FALSO SE’ ALLA LUCE DELL’ANALISI REICHIANA CONTEMPORANEA
THE FALSE SELF IN THE LIGHT OF THE CONTEMPORARY REICHIAN ANALYSIS
Adria Cannella[*]
Abstract
L’articolo mira a fornire una rilettura del concetto di Falso Sé alla luce dei principi dell’Analisi Reichiana Contemporanea, riconducendolo agli assi masochistico-narcisistici, i quali attraversano verticalmente le varie fasi di sviluppo fin dal periodo intrauterino. Si presenta infine il caso di Nerea, ragazza che presenta molte delle caratteristiche legate al Falso Sé tradizionalmente inteso, espressione di posizioni masochistico-narcisistiche intrecciate con specifiche prevalenze di tratto.
Parole chiave
falso Sé – vero Sé – masochismo – narcisismo – individuazione – analisi del carattere
Abstract
The article aims to reinterpret the concept of the False Self in light of the principles of Contemporary Reichian Analysis, linking it to the masochistic-narcissistic axes, which vertically traverse the various stages of development from the intrauterine period onward. Finally, it presents the case of Nerea, a young woman who exhibits many characteristics traditionally associated with the False Self, as an expression of masochistic-narcissistic positions intertwined with specific trait predominances.
Key words
false Self – true Self – masochism – narcissism – individuation – character analysis
Falso Sé
Il concetto di falso Sé venne elaborato da D. Winnicott (1896-1971) per fare riferimento ad una struttura inautentica e difensiva, caratterizzata da ridotta spontaneità ed originalità, da una frequente sensazione di vuoto e dalla tendenza a compiacere l’altro mettendo i propri bisogni in secondo piano (Winnicott, 1961b). Secondo l’autore, una madre sufficientemente buona favorirebbe un sano sviluppo del Sé grazie alle sue funzioni di holding, handling e object-presenting: prendendosi cura del piccolo, stringendolo tra le braccia, comprendendolo nella sua unicità e fornendogli ciò di cui ha bisogno al momento giusto (seppur con un certo margine di errore), “la madre contiene il bambino, sia effettivamente che in senso figurato, e in questo modo fornisce coesione ai suoi elementi sensomotori” (Fonagy & Target, 2003; pag.176). Al contrario, una madre che non rispetta la libera espressione del piccolo, intromettendosi nei suoi momenti di quiete, anticipandone i bisogni o mal interpretandoli sulla base dei propri, impedisce quella fondamentale esperienza per cui egli stesso ha l’impressione di aver creato ciò di cui ha bisogno, potendone disporre autonomamente e scoprendo l’ambiente circostante in base ai suoi ritmi. Il Sé arriva quindi ad adattarsi all’ambiente per non esserne schiacciato, abbandonando i propri gesti creativi, agendo in modo meccanico e rimanendo in un’arcaica condizione di fusione con l’oggetto primario, cercando poi di fondersi con altri oggetti per colmarsi di energia o prendendone in prestito gli ideali.
Riprendendo le teorizzazioni winnicottiane, A. Miller (1923-2010) sottolineò come i genitori che per primi non hanno sperimentato riconoscimento, rispecchiamento e disponibilità da parte dei propri caregivers, corrano in seguito il rischio di cercare nella relazione con i propri figli ciò che un tempo è stato loro negato: “per quanto ciò possa apparire paradossale […] il bambino non ci sfugge come un tempo ci era sfuggita nostra madre” (1996; pag.17). Pur di non perdere l’amore del genitore, il bambino impara a soddisfarne le aspettative reprimendo i suoi bisogni e sentimenti più autentici, sviluppando un Falso Sé al fine di garantire l’equilibrio affettivo dei propri caregivers e, quindi, poter sopravvivere.
“Il doppio segreto” (Magritte, 1927)
“Il doppio segreto” (Magritte, 1927)Falso Sé in ottica reichiana contemporanea: masochismo e narcisismo
Esaminando il concetto di Falso Sé secondo le nostre categorie di analisi ed interpretazione, evoluzione del pensiero reichiano classico, addizioniamo il Tempo e il Corpo sottolineando innanzitutto come esso possa coincidere con assetti legati alla presenza di una buona densità-resilienza di base. Un Sé a densità medio-alta ha infatti la possibilità di reagire alle minacce esterne fin dal periodo intrauterino senza esserne disorganizzato, ma anche di sostenere eventuali progetti narcisistici genitoriali, andando poi ad incrociarsi con le specificità delle fasi di sviluppo e dei campi relazionali. Uscendo dalla rigidità dei ruoli genitoriali tradizionalmente intesi, possiamo immaginare che, durante una o più fasi, la persona non abbia incontrato dei caregivers sufficientemente buoni, i quali non sono riusciti a rispettare le necessità e i compiti di sviluppo specifici di ogni tempo evolutivo e campo relazionale, adattando le proprie modalità di accudimento e crescendo come genitori insieme al piccolo, forse perché troppo allarmati da circostanze interne o esterne, oppure troppo concentrati su loro stessi, ancora coinvolti in dinamiche legate alla loro infanzia.
