Analisi del carattere e vegetoterapia caratteroanalitica: primi passi all’interno dell’analisi reichiana

SEMINARIO CONDOTTO DAL DR.G. FERRI ALLA S.I.A.R. – 13 gennaio 2001 – elaborazione di Aldo Gentile

All’interno del seminario è presentato lo schema aggiornato dell’analisi reichiana, secondo il modello della S.I.A.R.; uno schema che rimanda all’origine del modello proposto da W. Reich, ma racchiude, al tempo stesso, le spinte più evolutive odierne.
In questo seminario si definisce l’analisi del carattere e la vegetoterapia caratteroanalitica, facendo solo dei brevi riferimenti all’analisi del carattere della relazione (che sarà approfondita in successivi seminari). Il primo elemento che emerge è che, oggi, l’analisi reichiana s’esprime in più setting, con caratteristiche proprie ma embricati fra loro (il setting dell’analisi caratteriale, della vegetoterapia caratteroanalitica, dell’analisi del carattere della relazione, della complessità).
Primariamente viene definito il sé; concetto che nella letteratura psicanalitica ha avuto un ruolo importante, anche se con accezioni semantiche non sempre convergenti.
Reich definì il sé, in chiave biologico-energetica, come nucleo plasmatico pulsante dotato di una membrana-confine; un confine abbastanza definito da separare il sé dall’altro-da-sé ma, al tempo stesso, sufficientemente permeabile da permettere lo scambio di materia, d’energia o d’informazione con l’ambiente circostante.
Il sé, inteso quindi come “forma vivente”, rappresenta l’oggetto principale della nostra osservazione e delle nostre relazioni. Esso può essere fatto coincidere con la definizione più moderna di sistema vivente e può esprimersi, attraverso differenti forme evolutive a vari gradi di complessità, che vanno dall’ameba all’essere umano.
Ciò che differenzia le varie forme viventi è proprio la loro complessità; complessità legata alla loro storia evolutiva e quindi al “tempo stratificato” che le caratterizza
Anche il pianeta può essere considerato una forma vivente e, quindi, un sé; intrigante ipotesi che c’introduce in un’ottica sempre più ecosistemica ed ecologica.
Soffermandoci sul sé del mammifero umano, oggetto privilegiato della nostra ricerca, vediamo come la sua articolazione sia assai dinamica e complessa; la scomposizione in sotto-sistemi funzionali diventa quindi scientificamente necessaria e chiarificante.
Possiamo evidenziare il sistema-psiche, il sistema neuro-endocrino, il sistema muscolare-striato, il sistema neuro-vegetativo e, andando più in profondità nel sé, il sistema limbico ed il sistema rettiliano. Facciamo riferimento al modello della tri-stratificazione dei cervelli di McLean.
Questa rappresentazione ridimensiona la portata dell’apparato psichico; un sotto-sistema evolutivamente fondamentale, ma biologicamente successivo. La metodologia terapeutica e gli strumenti che utilizziamo, in quanto analisti reichiani, discendono logicamente da quest’inquadramento teorico.
Dovremmo partire dalla definizione di analisi (che tendiamo a differenziare dalla terapia, che consideriamo il versante monadico dell’analisi stessa) e che ha come primari obiettivi: la conoscenza, l’apprendimento, l’evoluzione e l’armonizzazione. Per armonizzazione intendiamo il movimento verso una maggiore fluidità/vitalità del sé complessivo che si esprime sia sull’asse verticale-corporeo (migliore circolazione energetica tra i vari livelli corporei) che su quello orizzontale-evolutivo (movimento del sistema-uomo verso altri sistemi, seguendo una direzione neghentropica).
Ogni analisi propriamente definita deve condurre ad insights di tipo cognitivo, ma anche e soprattutto emozionale (deve quindi “raggiungere ed incidere” il sistema emozionale-limbico).
Il cervello limbico può essere interpretato come la stratificazione biofisiologica ed emozionale delle nostre relazioni con il mondo; tenendo conto delle fondamentali fasi evolutive e dei significativi momenti di discontinuità che partono dall’intrauterino ed arrivano fino alla pubertà.
Nel percorso clinico e culturale reichiano viene, in primis, l’analisi del carattere.
Storicamente Reich, come altri, aveva riscontrato come spesso, dopo un’analisi condotta in modo ineccepibile, si assistesse ad un peggioramento delle condizioni dei pazienti. Si formularono varie ipotesi rispetto a questo processo involutivo, che venne definito come “reazione terapeutica negativa”.
Reich, discostandosi dal concetto freudiano di istinto di morte, notò come fosse il carattere nel suo complesso ad opporsi al processo terapeutico-evolutivo. Un trattamento analitico avrebbe dovuto quindi puntare, non soltanto alla remissione dei sintomi ed al superamento dei disagi espressi dal paziente, ma anche al riequilibrio del carattere nel suo complesso. Il complesso delle resistenze caratteriali venne da lui definito come “armatura caratteriale”, una vera e propria corazza da abbattere.
