IL TERZO CAMPO RELAZIONALE
prima parte
THE THIRD RELATIONAL FIELD
part one
Marcello Mannella[*]
Abstract
La società neoliberale e consumista è totalizzante ed ha esautorato la funzione delle tradizionali agenzie educative della famiglia e della scuola. Il super io è “morto”. Ciò determina la realtà di soggettività deboli, disincarnate, massificate, facilmente manovrabili, senza nessun‘altra possibilità identitaria che quella del consumatore compulsivo e apolide. Sul piano sociale e politico, allo sgretolarsi delle prospettive ideali che hanno animato la cultura occidentale – il cristianesimo, la democrazia, il socialismo, la fede nella ragione e nella scienza - si affianca la perdita di fiducia verso ogni possibilità di emancipazione ed elevazione. Che fare?
Parole chiave
campo relazionale - società liquida – consumismo – neoliberalismo – woke - cancel culture.
Abstract
The neoliberal and consumerist society is all-encompassing and has deprived the traditional educational agencies of the family and school of their function. The superego is “dead”. This thing determines a reality made of weak, disembodied, massified, easily manipulated subjectivities, without any other possibility of identity than that is the compulsive and stateless consumer. On the social and political level, the crumbling of the ideal perspectives that have animated western culture – Christianity, democracy, socialism, faith in reason and science – is accompanied by the loss of faith in any possibility of emancipation and elevation.
What to do?
Keywords
relational field - liquid society - consumerism - neoliberalism - woke - cancel culture.
Il terzo campo nella prima fase genito-oculare
Il terzo campo è il mondo sociale, il mondo del lavoro, delle istituzioni, della politica, il contesto in cui quotidianamente si svolge la vita degli adulti. Il bambino, ovviamente, fa ingresso in questo mondo gradualmente, inizialmente affiancato e protetto dai genitori, che scelgono per lui gli ambienti giudicati idonei alla sua crescita. Siamo nella fase evolutiva genito-oculare[1] caratterizzata da un ulteriore sviluppo del campo di coscienza. La neocortex si consolida e si affianca alle strutture cerebrali preesistenti e il bambino perviene all’autocoscienza, comprende cioè di essere un Io, qualcosa di unico e irripetibile, con una propria storia e propri legami affettivi e sociali. In questa fase la funzione genitoriale assume progressivamente un carattere pedagogico. Mentre nella fase muscolare (secondo campo) la genitorialità aveva una funzione eminentemente normativa (le regole, i divieti, le limitazioni, erano imposte), ora i genitori sono chiamati a spiegare il senso delle proprie posizioni per aiutare i bambini a sviluppare le capacità cognitive superiori, e dunque – data la progressiva prevalenza cerebrale neocorticale – per aiutarli alla comprensione e all’accettazione consapevole di norme e valori sociali. In questa fase, i bambini, sempre più, comprendono che benevolenza, accettazione, amore, non sono presupposti, ma conseguenza della presenza costruttiva nei diversi contesti relazionali: la famiglia, l’asilo, la scuola, il gruppo dei pari, la palestra, l’oratorio, il liceo, ecc.
Il primo e importante crocevia pedagogico che i genitori si trovano ad affrontare è rappresentato da una particolare esperienza affettiva. La fase genito-oculare ha infatti inizio con l’erotizzazione dei genitali che attiva la costellazione del complesso edipico[2]. È necessario che i genitori abbiano una considerazione positiva e serena della sessualità, che la considerino un’esperienza nella quale trovano espressione un insieme fondamentale di bisogni, desideri e significati. Devono pertanto comprendere che l’interesse amoroso edipico dei figli è espressione della loro crescita e vitalità e non restarne sorpresi o imbarazzati. Devono essere capaci di assumere un atteggiamento di giusta distanza, non devono pertanto né reprimere quelle manifestazioni, né consentire ai figli di indugiarvi. Con maestria pedagogica devono far loro capire che quell’esperienza affettiva e di piacere è qualcosa che è legittimo e importante vivere al di fuori del contesto familiare. La direzione esogamica del desiderio amoroso viene così a costituirsi come una delle spinte decisive ad avventurarsi nel mondo sociale.