Facciamo particolare riferimento a due assi che attraversano verticalmente tutte le fasi di sviluppo: masochismo e narcisismo. Nel nostro modello queste dimensioni non vengono intese come tipologie caratteriali, ma come stati-assetti energetici, posizioni verticali con una specifica funzione adattiva, le quali possono attraversare e caratterizzare le fasi di sviluppo, incrociandosi con i tratti di carattere prevalenti in quello specifico individuo. La dimensione caratteristica della posizione masochistica è “un Sé fermato, nell’espansione affermativa, dalla paura-allarme” (Ferri & Cimini, 2022; pag.111), una compressione dell’energia che risulta quindi incistata, coartata, e il cui destino è da considerarsi come la soluzione più adattiva trovata da un Sé con densità energetica da media ad alta a seguito di frustrazioni, castrazioni o separazioni disfunzionali. La vitalità e la potenza affermativa del masochista sono legate da una corazza che porta all’assenza di una pulsazione fluida e vitale del Sé. Spesso si tratta di persone “molto buone”, nel cui profondo c’è un progetto di pseudo-bontà, per infiltrazione dello stato di necessità” (ibidem).
Nel narcisismo, il fenomeno energetico principale è invece legato ad un “investire-reinvestire le proprie energie sul Sé, sia direttamente che indirettamente, manipolando l’Altro da Sé; è un “ritornarsi” energie ed essere oggetto primo della propria sessuoeconomia (libido)” (pag.115). Il Sé dotato di una buona densità risponde in modo adattivo e reattivo ad un progetto di campo dilatato “in confini e territori superiori alla funzionalità di quel Sé” (ibidem) arrivando a porsi in costante posizione up rispetto all’Altro da Sé. In base alla finestra evolutiva in cui avrà luogo tale dinamica.
A partire dalla fase intrauterina, un’alta densità di relazione oggettuale primaria, se legata a segni incisi minacciosi-castranti o supportata da progetti materni narcisistici, può divenire matrice di assi personologici verticali masochistico-narcisistici. Durante la gravidanza il feto è completamente dipendente dalla madre per la sua sopravvivenza: in presenza di una reale minaccia di morte, carica di noradrenalina, il piccolo può dover sostenere la madre-utero e passarle la sua energia, seguendo il suo istinto alla vita. Il bambino si affaccia alla vita con tale predisposizione (masochismo primario di primo tipo), avendo imparato che, per ricevere protezione e sopravvivere, quindi per placare l’allarme del 6° livello, l’addome, deve sostenere l’Altro, rimuovendo l’aggressività per evitare la separazione. Una tale esperienza comporta anche lo sviluppo di una particolare sensibilità per le atmosfere emotive circostanti, sarà poi la fase successiva a determinare il destino di questo breve ma fondamentale bagaglio relazionale primario.
L’ancestrale lotta per la sopravvivenza può inoltre iperattivare i sistemi di arousal-vigilanza orientando verso un narcisismo primario di primo tipo, legato a dimensioni di efficacia, affermatività e dominanza.
Rimanendo nel 1° campo ma procedendo verso la fase oro-labiale, una posizione masochistica primaria di secondo tipo è legata all’incontro con un caregiver molto accudente ma melanconico, che richiede al bambino calore e nutrimento non riuscendo a sopportare un suo allontanamento, quindi non sostenendo i suoi impulsi affermativi e impedendo un approdo funzionale ad un’organizzazione di 2° campo. Si tratta di una situazione caratterizzata da una richiesta affettiva carica di spavento, che genera un allarme non legato alla sopravvivenza ma alla separazione: per potersi allontanare, il piccolo deve profondere energia all’altro, farlo stare bene, nonostante sia proprio la possibilità di separazione ad angosciare le sue figure di riferimento. Il piccolo deve quindi reprimere ogni impulso aggressivo, arrivando a sovraccaricarsi con una pseudo-donatività amplificata che caratterizzerà le risposte successive alle richieste di un Altro da Sé che richiameranno quelle della sua prima infanzia. Questo assetto riflette comunque un’economia narcisistica di base: per essere libero di crescere il bambino deve soddisfare i bisogni altrui, celando nella pseudo-donatività la richiesta di una separazione funzionale.
