Numero 2/2014

FRANCA

Questo articolo è la parziale documentazione di un incontro di supervisione analitico-clinica in gruppo condotta da Genovino Ferri, psichiatra, analista reichiano.

Un terapeuta presenta il caso di un proprio paziente, gli altri terapeuti intervengono con domande e commenti, il supervisore conduce.
La storia

Franca è una ragazza ventenne, alta 180 cm. e con una struttura corporea piuttosto pesante. Quando è arrivata da me, tre anni fa, pesava 166 kg.; due mesi dopo ha iniziato una dieta, che le ha fatto perdere circa 80 kg. in un anno; oggi pesa 90 kg. ed è diventata molto bella. Oltre ai chili c'è una cosa ancora più bella: si è iscritta all’Università. Tre anni fa raccontava della sua difficoltà a prendere decisioni: ogni volta che doveva farlo provava un'angoscia fortissima.

In quel periodo l'angoscia più grande era relativa alla scelta della facoltà: il suo sogno era sempre stato quello di studiare medicina, anche se aveva paura di non esserne all'altezza.

Franca nasce dopo una lunga attesa, i genitori per molto tempo non erano riusciti ad avere figli; nasce con un parto naturale, 5 giorni di ritardo e 3 kg. di peso.

Durante la gravidanza la madre era stata molto stressata, puliva la casa ossessivamente, si sentiva esaurita e non si fermava mai.

È stata allattata fino ai 4-5 mesi e poi gradualmente svezzata senza particolari problemi. Proprio in quel periodo, quando Franca aveva 6 mesi, la mamma scoprì di essere di nuovo incinta ed abortì volontariamente.

In famiglia sono in quattro: lei, la primogenita; la sorella, più piccola di un anno e mezzo; la madre e il padre.

SupervisoreSe ho capito bene… la madre dopo l'aborto ha riparato il lutto subito con un'altra piccola?

TerapeutaSì, dopo 3 mesi.

Franca all'interno del suo sistema famiglia parla di due forti alleanze sub-sistemiche: tra lei e il padre e tra la madre e la sorella.

La mamma ha sempre preferito la sorella e il padre ha sempre preferito lei (“un implicito feeling di cui mia madre è stata sempre gelosa”).

Franca definisce la madre lunatica, non sempre disponibile, giudicante e ingenua: “ ho con lei un rapporto conflittuale”.

La mamma giudica molto l'aspetto fisico della figlia, i suoi comportamenti… ed è molto invadente e svalutante.

Ogni volta che Franca ha iniziato una dieta, puntualmente la madre ne ha iniziata una anche lei… come se fosse in competizione.

Il padre invece, poco presente in casa per il suo lavoro, è spesso disponibile alle richieste della figlia. Franca lo definisce testardo, agitato e appunto disponibile.

Con la sorella, che definisce testarda, orgogliosa e incoerente, ha un rapporto conflittuale.

A sua volta Franca si definisce testarda come il padre, disponibile, orgogliosa e noiosa.

Dice di essere stata una bambina tranquilla “come mi mettevano mi ritrovavano“, ciò consentiva ai genitori di allontanarsi da casa e di lasciarla da sola davanti alla tv.

A 11 anni, avendo raggiunto il peso di 94 kg., iniziò la prima dieta che interruppe dopo 3-4 mesi, perché (lei dice) il dietologo era cattivo e la dieta troppo drastica: “ mi portava a mangiare di nascosto”. Perse comunque 10 kg.

A 16 anni iniziò una nuova dieta, che interruppe sempre dopo 3-4 mesi ed anche in questa occasione perse 10 kg.

A 17 anni fece un'altra dieta condotta per un mese e con una perdita di 2.5 kg.

L'anno passato, infine, ha iniziato l’ultima che le ha fatto perdere 80 kg. Alla dieta quest’anno ha associato l’attività fisica in palestra, luogo che prima non riusciva a frequentare per paura del giudizio… e oggi non può farne a meno.