L’interdetto paterno non può dunque essere imposto, come nel passato. L’affermazione della “legge del padre” sarebbe, nel caso, un processo autoritario, sarebbe fondata sulla rimozione della costellazione edipica, che continuerebbe ad esistere in maniera inconscia e a risuonare nelle esperienze relazionali adulte.
Il terzo campo nella seconda fase genito-oculare
Con la pubertà e l’adolescenza (seconda fase genito-oculare) i figli entrano nel periodo evolutivo più impegnativo e stressante. Lo sviluppo fisico impetuoso e il riaccendersi della sessualità dopo il periodo di latenza spingono i figli a cimentarsi nel mondo sociale. Alla ricerca della propria identità, rifiutano i modelli di identificazione infantile ed è facile che il rapporto con i genitori risulti improntato ad una più o meno pronunciata conflittualità e che al posto della loro idealizzazione subentri un atteggiamento di svalutazione. Bisogna considerare ancora che nel nostro tempo i saperi mutano continuamente e gli adulti hanno perso agli occhi dei giovani il carisma che gli derivava in quanto depositari di una conoscenza che bisognava acquisire per pervenire alla definizione della propria identità sociale. Oggi il sapere e le competenze non sono più cumulativi, il mondo della produzione dei beni e dei servizi è caratterizzato dalla flessibilità ed è in continua trasformazione e chiede ai giovani la capacità di smettere i vecchi saperi. “La cultura liquido-moderna non è più una cultura dell’apprendimento e dell’accumulazione come le culture di cui parlano i resoconti degli storici e degli etnografi. È invece una cultura del disimpegno, della discontinuità e della dimenticanza” (Bauman, 2012, pag.44). La conflittualità e la distanza generazionale sono ulteriormente aggravate dall’avvento della società digitale. Non solo bambini e adolescenti posseggono abilità informatiche e tecnologiche che i genitori non hanno e instaurano relazioni attraverso modalità assolutamente inusitate fino a poco tempo fa, ma, per la prima volta nella storia, i giovani possono diventare protagonisti della vita economica seguendo strade diverse da quelle dei loro genitori. Pensiamo, ad esempio, al fenomeno degli influencer. Ragazzi/e, anche giovanissimi, possono guadagnare tanti soldi (spesso molti di più di quelli che guadagnano i genitori) proponendosi nei social come personaggi di successo e di tendenza, e capaci di influire sui comportamenti di miglia di follower.
Con l’avvento di Internet i genitori hanno poi perso il controllo dell’accesso alle informazioni. Esse non possono più essere centellinate e comunicate ai figli nei tempi e nei modi ritenuti opportuni. Questo fa aumentare nei ragazzi l’autostima e la voglia di autonomia, mentre crescono il livello di ansia e le preoccupazioni dei genitori, contribuendo ad alimentare in maniera significativa le tensioni familiari. Nonostante la loro precoce autonomia gli adolescenti, però, hanno ancora bisogno del confronto e del supporto dei loro genitori. Saranno i giovani a ricercare il dialogo nei momenti di difficoltà ed essi dovranno essere pronti e disponibili alle loro richieste di sostegno e di aiuto. Ovviamente il dialogo fra genitori e figli sarà tanto più agevole quanto più la comunicazione avrà avuto inizio fin dalla più tenera età, ma soprattutto se i genitori sapranno coinvolgersi e se sperimenteranno il piacere di accompagnare i figli nel loro difficile compito evolutivo. Non da ultimo, i genitori dovranno essere attenti a se stessi, ai propri comportamenti, e dovranno avere l’onestà di riconoscere i propri limiti e i propri errori. Sono proprio questi caratteri - la capacità di implicarsi nella relazione, l’atteggiamento di onestà intellettuale e morale – che costituiscono gli ingredienti fondamentali del dialogo educativo perché la disponibilità e l’autenticità dei genitori aumenta la stima e la fiducia dei figli nei loro confronti.