Quando la relazione oggettuale primaria viene appesantita da una specifica progettualità che intrappola il Sé iper-caricandolo energeticamente, può stabilizzarsi una posizione narcisistica primaria di secondo tipo: il senso di grandezza permane finché è possibile aderire al progetto dell’Altro, dipendendo quindi dalla portata del progetto stesso, dal suo essere realizzabile; uscendo da esso la sensazione di non esistere o non valere nulla è sempre in agguato.
Con l’entrata nel 2° campo e l’inizio della fase muscolare, quando la muscolarità striata permette tanto di agire, quanto di contenere l’energia accumulata, è invece possibile un masochismo secondario, più dopaminergico, spesso legato ad una fissazione coatta. Sottolineiamo comunque la funzione narcisistica di tale dinamica, in cui il Sé si adopera per affrontare la compressione e l’angoscia, per sopravvivere, arrivando a dover sostenere il mondo sulle proprie spalle (Complesso di Atlante). Spostandoci dalla fissazione coatta a quella fallica, in 1° fase genito-oculare, aumenta la possibilità di manifestare anche “l’altra possibilità espressiva dell’assetto masochistico […] suo fenomeno speculare, sempre da compressione indotta dalla violenza dell’Altro da Sé sul Sé” (ibidem; pag. 109): il sadismo. Il fallico è infatti meno coartato del coatto, il campo del Sé è più aperto e vi è una maggiore capacità espressiva che facilita una reazione più forte alla castrazione percepita. Tale possibilità comporta il rischio di sviluppare tendenze impulsivo-distruttive realizzate su un Altro da Sé in posizione down, con un grado di masochismo maggiore.
Nella stessa finestra temporale vi sono le radici del narcisismo di secondo campo (secondario), dove un primo tipo può essere dovuto alla presenza di frustrazioni o castrazioni a cui si reagisce con successi reali, stabilizzando una certa tendenza alla rivincita che tornerà a ripresentarsi in tutte le situazioni che lo richiederanno. Un secondo tipo di narcisismo secondario è invece legato ad “investimenti di cariche energetiche (...) da progettualità superegoiche parentali, con tutta la possibile affermatività e il facile rimbalzo narcisistico derivante da questa condizione, ma anche sempre, da questa trappola” (ibidem, pag.116). Il bambino è il fulcro del progetto familiare, tutti i vettori sono puntati su di lui, ponendolo in una rischiosa posizione di rilievo onnipotente.
Il narcisismo di terzo campo permette invece di nascondere le fragilità e le disarmonie delle esperienze passate, manifestandosi come una riattualizzazione ed un’intensificazione delle altre tipologie all’interno del campo sociale: uno scudo, una facciata superficiale e patologica legata a fattori come status e ruolo sociale.
Masochismo e narcisismo arrivano a configurarsi come vere e proprie trappole per il Sé, portando l’individuo a sovraccaricarsi e a realizzare successi poiché guidato dall’ideale e dalle necessità dell’Altro, ma anche al rischio di profondi vissuti depressivi legati al fallimento e alla perdita dell’approvazione e della vicinanza, quindi a vivere “come se si potesse ricuperare la disponibilità dei genitori: il grandioso nell’illusione di riuscirvi, il depresso nell’angoscia continua di perdere la dedizione dei genitori per propria colpa” (Miller, 1996; pag. 117).
Terapia come scoperta di una verità sepolta?
I concetti di Vero e Falso, introdotti per fare riferimento alla funzione difensiva e all’inautenticità di determinati vissuti e atteggiamenti, portano ad una concezione della terapia come smascheramento e ricerca di qualcosa che è stato nascosto e apparentemente perduto, cioè il proprio Sé autentico e la dolorosa verità riguardo se stessi e la propria infanzia. Cambiando prospettiva e intendendo il Sé come sistema vivente complesso, caratterizzato da più sottosistemi e capace di organizzarsi in modo autopoietico nella sua interazione con l’ambiente, ogni sintomo può acquisire un nuovo significato e ritrovare dignità in quanto espressione di una straordinaria economia vitale. Quello che chiamiamo Falso Sé esprime la verità di quel Sé in tutta la sua forza in quanto soluzione più intelligente che egli stesso è riuscito a trovare per potersi muovere nel mondo: pensiamo semplicemente al fatto che, senza una buona energia e densità di base, tale soluzione non sarebbe stata possibile. Possiamo quindi riferirci a Vero e Falso Sé come espressione di determinati tratti e posizioni, i quali ci raccontano quali e quanti appartamenti del proprio palazzo la persona sta abitando, ma soprattutto come.