Il profitto scolastico, nel corso degli anni, è stato sempre buono, ha sempre studiato e si è appassionata a tutto ciò che riguardava la medicina. Lo studio era per lei quasi un rifugio, non avendo amicizie e relazioni esterne.

Nel periodo della scuola elementare racconta che le era stato molto difficile distaccarsi dalla madre e piangeva molto quando doveva allontanarsi da lei. In quello stesso periodo era molto grassa e ricorda che i suoi compagni la prendevano in giro; addirittura quando lei, durante le lezioni, avvertiva di dover andare in bagno, per paura di alzarsi e di essere mortificata, arrivava a non contenere più la pipì, facendola addosso.

Giocava poco e solo con i cugini, passava gran parte del suo tempo davanti alla tv. Anche alle scuole medie l’allontanamento dalla madre, per frequentare la scuola, fu traumatico ed anche qui veniva derisa dai suoi compagni perché troppo grassa.

In quel periodo ebbe un primo interesse per un ragazzo; ne fece partecipe una sua amica che però lo raccontò a lui e Franca si sentì delusa e provò contemporaneamente tanta vergogna.

Ha frequentato il liceo scientifico con la stessa problematicità di separazione dalla madre e di derisione dei compagni di classe per il suo peso.

Nei primi due anni studiò tantissimo, ma al terzo anno cominciò a non frequentare più la scuola, rischiando la bocciatura. Al quarto anno, su consiglio della cugina, che lei stima da sempre molto, iniziò una prima psicoterapia con un collega uomo, che però interruppe dopo due mesi; l’anno successivo, sempre consigliata da sua cugina, contattò me.

Prima dell'esame di maturità scientifica prese con sé un gattino contro il volere dei genitori, Lilì, per lei molto importante.

Dopo il diploma fece il test per iscriversi alla Facoltà di Medicina, non superandolo, si iscrisse alla Facoltà di Biologia, frequentata per un anno. Sostenne solo i due esami che potevano essere convalidati in caso di ingresso alla Facoltà di Medicina. Quest'estate ha ritentato il test di accesso a medicina, ma non l'ha superato neanche questa volta; durante il test le si è offuscata la vista e le girava la testa, sintomi di un'ansia fortissima.

Si è iscritta così a Scienze infermieristiche, che lei chiama il piano b e che comunque le piacciono molto.

Franca non ha mai avuto una storia d'amore, non ha dato mai un bacio, non ha avuto mai rapporti sessuali; negli ultimi mesi mi racconta di un gioco di sguardi con un ragazzo che ha incontrato in Facoltà, che la fa stare bene.

Contemporaneamente si è interessata ad un altro ragazzo con cui c'è una relazione d'amicizia.

Oggi ha anche delle amiche con le quali condivide lo studio e le uscite da casa.

Il percorso

Supervisore: Quando hai cominciato a vedere, notandoli, i suoi primi movimenti vitali?

Terapeuta:Dopo aver sottoposto il caso Franca ad una prima supervisione è come se fosse scattato qualcosa, c'è stato più movimento vitale in lei.

Supervisore: Cosa è cambiato?

Terapeuta:Innanzitutto una maggiore presenza mia, l’ho vista di più.

Supervisore: E lei ha sentito la sensazione di essere stata vista?

Terapeuta:Secondo me sì. Un giorno, due mesi fa, ho aperto la porta e ho realizzato davanti agli occhi di trovarmi di fronte ad una nuova Franca. Dentro di me mi sono fermata per una frazione di secondo a guardarla e mi sono detta che era proprio una bella ragazza, era completamente trasformata: all’inizio non riusciva ad entrare dalla porta e doveva passare di lato. Ora, oltre ad essere dimagrita, è proprio cambiata nei tratti del viso, è curata, si trucca e si veste bene.

