Numero 2/2014

Ferenczi, l'enfant terrible della psicoanalisi

di Mario Franceschini
ALPES Ed., 2014

a cura di Paolo Tornambé*

 

Perché Marco Franceschini si preoccupa di presentarci un personaggio che ad Oxford fu definito l'Enfant terrible della psicoanalisi?

Perché l'interesse per Ferenczi? l'analista dei casi difficili, un personaggio nato nel 1873 e morto nei primi anni del 1930, esattamente nel 1933.

Che cosa ha di importante Ferenczi da attirarlo così tanto?

Franceschini lavora insieme ad altri professionisti in ambiti di frontiera che sono definiti generalmente Bio-Psico-Sociali, nell’Associazione Psicologicamente.

Vive quindi in un ambiente segnato da un desiderio di porsi al confine, un confine che è normale per un ricercatore attento e dovrebbe essere quasi la norma di una comunità scientifica. In realtà, come possiamo vedere anche dalla vicenda storica e psicologica di Ferenczi (il padre in realtà si chiamava Frankel, inizialmente prese il cognome magiaro di Ferenti che poi cambiò definitivamente in Ferenczi), le comunità, quando diventano organizzazione e poi istituzione, cominciano a favorire il normale e a curare la ortodossia, per cui soffrono o mettono ai margini coloro che non si identificano con il pensiero ufficiale, in particolar modo, con quello del Fondatore che, nel nostro caso è Sigmund Freud.

Freud, fin dagli inizi, considererà Sandor Ferenczi come suo figlio prediletto e sarà colpito dall'acume e dalla intelligenza profonda di Ferenczi, che però soffre ogni forma di identificazione che, nella sua mente coincide con imitazione e ogni identificazione-imitazione è morte perché uccide ogni capacità di creatività e di senso critico.

Marco Franceschini, che vive già la crisi di svolta o di maturazione che sta vivendo la scienza in genere e le scienze dell'uomo/donna in particolare, insieme ad altri tra gli anni 1980/1990 ha riscoperto Ferenczi grazie alla pubblicazione del Diario Clinico (stampato la prima volta nel 1932) dopo una censura di almeno 50 anni.

Insieme a molti altri ha cercato di capire come mai tanto silenzio e per così tanto tempo.

Jones, collaboratore di Freud e suo primo biografo, presenta Ferenczi come affetto da latenti tendenze psicotiche, affetto da errori regressivi, afferrato da crisi paranoidi e da crisi omicide.

altIl primo a mettere in dubbio tale diagnosi del biografo e collaboratore di Freud fu Layos Lévy, medico di Ferenczi, il quale affermò che le crisi paranoidi sono un fenomeno normale nelle forme gravi di anemia. Anna Freud, consulta Layos Lévy, ed è dispiaciuta che Jones, non abbia fatto lo stesso. Che cosa è successo? Freud considera Ferenczi il suo figlio prediletto, Jones è collaboratore e primo biografo di Freud: è assai probabile che una certa gelosia o invidia possa aver invaso l'animo di Jones, il quale penserà che la sintomatologia di Ferenczi sia dovuta alla mancata elezione come Presidente dell'IPA (Associazione Psicoanalitica Internazionale). Purtroppo, e Franceschini lo rileva chiaramente, Jones mente, e quel che è grave, è che scrive queste cose dopo la morte del suo collega che, non dimentichiamolo, è stato anche il suo analista.

Ferenczi si era accorto di qualcosa di strano e lo scrive in una nota del Diario Clinico: “...da tempo è in corso uno stretto scambio di circolari tra Freud e Jones. Vengo trattato come un malato bisognoso di riguardi...”; e conclude con la seguente dichiarazione: “…antipatia aperta invece di una finta gentilezza...” (Ferenczi, 1932, p.320). Nelle fonti si discute di chi sia questa finta gentilezza, ma ci si orienta in genere a pensare che sia di Jones.

Perché la Comunità Psicoanalitica credette e dette ragione a Jones? Forse perché Ferenczi era amico di Rank? Si aveva paura che prendere in considerazione i concetti e le idee di Ferenczi poteva significare riaprire il caso Rank che era stato bandito già dalla Psicoanalisi ortodossa? La risposta più plausibile è questa che troviamo nel testo: “...la personalità di Sandor Ferenczi e i suoi insegnamenti erano in contrasto con le qualità mimetiche richieste da una Comunità Psicoanalitica che stava diventando una organizzazione burocratica..” (Ibidem, p.114). Oppure quello che Franceschini ci dona come conclusione di Anna Freud: “...conservare la credibilità del tutto valeva il sacrificio della parte lesa, ovvero di Ferenczi...” (ibidem, p.114).