Obiettivo della terapia non sarà la scoperta di una verità sepolta o il ritorno ad un Sé originario, ma la possibilità di ri-ascoltare la propria storia, sciogliendone i nodi, accettandola e affrancandosi da essa, comprendendo il senso dei propri vissuti e comportamenti per arrivare a potersi muovere nel mondo con maggiore consapevolezza, libertà e creatività. Si tratterà di favorire un processo continuo di conoscenza, accettazione e integrazione, dove poter ritrovare il senso del sintomo e della sofferenza, conquistando libertà e vitalità senza rinnegare quella che per lungo tempo è stata la soluzione migliore trovata dal Sé per poter sopravvivere. A guidare la definizione della progettualità terapeutica vi sarà il frattale guida dell’Analisi del Carattere, il quale ci permetterà di incontrare l’Altro e contattarne il Sé passando per tutti i suoi subsistemi, lavorando al fine di riequilibrarli, con l’obiettivo di uscire dall’immobilità e scoprire nuove possibilità di movimento, tenendo a mente noi stessi, l’Altro e la relazione che arriva a crearsi nel setting terapeutico.
Il caso di Nerea
Nerea ha 22 anni, è una bella ragazza, alta e robusta, con lunghi capelli rasati ai lati e raccolti in un grande chignon spettinato. I suoi movimenti composti e decisi trasmettono una certa durezza, in contrasto con uno sguardo vivace e un po’ timoroso. Sorride mostrando tutti i denti, il viso le si illumina ma i muscoli facciali sembrano leggermente rigidi, come tutta la parte superiore del suo corpo. Lavora, è fidanzata da un anno con Maria e vive con la madre e il suo compagno, una sorella e un fratello più piccoli; non ha più rapporti con il padre, che vive con la compagna e il loro figlio. Fin dall’inizio mi colpiscono le lacrime che spesso accompagnano le sue parole senza mai scoppiare in un vero e proprio pianto, insieme all’impressione che dimostri più dei suoi anni, ma anche che le sia stato dato poco e chiesto troppo: sento la compressione toracica e l’allarme del 6° livello (addominale). Mi dice che vorrebbe conoscersi e capirsi di più, avere maggiore clemenza per sé stessa e volersi più bene: riflette già molto su questi aspetti ma sente la necessità di confrontarsi con un’altra persona, da sola non ce la fa più. Riconosce di avere una grande tendenza a comprendere il comportamento altrui senza arrabbiarsi, anche se a volte le risulta difficile trovare un equilibrio fra l’assecondare l’altro e il distruggerlo diventando cattiva. Sostiene di non capire perché per gli altri sia così difficile parlare chiaramente e con calma, ascoltare davvero come invece lei si impegna a fare, sentendosi poi costretta a contenere le sue emozioni per riuscire a comunicare in modo civile. Si sente spesso intrappolata dalle aspettative delle persone attorno a sé, dovendo essere come vogliono loro, cioè sempre disponibile, forte e ragionevole. Allo stesso tempo, lei è la prima ad essere molto severa con sé stessa ponendosi grandi obiettivi, cercando di concludere le giornate avendo fatto tutto ciò che si era prefissata e trovando nuove occupazioni, interessi e hobby che tende ad abbandonare dopo poco a causa della frustrazione di non riuscire subito perfettamente. Quando invece porta a termine un progetto, la soddisfazione spesso lascia il posto ad un certo senso di vuoto, come non fosse servito a nulla. Tutti questi aspetti la portano talvolta a soffrire di quelli che definisce “attacchi brutti”, episodi durante cui entra in una spirale di pensieri negativi e denigratori, piange, si gratta, va in apnea e sente una forte compressione al torace e al diaframma. Le piace fare le cose da sola, in questo modo è sicura che vengano fatte come dice lei, nota però di avere una certa difficoltà a chiedere o accettare un aiuto di qualsiasi tipo, specialmente a casa. Riconosce di vivere cercando un equilibrio fra due tendenze opposte poiché, sebbene da una parte si senta molto concentrata e dura con sé stessa, dall’altra può facilmente diventare più abulica, a tratti depressa, specialmente in seguito ad alcuni eventi negativi.