Supervisore: che cosa è cambiato in te dopo la prima supervisione, allora?

Terapeuta:Sicuramente sono una persona che la vede di più.

Supervisore: Non solo, vederla di più ti ha permesso di sentirla di più.

Prima chi eri?

Terapeuta:Stavo là, la ascoltavo certo, però mi annoiavo! Lei lo percepiva e diceva di sentirsi noiosa.

Supervisore: La noia è una problematica di relazione: non c'è scambio! e Franca rischia di aumentare di peso. Cosa avevi annotato sulle ragioni del peso, nella prima supervisione?

Terapeuta:Che non era stata vista dalla mamma. Ancora oggi se sta in casa, fa fatica e se invece sta fuori, per esempio all’Università, lei sta bene.

Supervisore: Se lei incontra gli occhi dell'altro che la leggono, la guardano, la accolgono, lei dimagrisce.

Se non incontra gli occhi dell'altro cade in un'oralità primaria.

C’è un frattale etiopatogenetico che permea la sua storia: la separazione dalla madre, dall'asilo fino al liceo, ed è qui in questo periodo che Il Sé di Franca inventa il colpo geniale: il gattino Lilì.

Ora ascoltiamo le voci di tutti i presenti a questa seconda supervisione, svolta in gruppo, differentemente dalla prima, individuale.

Intervento:Una cosa non ho capito bene: la lasciavano da sola a casa, stava buona senza muoversi e quando si trovava fuori, invece, non riusciva a separarsi dalla madre! Strana questa cosa...

Supervisore: Potrebbe essere comprensibile se utilizziamo una lente particolare d'osservazione.

Ritengo che questa ragazza abbia vissuto nell’intrauterino una minaccia di morte. Lei non ha infatti solo il tema della separazione, ha anche il tema della minacciosità. È differente, nei vissuti di una persona, la minaccia di separazione dalla separazione. La minaccia di separazione allerta tutta una serie di neuromediatori ed aree cerebrali diversi da quelli allertati dalla sola separazione. La minaccia di separazione può portare, se già vissuta in profondità, ad una riedizione di schema di protezione espresso dalla paralisi da panico: la piccola Franca sta ferma lì, identica nella scena a come l'avevano lasciata. Può stare immobile perché è stata probabilmente la sua soluzione nell'utero materno e la ripropone nel dentro della sua casa, per cui può anche rimanere da sola; ma se è lei che deve muoversi non ce la fa ad andare verso l'azione temuta dello staccarsi… allontanarsi, le richiamano i temi esclusione-abbandono. È un movimento frattalico (segno inciso) molto forte depositato nella sua memoria implicita amigdaloidea, che probabilmente appartiene ai primi mesi della sua storia di vita.

Intervento:la differenza è molto importante: mentre la separazione è elaborabile perché produce un lutto più o meno intenso, profondo, lungo; la minaccia non è elaborabile perché non è un processo compiuto, è in atto, lo stato della persona non evolve e resta così in attesa di...

Supervisore: Sì, nella minaccia non c'è la conclusione e non c'è la riparazione possibile, c'è l'incombenza della minaccia (e se mi concedete un’incursione nelle neuroscienze) con l’allarme vitale presente nell’Amigdala, che rimane dominante sull’abbandono, prevalente solo successivamente nel lutto, che interesserà il Giro Gingolato Anteriore.

A livello periferico sono interessati, rispettivamente e principalmente, la parte posteriore del Corpo che veicola l’aggressività e quella anteriore del Corpo che registra, in ben precisi livelli, le perdite oggettuali dell’Altro da Sé.

Intervento: Quindi tutti i meccanismi di difesa messi in atto sono quelli assolutamente primari: evitare che quella cosa si compia.

Supervisore: Se io non mi muovo non mi stacco, rimango lì, raccolta, subìsco.

Intervento:Quando lei rimaneva a casa da sola mangiava tanto.

