Numero 2/2022

CONSIDERAZIONI SUL DISTURBO BORDERLINE

 

CONSIDERATION ON BORDERLINE PERSONALITY DISORDER

DOI 10.57613/SIAR29 

 

Maria Chiara Rossi*

 

 

 

 

Abstract

      Partendo da un’esperienza personale, si analizza il Disturbo Borderline di Personalità attraverso la visione offerta dal Modello Reichiano, il quale mette in luce il ruolo fondamentale dell’insufficienza intrauterina nello sviluppo di tale condizione. Di essa si mettono in risalto le profonde differenze con altre Psicopatologie e, ripercorrendo la storia del disturbo, si offre una lettura sociale del mondo contemporaneo.

Parole chiave

     Disturbo Borderline di Personalità – eziopatogenesi – insufficienza intrauterina – minaccia di separazione – diagnosi differenziale - accelerazione del tempo.

 

Abstract

     Starting from a personal experience, Borderline Personality Disorder is analyzed through the view offered by the Reichian Model, which brings to light the fundamental role of intrauterine insufficiency in the development of this condition. Profound differences with other psychopathologies are highlighted and, tracing the history of the disorder, a social reading of contemporary world is offered.

Key words 

     Borderline Personality Disorder – etiopathogenesis – intrauterine insufficiency – separation threat – differential diagnosis – acceleration of time.

 

 

     Il Disturbo Borderline di Personalità ha sempre catturato la mia attenzione, fin dal primo giorno in cui ho conosciuto sui libri tale condizione.

     Ciò che mi ha immediatamente colpito è la capacità del soggetto borderline di far sperimentare alle persone che ruotano intorno a lui emozioni completamente diverse, talvolta apparentemente inconciliabili, e di creare all’esterno da sé ciò che vive internamente. La rabbia, la paura, l’angoscia, il bisogno di vicinanza affettiva sono condizioni che accompagnano la persona nel corso della sua vita e che, inevitabilmente, riguardano anche coloro che ruotano intorno ad essa.

     Con il borderline si ha sempre la sensazione di essere sulle montagne russe, di attraversare stati emozionali differenti e di provare quel caos emotivo con cui è lui il primo a doversi confrontare.

     Nel corso della mia esperienza lavorativa all’interno di comunità educative per minori ho incontrato molti adolescenti, per lo più di genere femminile, a cui è stata fatta una diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità, e con loro non era raro assistere a gesti autolesionistici, a scoppi di rabbia in cui si devastava la propria stanza, a minacce di tentativi di suicidio, talvolta accompagnati da gesti dimostrativi, a fughe, cambi repentini di umore e alla confusione che si creava tra il personale educativo nel tentativo di accompagnare nel miglior modo possibile le giovani donne nel loro percorso.

   Con queste ragazze ho dovuto imparare ad accogliere e a gestire l’imprevedibilità, nella possibilità di provare notevole rabbia, impotenza e/o apprensione e, poco dopo, di riuscire a raggiungere un contatto emotivo profondo e una reale comprensione empatica per la loro condizione di estrema sofferenza e difficoltà, per poi andare nuovamente incontro a manipolazioni, turbolenze affettive e relazionali.

     Tutto ciò rendeva difficile la possibilità di mettere un limite, quel giusto confine necessario a proteggersi e a non portare con sé in altri contesti le caotiche dinamiche lavorative. Inoltre, quanto descritto determinava una grande fatica, l’emergere di emozioni negative, la tendenza a sentirsi disorientati e il desiderio di voler terminare la presa in carico delle ospiti della struttura educativa. Questo mi ha portato a voler studiare e approfondire tale condizione, fin dai tempi dell’Università, quando in entrambe le tesi di laurea mi sono concentrata proprio sul Disturbo Borderline di Personalità.

     Quando ho incontrato la S.I.A.R. mi ha stupito la nuova lettura di questa condizione, la cui eziopatogenesi è stata sempre attribuita a fattori intervenuti nel post-partum. Sono numerosi i testi e le ricerche in merito all’attaccamento insicuro disorganizzato, causa di un deficit della funzione  riflessiva e di un Sé alieno; all’ipercoinvolgimento genitoriale (soprattutto materno); ai traumi infantili (quali distacco da figure di attaccamento in tenera età, trascuratezza, maltrattamento e abuso sessuale) e alle patologie psichiche all’interno del nucleo familiare.