Pervasività del terzo campo
Il mestiere di genitore è oggi ancor più problematico a causa delle trasformazioni della famiglia, che non riguardano soltanto la varietà delle sue forme – famiglie ricomposte adottive, affidatarie, omogenitoriali – ma innanzitutto le modalità relazionali, che non sembrano affatto favorire la relazione educativa. Perché questa si dia c’è bisogno di intimità, di riservatezza, di situazioni caratterizzate da proprie atmosfere e da un proprio tempo. Nell’attuale famiglia, in cui sono presenti televisori, computer, tablet, videogame e ogni membro possiede un proprio cellulare, tali condizioni sono altamente improbabili. La famiglia digitale del nostro tempo, coattivamente proiettata sul mondo, ha smesso di essere un luogo di comunicazione, di trasmissione di norme e valori etici e spirituali. Mentre nel passato era rivolta ad inserire i figli nel contesto sociale, oggi registriamo la difficoltà dei genitori a svolgere la propria funzione e, come conseguenza, allo stazionare dei figli in una posizione di protratta dipendenza.
La difficoltà dei genitori non si risolve, però, a ben guardare, soltanto nell’incapacità ad assumere una posizione normativa e pedagogica, ma riguarda l’esperienza complessiva dell’essere genitori. Ancor prima, devono essere in grado di assumere un comportamento accudente (funzione primaria). A ciò non basta essere dei genitori affettuosi, ma occorre essere capaci di relazionarsi empaticamente con i figli, di dedicare tempo ed energie per sostenerli nella loro crescita emotiva. Anche in questa funzione, i genitori del nostro tempo sono manchevoli. Ad essere in crisi è, dunque, la funzione genitoriale nel suo complesso. Ad essere deficitarie sono insieme le tradizionali figure (funzioni) della madre e del padre.
Le inchieste e i dati statistici lo confermano. Il dato sicuramente più significativo ed inquietante è quello relativo alla crescente quantità di tempo che i bambini trascorrono alle prese con i diversi mezzi digitali. Ciò conferma che i genitori non hanno soltanto abdicato alla funzione normativa e pedagogica, ma sono ancor prima incapaci di stabilire coi loro figli una relazione primaria empatica ed efficace, affidando alle nuove tecnologie il compito di intrattenerli e distrarli. La situazione non sembra affatto migliorare con l’aumentare dell’età. L’uso precoce e smodato degli strumenti elettronici in età infantile, preadolescenziale e adolescenziale, comporta delle disfunzioni sul piano emotivo e cognitivo. Siamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione antropologica, all’affermazione di una forma di civiltà basata sul televedere e sul videovivere, che sta “trasformando l’homo sapiens, prodotto dalla cultura scritta, in homo videns” (Sartori, 1998, pag.XV), una forma di civiltà in cui “la parola è spodestata dall’immagine” (Ibidem). Da una parte, allora, l’uso dei nuovi mezzi digitali fa sì che i giovani presentino abilità mentali nuove e sorprendenti. Pensiamo, ad esempio, al fenomeno del multitasking, ovvero alla capacità di svolgere contemporaneamente più compiti attraverso l’uso di più strumenti tecnologici. Dall’altra però, dobbiamo essere consapevoli che tutto ciò non è a costo zero.
