Numero 2/2020

PARLARE DI UOMINI E DONNE E' PIU' IMPORTANTE CHE CONTARE I MORTI

TALKING ABOUT MEN AND WOMEN IS MORE IMPORTANT THAN COUNTING THE DEAD

 Antonella Messina[*]

 

10.57613/SIAR63

 

 

 Abstract

     Presso l’ospedale di Creteil in Francia, è stato permesso ai familiari, in alcuni casi, di visitare i propri cari malati di Covid 19. Si pongono dei nodi tematici di natura etica, medica e psicologica. L’esperienza viene contestualizzata ed inserita all’interno dei processi di accelerazione sociale già in atto prima della pandemia.  

Parole chiave

     Covid - Visite in ospedale - Tempo della relazione.

 

Abstract

     At the Creteil hospital in France, family members were allowed, in some cases, to visit their loved ones with Covid 19. There are issues of ethical, medical and psychological nature. The experience is contextulated and inserted within the social acceleration processes already underway before the pandemic.

Keyword

     Covid - Hospital visits - Time of the relationship.

 

     L’OBS, settimanale nazionale diffuso in Francia, pubblica in data 29 Maggio 2020, la notizia di un ospedale francese, il Centro Ospedaliero Intercomunale di Créteil (Val-de-Marne), che ha provveduto ad organizzare, per coloro che si sono ammalati di covid 19, le visite dei familiari[1]. Dal 4 Aprile 2020 sino al giorno di pubblicazione dell’articolo, questa struttura aveva consentito più di 200 visite. Il governo francese aveva vietato dal 19 Marzo le visite negli ospedali per ridurre le possibilità di contagio; le visite dei familiari ai parenti ricoverati a Creteil erano state consentite in alcuni casi e dietro prescrizione medica.

Fare del proprio meglioG. Garcin. Fare del proprio meglio.

     Nel frattempo medici ed assistenti avevano prodotto un documento che affermava: “Parlare di uomini e donne, accoglienza, presenza e sostegno è più importante che contare i morti”. Il tema che si pone, all’interno di un sistema istituzionale, è quello di una ricerca, di una conciliazione possibile tra la dimensione di tutela dal contagio e il valore di cura, umano e psicologico, dell’incontro. Se la vita, per esserci ed ancor di più per evolvere, deve connettersi all’intelligenza relazionale (Ferri, 2020), l’esperienza dell’ospedale di Creteil propone risposte sanitarie dall’intento evolutivo, nel tentativo di rispondere al bisogno di relazione emerso anche nell’emergenza Covid.

     Un’esperienza di questo tipo, suggerisce anche una questione sociale di respiro più ampio: è possibile conciliare efficienza, protezione e relazione  dentro una società che sempre più aggredisce e sminuisce il sentire relazionale? In Italia, alcuni giornali[2] riportano l’esperienza di ospedali (tra questi il Niguarda di Milano, gli ospedali di Genova, Messina ed Ancona) che hanno ricevuto in donazione sia saturimetri che tablet. Questi ultimi sono stati importanti per mettere in contatto i pazienti in isolamento con i loro parenti.   Medici e persone malate per via del contagio, raccontano di telefonate con forte impatto emotivo e relazionale e con ricadute positive sull’umore. 

     È ancora pensabile per una società affetta  da una diffusa “negligenza empatica” (Ferri, 2020),  gestire la malattia e la cura tenendo conto, anche  istituzionalmente, degli aspetti relazionali, affettivi, parentali? Quale densità relazionale e di cura può viaggiare e risuonare tramite uno schermo?

     Proponiamo alcuni nodi tematici, riportati nell’articolo, contestualizzando questa esperienza e considerandola anche una proposta di pensiero dentro un  clima sociale liquido ed accelerato, antecedente alla pandemia.

  • “La realizzazione di un sistema di accoglienza per i parenti ha contribuito a riportare al centro l'esperienza umana universale”.

    L’attuale società occidentale, fondata sulla preponderanza del fare, sull’efficienza valutata in indici di produttività, parcellizza da tempo le esperienze dell’umano, riconducendole al principio dell’utile quantificabile, ripetibile, omologabile. L’altro diventa così oggetto di un sistema (anche sanitario) che propone la cura come riparazione di un danno meccanico-fisico, depauperando il riconoscimento del tempo qualitativo, irripetibile, “artigianale” delle relazioni. Riportare al centro l’esperienza relazionale intesa come universale, essenziale e necessaria, ri-traccia quel filo rosso di appartenenza in cui l’umano Soggetto riconosce nell’Altro un Soggetto con cui risuonare, respirare, evolversi.