     Tuttavia, non era mai stato preso in considerazione il periodo intrauterino, la densità della persona, né la possibile connessione di questi aspetti con l’insorgenza del disturbo in oggetto, mettendo così tale condizione in una luce completamente diversa e favorendo la comprensione profonda di molteplici manifestazioni della stessa.

     img ROSSI Dipinto di Sauro Cecchi sogno notturno 1"Sogno notturno" di Sauro Cecchi Affrontando questi temi in modo più dettagliato, emerge che il dialogo e la relazione tra la madre-utero e il bambino-feto inizia molto prima della nascita ed è la base per la futura interazione della persona con il mondo. Tale scambio nella prima fase orale primaria connessa con il tempo intrauterino, potrebbe essere fonte di nutrimento e calore, ma anche non sufficiente; in quest’ultimo caso, si potrebbe determinare una piattaforma per lo sviluppo del Disturbo Borderline di Personalità.

     Chi vive tale condizione ha una bassa densità di energia e “si presenta in struttura fioca, leggera, molto permeabile, instabile e variabile, spaventata profondamente e di facilissimo smarrimento” (Ferri, Cimini, 2012, p.170). Il suo tema principale riguarda il blocco insoddisfatto intrauterino, ovvero l’insufficienza intrauterina, probabilmente dovuta a una difficoltà nella gravidanza  durata in maniera prolungata, per intervalli significativi.

     Questo ha determinato una difficoltà sul tema della separazione, un’oscillazione dovuta ai confini labili e permeabili e la tendenza a sentire l’altro come minaccioso, in quanto il frattale della minaccia della separazione, avendo agito nel vissuto intrauterino del borderline per un tempo eccessivamente lungo, non gli consente di sentire l’attaccamento duale come affidabile.

     L’insufficienza intrauterina, tuttavia, non è da confondere con quella oro-labiale, da ricondurre al periodo successivo al parto. In quest’ultimo caso si può parlare di tratto orale insoddisfatto e ciò determina l’impossibilità per il soggetto di dissociarsi, a differenza di quanto avviene nel disturbo borderline, in cui, nei periodi di maggiore stress, è possibile presentare disturbi dissociativi, sintomatologia psicotica ed episodi paranoici. Si tratta, però, di situazioni che hanno una breve durata: il borderline, infatti, non si disorganizza nel lungo tempo, ma soltanto quando è sottoposto ad abbassamento energetico, che determina il conseguente scompenso.

     L’insufficienza intrauterina, dunque, è la condizione principale, che, tuttavia, non è stata mai vista dalla letteratura in quanto il borderline presenta delle coperture genito-oculari, anche se non prevalenti, che lo rendono in grado di recitare posizioni falliche e isteriche.

     Tutti hanno definito tale condizione di copertura come prevalente e pre-genitale, ma in realtà non è così, secondo Ferri e Cimini (2012), poiché questi due tratti, di cui il principale è quello sottostante, comportano due schemi nella relazione con il mondo. Tra questi, quello che si presenta in un primo momento e che riguarda la copertura di tale soggetto, è una sfida costante e provocatoria con l’altro, la tendenza a presentarsi mettendo in atto delle reazioni eccessive. Ciò talvolta è sufficiente per prendere il governo della relazione. Se la copertura è isterica, vi è il tema della seduzione, della facilità sessuale e della provocazione seduttiva.

     L’altro schema, invece, riguarda il non avere la costanza di mantenere una relazione strutturata con l’altro, perché subentra presto un’insostenibilità del soggetto, a causa dell’incapacità di tollerare un’eccessiva vicinanza emotiva e, al contempo, della paura di essere allontanato e abbandonato.

     In merito a ciò è possibile affermare che “il disturbo borderline è etiologicamente definito da un insufficiente e insoddisfacente circuito Sé – Altro da Sé, per intervalli di tempo significativi nella relazione materno – fetale” (G. Ferri, G. Cimini, 2012, P.170). Per questo si sviluppa con l’oggetto che raccoglie proiezioni materne un rapporto ambivalente, in cui vengono attuati dei tentativi di separazione senza mai arrivare ad essa, con costanti movimenti di avvicinamento e allontanamento, caratterizzati da frequenti esplosioni per le interazioni insostenibili di campo energetico, al fine di portare avanti la ricerca di una distanza sostenibile.

     La persona borderline può “avvicinarsi ma non troppo, perché l’altro diventa minaccioso, […] può allontanarsi ma non troppo, per paura di essere abbandonato, di non riuscire a sopravvivere e a sostenere i sentimenti cronici di vuoto” (Ferri, Cimini, 2012, p. 170) e la percezione di una costante carenza.