“Infrangere i limiti dell’attenzione comporta ovvi benefici, e le abilità associative generate dal multitasking sono un vantaggio straordinario; possono tuttavia esserci dei costi compensativi in termini di apprendimento, consolidamento della memoria ed emozione. Non abbiamo idea di quali possono essere tali costi” (Damasio,2012, pag.222). Le nuove generazioni – lo sanno bene gli insegnanti - stanno, ad esempio, perdendo il vecchio modo di pensare lineare, caratterizzato dalla calma, dalla concentrazione, che procede faticosamente attraverso l’individuazione di nessi logici, sostituendolo con un tipo di pensiero che procede a salti, che sovrappone le informazioni, un modo di pensare veloce e compulsivo. Maffei in Elogio della lentezza (Maffei, 2014) mette in evidenza i pericoli derivanti da una cultura dominata dall’immagine e dal pensiero rapido o digitale. A suo parere, tale condizione culturale riporta l’umanità ad una stazione filogenetica precedente. Il ritorno preponderante alla comunicazione visiva sposterebbe i processi di apprendimento da quelli attivi e faticosi della scrittura e della lettura (lobo sinistro) – evolutivamente più tardi - a quelli apparentemente più facili e rapidi del messaggio visivo, propri del lobo destro.
L’emisfero cerebrale sinistro - che è di grandezza maggiore – è anche l’emisfero del tempo. Esso dota noi esseri umani della capacità di interporre uno iato, un intervallo di tempo fra lo stimolo e la risposta, consentendoci di riflettere e valutare quale direzione abbia a prendere il nostro comportamento. In pratica è l’esperienza del tempo a permetterci di pervenire all’autocontrollo, di disciplinare sempre più e consapevolmente le nostre emozioni e di acquisire la maturità psicologica. Nel nostro tempo si registra una situazione del tutto nuova. I ragazzi hanno oggi una grande competenza tecnologica, ma corrono il rischio di essere deficitari sia sul piano delle competenze affettive (sviluppo disfunzionale dell’emisfero cerebrale destro), sia sul piano delle competenze cognitive (sviluppo disfunzionale dell’emisfero cerebrale sinistro), e della loro integrazione.
Morte del Super Io
Bauman ha definito il nostro il tempo della modernità liquida. (Bauman,2011). “La vita liquida è una vita di consumi” (Bauman, 2008, pag.XVII), si è solo in quanto si consuma, e più si consuma più aumenta la percezione illusoria della potenza del vivere. È un tempo che attraverso un flusso continuo di stimoli e informazioni, accelera fortemente il tempo interiore. Vivere in un tale stato impedisce la possibilità della definizione del proprio sé. Quest’ultimo, infatti può essere edificato soltanto nell’interazione fra il mondo interno ed il mondo esterno, mentre il flusso continuo di stimoli ci rende oltremodo sensibili al mondo esterno e finisce col farci distogliere lo sguardo dalla nostra interiorità. Come sostiene Damasio, talvolta la mente nasconde. “Tra le cose che nasconde nel modo più efficace, vi è il corpo, il nostro stesso corpo, e con ciò intendo i suoi meandri, le sue parti interne” (Damasio, 2000). Immersi in un mondo di stimoli accattivanti, manchiamo di ricavare dalle nostre esperienze ed emozioni quella personale sfera di sentimenti necessaria alla costruzione del nostro sé e le nostre personalità risultano, pertanto, labili, incerte, appena accennate.
La forza del condizionamento mediatico e consumistico trova supporto in un importante aspetto della costituzione neurobiologica umana. Il neuroscienziato Panksepp ha evidenziato fra i mammiferi l’esistenza di sette principali neurocircuiti delle emozioni (Panksepp, Biven, 2014). Quello che risulta interessante in relazione al nostro discorso è il sistema della ricerca del desiderio e dell’euforia, legato alla dopamina. “È uno dei sistemi emotivo-istintivi più importanti del cervello […] che consente agli animali di cercare, trovare e acquisire tutte le risorse necessarie per la sopravvivenza” (Ibidem, pag,103). “Non si tratta di quel genere di piacere che sperimentiamo quando consumiamo un pasto gustoso, e non è neppure la soddisfazione che proviamo dopo averlo fatto. Piuttosto, fornisce quel genere di anticipazione eccitata ed euforica che si presenta nell’attesa di mangiare quel pasto” (Ibidem). Il sistema della ricerca “rimane vigile rispetto a possibilità allettanti anche quando i bisogni corporei sono stati soddisfatti” (Ibidem, pag.110), mantenendoci in uno stato di costante coinvolgimento con il mondo.
