Fryderik Chopin

Una lettura reichiana

Alessandra Pavone*

 

Un movimento dal basso verso l’alto, dalla pancia agli occhi: questo è stato il mio percorso nella definizione della mia tesi e questo è stato il percorso dei miei quattro anni alla S.I.A.R. (Società Italiana di Analisi Reichiana) e, prima ancora, della decisione che mi ha portato fin qui.

Un percorso che parte dal 6° livello corporeo, l’addome, da un luogo di emozioni viscerali, e arriva fino al 1° livello, gli occhi che vedono. In tutta la complessità di questo percorso c’è un sentire che necessita maggiore organizzazione, la trasposizione di tutto ciò che si sente ma non si vede, come una traduttrice di geroglifici che intuisce il significato delle immagini ma riesce a dar loro un senso solo quando ha tra le mani un metodo per leggerli.

Tutti i segni hanno un senso intelligente, sta a noi comprenderne il significato. Tradurre, dal latino traducere, che significa condurre qualcuno da un luogo all’altro. Il traduttore deve immergersi emotivamente nel testo senza perdersi in esso. Il compito ultimo consiste in una funzione mediatrice che crea una possibilità di comunicazione, un ponte tra universi lontani, se non lontanissimi, nel tempo e nello spazio e comunque totalmente estranei ed eterogenei. Il traduttore-interprete, così come il terapeuta, può contattare con delicatezza gli affetti incomunicabili, restituendo all'altro il sentimento della sua dignità unica, di potersi pensare come una persona significativa, rispettata e potenziata. Una buona lettura dell’altro, come una buona traduzione, mette una competenza al servizio di chiunque ne abbia bisogno senza essere intrusiva e senza alterare l’essenza.

In questo essere traduttore-psicoterapeuta immagino di vedere e accogliere un paziente davvero illustre, Fryderyk Chopin, compositore e pianista polacco, inviatomi dalla lettura di un interessante “Ho visitato Chopin – Divagazioni tra omeopatia e psicoanalisi” di Francesco Eugenio Negro. Un autore appassionato che, noncurante del tempo che è trascorso, ricostruisce la storia di Chopin in chiave soprattutto medica.

Immagino, così, entrare nella mia stanza d’analisi un uomo delicato e geniale.

Anamnesi

Fryderyk è arrivato da me a 37 anni, esattamente due anni prima della sua scomparsa, a causa di una separazione da una donna che lo ha portato a depressione e ad indebolimento fisico.

Fryderyk Franciszek ChopinFryderyk Franciszek ChopinQuando si presenta a me ha un peso inferiore ai 45 kg. ed è alto 1,70. Petto rientrante, spalle ricurve e un corpo sofferente per malattie, di cui mi parlerà in seguito. La fronte larga e spaziosa, occhi espressivi di un colorito grigio giallastro. Capelli scuri, folti, con riflessi rossicci scendono sul collo lungo. Il naso molto pronunciato e denti sofferenti. Un viso dolorante che stona con le mani: bellissime, bianche, dalle dita rosee. Sono mani che hanno un’età delicata e innocente, sono le mani di un adolescente, di un giovane che accarezza il mondo. Un gusto elegante nel vestire, guanti bianchi, cravatte all’ultima moda e gioielli. Una cura minuziosa nei particolari; un abbigliamento pesante che tuttavia non lo scalda: “Non mi riscalderò se non nella tomba!” mi dice subito, con voce afona.

Durante l’analisi, Chopin mi farà dono delle lettere che ha scritto nel corso della vita ai suoi cari lontani, portandomene qualcuna in seduta. La principale malattia che lo affligge, oltre alla depressione per la separazione da una delle donne più importanti della sua vita, riguarda l’apparato respiratorio. A 20 anni questa patologia era ormai già radicata, probabilmente causata da tubercolosi, anche se molti medici ai quali si è rivolto precedentemente non escludono che soffrisse di fibrosi cistica e di bronchiectasia. Di sicuro, ha una malattia polmonare purulenta, con frequenti attacchi di bronchite e laringite, segnata da tosse cronica.