Oggi abbiamo rivisitato e ricontestualizzato questo obiettivo (“abbattimento della corazza”) interpretando il carattere in senso letterale, ossia come segno inciso, e valutandone quindi la sua funzionalità bio-psicologica.
La corazza caratteriale non è sempre qualcosa che ostacola la vitalità; quanto piuttosto il meccanismo di difesa più economico che l’individuo ha trovato per “poter essere nel mondo”.
L’analisi del carattere può essere considerata come un punto di biforcazione che circonda con una definizione un insieme di schemi e di moduli, appartenenti ad un tratto caratteriale, portandosi ad uno strato superiore di lettura. Se integriamo l’analisi del materiale verbale portato dal paziente (analisi del contenuto) con l’analisi del “come espressivo” dell’individuo (analisi del contenente) possiamo riconoscere i tratti e l’architettura caratteriale che permettono ed influenzano l’espressione di contenuti, sia sintomatici che non sintomatici.
Dopo aver circondato gli schemi ed i moduli espressi dal paziente è possibile permettere ai suoi occhi di guardarli da una posizione “meta”.
Attraverso questo processo è possibile marcare i confini, dare una definizione, separarsi dallo strato, vedere a che strato ed a che stadio ci si collochi.
Il punto di biforcazione è quindi rappresentato dal passaggio dall’analisi dei contenuti all’analisi dell’architettura che li contiene. I contenuti verbali, fondamentali in ogni analisi, non vengono esclusi ma continuamente connessi alla struttura che li sottende e li esprime. Con l’analisi del carattere, allargando gli orizzonti della coscienza e della conoscenza, lavoriamo quindi sul sistema-psiche.
Ognuno di noi presenta una costellazione di tratti caratteriali, sulla base delle fissazioni nel percorso evolutivo; per questo motivo preferiamo oggi riferirci al tratto o ai tratti caratteriali, piuttosto che al carattere nel suo complesso. Un’altra novità del modello reichiano aggiornato è stata quella di spostare l’osservazione fino alla fase intrauterina (osservazione che Reich non avrebbe potuto fare ai suoi tempi). Nella fase prenatale, ed alcune recenti scoperte biofisiologiche ci confortano in tal senso, scopriamo un mondo incredibile ove si costituiscono degli schemi che informeranno tutto il successivo sviluppo evolutivo dell’individuo. Abbiamo anche scoperto come sia possibile tipizzare delle sottofasi intrauterine, con caratteristiche ed imprintings differenti.
Se l’unico obiettivo della vecchia analisi reichiana era quello di “abbattere la corazza” del paziente, con il rischio di far emergere talvolta scompensi psicotici, oggi dobbiamo valutare la funzionalità della corazza stessa. In alcune situazioni cliniche, infatti, il progetto terapeutico individualizzato deve mirare al consolidamento della corazza caratteriale, piuttosto che al suo scioglimento.
Il sistema-psiche rappresenta una delle porte di accesso al sistema-sé e l’analisi del carattere rappresenta lo strumento principe che ci permette questo accesso, utilizzato da tutte le psicoterapie verbali. L’analisi del carattere esprime e sottende una lettura di tipo sistemico, anche se Reich non ne era consapevole.
La supervisione clinica può in un certo senso essere interpretata come una “meta-analisi” del carattere che, ancora passando dal sistema-psiche, arriva al sistema limbico-emozionale. Considerando che è proprio in questa area che si collocano tutte le tematiche legate alla separazione e all’attaccamento, con cui noi lavoriamo quotidianamente, non è pensabile un lavoro analitico che non incontri e non agisca sul sistema limbico, armonizzandolo col movimento complessivo del sé.
Analisi del carattere è quindi definire le piattaforme, gli strati, le fasi prevalenti, i tratti rispetto al processo evolutivo. Rappresenta un “guardare insieme” il funzionamento d’ogni singolo strato e la combinazione degli strati fra loro.
Sappiamo che il carattere, in quanto segno inciso, non va ad incidere soltanto sul sistema-psiche, ma sul sistema-sé nel suo complesso. In qualche modo il segno inciso rappresenta una forma frattale che, ad unità di grandezza differente, si può riprodurre nelle varie fasi evolutive. Con questo termine, facendo riferimento alla geometria frattalica di Mandelbrot, consideriamo analogicamente gli schemi che rispettano i criteri dell’autosomiglianza e dell’invarianza di scala. Nei sistemi frattalici, cioè, si ritrovano strutture formali simili a se stesse (anche se a differenti dimensioni) e l’informazione per costruire l’intero sistema è tutta contenuta in ogni sua seppur piccola parte.
Il parallelo tra gli schemi frattalici ed i tratti caratteriali è suggestiva.
