnaliticaReichiana n. 2/2017

[3] Gli esempi citati si riferiscono a acting di vegetoterapia, (strumento di psicoterapia corporea dell'analisi reichiana) o ad altre pratiche di indagine corporea su di Sé (dalle forme tradizionali di meditazione alla mindfulness)

[4] Le relazioni umane, la percezione e la comprensione di un'azione non passano soltanto attraverso la mediazione cognitiva del neo-cortex, ma attraverso una via più veloce, quella dell'empatia, la cui base fisiologica è costituita dai neuroni specchio. Percepire e comprendere il significato di un'azione avviene attraverso una simulazione non consapevole, incarnata nei neuroni specchio. Ammaniti e Gallese hanno osservato che i neuroni specchio si attivano, scaricano in 200 millisecondi, sia quando un soggetto esegue un'azione, sia quando osserva la medesima azione compiuta da un altro soggetto.

[5] Il processo si basa su aspetti bottom-up, dal corpo verso la mente: secondo la Teoria polivagale di Porges, il sistema nervoso valuta gli stimoli, gli input ambientali e orienta – stimolando la muscolatura – la risposta cognitiva.

 

 

 

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