Supervisore: E’ probabile che lei abbia messo in atto anche un altro meccanismo primario: lei non distingue, ovvero non differenzia gustativamente, quello che mangia. Le dimensioni psicoemotive delle crisi bulimiche sono dimensioni indifferenziate, servono per avere-sentire il pieno e attutire il panico o l'angoscia di morte o temi di annientamento nel 6 livello.

Supervisore: Mi dai un'informazione? Quando Franca ha saputo della piccola abortita?

Terapeuta: Quando è venuta da me 3 anni fa; mi ricordo il giorno in cui si è messa a piangere.

Supervisore: Contattò quello che probabilmente lei ha sempre vissuto, una reificazione di minaccia di castrazione-esclusione. Lei ha una minacciosità di separazione nella propria memoria implicita, poi nella memoria esplicita reale sa che quella madre avrebbe potuto non reggerla e abortirla, una madre svalutante, giudicante, che nel dentro casa le rende il campo energetico insostenibile.

Terapeuta: E’ molto dolente parlare con lei. Mi chiedo ancora oggi come fanno a non capire il cambiamento che ha fatto? Non la vedono proprio! La mamma continua con la svalutazione: "tu non sai portare la macchina".

Supervisore: Nonostante la madre abbia attuato un minaccia di separazione e nonostante sia così squalificante, lei non si stacca, quindi ha un tema di attaccamento, risponde portandosi a 169 kg. ma rimanendo lì. Ci dice qualcosa questo schema? Ci dice di una Relazione Oggettuale Primaria minacciosa, ma non psicotica, non a bassa densità.

Intervento:C'è una conflittualità altissima.

Supervisore: Sì, c'è una conflittualità altissima fobico-orale-nevrotica fin dall'inizio. Immaginate una mamma che non ce la fa, ma che ha il piacere di essere rimasta finalmente incinta, come possa imprintare il suo stato sulla piccola, una condizione di allarme con una paura di insostenibilità minacciosa che può tradursi in panico, ma che nel contempo può lottare per la sopravvivenza perché confortata dall’alleanza vitale per il progetto, nella Relazione Primaria.

Terapeuta: Tante volte i genitori l'hanno minacciata di non darle più i soldi per l'analisi, che sono quei pochi che la madre guadagna e che dà a Franca per curarsi.

Supervisore: Una fatica enorme! Sentite e vedete il conflitto ancora oggi presente. ti sostengo ma non ce la faccio!

Nel setting terapeutico, invece, si sta realizzando una relazione di sguardi e di accettazione differenti, tanto che lei può muoversi dal dentro e andare nel fuori, salire neghentropicamente senza bloccarsi.

Intervento: Qual è il ruolo del gattino?

Supervisore: Lei si specchia un po’ nel desiderio della sua felinità, perché ha un alto tasso di aggressività inespresso. Lei ha dovuto paralizzare la sua azione ed è tutta dopamina bloccata. Lei rimane paralizzata, si mette lì, ferma dove la lasciano, paralizzata dall'angoscia di morte, pagando alla straordinaria necessità serotoninergica il prezzo della paralisi dopaminergica, se mi concedete una metafora in neuromediatori; per cui ha dentro di sé una compressione energetica che implode nella sua grande angoscia, ma ha anche un'aggressività che non ha potuto direzionare verso. Sta qui, per Franca, un po’ la ragione della scelta di un gattino, un felino, e non di un cagnolino.

Intervento: Qual è in questo caso la differenza tra gatto e cane?

Supervisore: Il cane avrebbe avuto una affettività più espressa, un attaccamento maggiore; il gattino Lilì ha una aggressività più espressa, meno affettiva, come ad affermare: io sono indipendente.

Intervento: È come se il cane fosse più serotoninergico e il felino più dopaminergico!

Intervento: Il gatto risuona più sul rettiliano e il cane sul limbico.