Normalmente nel lavoro analitico classico si arriva al sistema limbico passando dalla psiche; nell’evoluzione biologica, invece, la direzione energetica è stata opposta. Il sistema limbico, che ha quindi preceduto sia a livello filogenetico che ontogenetico il sistema-psiche, ha secondo noi connotato anche la struttura e l’espressività architetturale di “come” una persona pensa (a prescindere dai contenuti del pensiero).
Arriviamo ora alla vegetoterapia caratteroanalitica.
Si è detto come il segno inciso non poteva imprintarsi solo sul sistema-psiche, ma anche sulla periferia del sistema-sé, incidendo il sistema neurovegetativo, quello muscolare-striato, quello neuro-endocrino. Gli indicatori di tratto possono essere desunti, quindi, non solo dall’architettura del pensiero; ma anche parallelamente dall’architettura corporea della persona.
La nostra specificità del modello è legata proprio alla correlazione tra i livelli e le fissazioni di livello dell’organismo e la dominanza delle fasi evolutive. Possiamo addirittura stabilire dei nessi tra una fase evolutiva (es. quella intrauterina) ed una dominanza d’alcuni distretti corporei (zona trofo-ombelicale) in quanto nel corpo avviene la registrazione periferica del segno inciso.
Come analisti reichiani lavoriamo nella direzione dell’identità funzionale, di cui parlava Reich, integrando il linguaggio verbale con quello corporeo. E, così come nel linguaggio verbale osserviamo soprattutto la sua architettura; così nel linguaggio corporeo cerchiamo di individuare “il segno inciso carattere” (l’architettura del linguaggio corporeo). Il codice che c’individua ci conduce alla ricerca della dimensione caratterologica del tratto, che sottende e traduce una forma espressiva.
Con la vegetoterapia caratteroanalitica Reich definì una metodologia d’intervento sul livello corporeo, allora non ancora sistematizzata, allo scopo di riequilibrare il sistema neurovegetativo che era distonico (ricordiamo che nella letteratura clinica le nevrosi erano definite come neuro-distonie).
Incrociando la vegetoterapia con il codice del linguaggio corporeo, quindi con il tratto prevalente e con la storia della persona, possiamo arrivare perciò al sé attraverso quattro porte d’accesso. Possiamo cioè dedurre elementi che ci permettono di fare analisi del carattere e che ci informano sul sistema neurovegetativo, su quello muscolare-striato e su quello neuro-endocrino.
Grazie ad Ola Rakness ed a Federico Navarro la vegetoterapia caratteroanalitica è stata progressivamente sistematizzata. Utilizzandola permettiamo il “passaggio all’atto guidato” che la maggior parte delle psicoterapie verbali non prevede. Questo importante passaggio è comunque da integrare nello specifico progetto terapeutico individualizzato tenendo conto che, in alcune situazioni particolari, potrebbe risultare controindicato.
A partire da W. Reich si sono individuati i sette livelli corporei che esprimono bio-fisiologicamente le fasi evolutive della nostra vita. Sono stati poi definiti movimenti specifici (actings) per ogni singolo livello, allo scopo di risalire alla storia delle fasi evolutive di una persona e di sbloccare energeticamente i livelli corporei bloccati. Riteniamo, infatti, che ogni distretto energetico-muscolare racchiuda ed esprima una propria “memoria storica”; memoria, e quindi storia dell’individuo e della specie, che si esprime attraverso la funzionalità o la disfunzionalità del distretto stesso.
L’utilizzo d’actings specifici è passato attraverso una progressiva sistematizzazione che, da Federico Navarro, è arrivata fino alla recente rielaborazione da parte della nostra associazione. La dimensione corporea ha una sua metodologia d’esplorazione che è sia di tipo analitico che terapeutico, ove la dimensione analitica comprende la tendenza verso l’armonizzazione dei sottosistemi periferici e centrali.
Oggi valutiamo, attraverso la progettazione terapeutica individualizzata, se si può sciogliere un blocco energetico e quanto questa scelta sia funzionale ad una nuova economia energetica dell’individuo.
Abbiamo quindi definito l’analisi del carattere e la vegetoterapia caratteroanalitica come importanti “porte d’accesso” al sistema-sé che si affiancano anche all’analisi del carattere della relazione; strumento che monitorizza il sistema analista-analizzato. Il modello dell’analisi del carattere si estende alla relazione diadica, riconoscendo lo specifico tratto caratteriale e lo specifico stadio evolutivo della relazione analitica. Ormai è patrimonio scientifico condiviso che il funzionamento di un sistema biologico è altro rispetto alla somma delle parti che lo costituiscono.
Il “come” dell’incontro terapeutico ed i flussi emozionali (transferali e controtransferali) esprimono e necessitano di un setting con caratteristiche proprie che, comunque, deve integrarsi armonicamente con gli altri setting predefiniti.
L’analisi del carattere della relazione sarà discussa in un successivo seminario.

 

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