La prima volta che lo incontro mi racconta che la sua ex fidanzata, Georg Sand, si lamentava che, a causa della malattia: “produceva escreato a scodelle”. (M.D. Medicinae Doctor, 2010)

Aveva avuto molteplici episodi di emottisi nel corso di circa vent’anni e nei mesi invernali le sue condizioni peggioravano sensibilmente. Di aspetto costantemente emaciato, ha scarsissima resistenza fisica. Mi racconta che a 18 anni, dopo un concerto pianistico improvvisato in una locanda, alla fine dell’esecuzione “era così esausto che dovette essere portato a braccia alla sua carrozza”.

In età adulta sono comparse anche le prime allucinazioni: creature lugubri che uscivano dal pianoforte. Racconta che Georg Sand, dopo poco meno di due anni dal loro incontro, cercò di chiudere i loro rapporti sessuali perché temeva ripercussioni sulla sua salute.

Non ha figli. Dopo la separazione dalla Sand, avvenuta nel 1847, cade in una terribile depressione che, insieme alle peggiorate condizioni di salute fisica, lo portano ad intraprendere un percorso terapeutico. Il percorso con me dura circa un anno.

Ludwika ChopinLudwika ChopinL’anno seguente Chopin muore alle 2 di mattina del 17 ottobre 1849. Ho saputo che ad assisterlo, oltre all’amata sorella Ludwika, c’erano gli amici più intimi, fra cui il pittore Eugène Delacroix. Di Chopin, Liszt scrisse che “usò la sua arte per riflettere sulla tragedia della sua vita” (O’Shea, 1991).

Sulla data di nascita di Fryderyk Chopin ci sono state sempre contestazioni. Risulta essere nato il 22 febbraio 1810 a Zalazowa-Wola. Presso Varsavia. Però la famiglia all’epoca festeggiava l’onomastico e il compleanno il 5 marzo, mentre lui dice di essere nato il 1 Marzo 1810.

Non si hanno notizie certe su gravidanza, parto e allattamento ma è certo che Fryderyk appare fin da bambino debole, malaticcio e mingherlino, minuto e di costituzione gracile.

Da piccolissimo Fryderyk sembra non sopportare la musica, ma poi a quattro anni prende lezioni di pianoforte dalla sorella Luisa, di tre anni maggiore di lui. I genitori non tardano ad accorgersi di una sua sensibilità eccezionale e, a sei anni, lo affidano ad un maestro. A otto anni suona in un concerto di beneficenza, davanti a personaggi importanti, che subito gli aprirono le porte delle migliori case aristocratiche. Diviene anche lui un aristocratico, le sue preferenze per la nobiltà, la sua ammirazione per le belle maniere e per la cultura dell'aristocrazia furono infatti un'essenziale parte di lui. Pur avendo gran successo in questo ambiente, Chopin non è un vanesio né un presuntuoso. Rientrando a casa dopo un concerto, mi racconta che alla domanda della madre su cosa avesse di più ammirato il pubblico, lui gli rispose "il mio colletto". Intorno ai 9-10 anni di età, inizia a soffrire di malattia polmonare, la prima manifestazione fu la tosse, che lo accompagnerà per tutta la vita, fino alla morte. A questo si aggiungono anche scompensi gastrointestinali, il cui sintomo più esplicito è l’estrema magrezza.

Mi racconta della sua versatilità fra i dieci e i quattordici anni e della spontaneità delle sue improvvisazioni, pensieri musicali che lui avrebbe voluto fissare sulla carta, ma non ne conosceva ancora il modo. Chiede allora aiuto al vecchio maestro per trascriverli. Il padre lo affida a Giuseppe Elsner, violinista, direttore d'orchestra a Brunn in Austria, nel teatro di Varsavia e infine al Conservatorio.

Fryderyk è secondogenito di quattro figli. Ha tre sorelle: Ludwika, Izabela ed Emilia, morta prematuramente. Frédéric François Chopin nasce da padre francese e da madre polacca. Il suo nome era Fryderyk Franciszek Chopin, ma adotta la variante francese Frédéric-François quando a venti anni lascia la Polonia, per non tornarvi mai più.