Ritratto tricefalo di Charlotte Salomon con i genitori Albert e Franziska Salomon Partendo dalla sua iniziale richiesta di definizione, con il passare delle sedute inizia a comparire la necessità di liberarsi dal senso di colpa che la tormenta, in parte legato al bisogno di garantirsi la prossimità addossandosi le colpe altrui. Riesce poi a contattare l’allarme e il peso che le opprimono il torace e le impediscono di muoversi liberamente nel mondo, dovendo sostenerlo senza qualcuno alle spalle che possa proteggerla nell’eventualità di una caduta. Sebbene si trasformino spesso in una trappola, mettendola di fronte a limiti che non riesce ad accettare, gli aspetti descritti si intrecciano con l’innegabile forza vitale, insieme alla sua gran voglia di ri-direzionarsi verso nuovi obiettivi. Il suo entusiasmo per le novità, insieme alla voglia di migliorarsi, ampliare i suoi interessi ed ottenere buoni risultati rappresentano per lei delle grandi risorse, aspetti da coltivare e rendere più funzionali, nonché parte integrante della sua individuazione. Diventa poi sempre più evidente la sua necessità di sentirsi orientata, sostenuta e contenuta: dopo aver parlato della possibilità di chiedere una borsa di studio per l’università, si è informata e iscritta in poco tempo, provando un grande entusiasmo accompagnato da una certa paura di non riuscire ad incastrare tutti i suoi impegni. Nonostante avesse la possibilità di dilazionare gli esami da sostenere, si è posta fin da subito obiettivi massimi, faticando a provare soddisfazione dopo aver superato i primi esami poiché troppo concentrata su quelli ancora da fare. Tale situazione è stata poi complicata da due incidenti in macchina avvenuti alla fine della prima sessione di esami, i quali l’hanno costretta a casa con un collare ortopedico facendola precipitare in uno stato di grande allarme e fatica. Gradualmente è poi riuscita a riflettere con maggior lucidità su quanto accaduto: dopo l'ultimo incidente, non avvenuto per sua responsabilità, aveva cercato di tranquillizzare la ragazza che l’aveva colpita dicendo di non essersi fatta molto male per non farla preoccupare; tornata a casa, si è convinta ad andare al pronto soccorso solo dopo vari giorni. In seguito, quando la ragazza le ha scritto per accordarsi con l’assicurazione senza considerare il suo infortunio, Nerea si è accorta di non essere riuscita ad esprimere liberamente il suo dolore e la sua rabbia per non far allarmare una sconosciuta.
Segni incisi e diagnosi
Rivelando una precoce necessità di sostenere l’Altro per poter sopravvivere, ma anche di rispondere alle aspettative altrui, adattandosi ad un ambiente che ha faticato nel riconoscere e rispettare i suoi bisogni evolutivi, la storia di Nerea può offrire un esempio concreto di come gli assi masochistico-narcisistici possano manifestarsi, stratificarsi e intrecciarsi fra loro e con altri aspetti caratteriali. Questi adattamenti, inizialmente funzionali alla sopravvivenza e al mantenere un legame con l’Altro da Sé, si sono consolidati nel tempo, incrociandosi con gli sviluppi successivi e influenzando la sua possibilità di muoversi nel mondo in modo libero.
Ripercorrendo la storia di Nerea, è possibile individuare una serie di impressioni determinanti su vari gradini evolutivi, segni più e meno arcaici, incisi durante più fasi e all’interno di più campi relazionali. La relazione oggettuale primaria è fin da subito caratterizzata da una certa insostenibilità materna: la madre decide di interrompere volontariamente una prima gravidanza, venendo poi convinta dal compagno a portare a termine la seconda. Alla nascita il medico comunica ai genitori che i bambini erano due, maschio e femmina, di cui solo la seconda è riuscita a sopravvivere, forse assorbendo il fratello. Valutando un’altra ipotesi, possiamo pensare che Nerea, grazie ad una buona densità di base, sia invece riuscita a infondere alla madre-utero le energie necessarie a sopravvivere, ponendosi fin dall’inizio della sua vita in una posizione masochistico-narcisistica primaria. Questi vissuti profondamente incisi nel suo corpo, in particolare nel 6° livello, l’addome, insieme alle narrazioni e alle convinzioni riguardo quanto accaduto, stabiliscono le fondamenta del piccolo Sé di Nerea su un profondo allarme, ma anche sul tema della colpa e del debito, una sorta di peccato originale legato ad un suo aver rubato la sua stessa vita. La dimensione della colpa colora anche la fase oro-labiale: l’allattamento è durato solo 3 mesi poiché Nerea tendeva ad addormentarsi durante le poppate. Viene descritta come una bambina buona e tranquilla, dormiva molto e non piangeva quasi mai, forse adattandosi alle necessità di 1° campo caratterizzato da poca serotonina e molta noradrenalina, abitato da una madre che non riusciva ad entrare in reale sintonia con lei, depressa e preoccupata per il troppo peso preso in gravidanza, ma soprattutto non sostenuta dal compagno. Con la maturazione