Ma quali sono questi concetti o idee che contrastano con il pensiero ufficiale della Comunità (sostanzialmente con quello di Freud)? Ne potremmo dire tante, ma ci soffermiamo solo su alcune. Per esempio il meccanismo di difesa che Anna Freud chiama identificazione con l'aggressore nel suo famoso libro sui Meccanismi di difesa. Il termine, in realtà, fu usato, molto in anticipo, da Ferenczi in un articolo dal titolo “Confusione delle lingue tra Adulto e Bambino” (1932, Wiesbaden, Congresso dell'Associazione Psicoanalitica Internazionale). In questo articolo l'Enfant Terrible torna a ridiscutere della teoria della seduzione che Freud aveva abbandonato da almeno trent'anni. È il primo a iscrivere trauma all'interno di un contesto relazionale.

Perché è importante focalizzarci su questo aspetto? Perché tutta la discussione odierna all'interno della Psicoanalisi si orienta ormai all'interno di un Sistema Relazionale, che mette completamente in ombra il vecchio modello Pulsionale. Ferenczi l'aveva intuito già prima di Mitchell o Rogers o Sullivan, tanto per citare alcuni dei teorici che negli ultimi tempi scrivono di modulo o modello relazionale in Psicoanalisi.

Ferenczi rimproverò apertamente Freud di disinteressarsi dell'aspetto terapeutico dell'analisi. Questo è un punto nevralgico. Ferenczi non si preoccupava solo di dare veste credibile e significativa alla Psicoanalisi, ma la sua ricerca era tesa a trovare concretamente una cura, e arrivare all'Healing, cioè alla guarigione.

Ci sarà una amara delusione di Ferenczi nel vedere che Freud non aveva attenzione a quello che lui considerava cruciale: l'analisi dalla parte del paziente. Ecco un dato interessante: l'analisi dalla parte del paziente. Da qui un atteggiamento analitico estremamente democratico che sfocerà in quello che ancora oggi non è stato ancora accuratamente sviscerato e che Ferenczi tentò con una sua collega, che chiamava la regina, Elizabeth Severn: l'analisi reciproca.

Quello che comunque aprì in quel periodo un filone di grande interesse e spessore è l'importanza data, in sede di setting analitico, alla dimensione del transfert e del controtransfert. Ferenczi considerò negli anni '30 del ‘900 il controtransfert cruciale per la riuscita dell'analisi, molto prima di personaggi del calibro di Searles.

Potremmo dire ancora altro, ma lasciamo al lettore di approfondire nella sintesi presentata da Marco Franceschini.

Perché Enfant Terrible? La definizione che più mi è piaciuta è quella che è stato il pioniere dei pionieri ma, quello che lo ha reso particolarmente Terrible è stato “...il suo rifiuto di usare il linguaggio tecnico della Psicoanalisi preferendo il linguaggio comune” (ibidem, p.115). Per esempio non usava il termine Super-Io, ma quello di intropressione. Perché? Per far capire che c'era una pressione che nasceva da dentro e che andava accuratamente osservata e sciolta. Ferenczi aveva a cuore il bene dell'uomo/donna e si metteva dal suo punto di vista, non da quello dell'Organizzazione. Forse anche per questo era fastidioso.

Prima che esplodesse l'atteggiamento critico, nel 1908, Freud immaginava Ferenczi come futuro genero per la sua primogenita, Mathilde, e scriveva ad Abraham il 26 dicembre: “…ci ha profumato il cuore”.

Mi piacerebbe che queste pagine possano profumare il cuore dei lettori e donarci la forza, come quella di Franceschini, di diventare ed essere pionieri di una analisi che incida profondamente sul cuore e sull'ambiente dell'uomo/donna contemporanei. Mi piacerebbe che la Psicoanalisi non sia rinchiusa nel solo setting analitico, ma diventi anima per una trasformazione radicale della realtà.

Desidero infine sottolineare questo pensiero: “Il progresso della conoscenza ha bisogno di incoscienti che osano disturbare l'universo tranquillo delle ortodossie; del resto l'ortodossia si preoccupa della certezza, ma non l'assicura” (ibidem, p.109).


* Psicologo, specializzando in Psicoterapia presso la Scuola Italiana di Analisi Reichiana.

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