Il padre, Nicola Chopin, all’epoca della nascita di Fryderyk aveva 40 anni, uomo sano, colto, parlava molte lingue, meticoloso, realista e attento all’economia, molto avido. Insegnante di lingua francese, suona il flauto e il violino e scrive poesie.

Equilibrato e riservato nei sentimenti e dalle idee liberali. Probabilmente la relazione tra Chopin padre e Chopin figlio è stata una relazione deficitaria, in cui gli occhi di Fryderyk non hanno mai incontrato quelli di Nicola. Sebbene quest’ultimo, infatti, abbia sempre riconosciuto il talento del secondogenito e pur essendo anch’egli musicista, ha sempre delegato il compito di maestro ad altri. Sin da piccolissimo Fryderyk ha incontrato gli occhi di maestri illustri ma non quelli del padre. Muore quando Chopin ha 34 anni.

La madre, Telke Justine Krzyzanowska, orfana da piccolissima, aveva 24 anni quando sposa Nicola Chopin, esattamente 12 anni in meno del marito, e 28 anni quando nasce Fryderyk. È una donna onesta, riservata, fine, occhi azzurri, naso arcuato, bocca carnosa e capelli biondo castani. Anche lei suona bene il pianoforte.

Pudica, religiosa, tendente alla solitudine. Chopin mi racconta che la madre non ha mai accettato il suo rapporto amoroso con la Sig.na Sand e mi racconta che la sua ex-fidanzata, parlando della sua mamma affermava: “La sola passione della sua vita e dalla quale, tuttavia, si era abituato a vivere lontano” (Negro, 2007). A lei, Fryderyk nasconde molte cose, in particolare la sua fuga d’amore e la convivenza, impensabile per una donna molto religiosa com’era lei, con la Sand.

Fin da fanciullo da se stesso e dal pianoforte pretendeva molto; non riuscendo a trarre l'effetto da un accordo, a causa delle mani ancora troppo piccole, era ricorso ad un congegno di sua invenzione, che teneva fissato tra le dita perfino quando dormiva perché spesso, in piena notte, scendeva dal letto e svegliava tutti con improvvisi accordi sulla tastiera.

A quindici anni partecipa a due concerti nel conservatorio della sua città; a diciassette pubblica il «Rondò della Mazurka». In questo periodo Chopin si innamora di una sua coetanea, la cantante Costanzia Gladkowska: il primo episodio di una serie di vicende sentimentali, spesso infelici e contrastate, che hanno segnato la sua breve vita.

A 19 anni, a Varsavia, Chopin ha composto già molto, e anche il successo non gli manca, ma l'ambiente limitato della capitale polacca non lo soddisfa. Decide quindi di partire per Vienna, desideroso di ottenere il giudizio di un pubblico straniero; lascia, dunque, la Polonia per un giro di concerti ma da allora non riuscirà più a rientrare in patria. Infatti nello stesso anno scoppia a Varsavia (la Polonia era sotto il dominio russo) un'insurrezione poi stroncata dalle truppe dello zar Nicola I e seguita da una pesante repressione che costringe tanti patrioti polacchi a vivere in esilio. Il suo definitivo trasferimento nella capitale austriaca diviene una decisione quasi obbligata pur esigendo, fra gli altri, il sacrificio dell'amore per la compagna di studi K. Gladkowoska.

Nelle lettere che il diciannovenne Chopin scrive agli amici Jas e Tytus e che mi porta in seduta, emerge il valore dell’amicizia e il profondo affetto che prova, derivante da una notevole sensibilità, che a volte si tramuta in pessimismo e in angoscia esistenziale dovuta alla lontananza dalla città natale e dalla famiglia: Chopin è circondato da persone, eppure si sente solo.