     Presentando un’insufficienza sottostante, nonché l’insostenibilità alla separazione e alla prossimità dell’altro, se quest’ultimo si dimostra benevolo nella relazione, il borderline ne prende le redini e si pone in modo aggressivo, mentre se viene escluso, tema per lui centrale, tende ad attuare una reazione a cortocircuito, andando incontro a situazioni di intenso stress. Esse determinano un abbassamento energetico, instaurano lo scompenso, eliminano la copertura genito-oculare e fanno, quindi, emergere la condizione sottostante ad essa.

     La domanda implicita principale che il borderline rivolge alla madre è di dargli tutta l’energia che gli manca e che non gli ha mai dato; c’è, dunque, una pretesa di risarcimento orale primario intrauterino. Tuttavia, la mamma, angosciata e impaurita, non può dargli tutto ciò, né sorride alla copertura che il soggetto le pone. Dunque, mentre lui vorrebbe essere visto come importante e desidera un riconoscimento fallico-narcisistico, deve andare incontro al rifiuto dei suoi bisogni e alla delusione insostenibile per la realtà che deve affrontare.

     La condizione borderline non è facilmente riconoscibile in quanto è una struttura sul margine, sulla linea del bordo, che si trova in una zona di confine tra nevrosi e psicosi, in una terra in cui si incontrano due temi centrali, ovvero l’insufficienza intrauterina e il problema della separazione, strettamente legato al parto.

     Su questo terreno, dunque, possono essere presenti posizioni depressive, ciclotimiche e psicopatiche; si possono sovrapporre dei sintomi simili a quelli presentati dal borderline e, in questi casi, per comprendere al meglio dove ci si trova, si può contare sulla propria controtransferalità e sul tempo che chiarisce la diagnosi.

     Proprio al fine di fare una buona diagnosi differenziale con il Disturbo Borderline       dii Personalità, si può affermare che il bipolare ha una densità molto più alta e le oscillazioni sono più importanti; il ciclotimico ha una densità primaria più alta e le oscillazioni, pur essendo importanti, sono minori rispetto a quelle del disturbo bipolare; lo psicopatico ha atteggiamenti simili al borderline, ma a grandezza fortemente superiore, non ha un problema di insufficienza relazionale ma ha delle reazioni a cortocircuito imprevedibili e pericolose, molto più del borderline. Quando si fa riferimento a questi ultimi due disturbi, si possono notare delle similitudini, in quanto entrambi hanno un problema durante il parto/nascita e, quindi, nella separazione, tuttavia lo psicopatico, avendo una densità maggiore, ha degli scoppi imprevedibili e molto pericolosi, mentre l’altro, nell’attuazione delle azioni a cortocircuito, viene presto richiamato dalla colpa, aspetto che non è possibile incontrare nell’antisociale. Per la medesima ragione, la tendenza all’autolesionismo è qualcosa con cui ci si scontra nel disturbo borderline, ma che è assente nello psicopatico.

     I temi di colpa, infatti, sono molto forti, presenti e determinanti nel Disturbo Borderline di Personalità, la cui intensa affettività è per lo più depressiva e disforica. Chi vive tale condizione, inoltre, è in grado di raggiungere la commozione, è possibile che sia “toccato” su temi percepiti come importanti, quali quelli della colpa e del rispetto. Questo non potrebbe mai avvenire con lo psicopatico.

     Inoltre, c’è la possibilità che il soggetto borderline, avvicinandosi a qualcuno, possa entrare nel suo desiderio, in quanto conosce le aspettative della madre e del mondo esterno. Allo stesso tempo, può innamorarsi dell’idea di ciò che potrebbe diventare nella relazione con l’altro, almeno in un primo momento, perché poi, non avendo la capacità di sopportare un’eccessiva vicinanza, ha bisogno di stabilire una maggiore distanza.

     I due disturbi di personalità sono, dunque, profondamente diversi tra loro, in quanto presentano pattern che possono a prima vista assomigliarsi, ma di cui un occhio esperto sa cogliere le differenze.

     Continuando a conoscere la personalità borderline, una sua caratteristica predominante che si può riscontrare nella quasi totalità degli ambiti di vita, come viene sottolineato anche dall’ICD-10 e dal DSM, è l’instabilità. Per questo, vi è una mancanza di costanza nelle relazioni, nell’immagine di sé e nell’umore, ma anche nel raggiungimento di un obiettivo, in quanto è presente una difficoltà nel mantenere la sistematicità necessaria per raggiungerlo. Per arrivare a questo, infatti, bisogna essere organizzati e determinati, peculiarità antitetiche alla condizione in oggetto.