della muscolarità striata e l’entrata nel 2° campo, Nerea mostra una gran voglia di muoversi e sperimentarsi ma, cercando di camminare appoggiata ad un carrellino, cade all’indietro e dà una brutta testata al pavimento; dopo questo episodio le ci è voluto un po’ per rimettersi in piedi. A tali eventi fa da sfondo l’atmosfera tesa che caratterizza il nucleo familiare: i genitori litigano spesso, la madre è molto allarmata e spesso severa, le rimanda implicitamente che nella loro vita c’è qualcosa di sbagliato, qualcosa a cui è necessario rimediare, mentre il padre tenta di portarla dalla sua parte, ricercando in lei conforto e comprensione. Prendendo le distanze da un 1° campo poco caldo, Nerea incontra un eccesso che non favorisce la sua espansione toracica: cercando di allontanarsi dalla madre, approda ad un padre che la richiama a sé, intrappolandola in una nuova dimensione duale che si stabilizzerà nella 1° fase genito-oculare, esitando in un rapporto privilegiato pagato a caro prezzo. Quando Nerea ha 4 anni nasce la sua prima sorellina: ricorda di essere stata immensamente felice, iniziando subito a prendersene cura. Il secondo fratello nasce 6 anni dopo, ma la situazione a casa non migliora: i genitori sono molto duri con lei e litigano in continuazione. È a questo periodo che risale una diagnosi di ipoacusia all’orecchio destro, dopo cui lei stessa sentì il bisogno di consolare e rassicurare i genitori. All’interno della sua storia, i fratelli si configurano come la prima vera presenza calda e il suo ruolo di sorella maggiore responsabile, disponibile e protettiva ben si adatta a ciò su cui si era basata la costruzione del suo Sé fino a quel momento. La rottura definitiva fra i genitori avviene dopo qualche mese di separazione in casa, Nerea ha 12 anni ed è l’unica ad andare a vivere con il padre per non lasciarlo solo, provando una grande rabbia nei confronti della madre e mal sopportando il senso di colpa per aver abbandonato la sorella e il fratello. Come gli altri passaggi di fase che hanno caratterizzato la sua vita, la pubertà si configura nuovamente come un periodo problematico sotto vari punti di vista. Oltre ad affrontare i cambiamenti del suo corpo e i dubbi sul suo orientamento sessuale (screditati dalla famiglia), la separazione dei genitori la costringe a fare i conti con l’impossibilità di tenere insieme il nucleo familiare, portandola a schierarsi con il padre da cui si sentirà poi tradita. Nel tentativo di assecondare le proprie e altrui aspettative riguardo il suo orientamento, Nerea si àncora ad una nuova normalità e ad un nuovo maschile: Filippo, il primo ragazzo. Sono anni di cui conserva ricordi offuscati e molto tristi: aveva la sensazione che nessuno potesse capirla, era arrabbiata e confusa; al liceo non riusciva a stringere grandi amicizie, aveva difficoltà a concentrarsi e ad affrontare interrogazioni e compiti in classe. Dopo alcuni spostamenti a casa della madre, a seguito di un bruttissimo litigio con il padre provocato anche dall’arrivo di una nuova compagna, Nerea lascia la sua casa dopo circa 4 anni e torna definitivamente dalla madre. Ad oggi non ha più rapporti con il padre: dopo un paio d’anni durante cui lui la chiamava solo per parlarle dei suoi problemi, senza mai interessarsi davvero di lei, hanno nuovamente litigato e non ha più voluto sentirlo. Con il trasferimento dalla madre, che tendeva a parlarle più come un’amica e ad avere un atteggiamento più remissivo nei suoi confronti, Nerea ha attraversato un periodo difficile: ha smesso di fare attività fisica e ha preso peso, mangiava male, tendeva a dormire molto e ad uscire solo per vedere il suo ragazzo, passando molto tempo a casa sua. Quando il lockdown li ha costretti a passare del tempo separati, è riuscita a trovare la forza per lasciarlo, smettendo di ignorare ciò che da tempo la affliggeva. Cercando di riprendere in mano la sua vita, Nerea fa un salto energetico non indifferente: cambia le sue abitudini alimentari e diventa più attiva, arrivando però a comportarsi in modo sprezzante e poco rispettoso, a tratti sadico, sia con la madre, sia con le ragazze che incontra. Dopo un periodo di relativa stabilità, durante cui vive all’insegna di una certa fallicità di copertura sia dentro che fuori casa, il trasferimento di tutta la famiglia da Alberto, compagno della madre, arriva a rappresentare una nuova caduta non protetta, riportandola ad un’organizzazione precedente. L’arrivo di Alberto viene percepito come un ulteriore tradimento da parte della madre e dei fratelli che tanto lo amano e ringraziano per tutto ciò che fa per loro, diversamente da Nerea che non riesce a fidarsi né a sopportare il suo atteggiamento supponente, manipolatorio e controllante. In questa situazione, la relazione con Maria le fornisce un nuovo e diverso ancoraggio, permettendole di specchiarsi nella ragazza, prendersi cura di lei e della loro relazione, ponendosi in una posizione a lei ben nota.
