Numero 1/2018

COMUNICAZIONE E RELAZIONE MADRE FETO
LO SVILUPPO DELL'ATTACCAMENTO PRENATALE

 

Maria Grazia A. Flore[*]

  

     Durante la gravidanza le modalità di comunicazione con il feto sono svariate. Si possono stimolare le sue reazioni e contemporaneamente capire i messaggi che ci manda. È un rapporto fatto di continue scoperte sorprendenti e questa relazione sarà alla base del legame che si svilupperà dopo la nascita; si stimolano le capacità sensoriali del feto e se ne promuove la maturazione.
 
     Ma quando inizia la comunicazione tra madre e figlio? Possiamo dire che comincia da quando la donna viene a sapere di essere incinta. I vissuti della donna in gravidanza sono molto spesso inconsapevoli ed agiscono sulla modulazione psicosomatica: sul sistema immunitario, sui livelli ormonali e sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Queste modificazioni per via umorale passano all’embrione, che a sua volta risponde per via umorale all’organismo e alla mente della madre. Dopo questa prima fase, e cioè quando si sviluppano i sensi del feto, si può parlare invece di comunicazione sensoriale, che avviene in particolare per via tattile e uditiva.
     Le conoscenze che oggi disponiamo sulla sensorialità del feto e sulla capacità materna di entrare in comunicazione e quindi in relazione col proprio bambino in un’epoca così precoce, sono assolutamente preziose.
 

La comunicazione tattile

     Una delle modalità che si è sviluppata è quella dell’aptonomia​ inventata​ dal medico olandese Frans Veldman che la definì “scienza​ del toccare e del sentire, nella sua dimensione intima e affettiva” (Veldman, 2015). Essa consiste​ nell’entrare in contatto col bambino attraverso il tatto e si può praticare dal quarto/quinto mese di gravidanza, da quando i movimenti del bambino iniziano a sentirsi. Questo avviene cercando un contatto attivo, ossia una reazione di risposta da parte del feto. Si inizia con una fase di rilassamento muscolare del diaframma, del perineo e di tutti i muscoli addominali, si passa attraverso il controllo della respirazione per poi arrivare al contatto vero e proprio. I genitori possono così incontrare attivamente il loro bambino che reagisce a questi stimoli avvicinandosi o allontanandosi, muovendosi lentamente e rispondendo ai movimenti, ondeggiamenti e dondolii. Sia la madre che il padre possono sperimentarsi in questa comunicazione e sentire il feto che va incontro alle loro mani. Il bambino che può sentire il contatto amorevole a partire del grembo materno riceve un piacere e una conferma di sé che contribuiscono alla costruzione della sua sicurezza affettiva ed emotiva. Per i genitori favorisce lo sviluppo della relazione col bambino e dei sentimenti di maternità e paternità. Questo gioco di movimenti che si crea possiamo supporre che vada a sviluppare l’attaccamento​ prenatale.​

L’aptonomia risulta benefica anche durante il travaglio per ottenere un effetto rilassante: grazie al massaggio infatti aumentano le beta-endorfine (Miraglia, 2005).pregnancyFoto di Tawny van Breda

  Un aspetto importante è che i movimenti fetali comportano una fonte di stimoli non indifferente per il lavoro emotivo della madre, con conseguenze sulla comunicazione col bambino. Un compito adattivo della donna in questa fase è quello di prendere atto della presenza tangibile di un bambino dentro di lei come essere autonomo, separato da lei: fino a quando i movimenti non vengono percepiti madre e feto vivono una sorta di fusione, si sentono quasi un tutt’uno; da quando si iniziano a sentire avviene invece una presa di consapevolezza dell’esistenza di un essere a sé stante, e con questo si concretizza la possibilità di iniziare ad instaurare una relazione d’attaccamento.

La madre può vivere i movimenti del figlio dentro di lei in modi diversi: o sentirli come una cosa del tutto normale, oppure pericolosi ed eccessivi. In quest’ultimo caso un senso d’ansia e d’allarme potrebbe provocare dei messaggi al feto (attraverso ormoni, pressione sanguigna, variazioni della respirazione) che potrebbero o inibire la sua motricità, cosa che metterebbe a rischio lo sviluppo motorio e psichico, oppure incrementare i movimenti (Righetti P. L. 1998; Righetti P. L. e Sette L., 2000).

Le evidenze scientifiche dimostrano che l’inizio dei movimenti del bambino portano all’instaurarsi di un dialogo tra madre e figlio che va ad influenzare anche gli scambi sensoriali ed umorali. Il tutto, pur avvenendo in modo inconscio, condizionerà gli apprendimenti e la struttura mentale del feto. Varie ricerche ci danno dimostrazione di questo: si è visto che, se si stimola la madre con immagini che comportano o uno stato di relax o un’attivazione, tramite le osservazioni ecografiche si riscontrano nel bambino variazioni dei movimenti.