Nel nostro tempo, dunque, le tradizionali agenzie educative - la famiglia e la scuola, le istituzioni religiose – sono bypassate dalla pervasività dei mezzi di informazione. Sono la televisione, internet, la pubblicità e i videogames a svolgere la funzione di intrattenere e educare. Il risultato è la morte del Super Io, l’assenza di ogni progetto pedagogico. Se proprio volessimo rintracciare una logica formativa nella società del nostro tempo la potremmo individuare in una pratica negativa improntata al permessivismo che rende impossibile ai giovani andare oltre lo stadio evolutivo di un’oralità insoddisfatta, rendendoli pertanto sensibili alle seduzioni a buon mercato della società dei consumi (Mannella, 2018). Ci si relaziona al mondo “con pattern-schemi di tratto consumistico e compulsivo in un eterno presente che si intersecano oggi con un altro schema oltre-soglia, orale e primario anch’esso, quello del narcisismo individuale, in un campo sociale dove tutti sono insieme e profondamente soli. […] Con queste evidenze posso formulare facilmente una diagnosi clinica: il corpo sociale oggi è affetto da una depressione mascherata dall’accelerazione!”. (Ferri, in PsicoterapiaAnaliticaReichiana, Rivista semestrale online n° 1/2024).
L’esito di una tale condizione mentale è la costruzione di un io apparentemente dinamico, vitale, estroverso, sicuro di sé, ma in realtà dipendente, labile, precario, perché mancante di centro e di definizione, costantemente bisognoso di stimoli ed eccitazioni per allontanarsi dal senso di vuoto, di inutilità e di solitudine, che connota il proprio essere-nel-mondo. Si determina così una scena sociale grottesca, caratterizzata dallo stridente contrasto fra il carattere eccitato, compulsivo e spensierato dei nostri comportamenti - quasi vivessimo in una sorta di movida continua - e una condizione emozionale ed esistenziale connotata da smarrimento e depressione. La felicità è apparente, riguarda soltanto gli strati più superficiali e posticci del nostro sé. Cifra della scena sociale del nostro tempo, è l’odierna fenomenologia della vita sessuale (Mannella, in PsicoterapiaAnaliticaReichiana, Rivista semestrale online, n° 2/2022). Ne Gli usi postmoderni del sesso (Bauman, 2013), Baumann ha messo in risalto le forme del tutto particolari che la vita sessuale ha assunto. A suo parere, per l’intera epoca moderna due strategie culturali si erano confrontate intorno al modo di vivere la sessualità. Una, che metteva capo alle istituzioni dello stato, della chiesa, della scuola e della famiglia, era quella che subordinava l’erotismo alla funzione riproduttiva e che dunque poneva dei rigidi limiti alla libertà e all’immaginazione erotica. L’esuberanza sessuale, se mai, doveva essere relegata nelle sfere culturalmente degradate della pornografia, della prostituzione e delle relazioni extraconiugali. In tale prospettiva, l’amore era ridotto al rango di abbellimento gradito ma non necessario.
L’altra strategia, connotata da una sfumatura di dissenso e ribellione, era quella romantica che emancipava l’erotismo dal sesso (funzione riproduttiva) e stabiliva uno stretto legame tra erotismo e amore. Nel nostro tempo si assiste a qualcosa di radicalmente nuovo: per la prima volta l’erotismo si emancipa tanto dal sesso che dall’amore, “reclama la propria indipendenza da entrambi i vicini e rifiuta recisamente ogni responsabilità per gli effetti che può provocare su di loro; si proclama, orgogliosamente e audacemente, unica e sufficiente ragione e scopo di se stesso” (Ibidem, pag,32). La sessualità è oggi eccessiva, disordinata, abnorme. È liquida come la società odierna. La vittima prima e più illustre di un tal stato di cose è la relazione amorosa che cresce nel tempo e si alimenta della stabilità e della durata. Se prevale l’ideologia effimera e scanzonata del consumo, quali aspettative di vita possiamo realisticamente riconoscere all’amore? Perché mai dovrei impegnarmi in un unico ed esclusivo rapporto, quando in ogni altro ambito della mia vita sono portato a variare continuamente gli oggetti? Perché mai non dovrei essere un consumatore di esperienze (oggetti) d’amore?