Nel settembre 1831 la lotta del popolo polacco si conclude con l'occupazione di Varsavia. Chopin è disperato ma riesce a comporre un capolavoro, La caduta di Varsavia, un canto d'amore per la patria e, raggiunta Parigi nel 1831, ha un immediato e folgorante successo. Il futuro professionale di Chopin è risolto dalla sua provvidenziale ammissione nel salotto della baronessa Rothschild. Già alla fine del 1832 può così disporre di un giro di lezioni private tanto redditizio da indurlo a stabilirsi definitivamente a Parigi, mentre la diffusione editoriale delle sue opere assume un ritmo costante ed una portata internazionale. Parigi è allora il centro dell'Europa culturale e Chopin, introdotto dal principe Radz'Nill, è ben presto l'uomo del giorno. I salotti aristocratici e intellettuali della città se lo contengono; Chopin stringe amicizia con personaggi del mondo dell'arte e della cultura, quali Balzac, Berlioz, Rossini e Liszt, che con lui ha un'amicizia che sconfina con la venerazione più autentica. Risalgono a quegli anni fortunati alcune sue importanti composizioni: Studi, Scherzi, Ballate, Rondò, Mazurke, Notturni, Improvvisi, Valzer e Polacche.

Nel 1835 ha un ultimo incontro, in Germania, con i genitori. Considerato esule, Chopin non può rientrare nella sua patria. Ma nel Dicembre di quell'anno stesso cade gravemente malato. Segue, nello stesso anno, l'amore per la contessa Maria Wodzinska, una sua amica d'infanzia ritrovata dopo alcuni anni. Un altro amore, un'altra delusione: la richiesta di matrimonio di Chopin viene respinta dai genitori di Maria, a causa dello stato di salute del giovane. Si erano già manifestati, infatti, i primi sintomi della tubercolosi che l’avrebbe portato alla morte. Delusione che riesce a dimenticare solo legandosi, di lì ad un anno, a George Sand (Aurore Dupin) che è sei anni più vecchia di lui, virile, amante dei vestiti mascolini, reduce da un amore burrascoso con De Musset. La loro conoscenza occasionale si trasforma in una reciproca attrazione. George Sand è una scrittrice francese, dal temperamento bizzarro ed eccentrico. Si comporta con Chopin a volte come una compagna, altre come una madre. Più volte prende decisamente le redini della sua vita. Chopin mi porta in seduta una pagina del suo diario in cui, ad un anno dal suo innamoramento con la Sand, parla di sé, del lavoro e della sua relazione amorosa. Emerge da questa lettera la preoccupazione per la delusione e la sofferenza data alla propria madre a causa di una relazione troppo all’avanguardia per l’epoca: la convivenza.

George SandGeorge SandNell’inverno 1838, Chopin e Sand partono alla volta di Palma di Majorca con la speranza che il clima caldo e asciutto faccia bene alla salute di Frederyk. Tuttavia la tubercolosi polmonare esplode: una malattia per la quale al tempo non esiste alcun trattamento valido: le sole cure disponibili sono i salassi e l’applicazione di 'cerotti vescicatori' sul torace. Chopin mi dice che, all’epoca “Venne curato da tre medici, i più famosi di tutta l’isola: il primo fiutava ciò che avevo sputato, l’altro percuoteva donde avevo espettorato, il terzo palpava e auscultava mentre espettoravo. Il primo disse che morirò, il secondo che forse morirei, il terzo che ero già morto” (http://benessere.paginemediche.it).

I due decidono di tornare a Parigi. Sulla nave, le emottisi ricompaiono “così abbondanti da riempire di sangue interi bacili”; e si ripetono anche fenomeni di allucinazioni visive e uditive: Chopin avverte a tratti “l’eco delle campane di una chiesa che suonano a morto per il suo funerale”. È in queste condizioni che compone la Serenata in Si bemolle maggiore, di cui fa parte la Marcia funebre. E la tosse è divenuta sempre più così stizzosa e insistente “da fargli tirar fuori l’anima”.