Fin dall’inizio Nerea ha sentito di dover sostenere il mondo/famiglia, arrivando a fare affidamento sulla muscolarità per circondare e silenziare l’allarme e la colpa imprintati nel 6° livello, nonché il blocco del 2° (bocca), attraverso l’irrigidimento del 4° (torace) e del 3° (collo), spesso oppressi dal peso delle richieste esterne e interne, favorendo lo stabilizzarsi della posizione masochistico-narcisistica che già aveva caratterizzato le fasi precedenti. Alcune caratteristiche del tratto intrauterino si accompagnano infatti ad un forte tratto orale da difetto, rimosso e coperto grazie alla muscolarità e ad alcuni elementi del tratto coatto, accompagnati da una co-fissazione fallica di 1° tipo. Nerea arriverà infatti ad allearsi con il padre squalificando la madre, criticandola e ponendosi in una posizione di superiorità che caricherà ancor di più il 3° livello. L’organizzazione che le ha permesso di sopravvivere durante le vicissitudini che hanno caratterizzato la sua vita ha comportato una continua oscillazione fra una grandiosità rivendicativa e perfezionista ed un lasciarsi andare depressivo, in cui cade quando gli eventi mettono alla prova il 3° e 4° livello, rendendo difficile il contenimento del 2° e del 6°. La compressione masochistica, insieme alla trappola-piattaforma narcisistica, la pone in una posizione primaria di supporto verso l’Altro, facendo affidamento sulla dopamina e la muscolarità fino ad arrivare alla sensazione di sostenere il mondo sulle proprie spalle, accompagnata in alcuni momenti da una certa espressività sadica.
Dall’altro lato il suo narcisismo risulta legato a dinamiche rivendicative, ad un senso di superiorità e al continuo bisogno di dimostrare il suo valore. Come testimoniano gli attacchi da lei definiti brutti e le lacrime silenziose che spesso accompagnano i suoi discorsi, Nerea paga a caro prezzo la contrazione e lo spirito rivendicativo che la caratterizzano: cerca di tenersi su con la velocità, senza lasciarsi mai un momento libero, programmando tutta la sua vita in funzione di obiettivi quasi irraggiungibili. Presentando anche una certa sensibilità e vulnerabilità nei passaggi di fase e di campo, quando collo e torace vengono messi eccessivamente alla prova da cambiamenti, passi falsi, cadute o accadimenti esterni, Nerea rischia di scendere in organizzazione: l’energia si abbassa drasticamente realizzando uno stato depressivo temporaneo caratterizzato da temi di colpa, insostenibilità e immobilità. L’idea di poter fare tutto facendo affidamento sulla razionalità e la praticità, quindi su un 1° livello occhi iper-investito che risente della rigidità e della necessità di controllo del 3°, la costringe ad una continua ruminazione, ma anche ad una corsa contro il tempo e contro le sue stesse emozioni, portandola a concentrare tutta la sua esistenza su ciò che deve fare per garantirsi amore ed ammirazione, tanto dagli altri quanto da sé stessa.
Progetto
Partendo dal fornire una presenza di 2° campo inclusiva e accogliente, serotoninergica ma baricentrata, capace di sostenere e contenere l’espressione delle sue emozioni per accompagnarla nel dialogo con il proprio Sé, obiettivo del progetto terapeutico non è stato smascherare o eliminare il Falso Sé, ma comprenderlo come una risorsa, una soluzione intelligente messa in atto dal suo sistema vitale in risposta alle richieste implicite del suo ambiente, esplorando le radici di tutti quei movimenti e vissuti con cui non riusciva più a convivere.