  Un altro studio ecografico effettuato dalla psicoanalista Alessandra Piontelli (1987) ha potuto constatare delle grandi differenze nella motricità dei bambini nella vita intrauterina: una bambina appariva calma ma non immobile, la maggior parte del tempo galleggiava nel liquido amniotico e a volte si muoveva ritmicamente; le braccia stavano abbandonate lungo i fianchi e a volte congiungeva le mani; nel complesso appariva una bambina tranquilla e in armonia.

Un altro invece si muoveva pochissimo; stava quasi sempre rannicchiato in un angolo dell’utero col viso coperto dalle braccia e dalle mani, e anche le gambe sembravano in una posizione che potessero coprire il volto; non appariva tranquillo ma decisamente teso.

Non possiamo asserire che questi stati siano dovuti totalmente alle influenze umorali e sensoriali materne, ma queste hanno una grande influenza sia nell’attivare uno stato di benessere, che uno stato di malessere nel bambino. La Piontelli riscontrò anche una continuità comportamentale tra periodo prenatale e postnatale, dato che dopo la nascita e durante la prima infanzia il comportamento dei bambini rimaneva molto simile a quello intrauterino.

 

La comunicazione uditiva

  Il bambino ha la capacità di memorizzare alcuni suoni sentiti nella sua vita intrauterina: in primis il battito cardiaco, ma anche la voce materna e paterna e addirittura alcune favole. Per una madre che vuole instaurare una relazione col proprio figlio in una fase così precoce è molto importante che gli parli; in questo modo svolge diverse funzioni: attira la sua attenzione, lo abitua alla sua voce e gli fa capire quanto è atteso; inoltre, solo per il fatto di rivolgersi a lui la madre inizia ad abituarsi al fatto che il figlio è sia parte di sé che anche un altro essere indipendente da lei.

  Alcuni studi mettono in evidenza l’utilità del dialogo materno per lo sviluppo delle strutture linguistiche postnatali: se dovesse mancare la voce materna nel periodo di gestazione potrebbero essere compromessi la capacità di ascolto e di linguaggio del bambino in futuro, perché gli mancherebbero le fondamenta. Tomatis, che si è dedicato allo studio dell’influenza della sonorità nella vita intrauterina, sostiene che “l’embrione è soggetto a influenze sonore che determinano in maniera permanente le strutture basilari e il ritmo del linguaggio futuro. La capacità di comunicazione, pertanto, nasce dalla vera e propria preesistenza tra madre e figlio, dalla loro speciale comunicazione ma soprattutto dalla conoscenza di sé stesso. Il primo linguaggio in assoluto è proprio questo, ossia questa intima comunicazione fra madre e feto” (Tomatis A., 1993, p. 41).

  Anche l’ascolto della musica durante la gravidanza alimenta la relazione tra madre e figlio. In primis perché il feto memorizza le voci e le favole che sente più di frequente, e lo stesso accade per le melodie: quelle ascoltate più spesso durante la vita intrauterina una volta nato lo possono aiutare a tranquillizzarsi, perché rappresentano qualcosa di familiare. La mamma può quindi cantare per il proprio piccolo già durante la gravidanza, in modo che il bambino ne tragga giovamento sia nel presente che nel futuro. Inoltre la musica attiva dei cambiamenti organici benefici nel feto: rallentamento del battito cardiaco, movimenti del corpo e stimolazione della produzione di endorfine, utili per attenuare il dolore.          Uno studio condotto all’Università di Helsinki (Partanen E. et al., 2013), ha messo in luce che le sonorità percepite dal feto possono influenzare lo sviluppo del cervello del bambino e di conseguenza le future abilità linguistiche: il cervello subisce infatti delle mutazioni strutturali e un aumento delle connessioni neuronali.

  Paola Citterio, musicologa e musicoterapeuta, ha messo a punto dei corsi di musicoterapia in acqua che si possono frequentare durante il periodo della gravidanza, sostenendo che “questo​ percorso è un ottimo modo per imparare a stimolare il feto, creando continui contatti sinaptici a livello del suo sistema neurologico. Ne risulterà un neonato, come un individuo, che ha già delle conoscenze, che ha sviluppato un apprendimento in utero ed è quindi più predisposto e recettivo agli stimoli. Il nascituro, ancora in utero, grazie all’ascolto della musica, della voce e del canto materno/paterno, al contatto empatico dei futuri genitori, alla percezione del massaggio e del tocco della pancia della sua futura mamma, non solo crescerà sereno e felice, ma comincerà a sentirsi amato e in continuo scambio comunicativo con l’ambiente esterno”​ (Citterio P., 2008).​

 

Lo sviluppo dell’attaccamento prenatale

Il termine attaccamento​ prenatale indica​ il legame che genitori e feto sviluppano durante la gravidanza. Fu Winnicott per primo a parlare di “preoccupazione materna primaria”,​ ossia l’investimento affettivo della madre verso il feto, un coinvolgimento esclusivo ed intenso che arriva anche ad escludere il resto delle cose, perché l’attenzione, i pensieri e le fantasie sono rivolti del tutto al bambino che sta arrivando. (Winnicott, 1958). Un decennio più tardi lo stesso Winnicott constatò che questi sentimenti si sviluppano anche nel padre. Da allora è stata data grande importanza al legame che si sviluppa in epoca prenatale tra genitori e figli, in quanto influisce sia sulla relazione di attaccamento che sullo sviluppo psichico del bambino.