Intervento: Tu hai descritto e collegato con i neurotrasmettitori il chiudere la possibilità d’agire, che questa ragazza attiva; lo puoi spiegare meglio?

Supervisore: Ci provo semplificando molto.

Parlo delle tre A e dei tre neuromediatori principali.

-Allarme: Noradrenalina,

-Azione: Dopamina,

-Affettività: Serotonina.

E' molto elementare, ma ci aiuta a muoverci in un campo di grande intelligenza e complessità.

In una persona questi tre neuromediatori dovrebbero stare in equilibrio sempre, ma sulla scala-freccia del nostro tempo evolutivo interno noi abbiamo delle disarmonie possibili a seconda degli stati e soprattutto delle fasi vissute.

Ad esempio, nell'intrauterino, quando (noi analisti reichiani) parliamo di relazione oggettuale primaria a bassa densità, che stiamo dicendo? Che la serotonina è bassa, il sistema noradrenergico è alto e che questa disarmonia ha precocemente innescato una ricerca dopaminergica. Tutto questo sostiene la vulnerabilità di una persona a rischio borderline o addirittura psicotico.

Guardiamo Franca, per es., nel suo post partum: potremmo ipotizzare una serotonina bassa, perché gli occhi della madre non la includevano con la necessaria affettuosità, non erano cioè sufficientemente presenti, forse girati altrove; mentre nel tempo intrauterino la relazione di reciprocità non deve essere stata bassa e potremmo dedurlo, oltre che dagli stati clinici successivi presentati, dal dialogo tra le conflittualità prevalenti a dimensione noradrenergica-serotoninergica: da allarme con minaccia di separazione ma con risposta di attaccamento serotoninergica; ha prevalso la serotonina in attaccamento, che ha paralizzato la ragazza anche successivamente perché non confermata da occhi (essere vista) serotoninergici post- partum della madre!

Gli occhi e lo sguardo della terapeuta nella nuova lettura post-Prima Supervisione, invece, che cosa hanno prodotto? Hanno permesso l’attivazione della dopamina di quel tempo di fase, lo sottolineo perché la dopamina è distribuita diffusamente nell’encefalo.

Franca, se affettivamente non deve più cercare disperatamente di attaccarsi, perché gli occhi della terapeuta la guardano e la confermano, può allentare l'attaccamento e l’immobilismo, può attivare così un po' di quella dopamina che aveva dovuto tenere sequestrata e non le faceva esprimere l'aggressività. Esprimere l'aggressività, l’adgredior, l’andare verso, significa separarsi un po' dall'Oggetto e rischiare un po’ la Relazione con l'Oggetto per cui spesso possiamo inibire la nostra aggressività per non rischiare di perdere l'Oggetto.

Intervento: Chi inibisce l'aggressività ha dei bassi livelli di dopamina?

Supervisore: Bassi livelli di dopamina espressi aggiungerei.

Franca è paralizzata dopaminergicamente, non perché ne sia deficitaria, ma perché il richiamo di separazione, che per lei significa rischio di affrontare l'angoscia di morte, le paralizza l'azione. L'allarme è sempre alto, la dimensione noradrenergica è molto alta, ma il vettore è sotto il controllo della minaccia: non posso perdere l’attaccamento perché andrei in entropia, per cui mi fermo e non aggredisco.

Ma se nel setting gli occhi della terapeuta la vedono con un come affettivo-includente e non richiedente, Franca non si deve più disperatamente attaccare, la relazione di reciprocità si compensa, si abbassa un po' la noradrenalina, comincia a muoversi dentro, a diminuire di peso e a muoversi nel fuori.

Terapeuta: Le piace pure…

Supervisore: Certo che le piace: lei può veramente agire la felinità di Lilì, che era presente nel suo potenziale.

Sempre di più sono convinto che, in analisi, il progetto terapeutico appropriato per la persona ci viene offerto dalla Intelligenza del suo Sé.

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