  • “Il cuore batteva con un'altra grande urgenza, altrettanto cruciale e moralmente inquietante. Come impedire a un figlio di venire a trovare la madre gravemente malata. Come impedire a chi si ama da una vita, di stringersi la mano, di dirsi parole dolci, di scambiarsi uno sguardo finale? Chi potrebbe privare i parenti delle visite? E poi, fino a che punto può intervenire l'autorità medica in tutto questo? Cos'è un essere umano senza legami sociali? È quando l'essere umano è più vulnerabile che lo si può privare di ogni conforto?”.

     L’allarme, già sollecitato da una società in corsa, è stato declinato ed esacerbato dalla pandemia. Vivevamo già all’interno di un mondo dentro il  quale il tempo non basta mai e si è, perciò, sempre più allarmati dal non fare in tempo (Bauman, 2003). Il piano profondo umano e assoluto del Tempo dell’incontro, rischiava e rischia di essere assottigliato dalle lame del tempo storico allarmato, produttore di dati, di valutazioni. I tempi esterni, scanditi ed omologati, durante il covid da allarmi e bollettini, e già prima di esso, da progetti sempre più efficienti ed irraggiungibili, stordiscono le profondità del sentire e dello “stare con”. Il fatto che un ospedale prescriva le visite ai familiari malati di Covid, può dare riconoscimento al sentimento di mancanza/presenza dell’altro, può ribadire negli ambienti sanitari, tra i parenti, sui media che la relazione “cura”, che l’altro non è pericoloso  ma che è il virus ad essere pericoloso e, dunque, bisogna aver cura chi lo contrae.

  • L’articolo riporta la dichiarazione di una figlia che, con il padre anziano, è andata a trovare la madre. La ragazza dichiara di essere stata solo lei a parlare e di avere trattato di piccoli semplici eventi quotidiani. Dice: “Sì, il fatto di stare con lei, che mi abbia sentito, è stato un bene. Questo ovviamente cambia, per lei e anche per noi."

     Possiamo comprendere le parole della ragazza risuonando con lei sull’affettività e sul valore della presenza, dell’esserci, della voce più che la parola ed il fare.

  • “Al di là delle cifre, è un'esperienza essenziale di cura vissuta da entrambe le parti”.

     Anche il torace dei medici è un torace segnato dalla società iperveloce e dall’allarme pandemia. Per il rischio di contagio e per il continuo contatto con un torace ammalato o addolorato, il personale sanitario necessita di un torace che rimanga tonico ed umano, a respiro libero. Organizzando le visite e proteggendo dal virus i familiari, i medici possono risuonare con la loro umanità senza doverla amputare e costringere. La proposta che ne viene fuori potrebbe essere quella dell’essere medici, fuori dall’efficienza esclusiva del fare, rimanendo Soggetti interi nel sentire e nel curare, considerando efficienza anche organizzare le visite dei parenti.

  • Nell’articolo c’è il tema dello sguardo finale del malato con i propri cari. In una società dove si corre così tanto, con ritmi da macchine immortali in eterna produzione, consentire la presenza della morte, condividerla, consente di fare relazione con la fragilità e con la fatalità: un contemplare l’umano universale che con umiltà muore senza morire, anche in presenza dei propri cari.

[1] Pour un accueil à l’hôpital des proches de malades du Covid-19 in L’OBS, 29 Mai 2020

[2] Coronavirus, i giornalisti Unamsi donano tablet e saturimetri agli ospedali del 15 Aprile 2020 in www.insanitas.it del 15 Aprile 2020; Coronavirus, Windtre: tablet e smartphone per pazienti in ospedale in www.ilmessaggero.it del 7 Aprile 2020;Coronavirus, tablet per combattere la solitudine dei malati Covid: le raccolte negli ospedali da Genova ad Ancona in www.ilfattoquotidiano.it del 4 Aprile 2020

 

 

Bibliografia

Bauman, Z. (2003), Modernità Liquida. Bari: Laterza Ed.

Basili, R. (2020) intervista a Ferri G., Riabilitare la terra ed il corpo, n.1/20, www.analisi-reichiana.it/psicoterapiaanaliticareichiana

Ferri, G. (2020), Tempo zero. 2020. Il tempo del limite, in Bello F., Caroppo E., (a cura di), Ci salveremo insieme.Roma: Alpes.

Sucato, L., Messina, A. (2019), Processi di Sofferenza Urbana. Spazio e tempo in un’epoca in corsa. Catania: Malcord Edizioni.

Pour un accueil à l’hôpital des proches de malades du Covid-19 in L’OBS, 29 mai, 2020https://www.nouvelobs.com/coronavirus-de-wuhan/20200529.OBS29484/tribune-pour-un-accueil-a-l-hopital-des-proches-de-infectes-du-covid.html

 

[*] Dottoressa in Filosofia, Psicologa, Psicoterapeuta, Analista S.I.A.R., Formatrice per i processi interculturali, si occupa di etnopsicoterapia. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Studio professionale: Via Cuturi, 8. Catania.

 

 
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