Le esperienze intrauterine sia positive che negative permangono e vivono in tutti gli individui, anche se inconsciamente. Il feto non è passivo ma inizia a sviluppare una vita psichica e il bambino alla nascita non può affatto essere considerato una tabula​ rasa:​ possiede già una sua personalità e la capacità di percepire ed apprendere. Tra madre e figlio molto presto inizia una comunicazione profonda e il bambino è in grado di cogliere i suoi segnali d’affetto o, al contrario, di rifiuto e di rigetto.

  Che cosa fare per iniziare ad instaurare una relazione d’attaccamento sicuro durante la gravidanza? Che cosa possiamo trasmettere ai genitori noi che ci occupiamo di salute perinatale?

È importante, in primis, che la coppia genitoriale consideri il bambino come un membro della famiglia già prima della nascita; è fondamentale comunicare con lui attraverso tutti i modi di cui abbiamo parlato prima: la voce, il canto, le carezze, il contatto, la musica. È bene fin dall’inizio della vita comunicare in modo gentile, gioioso, empatico e non direttivo: il feto non può capire il significato di ciò che si esprime, ma ne percepisce il tono, la musicalità, la frequenza e l'intensità della voce. Il futuro padre può contribuire a mantenere un’atmosfera di sostegno, protezione e serenità; anche lui, naturalmente, dovrebbe parlare spesso al feto in modo amorevole e sviluppare un contatto con lui; è molto importante che la triade si sviluppi in modo positivo senza che nessuno dei membri si senta escluso: ne gioverà sia la coppia, che l’interazione tra genitori e bambino, che, ovviamente, il bambino stesso.

  Abbiamo visto quanto sia importante la comunicazione attraverso il tatto: le carezze, le piccole pressioni, la scienza dell’aptonomia sono tutte modalità per favorire quell’attaccamento di cui il bambino ha bisogno.   Instaurare un legame d’affetto col proprio figlio nel periodo precedente alla sua nascita è confermargli giorno per giorno la scelta di aver generato consapevolmente un individuo degno di essere amato.

Aspettare un bambino e seguire il suo sviluppo durante la gravidanza è un’esperienza sconvolgente, ricca di emozioni e vissuti anche contrastanti. Dobbiamo riuscire a trasmettere che non esiste un unico modo giusto di portare avanti una gravidanza, ed ogni coppia lo dovrebbe fare a seconda delle sue caratteristiche, della sua personalità, dei suoi bisogni. Ciò che non dovrebbe mancare è il desiderio​ di​ avere il figlio che si porta in grembo; il coinvolgimento​ di​ coppia, con un padre presente e attento; uno spazio​ mentale di​ attesa del bambino, l’investimento affettivo, i pensieri e le fantasie a lui rivolte; per quanto possibile, infine, che la coppia riesca a metabolizzare i conflitti e le tensioni, che fanno parte della vita.

Tutto questo porterà i suoi benefici: un attaccamento tra bambino e genitori ed una nuova vita che inizia sentendosi accolta ed amata.

 

 

Bibliografia

Citterio, P.U. (2008), L’abbraccio sonoro: percorso innovativo di musicoterapia in acqua rivolto a future mamme. Pavia: Bonomi.                              

Miraglia, F. (2005), Per una cultura del nascere. Soveria Mannelli: Rubbettino.                                      

Partanen, E., Kujalaa, T., Näätänen, R., Liitolaa, A., Sambethf, A., Huotilainen, M. (2013), “Learning-induced neural plasticity of speech processing before birth”, in PNAS, 110 (37), 15145-15150.                                      

Righetti, P.L. (1998), Le Emozioni e gli stati dell’Io prenatale, Atti del III Congresso Internazionale OMAEP: Fondamenti biologici e psicologici dell’educazione prenatale - Comunicazione, Roma.                                               

Righetti, P.L., Sette, L. (2000), Non c’è due senza tre. Torino: Bollati Boringhieri.                                            

Tomatis, A. (1993), Dalla comunicazione intrauterina al linguaggio umano. La liberazione di Edipo. Pavia:Ibis                                     

Veldman, S. (2015), Haptonomie. Science de l’affectivité. Paris: Presses Universitaires de France.                                               

Winnicott, D.W. (1958), Dalla pediatria alla psicoanalisi. Firenze: Martinelli.

                                           

                                  

 

[*] Psicologa, Psicoterapeuta, docente di Psicologia Perinatale

Share