Chopin è, dunque, sempre in lotta con la sua salute. È un periodo, tuttavia, di intensa creazione artistica. L'avventura spagnola si ripercuote sensibilmente sul complesso rapporto sentimentale tra i due artisti, che si avvia, da allora, a trasformarsi in un vincolo di affettuosa dimestichezza. È però a tale trasformazione che si deve se questi otto anni, dal 1839 al 1847, sono i più placidi e fecondi della breve esistenza di Chopin. Quelli in cui la sua vita quotidiana, finalmente circondata da tutte le cure che gli abbisognavano, non conosce avvenimenti più salienti che la visita, nel 1844, della sorella maggiore Ludwika (accorsa a confortarlo per l'improvvisa morte del padre); mentre la sua musica, avvantaggiandosi soprattutto delle tranquille estati trascorse a Nohant, nella casa di campagna della Sand, matura le sue caratteristiche più originali e definitive. Allo stesso modo, è pur sempre alla rottura con la scrittrice, avvenuta in termini assai spiacevoli nel luglio 1847, che vanno ricollegate le svolte biografiche e la quasi totale paralisi creativa, registrate negli ultimi due anni della sua vita.

Sand confessa di aver avuto per l’artista una sorta di adorazione materna e la loro convivenza si stabilirà con la presenza costante dei due figli di George, Maurice e Solange sia a Nohant che a Parigi. Chopin non si trova a suo agio con gli amici frequentati da Sand in quel periodo, quasi tutti repubblicani e socialisti, e la sua salute delicata lo rende instabile e apparentemente capriccioso. I difficili rapporti tra Maurice, figlio di George, e Chopin e la malcelata attrazione di questi per Solange, l’altra figlia di George, contribuiscono a porre fine alla relazione. Quando il figlio Maurice minaccia di lasciare la famiglia, la madre George si oppone fermamente.

Dopo la rottura con George Sand, coll’aggravarsi della malattia, Chopin cade in una depressione che lo porta da me e che, probabilmente, ne accelera la morte due anni dopo.

L’analisi dura all’incirca un anno e viene interrotta da un viaggio in Inghilterra. Al suo fianco, negli ultimi momenti di vita, gli amici più intimi. Aveva trentanove anni. Le sue spoglie riposano in Francia, ma il suo cuore, per suo desiderio, venne portato a Varsavia, dove si trova nella chiesa di Santa Croce. Alla sua morte la sorella Ludwika, adempiendo le sue ultime volontà, fece infatti asportare dal cadavere il cuore. Chopin era terrorizzato dall'idea della morte apparente e temeva di essere sotterrato vivo.

Mentre la tomba del compositore è nel cimitero di Pére Lachaise a Parigi, il cuore è conservato in Polonia.

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Diagnosi caratterologica

Analizzando le foto e i dipinti che raffigurano Chopin, le lettere che mi ha portato in qualche seduta d’analisi e incrociandoli con la storia evolutiva raccolta, immagino e sento la presenza di una buona densità energetica, caratterizzata da una fase muscolare ipotonica con fissazione orale prevalente e conseguentemente nevrosi d’angoscia. Nonostante l’aspetto narcisistico prevalente indiscutibile, data la produzione di materiale artistico eccellente, è la fissazione orale che lo porta a momenti depressivi intesi come caduta energetica e alla richiesta d’aiuto. L’ipotonia alla quale mi riferisco trova fondamento nella fase muscolare deficitaria che Chopin ha attraversato. Probabilmente la sua necessità di riuscire nella vita, come spinta narcisistica, gli si è formata proprio come riscatto da un confronto con il padre che non c’è stato: Nicola Chopin era abbastanza grande e realizzato quando il figlio era piccolo e delegava uomini illustri alla sua formazione.La fatica allora deriverebbe dal dover tenere testa al padre che non gli offre mai un momento di autentica competizione nonostante fosse anche lui un musicista e dal cercare conferme materne.

Un tratto orale

Nonostante non ci siano dati sul parto, allattamento e svezzamento, l’intuizione della prevalenza del tratto orale nasce dall’analisi degli aspetti fisiologici e storici di Chopin stesso. Si tratta di una struttura premuscolare e in quanto tale molto sensibile, ma anche permeabile, suggestionabile e con un Io vulnerabile. La debole strutturazione-organizzazione gli comporta un costante senso di fatica e un’improponibilità di tensioni prolungate. Non sostiene ambienti troppo affollati, l’aspetto è costantemente emaciato ed ha scarsissima resistenza fisica. Di fatto ha una economia energetica insufficiente che si manifesta in sensazioni di malessere, malumore e pessimismo. Ha un tono dimesso, riflesso nel sistema muscolare, nella voce, nella lentezza dei movimenti, nelle spalle abbassate. È molto dipendente dall’altro da Sé, lo vediamo nelle sue continue relazioni amorose, le cui separazioni portano sempre ad un peggioramento della malattia che lo accompagnerà per tutta la vita.