Prima di poter proporre acting più affermativi, è stato importante fornirle una piattaforma su cui poggiare il suo Io, entrando nel passaggio tra il 1° e il 2° campo con il movimento ad arco laterale degli occhi, svolto inizialmente con la penna-luce. Si tratta di un acting di passaggio che separa ma collega, portandoci all’inizio della fase muscolare, “con temi di svezzamento e il concretizzarsi della muscolarità striata, dei circuiti motori e del portarsi su nuovi orizzonti” (Ferri, 2021; pag.71), segnando una direzione senza ricorrere ad una modalità esplosiva. Legato anche a temi di allarme da attacco o da perdita, questo movimento può rinforzare il 1° livello occhi, quindi la soggettività, nell’affrontare la confusione e le esperienze traumatiche. Nel caso di Nerea, rappresenta la possibilità di ridefinirsi ponendosi in equidistanza da entrambi i genitori, allontanandosi dalla madre senza avvicinarsi eccessivamente al padre, con la lucina come 4°, posto alle sue spalle, garante di questo possibile equilibrio. Evitando di contattare troppo precocemente la visceralità ferita e colpevolizzata, iniziamo ad allungare il collo, indagando il chi sono? in un giusto spazio e con una giusta distanza, offrendole un orizzonte dove poter collocare ed osservare sé stessa e il suo mondo relazionale. Durante le sessioni svolte fino ad ora, sono stati affrontati temi relativi alla difficoltà nel trovare un equilibrio fra il devo e il voglio, ma anche nel seguire un ritmo più lento, soprattutto se dettato da un altro. Nerea ha poi sentito una certa difficoltà nel guardare ai lati, troppo richiedenti e distraenti: ricordando le litigate fra i genitori, la paura che potessero iniziare ad urlare da un momento all’altro e la necessità di proteggere i fratelli, diviene centrale la possibilità di rimanere in convergenza su tutto l’orizzonte, senza paura di perdersi nelle vicende e nei bisogni dell’Altro. Cogliendo poi sostanziali differenze fra i due vertici del movimento, è arrivata a collegare il lato destro con la dimensione paterna, l’obbligo e la necessità di essere in un certo modo pur di farsi accettare, mentre il lato sinistro ad una maggiore libertà, per lei mortifera, quindi alla madre e ad una dimensione di vuoto, mancanza di nutrimento e calore.
Fino ad ora, Nerea ha iniziato a conoscersi meglio, a liberarsi e ad essere spesso più clemente e sintonizzata con sé stessa, riuscendo quando possibile a chiedersi meno e a rispettarsi di più. Attraverso la relazione e il lavoro sul corpo, è stato possibile mettere in luce la sua particolare combinazione di tratti, avviando un processo di dialogo con e fra le parti del Sé al fine di rielaborare degli eventi chiave della sua storia, per ascoltarsi e rispettarsi. Ciò ha portato alla possibilità di iniziare a sperimentare modalità più libere e autentiche di vivere sé stessa e le sue relazioni, esprimendo anche le parti brutte senza la necessità di ripiegarle su di sé, continuando però a vivere ancora il senso di colpa ad esse legato. Il lavoro continua a concentrarsi sulla possibilità di riequilibrarsi e porsi su nuovi orizzonti, nonché muoversi in modo sempre più libero da obblighi e aspettative (proprie e altrui), sfruttando le sue grandi risorse per riuscire a fare i conti con il suo passato, così presente nel suo essere negato. Quando opportuno e sostenibile, sarà possibile introdurre l’Io, prima pensandolo e poi cercando di far uscire gradualmente la voce, con il proposito di portarla a sperimentare un’affermazione di sé meno dopaminergica, sfruttando la piattaforma di equidistanza per prendere confidenza con una più funzionale affermazione di sé, iniziando a realizzare la sua individuazione. Si tratta solo dell’inizio del suo viaggio ma, come affermava Alice Miller, ricordiamoci che “non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato, né cancellare i danni che ci furono inflitti nell’infanzia. Possiamo però cambiare noi stessi, “riparare i guasti”, riacquisire la nostra integrità perduta. Possiamo far questo nel momento in cui decidiamo di osservare più da vicino le conoscenze che riguardano eventi passati e che sono memorizzate nel nostro corpo, per accostarle alla nostra coscienza. Si tratta indubbiamente di una strada impervia, ma in molti casi ci offre la possibilità di abbandonare la prigione invisibile – e tuttavia così crudele – dell’infanzia e di trasformarci, da vittime inconsapevoli del passato, in individui responsabili che conoscono la propria storia e hanno imparato a convivere con essa” (1996; pag.9).
Bibliografia
Ferri, G. (2021), Il tempo del corpo. Attivazioni corporee in Psicoterapia. Roma: Alpes.
Ferri, G., Cimini, G. (2022), Carattere e Psicopatologia. Roma: Alpes Italia srl.
Fonagy, P., Target, M. (2003), Psicopatologia evolutiva. Le teorie psicoanalitiche. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Miller, A. (1996), Il dramma del bambino dotato e la ricerca del Vero Sé. Torino: Bollati Boringhieri editore.
Winnicott, D. (1961b), “La distorsione dell’Io in rapporto al Vero e al Falso Sé”, in Id., Gioco e realtà, Armando Editore, Roma 1974, pp.67-76.
[*] Psicologa Psicoterapeuta. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Indirizzo professionale: Via Valadier, 44, 00193 Roma.