Ma non è soltanto l’amore a soffrirne. Anche l’erotismo ne risente, perché sganciato da ogni finalità pratica e da ogni significazione affettiva, diventa astratto, freddo, maniacale. Autonomo e autoreferenziale, si risolve nella mera abilità tecnica a dare e ricevere narcisisticamente piacere, ossessivamente rivolto alla produzione di orgasmi sempre nuovi e, a tal fine, impegnato nell’affannosa ricerca di situazioni sempre più inconsuete (famolo strano recita un personaggio di un popolare film di Carlo Verdone). L’orgasmo diviene così la cifra della società dei consumi, della sua promessa illusoria di felicità. Il nostro tempo è caratterizzato da una continua spinta (eccitazione) alla ricerca del godimento, che non potrà mai esser soddisfatta, perché ciò che si ricerca – il godimento infinito - per definizione non potrà mai essere trovato. La sessualità – insieme al consumo compulsivo - è oggi una delle principali forme di divertissement, una pratica, cioè, volta allo stordimento, alla distrazione, al disimpegno.
(Continua)
[1]La fase psicoanalitica fallico-genitale nel modello della S.I.A.R. è suddivisa in una 1° fase genito-oculare – dalla erotizzazione genitale (intorno ai tre anni) fino alla pubertà – e in una 2° fase genito-oculare a partire dalla pubertà. Si veda Ferri G., Cimini G., Carattere e psicopatologia. La psicoanalisi nel corpo e il corpo in psicoanalisi. L’analisi reichiana contemporanea. Roma: Alpes. 2022.
[2] Per una riflessione intorno alla valenza del complesso edipico ai nostri giorni, si veda Mannella M., Corpo, società, identità sessuale, Alpes, Roma, 2023.
Bibliografia
Bauman, Z. (2012), Conversazioni sull’educazione. Trento: Erickson.
Sartori, G. (1998), Homo videns. Bari: Laterza.
Damasio, A. (2012), Il sé viene alla mente. Milano: Adelphi.
Bauman, Z. (2013), Gli usi postmoderni del sesso. Bologmìna: Il Mulino.
Bauman, Z. (2011), Modernità liquida. Bari: Laterza.
Bauman, Z. Vita liquida, Laterza, Bari, 2008, p. XVII.
Damasio, A. (2000), Emozione e coscienza. Milano: Adelphi.
Ferri, G., La figura del padre nel tempo delle incertezze, in PsicoterapiaAnaliticaReichiana, Rivista semestrale online n° 1/2024.
Mannella, M. (2018), L’educazione del corpomente. Cosa significa educare nella società postmoderna. Roma: Alpes.
Mannella, M., Fenomenologia della vita sessuale. Rivoluzione o conservazione? in PsicoterapiaAnaliticaReichiana, Rivista semestrale online, n° 2/2022.
Maffei, L. (2014), Elogio della lentezza. , Bologna: Il Mulino.
Panksepp, J., Biven, L. (2014), Archeologia della mente. Origini neuroevolutive delle emozioni umane. Milano: Raffaello Cortina Editore.
[*]Psicologo, Psicoterapeuta, Didatta S.I.A.R., Membro dei Comitati Scientifico e Direttivo della S.I.A.R., Membro del board scientifico della collana CorporalMente dell’Editrice Alpes, Membro della redazione della Rivista PsicoterapiaAnaliticaReichiana. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Indirizzo professionale: Via Flaminia, 19-00196 Roma.