Numero 2/2012

 

 

GLI ARTICOLI
UNA SUPERVISIONE ANALITICO-CLINICA
  • Anna - a cura di G. Ferri
DA UNA TESI DI SPECIALIZZAZIONE S.I.A.R.
LETTURE E VISIONI

 

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 … portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzetto di madeleine. Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di biscotto toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva subito resi indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità inoffensive, la sua brevità illusoria, nel modo stesso in cui agisce l’amore, colmandomi d’una essenza preziosa: o meglio quest’essenza non era in me, era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale. Donde m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo ch’era legata al sapore del te e del biscotto, ma lo sorpassava incommensurabilmente, non doveva essere della stessa natura. Donde veniva? Che significava? Dove afferrarla?

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E ad un tratto il ricordo m’è apparso. Quel sapore era quello del pezzetto di madeleine che la domenica mattina a Combray (giacché quel giorno non uscivo prima della messa), quando andavo a salutarla nella sua camera, la zia Léonie mi offriva dopo averlo bagnato nel suo infuso di tè o di tiglio.

 

da Marcel Proust, La strada di Swann, (1978) Torino: Einaudi, pagg. 49, 51