IL VERO AMORE E' QUANDO SI AMORANO TUTTI
di Elena e Alessandro Magrini
Adriano Salani editore, 2020
Recensione di Marcello Mannella
Papà, ozzi io sono stata semple insieme a te, anche se tu non s’eri mai
Il “vero amore è quando si amorano tutti” è la storia della relazione fra Elena – un fagottello vivace, allegro e impertinente – nei primi quattro anni di vita e il papà Alessandro, sorpreso e compreso nel magico incantesimo del loro incontro. Il racconto è fresco, agile, tiene desta la curiosità, e, soprattutto, è dis-posto a condividere con il lettore lo stupore e il piacere crescente che i protagonisti vivono man mano che la trama della loro relazione si infittisce. L’esperienza del lettore è di coinvolgimento perché ci si trova al cospetto di un racconto “oggettivo”, nel senso che, oltre a narrare la storia del tutto particolare fra Elena e Alessandro, quasi paradigmaticamente mostra il come della relazione genitoriale.
Fra i pregi del modo di relazionarsi di Alessandro mi pare di poter cogliere il senso di meraviglia di fronte al miracolo di una nuova vita di cui egli si avverte rispettosamente il custode, di essere aperto al possibile e il piacere di sperimentarsi e costruire gradualmente il proprio modo di essere padre. Alessandro non ripropone una qualche maniera stereotipata, tradizionale o meno, di esserlo; è bravo a tenere a bada i suoi impulsi ad esercitare una qualche forma di controllo rassicurante, a non cadere nella tentazione di istradare il rapporto lungo una strada consueta. Si affida all’amore e alla consapevolezza - che rende cauti e rispettosi – che il suo compito è “soltanto” quello di custodire Elena e creare le condizioni affinché possa sperimentare e dare forma al proprio essere.
Ma Alessandro non è solo in questa impresa. Anche se necessariamente posta sullo sfondo dalle necessità narrative, si avverte la presenza di Laura - l’altro vertice di questo triangolo primario[1] - che con fiducia e piacere, a sua volta, si impegna a custodire la relazione fra la figlia e il papà.
È qui nuovamente rimarchiamo il carattere paradigmatico della storia fra Elena e Alessandro, il suo essere un racconto attuale. Essa è cifra della rivoluzione culturale che ha riguardato negli ultimi decenni la funzione genitoriale.
La genitorialità è oggi considerata un costrutto sociale, e non è più pertanto concepita, in riferimento all’evento centrale della gravidanza, come un’esperienza connotata soprattutto al femminile. Se nel passato ai padri non veniva richiesto di condividere con la madre la cura della prole - essere un buon padre significava in fondo essere dediti alla famiglia garantendone il sostegno economico - la paternità è oggi considerata un’esperienza precoce che accade fin dal concepimento e i papà partecipano profondamente all’esperienza della gravidanza e sentono il figlio “crescere” dentro di sé (come avrebbe potuto, infatti, Alessandro relazionarsi con fiducia e immediatezza ad Elena nel postpartum se la loro relazione non fosse già iniziata al tempo del concepimento - anelato, sognato, pensato – e continuata nel tempo della gravidanza?).
A differenza, dunque, che nel passato in cui si pensava che un sano sviluppo evolutivo si fondasse innanzitutto sulla diade madre-bambino, oggi si giudica di fondamentale importanza allargare lo spazio relazionale e si pone l’accento soprattutto alla collaborazione co-genitoriale. La co-genitorialità non è però da intendersi come la semplice somma del ruolo materno e paterno, ma si fonda sulla definizione di un progetto genitoriale condiviso, sull’interazione profonda del sentire e dell’agire dei genitori, sulla loro capacità di coordinarsi per realizzare lo scopo comune del benessere del figlio. La co-genitorialità, ancora, deve essere costruita precocemente, perché è già nel tempo del desiderio, del concepimento e dell’attesa che ha inizio la relazione con il figlio[2].
Infine, affinché possa dare fino in fondo i suoi effetti benefici, l’atteggiamento co-genitoriale deve trasparire dai gesti, dalle emozioni e dai pensieri dei partner ed essere empaticamente comunicato al figlio.
La scelta della co-genitorialità è complessa e delicata. Caduti gli stereotipi di ruolo, riconosciuta per il bambino la necessità del rapporto precoce con entrambi i genitori, il comportamento co-genitoriale è proprio dei partner che, in coppia o no, psicologicamente maturi ed eticamente responsabili, sono capaci di mettere da parte le problematiche interpersonali o relazionali di coppia, concentrandosi sui bisogni evolutivi del bambino.
Ringrazio Elena e Alessandro per aver voluto condividere lo spazio incantato della loro relazione, ma anche per aver mostrato che l’amore di un padre può essere intenso quanto può esserlo quello di una madre.
[1] Si veda Mannella M., Il triangolo primario e la nuova genitorialità, in PsicoterapiaAnaliticoReichiana, Rivista semestrale online n° 2/2018
[2] Si veda il capitolo Diventare genitori in Mannella M., L’educazione del corpomente. Cosa significa educare nella società postmoderna, Alpes, Roma, 2018.