     Un’altra area in cui si possono riscontrare difficoltà è quella relativa alla dipendenza, non solo relazionale, ma che può essere da sostanze psicotrope e/o alcoliche, perché si ha la tendenza a volere tutto in tempi brevi; vi è, cioè, l’accelerazione nell’avere l’oggetto, ma in assenza di una relazione. Questo è strettamente connesso al tema dell’impulsività e della rabbia, che segnala una significativa reattività rettiliana e che sembra essere, secondo alcuni autori, lo stato fondamentale che il borderline esperisce. Questi due aspetti, infatti, non di rado si intrecciano e determinano una difficoltà a controllare gli istinti, così da andare incontro ad acting out, all’abuso di sostanze e all’attuazione di condotte dannose per il soggetto.

     In tale situazione è fondamentale pensare ad una sfida ragionevole per avere un’adeguata progettualità terapeutica, che potrebbe realizzarsi attraverso un setting che abbia dei confini chiari, non invasivo, in grado di dare un limite affettivo, non prossimo né distante, e chiamando la persona al rispetto narcisistico. Appare importante adottare una posizione di primo campo, che abbia la capacità di esserci (un effetto utero – ombelicale), fornendo una relazione stabile in grado di dare nutrimento. Allo stesso tempo, sarebbe opportuno proporre anche una cornice di secondo campo non oppressiva, strutturante, stabile e non invasiva.

     Tali posizioni, che permettono di avere al contempo nutrimento materno e strutturazione, si traducono nel lavoro corporeo nella creazione di punti stabili di riferimento e nel ricorso ad attivazioni psicocorporee che permettano di dare     una struttura al soggetto, attraverso cui divenire consapevole e leggere le proprie oscillazioni.

     Di questa condizione si può fare anche una lettura sociale, in quanto l’intera società attuale può essere definita borderline. Si parla, cioè, di un corpo sociale che ha un’insufficienza di tempo, così come il borderline ha un’insufficienza di tempo intrauterino primario.

    Quando si affronta tale tema, si fa riferimento anche all’impossibilità di avere delle gravidanze energeticamente congrue: c’è un’accelerazione enorme anche su questo e per il periodo intrauterino non sembra esserci il tempo. Esso corrisponde all’energia, ai flussi energetici percepiti, appunto, come tempo, la cui insufficienza indica la mancanza di energie per continuare a procreare. Questo è, analiticamente parlando, il problema del periodo attuale.

     Precedentemente la società poteva essere considerata liquida, ovvero depressa, in quanto la liquidità richiama la posizione orale; oggi, però, si può incontrare la volatilità, la rarefazione, soprattutto dei rapporti umani: c’è un furto del tempo perpetrato alle relazioni.

     Lo spostamento sugli attrattori tecnologici e mediatici, ovvero sull’accelerazione della dimensione temporale, ha fatto sì che si salisse sulla dimensione cognitiva, lasciando in disparte la relazione affettivo-toracica, che non consiste in uno scambio cognitivo e informativo, ma che coinvolge i circuiti limbici.

     Le relazioni sono fatte di tempo e se questo gli si toglie, ovvero si accelera, la zona vulnerabile è il tempo della relazione, che viene asciugata. Ciò vuol dire asciugare i circuiti limbici, l’affettività proiettata sugli abbracci e sul contatto profondo: significa andare in rarefazione.

     L’accelerazione dopaminergica del tempo indica anche la perdita del confine, del limite, del controllo: indica la perdita del torace.

     Ripercorrendo la storia del borderline, attraverso nuovamente la mia esperienza con lui e quella che oggi posso definire la sensazione di perdere il torace e di cadere in un vortice entropico, che talvolta mi ha accompagnato.

     Pertanto, è fondamentale tornare ad abitare quella parte di noi indispensabile per la propria individuazione e separazione, ritrovare un confine e una struttura e riscoprire il sapore delle relazioni, allontanandosi dall’accelerazione del tempo. Solo in questo modo si potrà riuscire a non entrare in quell’ambiente caotico e talvolta spaventante, che caratterizza il borderline e che sembra poter inglobare chi ruota intorno a lui e caratterizzare il funzionamento del Corpo Vivente Sociale.

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[*]Psicologa, specializzanda psicoterapeuta nella Scuola S.I.A.R. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. via P.S. Damiani n. 19, San Benedetto del Tronto (AP).

 

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