Facilmente attaccato dall’angoscia, ipotizzo una sfera nevrotica-depressiva. Chopin ha problemi di castrazione e ad affacciarsi sulla scena edipica, ha temi di esclusione e cerca di entrare nel desiderio dell'altro. In questo conflitto, nonostante le sue capacità di riparazione, va in direzione depressiva. Probabilmente la sua musica è il rifugio narcisistico e affermativo di compenso, ma di fatto la relazione con la madre lo intrappola e lo ostacola nella evoluzione fissandolo in una cronicità orale da eccesso. In lui è presente l’angoscia di deludere gli occhi della madre. In questo sento un suo forte bisogno di consenso e approvazione dell’altro per un movimento verso la propria affermazione nel mondo. Il bisogno di tale consenso traduce una dipendenza e un’insostenibilità temuta della separazione. Siamo di fronte ad un bimbo che si può allontanare solo se vede negli occhi della madre approvazione. Probabilmente la distanza forzata dalla madre gli ha permesso di vivere la sua storia illegittima, sebbene il fantasma materno continuasse ad essere presente. Il non incontrare gli occhi della madre gli permette la relazione amorosa.

Un tratto isterico

L’imprinting determinante edipico, di fatto determina una prevalenza di questa area. Ipotizzo questo tratto in cofissazione con il tratto orale. Chopin, infatti, difficilmente ha attraversato periodi in cui non si sia legato ad una donna. Tutt’altro.

Dimentica il dolore per il distacco dal primissimo amore con un'altra relazione, quella con Maria, fonte anch’essa di una profonda delusione per il mancato matrimonio. Si lega, così, ad un’altra donna, la più importante, la Sand.

Posizione narcisistica

Ipotizzo questo per il suo aver raccolto i progetti dei due genitori, una posizione narcisistica con tutto il suo corteo espressivo e la sua corsa infinita masochistica verso un ideale ipertrofico. La posizione depressiva potrebbe essere in relazione ad un possibile fallimento di tale progetto.

Diagnosi clinica 

Nevrosi d’angoscia primaria

Perché si verifichi uno stato d’angoscia è necessaria una prevalenza di stato e/o di tratto orale con presenza di condizione ipotonica. In lui l’ipotono è visibilmente presente nel torace e coinvolge gli altri livelli corporei: occhi, bocca, collo. L’ipotesi del tratto orale da eccesso dà luogo ad una nevrosi d’angoscia primaria da eccesso di madre: il piccolo è rimasto troppo nell’orbita materna avendo a disposizione un eccesso di energia che non canalizza nell’azione. Si tratta di un ripiegamento, una costrizione senza un persecutore.

Ipotizzo che sia stato allattato a lungo in modo nutriente e amorevole ma ha un angoscia da separazione. Ha un bisogno continuo di allontanarsi dalla madre ma con forte ricadute su di essa. Porta con sé il tema della necessità di dipendere e del desiderio infinito di non dipendere. Ipotizzo una relazione con il padre a media densità perché, per quanto amorevole, ha comunque sempre delegato un ruolo maggiormente direttivo ad altri uomini, maestri d’eccezione, che in qualche maniera avevano il compito di educare ed indirizzare il piccolo verso le sue aspirazioni.La tematica della separazione può aver determinato la problematica psicologica principale: un enorme bisogno d'amore e un’ostilità e una rabbia repressa e trattenuta nei muscoli.

Le allucinazioni

“Strani esseri che emergono dal pianoforte e lo costringono ad interrompere l’esecuzione dei suoi brani, fantasmi e spettri invadono le stanze in cui soggiorna, esseri multiformi emergono al suono della sua musica”.

Da ciò che mi riferiva Chopin, emerge la patologia che lo porta spesso ad essere vittima di visioni terribili e spaventose. Durante queste allucinazioni vede fantasmi che lo chiamano e la morte che bussa alla sua porta. Le sue sono visioni brevi, immagini istantanee, non riconducibili alle allucinazioni prodotte dalla schizofrenia, in cui di solito compaiono voci, né a forme gravi di emicrania, in cui vengono prodotte visioni molto lunghe, bensì provocate da una forma di epilessia del lobo temporale, che produce visioni brevi, immagini che si dissolvono nel giro di pochi secondi. Le allucinazioni arrivano spesso la sera e coincidono con infezioni acute e febbre.

Sebbene le allucinazioni in generale possano essere ricondotte a forme di psicosi, in questo specifico caso ritengo che le allucinazioni che assalgono Chopin siano frutto di una forma particolare di epilessia, quella che affligge il lobo temporale. Esse si presentano principalmente quando c’è la sonata della marcia funebre e hanno tutte valenza di morte. Questa loro natura mi porta ad ipotizzare una connessione in primis con la corporeità di Chopin, fragile e funesta sin da bambino, una malattia che costantemente gli ricorda la caducità della vita, in secundis con la nevrosi d’angoscia e la separazione.

La relazione analitica

La relazione tra me e Chopin è stata una danza tra le note della sua musica, fatta di leggerezza e di attenzione a non calpestare piedi e a non invadere lo spazio dell’altro. Il bisogno di Fryderik di essere visto si è accordato con una mia accoglienza in un continuo muoversi tra il sentire e la ricerca dell’affermatività. Sentivo la sua sofferenza nel vivere le separazioni da queste donne così importanti, mamme, compagne e amanti che di lui si sono prese cura per tutta la vita. E sentivo il bisogno di dare qualcosa in più: un collo che permettesse la sfida. La malattia, fedele e scomoda compagna di vita, non poteva non essere vista, ma allo stesso tempo dare troppa importanza ad essa non era buono per lui. Da qui la decisione di contattare e relazionarmi anche con un medico specialista che si occupasse della sua tubercolosi.

In questo modo ha potuto sperimentare una relazione analitica senza un filtro troppo invadente della malattia.

Progettualità analitico-terapeutica

Chopin ha un tema di difettualità orale primaria: nel qui ed ora porta in analisi un vuoto determinato dalla separazione da una donna fondamentale nella sua vita.

Questo vuoto orale è dunque la prima esigenza che andrebbe colmata, attraverso una relazione analitica che funzioni da latte strutturante. La soluzione all’angoscia sarà poi nel ri-direzionare l’energia verso il mondo. Il progetto è separarsi dalla madre raggiungendo il fuori e strutturandosi meglio. Chopin avrebbe, dunque, il bisogno e la sostenibilità di un normale percorso analitico, in cui poter fare esperienza di 1° campo (accoglienza totale) e poi passare ad un’esperienza di 2° campo (limiti e possibilità nell’incontro col principio di realtà). Tuttavia l’urgenza della malattia impedisce un normale percorso terapeutico: lui è morente di tubercolosi. Per tale motivo nei pochi incontri, assume importanza l’esperienza di un primo campo accogliente e strutturante, senza richieste eccessive.

 

Bibliografia
  • Belotti, G. (1984), Chopin. Torino: EDT.
  • Ferri, G., Cimini, G. (2012), Psicopatologia e Carattere. La psicoanalisi nel corpo ed il corpo in psicanalisi. Roma: Alpes.
  • Iwaszkiewicz, J. (1981), Chopin. Roma: Editori riuniti. Rist. Studio Tesi, Pordenone 1991.
  • M.D. Medicinae Doctor - Anno XVII numero 31/32 - 10 novembre 2010 M.D
  • Negro, F.E. (2007), Ho visitato Chopin. Milano: Franco Angeli Editore.
  • O'Shea, J. (1991), Musica e medicina. Profili medici di grandi compositori. Torino: EDT, Collana Improvvisi.
  • Rattalino P. (2009), Chopin racconta Chopin. Bari: Laterza ed.
  • Valetta, I. (1921), Chopin: La vita, le opere. Torino: Fratelli Bocca editori
  • http://benessere.paginemediche.it

 

 * Psicologa, Psicoterapeuta reichiana

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